Fanfic su attori > Ben Barnes
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Autore: ranyare    13/11/2013    4 recensioni
Capitano giorni, a volte, che ti cambiano la vita.
Sono giorni strani, sono ore in cui non ti rendi davvero conto che qualcosa, intorno a te, è cambiato.
A me è successo: e non è stato un cambiamento piccolo, insignificante, tranquillo.
È stato un uragano, che è entrato nella mia vita e ha mandato tutto all’aria.
E si è anche divertita.

Ben Barnes ha tutto ciò che si può desiderare dalla vita: talento, soldi, fama, una bella famiglia, un'automobile di cui essere fiero, pochi amici ma che valgono più di chiunque altro, un sorriso in grado di far girare la testa a chiunque lui desideri e una faccia di bronzo a cui nessuno riesce mai a dire di no.
O quasi.
Fra riff di chitarra, figuracce colossali e anfibi volanti il nostro britannico eroe imparerà che è proprio la tempesta, quella che spazza via ogni certezza, che manca alla sua vita.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Wicked & Humorous Tales'
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STD last chap

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Quando mi svegliai, il mattino successivo a quella notte, Ray pisolava al mio fianco con l’espressione più candida ed innocente che le avessi mai visto in volto. Fu il suono ripetuto ed insistente del mio cellulare a strapparmi dal sonno profondo e sereno in cui ero sprofondato assieme alla mia compagna; lanciando un’occhiata allo schermo, istintivamente, sospirai.

Avrei dovuto aspettarmi l’arrivo di Will, parte di me era rimasta sorpresa nel non vederlo irrompere in casa mia già la sera prima.

Ray non aveva voluto spiegarmi nulla di ciò che era successo fra loro ma, quando avevo aperto la porta e me l’ero trovata davanti, avevo scorto nei suoi occhi l’inequivocabile traccia del pianto che doveva averla scossa prima di arrivare da me: non avrei permesso a William di farla star male un’altra volta, e fu proprio quel desiderio a farmi alzare – lasciando a malincuore la dolcezza del corpo morbido e caldo di Ray – e a spingermi a raggiungere la porta d’ingresso.

-Devo parlare con Ray.- fu la frase con cui esordì William, senza nemmeno degnarsi di rivolgermi un saluto; non mi guardava in faccia, troppo impegnato a cercare di scorgere alle mie spalle l’eventuale presenza della mia bionda – mi sorprese, quel gesto, perché William avrebbe dovuto sapere che Ray non si sarebbe mai lasciata proteggere da nessuno.

-Scordatelo.- replicai io, incrociando le braccia e scoccandogli un’occhiataccia.

L'espressione di Will, se non fossi stato tanto irritato, mi avrebbe fatto scoppiare a ridere: aveva visto il mio collo pieno dei succhiotti che Ray vi aveva lasciato, si era sicuramente reso conto della luce estatica che mi brillava negli occhi e aveva visto quanto il mio corpo, affaticato ma completamente rilassato, mostrasse i chiarissimi segni di una notte passata in dolce compagnia. Si era rabbuiato nell'osservarmi, ma io non avevo la minima intenzione di esprimermi in qualsivoglia segno di scuse.

In un altro momento, sicuramente, Will avrebbe desiderato (e tentato) di strangolarmi per difendere l'onore e la virtù della sua amica; ma, abbattuto ed angosciato com'era, si limitò a sospirare e ad annuire appena in un muto gesto di resa.

-Tu non sai perché ho reagito così, Ben.- mormorò, passandosi una mano fra i capelli arruffati e scoccandomi un'occhiata impaziente dei suoi chiari occhi azzurri. -Per favore. Voglio solo parlare con mia sorella.- aggiunse e, nonostante tutto, non mi sfuggì il "sorella" che, con una naturalezza stupefacente, gli era sfuggito per definire il suo rapporto con Ray.

Stavo per replicare, pronto a consigliargli di andarsene al diavolo di gran carriera, ma una voce dolce ed assonnata bloccò sul nascere la mia risposta pungente.

