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Autore: Tefnuth    14/11/2013    2 recensioni
Eos ed Alec sono due demoni sopravvissuti all'assassinio della loro famiglia da parte di un componente del loro clan. Per poter sopravvivere si nasconderanno tra gli umani che fanno parte di un'equipe scientifica. Ma il pericolo è dietro l'angolo e il rischio è alto non solo per loro ma anche per coloro che gli stanno attorno.
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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            ~~Notte fonda, l’ora perfetta per gli animali notturni. Ecco, un gufo ha appena catturato un topolino, la cena è servita e qualcuno non tornerà nella sua tana questa sera. Tutt’a un tratto, il silenzio della foresta è interrotto dal rumore delle foglie che, ormai rinsecchite e cadute al suolo, vengono calpestate. Il suono è ritmato ma veloce: qualcuno stava correndo nella foresta disturbando la quiete del posto e molti animali dovettero lasciar stare la caccia. Un secondo rumore di passi riecheggiò presto e un altro ancora, questa volta più forte e accompagnato da altri suoni; colui i cui piedi calpestarono per primi le foglie non era solo. Poi il primo rumore si fermò, all’ombra di alcuni alberi secolari e poco dopo anche il secondo, nello stesso punto, ma il terzo continuò la sua corsa anzi, il rumore si sparse a macchia d’olio “Che facciamo adesso?” chiese uno dei due che si erano fermati tra un respiro e l’altro, chi avesse ascoltato la sua voce avrebbe capito che si trattava di un ragazzino così come il suo compagno di sventura “Non lo so proprio, ho esaurito le idee. Mi dispiace” rispose l’altro mentre con la testa faceva capolino dal loro nascondiglio per vedere se per caso il loro inseguitore fosse nelle vicinanze, fortunatamente i versi degli animali avevano iniziato di nuovo ad echeggiare nella foresta perché i due erano talmente esausti da non riuscire a respirare senza fare rumore mentre i loro inseguitori, era ormai chiaro che fossero più d’uno, riuscivano ora a muoversi nella selva senza più fare alcun rumore “C’è troppo silenzio, non mi piace. Tu vedi niente?” chiese quello che più si teneva nell’ombra “Per niente, sembra che si siano volatilizzati. Non avere paura, non ci succederà niente” rispose la piccola vedetta. Da quel momento non parlarono più e cercarono di muoversi il meno possibile per udire ogni minimo rumore che fosse estraneo al luogo che li circondava, poi il ragazzo che faceva da vedetta notò qualcosa nel fondo della foresta e si sporse un po’ di più per vedere meglio: erano due luci verdi brillanti ,poco distanti tra loro che guardavano nella loro direzione. Il suo cuore sussultò, perdendo un battito, e un’altra volta gli successe quando si accorse che le luci erano ciò che temeva: un paio di occhi di un Segugio. Li avevano trovati, sicuramente seguendo le loro tracce che lui invece pensava fossero state coperte dalle foglie e da quella poca nebbia che c’era, “Dobbiamo andarcene via di qui Alec ” disse all’altro ragazzo, Alec il suo nome, senza nemmeno accorgersi di aver alzato la voce ma chi gli rispose non fu Alec “Non credo sia più possibile, Eos”. Eos conosceva bene quella voce, roca e profonda come se provenisse dalle viscere più profonde dell’inferno “Keres”, pronunciò quel nome con aria di sfida anche se dovette fare un grande sforzo per far si che la sua voce non fuoriuscisse tremolante perché in realtà aveva paura di quello che Keres avrebbe potuto fare loro “Devo ammetterlo, siete stati bravi a scappare. Ho sempre detto che siete dei demonietti astuti e intelligenti, ma l’ora d’aria è passata da un pezzo ed io ho degli affari urgenti di cui occuparmi – il Segugio e altri si avvicinarono ai ragazzi, erano in trappola – forza portateli al castello e fatemi il favore di tenerli veramente sotto sorveglianza, non devono più scappare. ” disse Keres, e ad un suo cenno i ragazzi furono presi a forza e portati in spalla fino nelle segrete del castello dove furono rinchiusi