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Autore: RobynODriscoll    14/11/2013    1 recensioni
[Iniziativa "Accidentally in Love - OUAT Strangest Crack Couples Ever!"]
Una sfida. Coppie crack, che più crack non si può. Un prompt per ognuna.
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Wendy e Hook
W: «Tu non sei un vero pirata.»
H: «Ah sì? Posso dimostrarti il contrario.»
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Mulan e Neal
M: «Non mi è ancora chiaro, sai. Cos'è un...film?»
N: «E' difficile da spiegare per chi non sa nemmeno cosa sia una televisione.»
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Mulan e Robin Hood
RH: «Puoi arrabbiarti se vuoi. Puoi anche piangere, se preferisci. Non sarai meno forte, questo lo sai?»
M: «Non posso permettermelo. Nessun deve vedermi così...nessuno!»
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Will e Aurora
W: «Cento anni? Bloody Hell! Pagherei per farmi un pisolino del genere!»
A: *sguardo che uccide*
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Emma e Cyrus
C: «E' il tuo compleanno, esprimi un desiderio.»
E: «Ho paura dei desideri. I desideri portano a sperare.»
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Rumpel e Snow
R: «Un cuore puro come il tuo mi farebbe comodo, dearie.»
«Vieni a prenderlo, Dark One.»
--
Aurora e Robin Hood
RH: "E cosa sarebbe questa cosa che ti ho rubato, e che rivuoi indietro?"
A: "Il mio cuore, furfante. Non avevi alcun diritto di prendertelo...non ti apparteneva!"
[altre coppie e prompt alla fine del capitolo 1 ^_^]
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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  1. Daydream Believers (John Darling/ Alice)

 

Cheer up, Sleepy Jean

Oh, what can it mean

to a daydream believer

and a homecoming queen...»

(Daydream Believer - John Stuart)

 

 

John si tolse gli occhiali e controllò il danno. Passò il polpastrello su tutta la superficie fredda, trovando subito l'incrinatura. Già, era proprio come gli era sembrato attraverso le lenti. C'era una bella crepa che ne attraversava una fino al centro; inoltre, la montatura era piegata.

Sospirò, calcandoseli di nuovo sul naso. La cornice attraverso cui guardava il mondo gli apparve storta. Provò a sistemarla con il dito, una volta, due volte: inutile, tornava sempre al suo equilibrio curvo. Si rassegnò a guardare le cose da quella nuova prospettiva, almeno per un po'. Avrebbe scritto alla mamma quella sera, per raccontarle l'accaduto. Con un po' di fortuna, in meno di un mese avrebbe avuto un paio di occhiali nuovi.

Raccolse le ginocchia al petto, e poggiò la nuca contro il tronco della betulla sottile che aveva alle spalle. Sospirò a fondo, svuotando i polmoni. Era il modo in cui cercava di scacciare i cattivi pensieri, e alle volte ci riusciva. Certo, ritagliarsi quell'attimo di pace era stato un'impresa: Mr. Allen non voleva lasciarlo andare, anche se ormai era stato chiarito che la colpa non era di John. Reginald aveva scatenato la rissa e l'aveva in buona parte portata a compimento da solo. D'altra parte, sia Mr. Pinnacle sia tutto il corpo docenti sapevano che Reginald faceva “Guaio” di secondo nome.

Gli piaceva picchiare i ragazzini mingherlini e miti come John, per il gusto di vederli piangere. Di solito lo faceva in modo che i lividi non si notassero sotto l'uniforme del collegio: ciò che sembrava divertirlo era proprio osservare fino a che punto la vittima designata avrebbe sopportato. E John Darling aveva una grande, infinita capacità di sopportazione, che aveva spinto il suo ben pasciuto compagno a legarsi particolarmente a lui, nella maniera malata in cui un carnefice si lega alla propria vittima. Ragazzi come Reginald Healy sembravano venuti al mondo esclusivamente per vedere fino a che punto ragazzi come John Darling avrebbero resistito, prima di trasformarsi in esseri peggiori di loro.

Ciò che Reginald Healy non sapeva, era che John Darling non sarebbe mai diventato come lui. Aveva visto e vissuto cose che lo terrorizzavano come mille, diecimila Reginald non avrebbero potuto. Aveva visto un luogo peggiore di Northern Star Manor, un luogo di cui non si può dire il nome perché non dovrebbe nemmeno esistere.