-Ben.-

Mi voltai di scatto, sorpreso: Ray era sulla soglia dell’ingresso, avvolta nella mia camicia ed in un paio di pantaloncini di tuta, e si sfregava gli occhi ancora pieni di sonno con la manica mentre cercava inutilmente di ravviarsi i capelli arruffati dietro le orecchie. -Va bene.- mormorò, lanciando uno sguardo indecifrabile a Will.

Sospirai, sapendo che sarebbe stato inutile suggerirle di rimandare quella conversazione, facendomi da parte per permettere al biondastro di entrare; Ray si voltò, muovendosi con una sicurezza impressionante in casa mia e precedendoci in salotto.

Will, grato della sua accortezza, si lasciò cadere sulla sua poltrona preferita non appena Ray gli fece cenno di sedersi; io invece la trassi a me, strappandole un mezzo sorriso quando la sollevai quasi di peso per stringerla fra le braccia, accomodandomi sul sofà.

Il biondo mi scoccò un’occhiata storta, senza però dire nulla – aveva probabilmente capito quanto deleterio sarebbe stato, per lui, commentare in qualsiasi modo il mio atteggiamento nei confronti di Ray.

-Sarebbe troppo volere__- commentò invece, rivolgendosi alla mia bionda.

-Sì.- lo interruppe subito, bloccando la sua domanda – quale che fosse – sul nascere. -Ti ascolto.- aggiunse, rivolgendogli un brusco cenno della mano e voltandosi a guardarlo con quell’espressione indecifrabile che nemmeno io riuscii a comprendere.

Will tirò fiato, prendendosi la testa fra le mani: sembrava preda di un violento conflitto interiore, come se parlare ed esprimersi gli risultasse troppo penoso per permettergli altro che quei respiri veloci ed irregolari.

-Ray, io…- cominciò, senza guardarla in faccia e tenendo gli occhi inchiodati sul pavimento.

Inarcai un sopracciglio, lanciando un’occhiata di sottecchi a Ray; lei però continuò ad ignorarmi, limitandosi ad un cenno per intimarmi di stare zitto.

-Mi dispiace.-

Sentii il corpo della mia adorata bionda irrigidirsi in risposta alle parole dell’amico, intravvidi il suo sguardo raggelare: non invidiai William, in quel momento, perché l’occhiata che lei gli rivolse avrebbe potuto rendere a più miti consigli persino un animale feroce.

William si strinse nelle spalle, azzardando una brevissima occhiata verso di noi prima di tornare ad osservare con smodato interesse il parquet del salotto.

-Ho litigato con Angel, ieri sera… per una cosa così stupida…- sussurrò, e non potei impedirmi di rovesciare gli occhi al cielo: le discussioni fra quei due, da che avevo memoria, avevano sempre causato catastrofi e calamità a loro e a chi era loro accanto.

-Angel vuole andare dai suoi parenti per qualche tempo. Quando me l’ha detto ho dato di matto, mi sono sentito morire, ho pensato di aver sbagliato tutto…-

Angel aveva dei parenti in un’altra regione dell’Inghilterra e, dai suoi racconti entusiastici, avevo compreso quanto si sentisse legata al resto della sua famiglia: fissai William, sorpreso ed un poco confuso, perché Angie era andata spesso a trovarli e non riuscivo proprio a comprendere cosa avesse potuto scatenare la reazione del biondo.

Ray, però, annuì; aveva in volto l’espressione mesta e comprensiva di chi aveva capito più di quanto le parole potessero esprimere, e mi lanciò un’occhiata per intimarmi di non esprimere ad alta voce le mie perplessità.

Si alzò, andando a sedersi sul bracciolo della poltrona su cui si era rannicchiato Will; gli sfiorò i capelli con la punta delle dita ma, nonostante quel gesto affettuoso, mi accorsi di quanto il suo corpo fosse ancora teso e chiuso in se stesso.

Ray era fatta così, pensai, ammirandola nonostante non fossi d’accordo con l’atteggiamento che aveva assunto nei confronti di Will: non era in grado di rimanere insensibile davanti a qualcuno che soffriva, specialmente se quel qualcuno era una persona che lei adorava – e lei lo adorava davvero, quel suo fratello putativo: chiunque avrebbe potuto scorgere lo sguardo pieno d’affetto e d’ammirazione con cui Ray guardava William.

