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Autore: Pulcia_Alien    13/11/2013    2 recensioni
Pubblicai questa One Shot nel 2010 sul forum ufficiale del twincest. Purtroppo ora non è più attivo da almeno un anno, quindi ho deciso di ripostarla qui e, perché no, di ricominciare a scrivere.
Questa One Shot parla del travagliato amore tra Bill e Tom, irrealizzabile e drammaticamente destinato a non avere mai più pace.
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest, Tematiche delicate
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A VOLTE RITORNANO.

"Adesso lo sai cosa voglio: tu per la tua strada ed io per la mia."
Gli si gelò il sangue nelle vene. Lanciò il cellulare in terra con tutta la forza e la rabbia che aveva in corpo, frantumandolo in mille pezzi. Le lacrime sgorgavano incessanti dai suoi occhi nocciola, avrebbe voluto urlare, scappare, morire. Ma tutto quello che ormai da mesi riusciva a fare era stare abbracciato al cuscino del suo letto e piangere, piangere fino a quando non si addormentava. Si tormentava giorno e notte, chiedendosi cosa mai avesse fatto di male per soffrire così, cosa avesse sbagliato, perchè fosse capitato a lui. Milioni e milioni di domande e neanche una risposta. Si guardò allo specchio, quasi non si riconobbe in quello stato. Non posso credere che sia proprio tu. Ti stai rovinando l'esistenza per una persona insulsa, insignificante, crudele. Una persona che diceva di amarti, mentre poi ti ha abbandonato qui, nella tristezza e nella disperazione... Come puoi amarlo? Eppure lo hai fatto, lo fai e continuerai a farlo. Hai qualche serio problema mentale. I suoi pensieri furono interrotti dal suono del telefono di casa. Rispose con il tono di voce migliore che riuscì a fare: - Pronto? - era rauco e distorto, ma sempre meglio che niente.
Dall'altra parte della cornetta c'era Andreas, il suo migliore amico da sempre.
- Ehi, Bill! Hai maldigola? In ogni caso volevo chiederti di fare un salto qui da me, è un po' che non ti si vede! -.
- Dai va bene, dieci minuti e sono lì... - rispose freddo, mettendo giù. In dieci minuti arrivò a casa dell'amico, ma quando entrò gli si gelò il sangue nelle vene. Seduto accanto ad Andreas c'era suo fratello gemello Tom. Il sangue del suo sangue, la persona che amava incondizionatamente da ormai troppi anni, quella che lo stava facendo soffrire tanto da portarlo a farsi del male fisico per non pensare al dolore morale che gli stava procurando quella situazione. Gli venne un improvviso senso di vomito, seguito da giramenti di testa. Svenne.

- Bill! Bill, svegliati! - furono le prime parole che Bill sentì, per poi ritrovarsi sul pavimento del bagno con il capo appoggiato al petto di Tom, seduto accanto a lui.
- Si... Si, sto bene Tom, grazie. Ho avuto un capogiro, nulla di che. - rispose, cercando di alzarsi.
- No, aspetta, tu non stai affatto bene. Quant'è che non mangi? -
- Smettila di fare il finto preoccupato, ti ho detto che sto bene, lasciami in pace - Bill sentiva che da lì a poco sarebbe scoppiato a piangere, doveva andarsene il prima possibile. Si alzò.
- Ma... -
- Lasciami stare Tom! Ti ho detto che sto bene! Posso andare a casa o devo rispondere ancora al tuo interrogatorio? - Bill si avvicinò al lavandino per lavarsi il viso. Nel mentre sentì due mani cingergli il bacino. Si alzò di scatto, vedendo il fratello dietro di lui.
- Bill, assicurami che è tutto a posto... - gli disse, dandogli leggeri baci sul collo.
In quel momento Bill sentì andargli il sangue al cervello, scostò le mani del fratello da sé, girandosi e guardandolo dritto negli occhi. Gli urlò in faccia tutto quanto.
- Come puoi pensare che sia tutto a posto, Tom? Dimmi come puoi solo immaginare che sia tutto a posto! Non te ne frega niente, niente, niente. Lo fai solo perchè ti senti obbligato, solo per quello! Mi hai rovinato la vita e adesso pensi di venire qui, farmi due moine, e che io stia ai tuoi giochetti? Falli con le tue puttanelle i giochi, loro si che non vedono l'ora! E adesso, perfavore, lasciami andare a casa prima che ti prenda a pugni. -
Tom rimase senza parole. Aveva decisamente sottovalutato il fratello, il quale prese la sua roba e uscì piangendo.
- Cos'ha? - chiese Andreas all'amico.
Silenzio.
- ...Allora, stasera chiamo Alina o Kristine? - rise Tom, sviando la domanda come se non fosse successo nulla.

Adesso basta. Pensò Bill, mentre riempiva le valigie. Non lo devo più vedere, mai più. Cambio città, cambio numero, cambio vita. Sapeva che Tom sarebbe tornato a breve, quindi fece il più presto possibile. Lasciò un biglietto sul letto del fratello: “Ti auguro tutta la felicità del mondo, amore mio. Ti amo. Bill”. Poi chiamò un taxi, direzione aeroporto. Non sapeva ancora dove sarebbe andato, ma sicuramente lontano da quel terribile incubo. Il viaggio in macchina durò molto. Bill ascoltò musica per tutto il tragitto. Guardando fuori dal finestrino la pioggia che si abbatteva su Berlino ricordò tutti i momenti passati insieme al fratello; quando si confessarono l'amore che provavano l'uno per l'altro, quelle notti di passione, gli sguardi, i sorrisi, i silenzi. E purtroppo ricordò fin troppo bene anche il giorno in cui litigarono. Egoista, sei solo un grandissimo egoista. Non hai mai fatto nulla per me, mentre io avrei dato la vita per te. Non mi hai mai dimostrato nulla. Quelle parole gli rimbombavano nella testa, parole che non pensava realmente, ma che aveva detto. Se ne era amaramente pentito, gli aveva chiesto mille volte scusa, ma Tom non ne aveva voluto sapere. Eppure lo aveva perdonato tante volte, e al momento che lui aveva chiesto una possibilità per rimediare non gli era stata concessa. Egoista.