Il collegio in sé non era male. Era una vecchia casa padronale, lasciata in eredità a Mr. Pinnacle da una qualche zia facoltosa: sapeva di muffa, gelo atavico e scones stantii, ma aveva anche il fascino di tutti i vecchi manieri. Dopo i primi sei mesi aveva iniziato a diventare, se non propriamente accogliente, almeno familiare. Non tutti i ragazzi erano come Reginald Healy. Con alcuni, John riusciva perfino a divertirsi, ogni tanto. Poi, quando si rendeva conto che stava giocando come un qualsiasi ragazzino di undici anni, il terrore gli bloccava lo stomaco. Diventava pallido, e doveva sedersi su una panchina per non rigettare la colazione sull'erba. Mr. Allen – che lo seguiva sempre come un'ombra, chissà, forse erano stati i suoi genitori a chiederglielo? - lo riaccompagnava nel salotto e chiedeva a Mrs. Barry di mettere su il bollitore del tè. Succedeva sempre quando il gioco cominciava a parlare di pirati. O indiani. O della capacità di volare nell'aria. O delle fate.

I Darling avevano preso la decisione di mandare John in collegio dopo la morte di Wendy. O meglio, quella che loro avevano giustificato al mondo come la sua disgraziata, prematura scomparsa. John non era un bambino da scalpitare, fare i capricci, puntare i piedi. Aveva mostrato la sua contrarietà feroce all'idea di andarsene di casa con una tattica che non rendeva giustizia alla violenza dei suoi sentimenti: di fatto, si era immobilizzato come un coniglio spaventato. Aveva reagito a quel modo quando mrs. Darling aveva parlato dell'eventualità la prima volta, ed era rimasto un pezzo di ghiaccio quando l'aveva abbracciato per dirgli che era soltanto per il suo bene. Non aveva mangiato per due giorni, fino a che i morsi della fame l'avevano costretto a sbocconcellare qualcosa dal piatto lasciato sul suo comodino durante la notte. Papà aveva cercato di suonare severo. John non aveva risposto ai tentativi di farlo ragionare, né alle minacce poco consistenti. Il suo silenzio era stato preso come un assenso, ma il giorno in cui l'avevano spinto fuori dalla porta con la valigia tra le mani e il cappello calcato in testa si era fatto spostare come un cumulo di granito.

Chi aveva scalpitato, urlato, pianto, era stato Mickey.

Lui poteva farlo: era il più piccolo, era il più coccolato. No, non il più amato, questo glielo dicevano sempre. Wendy è stata la nostra prima gioia, Michael è il nostro piccolino. Ma no, John, non sentirti da meno, non ce n'è alcuna ragione. Mickey era il beniamino di casa, quindi poteva fare i capricci: e oh, li aveva fatti, quando John era partito per il collegio. Gli si era aggrappato alle ginocchia e non voleva lasciarlo andare, e scongiurava i genitori che credessero alle loro parole, perché non stavano dicendo una bugia, un'ombra aveva portato via Bae e poi era tornata per Wendy, e aveva detto loro che se non lo avessero aiutato non l'avrebbero rivista mai più! Ma Mr. e Mrs. Darling erano ancora troppo scossi e sconvolti per la misteriosa scomparsa della figlia maggiore per dare retta ai due rimasti. Credevano che fossero loro, quelli che non riuscivano a vedere la realtà. Credevano che John e Michael avessero inventato una storia di paura per superare il trauma della fuga dell'adorata sorellina con quel ragazzino di strada. Avevano deciso che quell'invenzione poteva solo degenerare in una fantasia malata, se i due fratelli fossero rimasti insieme. Per questo, Mike era stato destinato a trascorrere qualche mese nella casa di campagna di una lontana parente del Norfolk, e John era stato mandato a Northern Star Manor, nel Surrey.

Ora che Wendy non c'era più – accogliere uno straccione in casa, come avete potuto? E con una fanciulla di quell'età, così graziosa...non avete pensato alle conseguenze? -, John era diventato il fratello maggiore. Strano, le aveva invidiato quel ruolo per tutta la loro breve vita - Chissà in quale vicolo è finita la vostra piccolina, magari il Tamigi sta portando via il suo corpo e voi non lo saprete mai... -, e appena era stato investito della responsabilità di essere il più grande tra i piccoli Darling si era paralizzato come la più inutile delle bestie. Alle volte, lo chiamavano “coniglio” anche i ragazzi di Northern Star Manor. O Johnny-Bunny. Johnny-Bunny era il peggiore degli appellativi. Lo odiava, quel nome. Avrebbe potuto picchiare qualcuno ogni volta che lo sentiva.

Essere separato da Mickey era la cosa più dura della sua vita a Northern Star Manor. Lui era il suo fratellino, ed era anche l'unica altra persona al mondo che sapesse come le cose erano andate davvero. A parte Wendy, certo, e Bae, e l'Ombra. E Pan.