Sorrisi, mio malgrado, quando distinsi i lineamenti del suo bel volto distendersi in un sorriso malinconico e paziente; passò un braccio attorno alle spalle di Will, tirandoselo vicino e permettendogli di abbandonare il volto nell’incavo buio e sicuro della sua spalla.

Erano talmente belli, insieme, da far quasi male agli occhi; non per la prima volta, da quando avevo incontrato Ray, mi accorsi di quanto non fosse lui – più alto, più massiccio, più solido – la persona più forte e concreta fra loro; era lei quella in grado di sostenere entrambi, lei, quella ragazzina appena maggiorenne che si era dimostrata in grado di affrontare il mondo intero.

-Io non posso perdere Angel.- lo sentii sussurrare stringendo i pugni in quello che mi parve un gesto di notevole autocontrollo: forse avrebbe voluto abbracciarla, ma qualcosa doveva avergli suggerito quanto quella non sarebbe stata proprio una buona idea.

-Sei un imbecille.- sbottai all’improvviso, incapace di rimanere in silenzio davanti a quel melodrammatico imbecille preda delle più oscene seghe mentali della storia: Will alzò lo sguardo su di me, confuso, ma scorsi Ray trattenere una risata. -Angel ti ama, Will. Nemmeno la tua dannata testaccia riuscirà a cambiare quello che lei prova per te.- aggiunsi, irritato dalla stupidità patologica di cui il mio amico era evidentemente fornito.

Il biondo rimase in silenzio per qualche istante, forse cercando di assorbire le brusche parole che gli avevo rivolto; poi annuì, sospirando prima di alzare lo sguardo su Ray.

-Quando sono tornato a casa e vi ho visti insieme… Ray, non ci ho visto più, ero arrabbiato e frustrato e non__-

Ray alzò una mano, zittendo quel fiume di parole sul nascere.

-Hai rivisto lui.- mormorò soltanto, chiudendo gli occhi per qualche attimo e serrando le labbra in una inequivocabile espressione di disprezzo.

Mi accigliai, improvvisamente disorientato: di cosa stavano parlando, adesso?

Will spostò gli occhi su di me, mordendosi un labbro e passandosi ancora una volta le mani fra i capelli. -Ben… io mi fido di te, ti voglio bene, sei il mio migliore amico e non avrei mai potuto volere di meglio per Ray.- cominciò, senza accorgersi di quanto quelle parole mi avessero colpito: Will non si era mai esposto tanto, con me, da affermare con tanta naturalezza una frase come quella.

Capii all’istante il motivo per cui la rabbia di Ray nei suoi confronti era svanita quando lui l’aveva guardata: era impossibile arrabbiarsi con William, soprattutto quando adottava la slealissima tecnica degli “occhioni da cucciolo abbandonato”.

Il biondo si rivolse di nuovo a Ray, angosciato.

-Solo che… Ray, ti ho vista soffrire troppo, ho visto come lui ti aveva ridotta e…- la voce gli morì sulle labbra davanti alle iridi indecifrabili di quella ragazza piena di sorprese, che lo stava guardando con un cipiglio talmente serio da risultare quasi comico.

Lui sospirò, tormentandosi ancora la folta chioma dorata.

-Voglio soltanto saperti al sicuro…- mugugnò, e non potei trattenere un mezzo sorriso quando vidi le sue orecchie arrossire furiosamente ed il suo sguardo riempirsi d’imbarazzo: è sempre stato incapace di esprimere le proprie emozioni in maniera decente, William Moseley.

Ray, che era rimasta immobile ed in silenzio mentre lui parlava, scosse la testa. -Sei un idiota.- commentò soltanto, prima di tirarselo bruscamente addosso per un orecchio, lasciandosi finalmente abbracciare e stringendolo forte a sua volta.

Vidi chiaramente il corpo di Will cedere, rilassarsi di botto al contatto con quello di Ray; conoscevo l’effetto calmante che quella piccola furia poteva avere sugli altri, quasi come se tutta la tranquillità e la pacatezza che lei sembrava non possedere si orientasse sulle persone che aveva accanto, salubri e delicate come l’abbraccio della brezza estiva.

