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Autore: lolalov    16/11/2013    1 recensioni
Gabriella è una ragazza distrutta. Ha perso tutto e non ha più voglia di vivere, ma qualcuno le farà cambiare idea. Quel qualcuno è biondo,ha gli occhi azzurri e ha appena quattro anni.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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il mio piccolo angelo
                                Il mio piccolo angelo



Ormai sono passati anni dalla morte della mia famiglia, dopo che un folle aveva deciso che la mia bellissima madre e il mio adorato padre insieme a quella gran rompiscatole di mia sorella, la mia migliore amica, non meritavano di continuare a vivere.
Il loro assassinio mi aveva distrutto la vita e catapultata in una spirale di depressione in cui l’unico sollievo era estraniarmi dal mondo e guardare il cielo, dove ero sicura che loro si trovassero e che mi guardassero, probabilmente in quel periodo li ho fatti davvero preoccupare, ho anche cercato di raggiungerli una volta, ignorando il fatto che sicuramente prima di raggiungere le porte del paradiso un demone mi avrebbe trascinato giù all’inferno per quell’atroce peccato, inutile dire che anche in quell’occasione ho fallito miseramente; ripensandoci oggi sono grata al fato, o a Dio chissà, per avermi concesso una seconda possibilità.
Dopo quella volta fui ricoverata in ospedale in condizioni non proprio delle migliori, certo non era difficile capire il perché, non si esce illesi da un salto spiccato dal cornicione di un palazzo.
Appena fui in grado di alzarmi la prima cosa che feci fu guardarmi in torno senza capire dove effettivamente fossi.
Ero certa di non riconoscere quel luogo e dubitavo che l’inferno fosse totalmente bianco e puzzasse di disinfettante.
Quando fui abbastanza lucida da usare almeno in parte le mie facoltà mentali e dopo un buon quarto d’ora speso ad osservare ciò che mi circondava capii che quello doveva essere la camera di un ospedale e visto come ero conciata e l’assenza del chiacchiericcio dei malati con i propri parenti la mia camera doveva essere in un reparto adibito alla cura dei pazienti in condizioni piuttosto critiche.
“Sono patetica”, ecco cosa ricordo che pensai in quel momento.
Non ero riuscita a raggiungere la mia famiglia e ora mi ritrovavo rinchiusa in un luogo che fin da bambina avevo profondamente odiato.
Mi misi seduta e aspettai che il mondo si decidesse a smettere di fare giravolte, a quanto pare ero messa peggio di quanto pensavo.
Passai qualche momento a pensare a quanto ero stata stupida nel tentare una cosa simile,ma fu breve,subito la consapevolezza di essere sola al mondo mi ripiombò addosso con la forza di un pugno in pieno stomaco.
Strappai i fili della flebo e dei macchinari senza neanche pensarci,infondo anche fossero stati l'unica cosa ce mi teneva in vita non avevo niente di importante per cui continuare a respirare. Mi alzai lentamente e mi accostai al muro in modo da non dovermi ritrovare a fare in incontro ravvicinato con il pavimento. Uscii dalla stanza e mi diressi in corridoio;camminai per quelli che mi sembravano tratti di un labirinto,la mia mano che non lasciava mai il muro,il mio unico sostegno.
Procedevo seguendo solo il mio istinto.
Poi sentii come un mugolio in lontananza e mi diressi verso quel suono.
Arrivai ad una porta identica a quella da cui ero uscita poco prima.
Ciò che vidi quando la aprii mi straziò l'anima.
Quello che in lontananza mi era sembrato il mugolio di un gattino era invece il pianto disperato di un bambino.
Lui era lì,su un letto dalle lenzuola bianche in una stanza spoglia e asettica,in cui nessun bimbo dovrebbe mai trovarsi.
Era così piccolo e indifeso,coperto di garze e pieno di graffi e abrasioni.
Gli occhi, così azzurri da far impallidire il cielo, erano rossi e pieni di lacrime,incastonati in un faccino delicato e contornato da capelli biondissimi.
Davanti a quella scena mi si spezzò il cuore, non riuscii a rimanere ferma un istante di più e corsi da lui,lo presi tra le braccia e lo strinsi forte.
Quando si rese conto che qualcuno lo stava abbracciando si dimenò per qualche secondo,ma subito dopo si aggrappò al mio camice e si strinse a me.
Lo cullai dolcemente e lentamente il suo pianto si calmò,e si addormentò esausto con la testa poggiata sul mio petto.
Lo distesi sotto le coperte e mi ci infilai anch'io.
Di tanto in tanto mugugnava qualcosa che assomigliava vagamente ad un "mamma".
Presi ad accarezzargli i capelli. Erano morbidi e gli arrivavano quasi fino alle scapole.
I lineamenti dolci e paffuti tipici dei bambini.
Quella che mi appariva dinanzi era la figura di un piccolo e dolcissimo angelo biondo.
Doveva avere non più di quattro anni, o almeno era quella l'età che dimostrava.