Mike non pensava che John fosse pazzo, e John non pensava che Mike lo fosse. Loro sapevano. Credevano. Avevano visto. Voleva rivedere Mike, e smettere di sentirsi pazzo, e sapere che c'era almeno un'altra persona, al mondo, a sapere come si sentisse e cosa avesse vissuto...

Non sapeva esattamente quando avesse chiuso gli occhi, ma quando li riaprì si accorse di non essere solo. Come al solito, reagì alla sorpresa immobilizzandosi – come un maledetto coniglio.

«Cosa ci fai nel mio posto segreto?»

La nuova arrivata era una bambina bionda, di qualche anno più giovane di lui. Indossava un vestitino azzurro la cui gonna era chiazzata di fango. Non sembrava ci fossero balie ad accompagnarla. John cercò di ricordare se ci fossero case abitate nei dintorni.

«M-mi dispiace» balbettò. «Non sapevo fosse già il posto segreto di qualcuno.»

«Lo è» asserì lei, orgogliosa.

John si sistemò gli occhiali storti – di nuovo, senza successo. «Voglio dire, non sembra un grande posto segreto. Non ha niente di...segreto!»

«E' lontano da casa, quindi per me è abbastanza segreto.»

La bambina poggiò a terra il cestino di vimini che portava al braccio. Ne estrasse meticolosamente una tovaglia colorata, una teiera giocattolo, e relativi piattini e tazze.

«Ormai sei qui, quindi immagino tu possa restare. Vuoi un tè?»

«Hai del tè vero, lì dentro?»

«No, sciocco. E' un tè immaginario.»

«Allora non c'è del tè?»

«No.»

«Quindi non è molto educato da parte tua offrirlo, no?»1

La bambina esitò un momento, tenendo le tazzine a mezz'aria. Si sporse per guardarlo meglio, dubbiosa. Poi ammiccò, come decidendo che non valesse la pena fare qualsiasi cosa le avesse attraversato la mente per un momento. Finì di sistemare tovaglia e tazzine, apparecchiando un perfetto tavolo immaginario.

«Perché un corvo è come uno scrittoio?»

«Prego?»

«Mi hai sentito. Perché un corvo è come uno scrittoio?»

«E' un indovinello?»

«Tu cosa credi?»

John cominciava ad avere mal di testa. Quel gioco, però, non parlava di pirati, né di fate, né di indiani. Questo lo rendeva il migliore intrattenimento in cui fosse stato coinvolto da un bel po' di tempo a quella parte.

«Vuoi dire che lo è, e che la mia domanda è stupida?»

«Esattamente.»

«Allora dovresti dire quello che vuoi dire davvero.»

Inaspettatamente, la bimba scoppiò a ridere. John si grattò la guancia. Non gli piaceva che la gente ridesse di lui, specialmente le bambine strambe, sbucate dal nulla e che non aveva mai incontrato in vita sua.

«Mi ricordi qualcuno che conosco» si giustificò lei, porgendogli una tazzina dopo avervi versato il suo tè immaginario. A John sembrò un'offerta di pace. Dopo un giusto momento di lotta interiore e calcolo diplomatico, decise che poteva accettare.

Rimasero per un po' a scambiarsi dialoghi di quel tipo, senza nessuna consistenza, mentre si riempivano la pancia di tè e biscotti immaginari. John non avrebbe saputo dire come mai, ma si sentiva bene, per la prima volta da quando era arrivato a Northern Star Manor. E per bene, intendeva: davvero, bene. Non un coniglio paralizzato che aspetta che il peggio sia passato. Non il maggiore dei fratelli Darling, che non era riuscito nemmeno a far sì che i suoi genitori gli credessero. Non la vittima designata di Reginald Healy, o un sopravvissuto in attesa che l'Ombra di Pan tornasse a prendere anche lui. Con quella bambina appena incontrata e il suo tè immaginario, John si sentiva solo John, e nient'altro che John.

Divorato tutto l'immaginario divorabile, si stesero a pancia in su sull'erba, a guardare le nuvole che correvano nel cielo. Baruffarono per un po' sulla loro forma – è una papera, no, è un cuscino, no, è un ragno spiaccicato sotto lo stivale di un gentiluomo, no, è la ruota di una carrozza! John sapeva che sarebbe dovuto tornare al collegio, o sarebbe finito nei guai per la seconda volta nella giornata, e questa volta non avrebbe nemmeno potuto incolpare Reginald Healy. Ma non voleva farlo, per quanto con ogni minuto passato la sua posizione si aggravasse. Stava bene, e non aveva bisogno di altro. Era troppo tempo che non si sentiva così bene - e così John – come in quel momento, accanto a una bambina senza nome.