Disorientato dalla piega repentina presa dagli eventi, mi limitai a rivolgere ad entrambi un'occhiata interrogativa e spiazzata. Di chi stavano parlando? Chi era che aveva fatto tanto male a Ray da causare quella reazione spropositata di Will nei miei confronti?

Ray, accorgendosi del mio sconcerto, sospirò. -Ti ricordi quel ragazzo che abbiamo incontrato in Piccadilly qualche mese fa?- mi domandò, guardandomi solamente per qualche attimo prima di distogliere lo sguardo, nel tentativo di impedirmi di vedere la malinconia e la tristezza riempirne quel blu stupefacente. -Non è mai andato molto d’accordo con Will.- aggiunse, ma subito il biondo alzò la testa dalla sua spalla per rivolgerle un'occhiata malevola – a dir la verità fu quello a preoccuparmi, perché non avevo mai visto una tale espressione di disprezzo e di disgusto nello sguardo del mio amico.

Ray, trovandosi presa in contropiede dalla reazione di William, gli pizzicò con forza una spalla e sbottò un: -Oh, insomma!- decisamente esasperato, rovesciando la testa verso l'alto per sfuggire, probabilmente, all'intensa disapprovazione del biondo.

Però sapeva, credo, che non sarebbe riuscita a sfuggire alle mie domande; perciò sospirò, scoccando un'occhiataccia all'amico prima di rivolgersi nuovamente a me.

-Lui… Simon…- cominciò, esitando su quel nome che pronunciò con un disgusto tale da farmi rabbrividire. Scosse la testa, rassegnata, torcendosi le mani e spostando nuovamente gli occhi altrove prima di tornare a guardarmi – sembrava che si sentisse in colpa per ciò che si trovava costretta a dire, che la disgustasse a tal punto quel ricordo da renderle faticoso persino il parlare di quella cosa. 

Ricambiai il suo sguardo incerto, rivolgendole un lieve cenno per incoraggiarla a parlare: non avrei mai potuto cambiare l'opinione che avevo di lei, qualunque cosa mi avesse detto o mi avesse rivelato di aver fatto.

Sembrò carpire quel mio pensiero, quella mia consapevolezza: e sospirò, esasperata da se stessa, masticando un'imprecazione prima di riempirsi i polmoni d'aria.

-Simon è stato il peggior errore della mia vita, e l’apoteosi della mia tendenza all’autosacrificio e all’autoflagellazione.- buttò fuori tutto d'un fiato, arrossendo per la vergogna e l'imbarazzo che l'aver dovuto ammettere una cosa del genere, evidentemente, le provocava.

Lì per lì non capii a cosa si stesse riferendo, ma ebbi il lampo d'intelligenza necessario per capire che non sarebbe stato saggio indagare in quel momento, non con Will stravolto e Ray tanto nervosa. Solo diverso tempo dopo avrei capito quanto, esattamente, quel tale le avesse fatto del male; ma, questa, è un'altra storia.

-Ti ha quasi distrutta.- rincarò Will, guadagnandosi un altro pizzicotto e l'ennesima occhiataccia.

-Eppure sono ancora in piedi.- replicò dolcemente Ray, rivolgendomi uno sguardo che, forse, voleva essere di scuse. Avrei voluto abbracciarla e dirle che andava tutto bene, che capivo, ma Will era ancora sconvolto e lei se ne accorse, premurosa come sempre nei confronti di quel bizzarro fratello maggiore che si era scelta; rimandai mentalmente a più tardi le spiegazioni e i chiarimenti, perché sapevo che lei aveva bisogno di occuparsi del suo amico. -Will, è tutto okay. Va tutto bene, non sono arrabbiata con te.- lo rassicurò infatti, accarezzandogli i capelli con un atteggiamento sorprendentemente affettuoso, quasi materno.

-Dovresti.- mugugnò lui in risposta, imbronciato. Lei rise.

-Non sono capace di tenerti il broncio, dovresti averlo imparato da molto tempo.- gli fece notare e, ancora una volta, mi ritrovai a rammentare a me stesso che Will e Ray si conoscevano da diversi anni, e che il legame che si era instaurato fra loro andava al di là della semplice fiducia o amicizia. -Adesso, però, tu devi parlare con Angel.- aggiunse lei dopo un istante, continuando a coccolarlo e rimanendo in silenzio per qualche minuto: mi permisi di osservarla, affascinato dal modo in cui il suo sguardo si faceva assente quando rifletteva e dalla delicatezza con cui sfiorava la chioma arruffata di William, che le si era nuovamente rifugiato addosso come un bambino troppo cresciuto.

