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Autore: alaskha    12/11/2013    4 recensioni
“Perché sei tornata?”
Era la domanda che voleva pormi dal primo momento in cui mi aveva vista, ne avevo la certezza.
Me lo aveva chiesto di getto, con le mani che quasi tremavano ed i suoi occhi sembravano addirittura lucidi.
Ma Zayn Malik non piangeva mai, ed io questo lo sapevo.
“Non posso stare lontana da questo posto per molto, lo sai”
“Barcellona è magica”
“Ciò che mi ha riportato qui lo è di più, però”
Zayn sospirò, ed io tornai nuovamente indietro nel tempo, quando lui sospirava perché io camminavo troppo veloce, tra le meraviglie di quella città.
SOSPESA
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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(10)

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Mi stiracchiai avidamente nel letto ad una piazza e mezza del mio appartamento, il numero 13. Sorrisi ai raggi di sole che scaldavano camera mia e l’intera Barcellona, benedicendo la regione spagnola, come facevo sempre. Dopodichè controllai l’orario sull’iPhone: le 11 e 23. Presi un sospiro e mi alzai dal letto, ravvivandomi i capelli aggrovigliati dalla notte. Mi aggrappai al muro, barcollando fino alla cucina, con gli occhi ancora semichiusi per la troppa luce e, per poco, non mi venne un infarto.
Harry Styles se ne stava in piedi, davanti alla mia cucina, con in mano una tazza fumante. Quella mattina portava una camicia a quadri, sul rosso: le maniche lunghe erano arricciate ai gomiti ed i bottoni slacciati sul petto lasciavano intravedere una delle sue catenine d’argento. I capelli ricci erano schiacciati da un cappello da rapper che seppur non rientrasse nel suo stile, riusciva a renderlo comunque bellissimo. A fasciargli le gambe, i suoi soliti jeans stretti ed a conferirgli quella sua immancabile aria da inglese che gli ricordava quali fossero le sue origini, quelle scarpe simili a degli stivali, rigorosamente nere e di camoscio. Harry era bello come il principe di cui portava il nome, ed era nella mia cucina, con un sorriso da mozzare il fiato e la sua allegria di cui non potevo più fare a meno.
“Harry? Ma che ci fai qui?” domandai assonnata, sfregandomi gli occhi con il dorso della mano destra.
Lui sorrise, alzando la sua tazza contenente non so cosa verso di me.
“Ben svegliata, Athena”
“Sì, ti ringrazio” commentai, ironica.
Harry si strinse nelle spalle, sedendosi poi al tavolo, mentre io raggiungevo il mio tavolino in vetro, controllando che fosse ancora lì: il foglio che ieri avevo strappato dal nostro diario, e che avevo posizionato lì, proprio in mezzo a casa mia. Non lo nego, iniziavo a sentirmi un po’ psicopatica e fuori di testa.
“Da quanto sei qui?” gli chiesi, ancora.
“Da una mezz’oretta – si strinse nelle spalle lui, inghiottendo un po’ del misterioso liquido dalla sua tazza – quanto basta per prepararmi la colazione”
“Darti una copia delle mie chiavi è stato l’errore più grande della mia vita” dissi, prendendo il pacco di cialde ed il barattolo di nutella.
Ormai ero dipendente da quella colazione, e grazie a Mr. Styles, sarei ingrassata di minimo dieci chili.
“A proposito, bella mise” disse Harry, alzando in maniera sensuale le sopracciglia e nascondendo dietro la sua tazza un sorriso malizioso.
Mi resi conto di portare una canottiera soltanto, certo abbastanza lunga, ma le mie gambe necessitavano di un paio di pantaloni.
“A proposito lo dico io – presi in mano la situazione, intingendo una cialda nella nutella – siamo a metà giugno, fuori ci sono trenta gradi e qui dentro anche di più, cosa diavolo stai bevendo?”
“Caffè, ne ho bisogno per restare sveglio, la lezione di oggi all’università non sarà una delle mie preferite, diciamo così”
Continuammo la nostra colazione, che ormai in un modo o nell’altro consumavano sempre insieme, in silenzio, fino a che il campanello non suonò.  Non mi scomodai, gridai un ‘Avanti’ e lasciai che l’ospite, si palesasse da solo.
“Buongiorno miei prodi”
“Tomlinson”
Harry alzò una mano a mò di saluto, continuando a leggere il giornale e bere il suo caffè, come un vecchio signore americano di qualche serie TV.