e guardati a vista da due uomini: nerboruti e con gli occhi incandescenti; sebbene uno di loro non avesse le pupille, i suoi occhi sembravano lava, aveva i canali di respirazione sulla parte più alta della testa ed aveva spille da balia sulla bocca, grandi abbastanza da permettergli di aprirla fino al massimo per mostrare le fauci con i denti incrostati dello sporco di anni, ma non per questo meno letali; l’altro sembrava portare una maschera con due strappi sulla testa tenuti insieme da punti metallici, tre strappi verticali sopra ciascun occhio per poter vedere, l’orecchio coperto di cui si poteva solo vedere il foro e tre catene sulla bocca tenute insieme da sei piercing, due per ogni catena, anch’esse lunghe a sufficienza per lasciarli aprire il cavo orale che mostrava una dentatura da squalo ben curata; ma quella non era una maschera. “Vedo che sei riuscito a trovare la misura giusta, Cretos” disse Eos, una volta avvicinatosi alle sbarre, al carceriere con le spille da balia riferendosi agli strappi che aveva attorno alla bocca, dovuti a passati tentativi andati male “Zitto, potrei sempre chiuderti la bocca con quelle che ho tenuto.” rispose Cretos colpendo le sbarre sperando di colpire il ragazzo ma quello si era già allontanato “Non far caso alla sua lingua biforcuta, se abbassi troppo la guardia potresti ritrovarti con la faccia a terra senza accorgertene” rispose l’altro “Senti chi parla, sbaglio o sei stato tu il primo col culo a terra Forco? Hai pianto come un lattante” disse Alec dal fondo della cella, in controluce e con quel sorriso malizioso aveva un’espressione davvero inquietante,  la stessa che qualche ora prima Forco aveva dovuto guardare dal basso del pavimento “Vieni più vicino e vedi come ti strappo la lingua coglioncello” disse Forco senza nemmeno voltarsi, ma sapeva che Alec aveva appena tirato fuori la lingua e la stava muovendo in segno di sfida “Tra poco ti passerà la voglia di fare lo sbruffone, soprattutto a tuo fratello Eos” disse ancora Forco, pensando di riuscire a spaventarlo ma non riuscì ad instillargli più del semplice dubbio. Poco dopo arrivò anche Keres, quasi sorpreso di vedere ancora i due fratelli nella cella “Oh bene, mi compiaccio, questa volta gli alloggi sono di vostro gradimento vedo. Scusa Alec ma devo rubarti Eos per qualche istante” disse Keres che aprì la cella ed aspettò che Cretos e Forco prelevassero Eos e lo portassero davanti a lui dopo averlo ammanettato; Alec provò ad uscire in un attimo di distrazione, non per scappare ma perché non voleva lasciare il fratello da solo, purtroppo fu bloccato sulla soglia e rispedito indietro da un poderoso pugno di Cretos allo stomaco che oltre a farlo indietreggiare gli fece sputare sangue “Maledizione, avrei tanto voluto farlo io” disse Forco, che stava cedendo alla tentazione di approfittare del fatto che Alec fosse a terra tanto era forte il desiderio di vendicarsi dell’oltraggio subito al momento della loro fuga, ma Keres gli disse di non farlo e Forco si ripeté a mente delle parole che gli erano state dette poco prima “Verrà presto il tempo”. Mentre Alec si riprendeva del colpo infertogli, Keres portò Eos in una sala vuota con una piccola finestra posta in alto che lasciava passare solo un filo di luce, tanto era la polvere sul vetro “Su avanti sfogati” disse Eos non appena arrivò al centro della stanza “Cosa?” chiese Keres fingendo di non capire a cosa si riferisse “Credi che non sappia che non vedi l’ora di picchiarmi come ha fatto Cretos con Alec? Non servono manette né catene, fallo forza. Tanto lo sai che ho già rotto le manette” disse Eos ed aprì le braccia facendo cadere dietro di sé i frammenti delle manette “Sai, è un peccato che io e te non andiamo d’accordo perché nonostante tutto io ammiro il tuo atteggiamento, è difficile trovarne altri come te in giro al giorno d’oggi” si avvicinava sempre più, Eos non rispose.                                                           
  
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