Era bella, mi dissi. Era bella in un modo tutto suo, e quella bellezza era solamente mia.

-Dovrò trovare un altro posto dove stare.- affermò all'improvviso, spezzando il silenzio finalmente quieto che era venuto a crearsi in quella manciata d'istanti. Trasalii all'unisono con Will, perché entrambi avevamo colto il tono stranamente definitivo della sua voce, la malinconia che ne aveva velato le sillabe solitamente energiche e preponderanti.

-Non voglio che tu te ne vada.- esclamò subito lui, mentre io mi costrinsi a rimanere in silenzio: qualcosa, dentro di me, mi stava suggerendo di ascoltare prima d'intervenire.

Ray sorrise al suo migliore amico, arruffandogli la frangia con un gesto tenero ma, contemporaneamente, dannatamente triste.

-Will, non siamo più a New York. Abbiamo vissuto assieme per tanto tempo… è arrivato il momento di voltare pagina.- gli spiegò ma, quando lo vide sbiancare, si affrettò a dargli un buffetto e a sorridere. -Ehi, va tutto bene! Non ho intenzione di lasciarti solo!- lo rassicurò subito, costringendosi – lo vedevo chiaramente – a mostrarsi allegra e serena nonostante non si sentisse minimamente così. -Perdiana, sei più insicuro di una ragazzina al primo amore.- aggiunse, sarcastica – sfuggendo, però, al mio sguardo indagatore.

-Mi piace vivere con te.- protestò lui, ma mi accorsi anch’io di quanto stesse cercando di impuntarsi su qualcosa che, alla fin fine, forse avrebbe anche potuto andargli a genio. Dopotutto, oggettivamente parlando, Ray poteva anche aver ragione: Will ed Angel stavano insieme da tanto, forse era arrivato davvero il tempo di cominciare a pensare ad un futuro insieme.

Ray gli arruffò i capelli, continuando a sorridere con quello che mi sembrò uno sforzo quasi titanico; capii in quell’istante quanto stesse cercando di reprimere la propria angoscia, la propria tristezza, pur di riuscire a tranquillizzare il suo amico… innervosito, non potei fare a meno di tamburellare con le dita sul cuscino del divano, guadagnandomi una sua occhiata ammonitrice.

Era stupefacente, per me, vedere quanta intesa e complicità fossero sbocciate fra me e lei in quei pochi mesi di relazione – era quasi come se, in tutta la mia vita, non avessi aspettato altro che lei per sentirmi finalmente completo

-Avanti, in fondo lo sai da molto tempo che questa cosa doveva cambiare.- sorrise, Ray, rivolgendosi di nuovo a Will. -Tu ed Angel siete pronti da tanto tempo.- aggiunse con tenerezza, ma la vidi inghiottire quello che, probabilmente, doveva essere l’inizio di un pianto che stava cercando di reprimere dentro se stessa.

-E tu dove andrai?- le domandò lui col solito tatto elefantiaco, infierendo inconsapevolmente su quell'autocontrollo mostruoso che, tuttavia, stava cominciando a vacillare. Lei chiuse per un istante gli occhi, prendendo fiato prima di rispondere.

-Ho qualche soldo da parte. Mi troverò un posto vicino al lavoro, così__-

E la soluzione, in quel momento, si presentò nella mia mente con una consapevolezza talmente chiara e cristallina da sorprendere me stesso per non averla riconosciuta prima.

-Vieni qui.- la interruppi, sollevandomi dallo schienale della poltrona e osservandola da sopra le dita intrecciate; Ray, alla mia esclamazione, si voltò di scatto verso di me  ma Will, alle sue spalle, si aprì in un sorriso talmente entusiasta da farmi intuire che la stessa idea fosse balenata in mente anche a lui.

-Cosa?- mi domandò lei, esterrefatta, fissandomi con quei due splendidi occhi blu che erano riusciti a stregarmi molto tempo prima di quel giorno. Annuii.