L'umore della sua nuova compagna di giochi cambiò quando una nuvola un po' cicciottella attraversò l'azzurro. Sembrò triste, tutto d'un colpo. Voltò il viso verso di lui e disse senza mezzi termini:

«Tu credi che i gatti possano sorridere?»

John gonfiò le guance. Se era un altro indovinello, non l'aveva capito. «Non me lo sono mai chiesto. Però fanno le fusa. Forse è il loro modo di sorridere?»

Lei sembrò pensierosa, per qualche istante. Poi si alzò a sedere, e gli piantò in viso un paio di penetranti occhi azzurri.

John restò incantato. Non aveva mai visto occhi così, su una bambina. E per così, non intendeva belli...non soltanto almeno. L'aveva capito subito, in qualche modo che non riusciva a spiegarsi. Quell'estranea aveva lo sguardo di qualcuno che avesse visto più in là di tutti gli altri. D'improvviso, John Darling scoprì in sé un'incrollabile certezza: quella bambina bionda era come lui.

«Mi prenderesti per pazza se ti dicessi che ho visto un gatto che sorride? E i suoi denti sembrano una mezzaluna bianca. Mio padre crede che io lo sia...pazza, intendo.»

John si strinse nelle spalle. Si sollevò a sua volta, spolverandosi alla meglio le maniche della divisa.

«Io ho visto le sirene. E le fate che si nascondono nei fiori. Ho volato nel cielo sopra Londra, girato alla seconda stella a destra e poi dritto fino al mattino...e lì ho visto un posto bellissimo e terribile, che si chiama Neverland, e laggiù nessuno invecchia mai, ma non è una cosa bella come sembra, anzi, fa paura, è una grande giungla come quella dei racconti di avventura e sembra sempre notte, perché non riesci a vedere niente tra le foglie, ma forse è meglio, sotto il sole apparirebbero le ombre e le ombre, oh, quelle sì che fanno davvero paura.»

Aveva parlato tutto d'un fiato. Aveva detto più parole di quante non ne pronunciasse di solito in una settimana.

La bambina inclinò il viso sulla spalla, e strinse le labbra.

«Mi stai prendendo in giro.»

«No. Le ho viste con questi occhi.» John si calcò sul naso gli occhiali rotti. «E ne ho quattro, quindi ho visto proprio bene.»

Un grande sorriso si disegnò sul volto pallido della bambina, aprendosi come un raggio di sole tra le lentiggini. Gli tese la mano.

«Mi chiamo Alice.»

Lui non trovò nessun motivo per non stringerle la mano, e lo fece con grande serietà.

«Sono John.»

«Vuoi essere mio amico?»

«Sì.»

«Sicuro che non pensi che sia pazza?»

«Sicuro.»

«D'accordo, allora. Amici per sempre, John!»

Suonava bene. Amici per sempre. Non era qualcosa di cui avere paura...perché accanto a quella bambina John sentiva di non doversi giustificare per quello che provava, e oh, era una sensazione così bella.

Per questo sorrise, per la prima volta dopo tanti mesi. La guardò da dietro la lente sbrecciata, e il suo visetto lentigginoso attraverso la cornice storta degli occhiali gli sembrò la cosa più vera che avesse visto da mesi. La più vera che avesse visto da sempre.

«Amici per sempre, Alice.»


Note

1Cito, un po' a braccio, dal Mad Tea Party di Alice nel Paese delle Meraviglie.

NdBlackFool
Eccomi qua con il secondo capitolo...niente da fare, il mio amore per il personaggio di John Darling (che ho avuto occasione di ruolare sia in versione bambino sia in un'edizione cresciuta, un po' di tempo fa) mi è rimasto nel cuore. Nonostante il look forse un po' troppo hipster, ho fatto i salti di gioia quando l'ho visto apparire nello scorso episodio di Once. L'ispirazione è stata tanta da portarmi a scrivere su questo secondo prompt...ecco a voi quella che io e Yoan chiamiamo una Jolice (altra coppia crack che ci piace davvero tanto <3). Se questa folle iniziativa crackosa vi piace, andate a leggere la dolcissima Sleeping Hatter di Yoan...e nel caso la coppia Jolice vi abbia convinto almeno un po', ne potreste trovare presto un'altra nella sua raccolta <3
Baci, e grazie di essere passati di qui!

BlackFool.
 

   
 
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