A New York era pieno inverno e nevicava ormai da giorni. Le strade erano impraticabili, motivo per cui Bill si recò al lavoro a piedi quella mattina. Prese un cappuccino da asporto da Starbucks per cercare di alleviare il freddo pungente del tragitto. Pensando agli appuntamente del giorno distolse l'attenzione dal marciapiede. Andò inevitabilmente a sbattere contro un passante, facendogli cadere dei documenti che portava in mano. Bill lo osservò un istante; portava dei dreadlocks, abiti molto larghi. Avrà avuto all'incirca la sua età, un ventenne insomma.
- Oh, mi scusi, le do una mano. - disse, facendo per chinarsi.
- Bill? - chiese il ragazzo. Bill riconobbe subito quella voce.
- Tom! Sei tu? Cosa ci fai qui? - esclamò Bill, sconcertato.
- Sono qui per lavoro, resto una settimana. -
- Ah, capisco. Dove lavori? - non avrebbe voluto fargli quella domanda, ma era troppo tardi.
- - Alla Planning Corporation, a due isolati da qui. - Ecco, me lo sentivo.
- E' dove... Dove lavoro io. - rispose Bill, chiedendosi tra sé e sé perchè avesse scelto proprio New York quel maledetto quindici luglio.
- A volte il destino gioca brutti scherzi. - disse Tom, accennando un sorriso.
- Purtroppo si. Fammi un piacere, fa come se non ci fossimo mai incontrati. - concluse il ragazzo, allontanandosi con il suo cappuccino ancora a metà fra le mani.
Tom rimase chinato in terra, con i fogli a mezz'aria e lo sguardo perso nel vuoto. Rivedere il suo gemello, quello che era stato l'amore della sua vita... Gli fece un effetto troppo strano. Si sentiva come attratto magneticamente, ancora a distanza di mesi. Quell'amore che era improvvisamente sparito, era altrettanto improvvisamente riapparso. O forse non se ne era mai andato davvero.

Bill entrò nel suo ufficio, per la prima volta contento. Non ne poteva più del freddo agghiacciante e quell'incontro lo aveva destabilizzato. Si accomodò sulla sedia, leggendo il New York Times che la sua segretaria gli faceva trovare ogni mattina sulla scrivania. Era sicuro di non amarlo più; anzi, provava un odio inimmaginabile per Tom, quel mostro che lo aveva fatto soffrire mesi e mesi. Avrebbe voluto eliminarlo dalla faccia della Terra, ridurlo in polvere, fargli passare ciò che lui aveva passato. Decise di accantonare i pensieri e dedicarsi al lavoro, ricevendo clienti per il resto della mattinata.

Finalmente arrivò la tanto agognata pausa pranzo; prese l'ascensore e uscì dall'edificio per dirigersi al vicino ristorante, dove avrebbe mangiato con la sua migliore amica, Heidi. Le raccontò dell'incontro con il gemello. La ragazza sapeva tutto di lui, gli avrebbe sicuramente saputo dare un buon consiglio.
- Ci sono passata anche io un paio di anni fa e capisco come ti possa sentire. Ti dico solo una cosa: non ci ricadere, perchè certe persone non cambiano mai. Non so se sia il caso di tuo fratello questo, ma stai molto attento, non puoi permetterti di soffrire ancora così tanto. -
Bill rispose con una sonora risata. Si sentiva sicuro di sé, sicuro di non provare più nulla per Tom, sicuro di voler chiudere per sempre con lui. Decisamente troppo sicuro.
Finito il pranzo ringraziò l'amica e tornò sul posto di lavoro. Accese il computer, trovando una nuova mail. Tom. Il suo sesto senso gli disse che in quella mail non c'era scritto nulla di buono. E così fu.

“Bill, rivederti è stato un colpo fortissimo. Credevo di non aver più bisogno di te, di non amarti di più, di non voler stare con te. E invece mi sbagliavo, mi sbagliavo di grosso. Questa lunghissima lontananza mi ha dato modo di pensare tanto. Ti prego, perdonami per averti fatto soffrire così tanto.
Tom.”

Estrasse la tastiera dalla scrivania, tornando con la mente a quel giorno.
Gli rispose con una sola frase:

“Tu per la tua strada ed io per la mia.”

Invia messaggio
.

Il mattino dopo le strade furono rese agibili e Bill arrivò in ufficio con qualche minuto di anticipo.
Si accomodò sulla sedia, leggendo il New York Times che la sua segretaria gli faceva trovare ogni mattina sulla scrivania.
In prima pagina lesse le seguenti parole:
“Ragazzo si lancia nel vuoto dal sedicesimo piano del Fiston Hotel.
Tom Kaulitz, neo imprenditore della Planning Corporation berlinese.”


Gli si gelò il sangue nelle vene. Ancora.
  
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