-Vieni a stare qui. Con me.- ripetei, convinto e serio come non ero mai stato prima di quel momento: solamente ora mi rendo conto di quanto mi sentissi determinato, di quanto desiderassi con tutte le mie forze che Ray fosse abbastanza coraggiosa da fare quel passo verso di me.

Ci conoscevamo da poco, stavamo insieme da ancor meno, c'erano dieci anni di differenza fra noi, ma io sapevo già che lei era tutto ciò che avrei potuto desiderare.

-Ben…- cominciò, incerta e deliziosamente confusa, passandosi le dita fra i capelli biondi per tirarseli indietro, scostandoli dal volto. -...stai scherzando, vero?- mormorò, rivolgendomi un'occhiata così insicura ed implorante da strapparmi uno sbuffo divertito.

-Evidentemente, Will non è l’unico insicuro patologico in questa stanza.- commentai, ed entrambi i biondi tirati in causa arrossirono fino alla radice della capigliatura del medesimo colore.

Mi allungai verso di lei, prendendole una mano ed avvicinandola a me; Ray, docile come non era mai stata nei miei confronti – né con nessun altro, d'altronde –, si lasciò sottrarre da Will e mi permise di prenderla di nuovo in braccio, di riempirmi lo sguardo di lei e dei suoi occhi meravigliosi.

Le accarezzai lievemente una guancia col dorso della mano, sorridendo appena quando la vidi socchiudere gli occhi per abbandonarsi, fiduciosa, al mio tocco.

-Ti voglio per me dal momento stesso in cui mi hai rifilato quel due di picche, quando ci siamo conosciuti.- le rivelai a bassa voce, strappandole un piccolo sussulto divertito quando quel ricordo riemerse nelle memorie di entrambi. L'avevo trovata così sensuale, quella sera, così meravigliosamente enigmatica... -Sono un uomo possessivo, Ray, ed estremamente ansioso. Non sopporterei l’idea di saperti lontana da me.- aggiunsi, inarcando un sopracciglio e rivolgendole quell'occhiata sardonica che, come avevo imparato, era in grado di farle saltare i nervi in un istante.

Per una volta, però, lei non volle cogliere la mia provocazione e sospirò, tormentandosi nuovamente le ciocche dorate che le continuavano a ricadere sulle guance.

-Ho vissuto sola per molto tempo, non è un problema, non sentirti costretto ad aiutarmi…- cominciò, ma alzai immediatamente una mano per interromperla, scuotendo appena la testa.

-Costretto?- sottolineai, inarcando un sopracciglio con scetticismo. “No, non ci siamo proprio.”

Sospirai, abbassando lo sguardo per un istante prima di alzarlo nuovamente su di lei, non riuscendo a trattenere un sorriso sarcastico dal disegnarsi sul mio volto quando la vidi tanto insicura, triste ed estremamente fragile. -Perdonami, ma forse non hai colto il senso di ciò che ho detto.- le feci notare, annuendo in risposta alla sua espressione accigliata.

Non voleva capire… per lei sarebbe stato molto più semplice accettare un rifiuto od un dolore, invece delle parole semplici che le stavo rivolgendo in quel momento. Avevo compreso da tempo quanto fosse totalmente incapace di credere che qualcuno si preoccupasse per lei o la desiderasse nella propria vita; l’unico modo per valicare la sua insicurezza, dietro cui si trincerava come un guerriero al di là dei merli di un castello, era essere chiari.

La guardai, inchiodando le iridi in quelle tempestose della donna che amavo: sapevo che sarebbe stata in grado di scorgere, nel mio sguardo, quella verità che lei si stava testardamente ostinando a non voler accettare.

-Ti voglio con me, Ray. Adesso, fra un anno, per tutto il resto della mia vita.-

La osservai trasalire, rabbrividire, sgranare gli occhi quando pronunciai quelle parole che, probabilmente, lei non avrebbe mai nemmeno sperato di sentirsi rivolgere; eppure quella era l’unica realtà che sentivo ardere dentro di me, tanto immensa e cristallina da annientare le paure ed i timori di entrambi.