“Salute a te Styles – rispose Louis, sedendosi affianco a me – vedo che vi divertite senza di me”
“Stiamo mangiando, Lou” lo informai di una cosa ovvia.
“Già, lo vedo – disse osservando la mia colazione – cialde da gelato e nutella? Originale, davvero”
Louis Tomlinson aveva un sorriso capace di scaldarti il cuore, ogni qual volta lo mettesse in mostra, e lo faceva davvero molto spesso.
“È un’idea di Harry” dissi, stringendomi nelle spalle.
Harry fece un cenno con la testa, completamente immerso nel giornale.
“Capisco”
E, come per magia, il campanello suonò ancora.
“Aspettate qualcuno?” chiese Lou.
Harry, che aveva deciso di non degnarci più della sua compagnia, si strinse nelle spalle, scuotendo la testa, mentre io guardavo Louis, confusa.
“No, e tu?”
Lou scosse la testa, andando alla porta.
“Chi è?”
“Tomlinson? – disse la voce, stranita – che diavolo ci fai a casa di Athena? La stai violentando?”
“Oh sì Payne, mi hai beccato” scherzò Louis, lasciando entrare Liam e Niall.
“Fortuna che siamo arrivati, eh Athena?” disse Niall, sedendosi accanto ad Harry, seguito a ruota dal suo compare Liam James Payne, che insieme a lui condivideva il secondo nome.
“Già, che fortuna..” dissi, non molto convinta.
Guardai il tavolo della mia cucina, che confinava apertamente con il soggiorno, senza bisogno di una porta a separarle, era come se fossero una stanza unica. Liam, Niall e Louis erano intenti a divorare qualsiasi fosse vicino a loro di due centimetri, così mi sentii in dovere di avvertire Harry.
“Harry, fa’ attenzione al braccio, i ragazzi potrebbero portartelo via inconsapevolmente, con i denti” ironizzai, beccandomi tre occhiate malefiche.
“Questo è il tuo ringraziamento per averti salvata da un’aggressione?” domandò Liam, indignato.
“Già, ti credevo più ospitate e cordiale di così, Athena” gli fece eco Niall.
Louis fornì ad entrambi un bello schiaffo dietro la testa, per poi continuare a ingurgitare chili di nutella, che finivano inevitabilmente sulle sue labbra fini.
“Mangiarmi la casa non vi basta, come ricompensa?” dissi loro, ironica.
Loro sorrisero sarcastici, tornando  a mangiare e bisticciare tra loro, ciò che gli riusciva meglio.
“Athena?”
“Sì, Lou?”
“Me lo faresti un caffè?” mi chiese, con due occhi dolci da fare invidia a tutti i sette mari.
Come potevo dire di no a quel sorriso?
Così mi alzai, mentre lui mi lasciava un bacio volante.
“Ehi, chi si accerta che Styles sia vivo?” chiese Niall, indicandolo con l’indice, ovviamente sporco di nutella.
Era come se avessi a che fare con bambini di cinque anni, e non con sexy ventenni, quali erano.
“Styles è come un pezzo del mobilio, vecchio ed anni ‘70” sentenziò Liam, facendo ridacchiare Louis.
Harry scosse la testa, guardandolo poi male, alzando finalmente gli occhi dal suo giornale. Lo posò sul tavolo, piegandolo in quattro, per poi alzarsi e dirigersi verso di me, che armeggiavo con la caffettiera al banco della cucina.
“Te ne vai?” gli chiesi.
Lui annuì, appoggiandosi però al ripiano dei fornelli.
“Che c’è? Qualcosa non va?” domandai nuovamente, notando la sua espressione crucciata.
Ma Harry scosse la testa. D'altronde avrei dovuto immaginarlo, Harry Styles aveva sempre un’espressione crucciata in viso.
“Parlerai, prima o poi? O devo pensare che tu sia diventato davvero un pezzo del mio mobilio?”
Harry ghignò, posandomi poi un delicato bacio sulla fronte.
“Sei una benedizione tu, Athena”
“E per che cosa?” domandai, ingenuamente.
“Per tutti noi”
Abbassai lo sguardo, indecisa su cosa dire, ma Harry bloccò le mie parole.
“Devo andare a lezione – disse – faccio un salto da te, quando torno”
“Ma certo, casa mia è sempre aperta” scherzai, fingendomi scocciata.