Tremò e un senso di tenerezza si impadronì del mio cuore; lo abbracciai forte,volevo sentisse che fra le mie braccia era al sicuro, che io non gli avrei fatto mai del male.
Mi aveva fatto tornare alla mente mia madre,di nuovo un dolore sordo iniziò a prendere piede dentro di me, fino ad arrivare nel profondo.
I miei occhi si inumidirono quando la mia mente tornò a neanche due settimane prima, il mio ultimo "ti voglio bene" ai miei genitori e alle ultime parole scambiate con mia sorella,un sorriso amaro mi adornò le labbra, quelle erano le parole più belle che ricordavo e che sicuramente non avrei mai dimenticato: "Sei una rompiballe, sai?"- mi disse sorridendo - "Si ed è per questo che non puoi vivere senza di me" - risposi io, dopo un paio di secondi scoppiammo a ridere come due pazze.
Fu così che mi addormentai, persa nei ricordi e con quel cucciolo stretto a me che dormiva beato.
Ed è così che ci trovarono i medici quando ritornarono.
Dopo che mi svegliarono mi riportarono nella mia camera e mi somministrarono dei sonniferi.
Mi risvegliai quella stessa sera, ero stordita e non capivo bene ciò che mi accadeva, dopo un po' i ricordi di quella mattina mi tornarono alla mente.
Staccai ancora una volta tutti i fili a cui ero attaccata, ma stavolta la mia fuga non durò molto.
Fui intercettata da un'infermiera che mi voleva far tornare a letto, la ignorai e sfuggii dalle sue grinfie.
Corsi via e ripercorsi quella che ricordavo essere la via per ritornare da quell'angioletto biondo.
L'infermiera mi era alle calcagna e a quanto pare doveva essersi sdoppiata perchè ora erano due le donne che mi inseguivano.
Arrivai finalmente alla camera e aprii la porta; quello che vidi mi fece piangere il cuore.
Il piccolo era di nuovo in lacrime, pieno di garze e con varie macchine e fili che gli impedivano di muoversi.
Un dottore cercava di calmarla ma lui non si faceva toccare, lo allontanava come se le sue mani fossero di fuoco.
Mi avvicinai sfuggendo alla presa ferrea delle due inseguitrici, che nel frattempo mi avevano raggiunto, e corsi da lui spintonando non troppo gentilmente il dottore che era lì vicino.
Lo strinsi forte e sembrò calmarsi un po'.
Rimase fra le mie braccia fino a quando il suo pianto cessò.
Le persone in quella stanza erano sbigottite, mai nessuno era riuscito a calmare le crisi di pianto di quel bambino da quando era lì.
 Mi lasciarono stare con lui dopo essersi assicurati che le mie condizioni erano abbastanza stazionarie da poter rimanere alzata.
Dopo un po' venni a conoscenza della sua storia.
Leo, questo il suo nome, era stato abbandonato dalla sua mamma, troppo straziata dalla morte del marito, avvenuta in un incidente stradale, lo aveva dato in affidamento.
Era passato di famiglia in famiglia fino a quando non capitò nel covo di un mostro, un uomo violento che lo picchiava ogni giorno.
Un assistente sociale, passato per un controllo periodico, lo aveva ritrovato riverso in terra in una pozza di sangue, dopo che il mostro lo aveva ridotto in quelle condizioni alla fine di una serata passata a bere.
Lo portarono d'urgenza al pronto soccorso e poco dopo fu spostato in quel reparto.
Dopo aver saputo cosa aveva dovuto passare mi sentii legata a quel piccolino dal fato.
Passai tutta la mia permanenza lì insieme a Leo e quando fui dimessa continuai ad andare a fargli visita e tenergli compagnia ogni giorno.
Chiesi di avere la sua custodia; aveva raggiunto l'eta necessaria per farlo.
Ebbi molti problemi per ottenere la custodia dal tribunale dei minori, sapevo che non sarebbe stato facile visti i miei precedenti, ma grazie ai medici e alle infermiere e a infiniti test per verificare che fossi guarita riuscii nel mio intento.
 Dopo tre mesi esatti Leo divenne parte della mia famiglia.
Presi un piccolo appartamentino dove iniziammo a vivere, sostenuti dal denaro lasciatomi dai miei genitori  e da una somma che ci inviava periodicamente la mamma di Leo. Iniziai a lavorare nel pomeriggio come aiutante nell'asilo che frequentava Leo, avendo così la possibilità di guadagnare qualche soldo e contemporaneamente coccolare Leo ogni qual volta ne avevo l'occasione.
Intanto continuavo i miei studi e iniziai man mano a recuperare la media che aveva prima di quella tragedia.
Stavo lentamente tornando a vivere, tutto grazie a Leo.
Certo, i momenti di crisi c'erano ancora, sia da parte mia che di Leo, c'erano giorni in cui ci alternavamo nel consolarci, ma potevo finalmente dire di stare riacquistando la felicità che da tanto tempo mancava ai miei occhi.
Andammo anche a trovare suo padre al cimitero, fu destino scoprire che poco lontano da suo padre c'erano anche i miei genitori e la mia sorellina.
In quell'occasione gli raccontai la mia, di storia. Ricordo perfettamente  quello che ci dicemmo:

"Gabriella perchè sei triste? L e persone che sono qua chi sono?"
"Sono la mia mamma e il mio papà, e lì vicino c'è anche la mia sorellina."
"Anche loro non ci sono più come il mio papà?"
"Si, sono volati in cielo senza di me"
"Perchè? Li avevi fatti arrabbiare?"
"No piccolo, mi hanno lasciato qui perchè io potessi prendermi cura di un certo angioletto biondo dagli splendidi occhi azzurri" - dissi sorridendo.
"Ti hanno lasciato qui perchè c'ero io?"
"Si, io sono ancora qui perchè tu non ti senta solo"
"Sei arrabbiata? Mi odi?"
"Certo che no,Leo. Sono felice di averti conosciuto. Sei il regalo più bello che mi potessero fare, grazie di essere qui Leo" - gli dissi abbracciandolo forte.

Dopo poco Leo compì cinque anni e festeggiò all'asilo con i suoi amichetti, tenuto costantemente sotto controllo da me.
Avevo paura sentisse la mancanza dei suoi genitori, ma fortunatamente filò tutto liscio.
Quando tornammo a casa gli preparai i suoi piatti preferiti e gli diedi il mio regalo: un braccialetto d'oro bianco con inciso il suo nome e una mia dedica, "Sei il mio angelo".
Sapevo che non era il regalo adatto ad un bambino, ma sentivo il bisogno di dimostrargli che era solo grazie a lui se ora ero felice.
Nonostante mi aspettassi un suo sguardo deluso, quello che mi mostrò fu il sorriso più bello e radioso che avessi mai visto.
Scoppiai quasi a piangere quando mi disse "Grazie Ella", mi scoccò un bacio sulla guancia e mi abbracciò stretto stretto.
Diversi mesi dopo fu il mio turno di compiere gli anni.
Le mie colleghe fecero una festicciola e festeggiai insieme ai bambini e al mio cucciolo biondo.
Tornati a casa ordinammo una pizza e dopo aver mangiato mi si avvicinò con un pacchetto in mano e un gran sorriso.
Mi guardò con quei brillanti pezzi di cielo e mi disse: "Questo è il mio regalo Ella, buon compleanno".
Quando aprii il pacchetto trovai un braccialetto uguale a quello che gli avevo regalato qualche mese prima, l'unica differenza era l'incisione.
C'era il mio nome e vicino "Ella, ti voglio bene".
Non riuscii a trattenere le lacrime.
Lo abbracciai forte e lo riempii di baci.
Mentre lo tenevo ancora stretto mi raccontò che con la paghetta che aveva ricevuto in quei mesi era riuscito a racimolare abbastanza per comprare un regalo e che si era fatto accompagnare dalla maestra al negozio dove la commessa, intenerita dalla storia, gli aveva fatto preparare un braccialetto uguale al suo con quella dedica, senza pagare il prezzo pieno.
Quello fu uno dei giorni più belli della mia vita.

Ormai sono passati diversi anni,sono sposata ed ho un'altra bellissima bambina.
Ha quattro anni e stravede per il fratello più grande.
Loro, insieme all'uomo che amo sono il mio tesoro più prezioso.
Leo ormai è un adolescente, ha tanti amici e tutti gli vogliono bene.
E' diventato ancora più bello, è dolce e premuroso e appena può gioca con la sorellina e cerca di insegnarle a leggere, quei due insieme sono la cosa più adorabile che io abbia mai visto.
Ultimamente però ha sempre lo sguardo perso e l'ho sorpreso più di una volta a contemplare la foto di una ragazzina della sua età.
Forse dovrei fare due  chiacchiere con lui, chissà magari potrebbe aver bisogno di qualche consiglio... 
  
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