Volevo bearmi di lei, della sua presenza, volevo godere di ogni sua vittoria ed esserle accanto dinanzi a qualsiasi difficoltà; volevo svegliarmi e trovarla accanto a me, volevo fare l’amore con lei fino a spossare entrambi di piacere ed appagamento, volevo vederla strillare contro la televisione e suonare la batteria con quella determinazione assoluta con cui Ray affrontava la vita – una vita che volevo mia, che volevo condividere con lei, che non mi sarei lasciato sfuggire per nulla al mondo.

Io volevo lei.

Allungai una mano per racchiuderla intorno alla sua, che lei aveva tenuto stretta a pugno in grembo sino a quel momento, passandole l'altro braccio attorno alla vita per trattenerla lì, nell’unico posto da cui non l’avrei mai fatta scappare: fra le mie braccia. Con me.

Le accarezzai le guance soffici con i pollici, riempiendomi lo sguardo e la mente dello splendore del suo volto, dei suoi occhi increduli, del sorriso incerto che le increspava le labbra morbide; le soffiai un bacio sulla bocca, sfiorandole con le dita i boccoli disordinati e sorridendo a mia volta.

-Io sono un gran egoista, Ray. Tu sei mia, e io non ho intenzione di lasciarti andare tanto facilmente.-

 ._

 .

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Una cosa che ho imparato ad apprezzare di Ray, nel corso degli anni,  è la sua ostinata caparbietà e la sua (un poco patologica, lo ammetto) incapacità di procrastinare: una volta presa la decisione di trasferirsi da me, quel piccolo vulcano impiegò appena quindici giorni per spostare tutto ciò che possedeva dall’appartamento di Will a casa mia.

William insistette per non smantellare completamente la camera che Ray stava abbandonando; la costrinse – quasi con la forza, a dire il vero – a lasciare un cambio d’abiti e qualche effetto personale nell’armadio, “casomai avesse avuto bisogno di trascorrere del tempo assieme a lui e ad Angel”: mi trovai d’accordo con la sua richiesta, perché sapere che Ray avrebbe sempre avuto un posto dove andare se mi fosse successo qualcosa è sempre stata una sicurezza non indifferente.

Nel giro di pochi mesi, da quando avevo rimesso piede in Inghilterra, la mia vita era stata completamente stravolta dall’arrivo di quella biondina esagitata che mi era entrata dentro come mai nessuno aveva fatto prima d’allora.

Imparare a vivere insieme fu facile e spontaneo per entrambi. Ray aveva vissuto a lungo sola ed in seguito assieme a William, ed era abituata a gestire casa e lavoro senza alcuna difficoltà; io avevo convissuto per molti anni con mio fratello Jack e non mi preoccupava l’idea di dividere casa mia con qualcun altro, ma nessuno dei due avrebbe mai potuto immaginare quanto semplice fu abituarsi l’uno all’altra.

In breve tempo, come già aveva fatto una volta, la sua presenza diventò, per me, essenziale.

 _

Viviamo insieme da più di quattro anni, ormai. Abbiamo superato tante avversità e tanti problemi, ma niente è mai riuscito a convincermi di aver sbagliato, in quella lontana sera di inizio estate, nel tentare di abbordare una giovane biondina che non potevo immaginare avrebbe cambiato per sempre la mia vita.

Dicono che la notte porti consiglio, che il buio sia riposo per la mente e per il corpo; dicono che la notte sia pigra e fragrante, sempre identica, quasi monotona e priva di luce; dicono che sia utile solo per dormire, per far passare in fretta quelle inutili ore di buio.

È evidente quanto il mondo non abbia ancora avuto l’occasione di conoscere la mia piccola Ray.

Lei, la notte, ce l’ha negli occhi: ce l’ha dentro quelle iridi chiare, in ogni millimetro di quel viso di bambola. Ho imparato ad amarla perché lei è e sarà sempre una che cambia, muta ed esplode in una miriade di fuochi d’artificio ogni volta più belli, ogni volta irripetibili; era ed è tante persone diverse, Ray, proprio come la notte: mai uguale a se stessa, ma più bella ad ogni sguardo.