“ E se non dovesse esserlo, ho le chiavi”
Harry rise, per poi allontanarsi verso la porta d’ingresso e salutare tutti.
“Oh, ciao Zayn” gli sentii dire, prima di chiudere la porta.
Zayn? Sul serio?
“Ciao?”
Sì, sul serio.
Sentii la sua voce, che quel saluto lo pronunciò più come una domanda, tanto che era confuso nel vederli tutti insieme, a casa mia, seduti al mio tavolo.
“Bella, Malik” Niall.
“Ciao Malik, aggiungiti a noi” Liam.
“Malik, ossequi” Louis.
“Tomlinson? – domandò, sprezzante – dannazione, Athena dove diavolo sei?” Zayn, decisamente Zayn.
“Sono qui, dolce e gentile Zayn” ironizzai, giusto per evitarmi un pugno in faccia.
Sentii i suoi passi pesanti farsi sempre più vicini alla cucina, finchè non vidi le sue converse sgualcite e non sentii il suo profumo inconfondibile di sigarette e chewingum alla menta peperita.
“Che diavolo ci fa Louis Tomlinson in casa tua?” domandò, arrabbiato (come al solito), indicando con il pollice il tavolo del soggiorno.
Io mi strinsi nelle spalle, con un sorriso raggiante ed una tazza di caffè in mano, che, girandomi verso di lui, misi poi nella sua.
“Portagli il caffè”
“Cosa? Ma non ci penso neanche!”
Mentre si lamentava, l’avevo fatto già fatto girare di spalle, per poi spingerlo verso di lui.
“Per chi  mi hai preso? Servire il caffè a Louis Tomlinson? Questo è troppo, anche per te!”
In tutto quel suo casino, si ritrovò proprio davanti al suo apparente acerrimo nemico. Louis gli mostrò un sorriso innocente, mentre Zayn strinse i denti e posò davanti a lui il suo caffè, facendo sbattere la tazza e lasciando che qualche goccia fuoriuscisse da essa, sporcandone la superficie liscia a levigata.
Io, dal canto mio, abbandonai quello sguardo di fuoco tra i due, tornandomene in cucina. Ma non passò poi molto, quando sentii nuovamente le converse di Zayn.
“Mi vuoi spiegare che sta succedendo?” era irritato da morire, mentre mi parlava.
Presi uno straccio dal lavandino, porgendoglielo.
“Va’ a pulire il tavolo, il caffè macchia tremendamente”
Zayn sospirò, prendendomi il panno dalle mani e sbattendolo nuovamente nel lavandino, aggressivo come al solito.
“Adesso tu mi dici cosa sta succedendo”
“Calmati, d’accordo?”
Zayn annuì, ed io gli posai una mano sul petto, sentendo così il battito accelerato del suo cuore.
“Dimmelo tu, cosa sta succedendo” gli dissi, sottovoce, così che nessuno potesse sentirci.
“Non voglio che passi del tempo con Tomlinson”
“Ed io non voglio che mi urli in faccia ma, a quanto pare, chiedo troppo”
Mio malgrado, Zayn ridacchiò, sommessamente certo, ma era comunque una risata, anche se nascosta.
“Tu non mi ascolti”
“No, è vero”
Mi strinsi nelle spalle, tornando poi a girarmi verso il piano della cucina. Dopodiché sentii il suo respiro caldo sulla pelle, ed il suo mento appoggiato delicatamente alla mia spalla. Una scia di brividi percorse il mio corpo, mentre le sue labbra accarezzavano la mia guancia.
“Louis Tomlinson è un dispensatore di guai” sussurrò.
Io socchiusi gli occhi, impreparata a quel tipo di sensazioni che la sua vicinanza, il suo fiato caldo e profumato ed il tocco della sua labbra, mi stavano facendo provare.
“Spiegami perché” risposi, con la voce che la gola secca non aveva tenuto per sé.
Ma Zayn scosse la testa, deciso a non dirmi niente. Con le sue mani prese i miei fianchi, obbligandomi a girarmi verso di lui. Incastrò le mie gambe alle sue, facendo combaciare il suo corpo con il mio ed appoggiando entrambi al piano della cucina.
“Non adesso, non oggi, non questa settimana, non questo mese, non questo anno e non in questa vita” disse, sorridendo beffardamente.
“Ti odio”
“Nah, non ti credo”
Malgrado non mi volesse confidare quel suo piccolo segreto, ridendo, appoggiai la fronte alla sua spalla, lasciando che le sue labbra mi baciassero la nuca, dolcemente.