È del suo modo di essere quella meravigliosa, magica notte di cui io non riesco più a fare a meno: della notte che si riflette sulla sua pelle chiara, sulla linea morbida della schiena illuminata dalla luce dorata dei lampioni che sfiora i suoi corti, arruffati capelli biondi; della notte che sa delle sue labbra, delle sue carezze, della sua pelle; della notte che mi ha riempito la vita di risate, di gioia e della luce dolce e delicata della Luna.

Sorrido, guardandola mentre dorme appallottolata contro di me, il suo respiro mi sfiora il petto e le sue dita stringono con forza le mie.

A pensare che è iniziato tutto con un due di picche, sinceramente, ora mi viene quasi da ridere.

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My Space:

Ebbene sì, sono riuscita a trovare una conclusione anche per Seize The Day! Non ci speravate più, lo so; sinceramente… nemmeno io ^^'

Evidentemente questo è il periodo in cui riesco a portare a termine molte delle cose che ho lasciato in sospeso per tanto tempo… dev'essere l'arrivo dell'autunno e dell'inverno, mi fa sempre un buon effetto e mi fa lavorare di più sui miei scritti, con maggior passione. Ben e Ray mi hanno accompagnata per un lungo pezzo della mia vita e non hanno ancora finito con me, a dirla tutta: come ho detto all'inizio, questa fanfiction è per tutti coloro che li hanno amati e li amano quanto me, è un dono per le persone che, nonostante le avversità, non rinunciano ai sogni.

Vorrei ringraziare tutte le persone che hanno recensito e atteso pazientemente il finale di STD; siete stati tutti meravigliosi, è soprattutto grazie ai vostri commenti e al vostro entusiasmo che mi sono decisa a riprendere in mano questa fanfiction per darle il finale che meritava. Ben e Ray, lo capisco solamente ora, non sono soltanto il mio rifugio: sono anche un po' il vostro, e mi dispiace di avervi fatto aspettare così tanto.

Magari è un po' un cliché, ma a volte non mi dispiace inserirne qualcuno ^^' spero che vi sia piaciuto questo capitoletto conclusivo! Devo dire che non mi dispiace, non è stucchevole e Will è un pacioccone estremamente coccolabile xD

Peter: :D

NON TU, Peter. Tu sei insopportabile, è il tuo interprete ad essermi simpatico. Ricordati sempre che io ti aborro dal profondo del mio cuore.

Peter: ...mai una gioia nella vita -.-

Ben invece è mostruosamente perfetto, almeno secondo i miei canoni: datemene uno così, per piacere. Dove li vendono? Ne ho un gran bisogno ç_ç

 

§

 

APPUNTI TEMPORALI

- Ray e Ben si sono conosciuti dopo la registrazione di Dorian Gray ma prima dell'uscita nei cinema, ossia quando lei aveva compiuto da poco 18 anni (e lui 28, ci sono dieci anni di differenza fra loro). Will, al tempo, viveva con lei in un appartamento di Londra. In seguito a "Seize The Day", però, Ray va a vivere con Ben ed Angel si trasferisce da William.

- Will ed Angel lasciano l'Inghilterra un anno dopo, ai 19 anni di Ray (29 di Ben), pochi mesi dopo l'incidente di Ray (che trovate raccontato nella fanfiction "Phoenix"). Dopo questa partenza sono ambientate le fanfiction “Something was broken” e “Stop. Breathe. Cry if you must.

- Angel e Ray hanno uno screzio, circa un anno dopo il trasferimento di Will ed Angie negli USA, che porta le due coppie ad allentare i rapporti e ad allontanarsi, pur mantenendo intatte le amicizie Will/Ben, Angel/Ben e Will/Ray.

- Ora, ossia nel momento in cui Ben parla di Ray al termine di questo capitolo, Ben e Ray sono sposati e hanno una figlia, Sinéad, e convivono a Londra da più di quattro anni. Ray quindi ha più di 22 anni e Ben 32, Sinéad invece ha compiuto un anno (essendo nata ad agosto dell'anno prima). Un piccolo scorcio di questa nuova vita lo trovate nella storia “Full Hearts”, ambientata durante le riprese del film The Words.

Tutto questo lo troverete descritto nelle mie prossime fanfiction; sì, non ho finito con loro! Ci rivedremo, quindi, è una promessa solenne. :)

 

Love you all,

B.

   
 
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