“E fai bene” sussurrai.
Rimanemmo in quella posizione per attimi infiniti, desiderando che il tempo non passasse mai. Ma interrompendo il nostro sogno ad occhi aperti, Louis fece irruzione in cucina.
“Oh, ho interrotto qualcosa?”
La sua voce era maliziosa e conscia di aver interrotto davvero qualcosa. Con le spalle si appoggiò alla parete, guardando entrambi: Zayn si era allontanato da me, ed io tenevo lo sguardo basso.
“Perché non te ne vai?” gli chiese Zayn, apparentemente divertito.
“Perché lo spettacolo è troppo bello” rispose Louis, beffardamente, sfidando il suo nemico.
“Non c’è nessuno spettacolo – disse tra i denti Zayn, avvicinandosi a Louis, minaccioso – adesso vattene o ti do il bis di qualche tempo fa.. Oh sì, guarda, qui c’è un piccolo ricordo che ti ho lasciato”
Louis allontanò la mano di Zayn, avvicinatasi al suo volto, all’altezza dello zigomo sinistro. Fu così che notai quella piccola cicatrice, invisibile se non ci si faceva caso.
“Vattene” sibilò nuovamente Zayn.
Louis lanciò un ultimo sguardo a me, che aprii la bocca per parlare, ma non dissi nulla.
“D’accordo, me ne vado – Lou mosse qualche passo, per poi girarsi, con il suo solito sorriso spensierato, nonostante ciò appena successo – ci vediamo, Athena”
Mi lasciai sfuggire un sorriso, subito fulminato dallo sguardo di Zayn.
“Non gli devi sorridere, non gli devi parlare e, tanto meno, devi aprirgli le porte di casa tua” mantenne il tono minaccioso di qualche minuto fa, con Louis.
“Perché lo odi, dannazione? – mi avvicinai a lui, così da ammirare i suoi occhi adirati dal basso – e, soprattutto, perché dovrei farlo anche io?”
“Perché tengo a te, Athena”
Strabuzzai gli occhi, dopo quella confessione inaspettata: Zayn non era tipo da esprimere  i suoi sentimenti, soprattutto a me. Zayn aveva sempre la sua sigaretta tra le labbra, l’occhio vigile e la guardia alzata, così che nessuno potesse oltrepassare la sua barriera, così che nessuno potesse leggere attraverso quegli occhi così scuri. Ma lì, nella mia cucina, quei suoi occhi non erano poi così scuri: erano sinceri, erano speranzosi, ed erano quasi supplichevoli. Così vicini, avevo dimenticato persino la presenza di Liam e Niall nell’altra stanza. Così vicini mi sembrava di sognare. Così vicini mi sembrava che quelle barriere che entrambi avevamo costruito, fossero scomparse.
“D’accordo” annuii.
“D’accordo? - domandò lui, scettico – solo ‘d’accordo’?”
“Che devo dire?”
“Io ti apro il mio cuore, e tu dici ‘d’accordo’?” disse, in tono scherzoso.
“Scemo, è ovvio che tengo a te”
“No che non lo è”
Sbuffai, roteando gli occhi al cielo, perché comunque continuavamo a sopportarci poco: ma quei nostri difetti, avevamo imparato ad apprezzarli.
“Gliel’hai fatta tu, quella cicatrice?” domandai, di getto.
 “Quale cicatrice?” domandò, facendo finta di niente e girandosi.
“Guardami – gli dissi, afferrandogli un braccio – la cicatrice che Lou ha sullo zigomo, gliel’hai fatta tu?”
“Lou? Adesso lo chiami Lou?”
“Rispondi, cretino”
Zayn sospirò.
“Sì, gliel’ho fatta io, qualche mese fa..”
Feci per aprire la bocca, ma lui posò su di essa il suo indice, zittendomi.
“Non chiedermi perché”
Esibì il suo sorriso beffardo, quello che ancora non sapevo se odiare o rimanerne affascinata. Così incrociai le braccia, sbuffando.
“Dannato profugo”.







 
#4 anni prima
lo so, sono in ritardo.
scusate se questo spazio autrice farà schifo, ma non sono proprio dell'umore.
spero non abbiate perso il vostro interesse per la mia storia.
io continuo ad amarvi e spero voi non mi odierete.
bene, adesso me ne vado, scusate ancora.
un bacio.






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