Strange Trick

Allen sbatté ripetutamente le palpebre, esterrefatto e un po’ stordito per quella richiesta eccentrica.
«Potresti … ripetere, per cortesia?» chiese con voce sottile, dubbioso della qualità del suo udito – pessimo, a giudicare dal concetto acquisito - , ma appena fiorì sul volto di Lavi un sorriso divertito, nel giovane il senso di scetticismo fu presto sostituito dall’imbarazzo.
«Vorresti metterti con me per dieci secondi?»
Allen fissò sbalordito il rosso.
Ok, il mio udito funziona perfettamente
«Se è uno scherzo, è veramente brutto» commentò il povero ragazzo, preferendo rivolgere l’attenzione alla parete ingiallita del corridoio pur di nascondere gli occhi dallo sguardo misterioso del fulvo.
«Mmh … no, non è uno scherzo» rispose allegramente lui. «Più che altro è un giochetto che hanno inventato le mie compagne di classe» aggiunse e, senza voltarsi, indicò con il pollice l’aula alle sue spalle, la quale, all’improvviso, rigettò fuori grida, risate e schiamazzi.
Allen guardò stupito la porta marroncina della classe.
«Ma … non era la voce di quello scemo di Kanda?»
Il diciottenne sghignazzò. «Quel timidone di Yuu avrà urlato di nuovo pur di allontanare le povere donzelle»
Ad Allen sfuggì un’innocente e delicata risata, che ovattò con il dorso della mano socchiusa. «Che lo abbiano accerchiato?»
Il fulvo scrutò gli occhi limpidi del giovane e sorrise, lasciando sospesa nell’aria la sua opinione sul compagno di classe. «Allora? Cosa mi dici?»
Il sedicenne si accarezzò l’avambraccio con la mano destra, ignorando del tutto le chiassose minacce del giapponese provenienti dall’aula.
«Cosa… si fa in quel lasso di tempo?»
Lavi incrociò le braccia. «Non lo so … le ragazze contano fino a dieci e poi si salutano»
Allen sospirò, le guance colorate appena d’imbarazzato. «E va bene»
Il rosso sorrise raggiante. «Grazie! Oh, però inizia tu a contare»
Il giovane espirò dal naso e socchiuse gli occhi, abbassando leggermente il capo. «Uno…»
Modellò le labbra perlacee per articolare il numero successivo, ma una vellutata pressione gli socchiuse la bocca.
Lo stava baciando, Lavi.
Allen sgranò gli occhi, la pelle del viso e delle orecchie avvampò come legna secca, e le iridi si liquefecero come metallo rovente.
Il tempo sembrò così malleabile da dilatare i secondi in minuti, e in quel lasso non misurabile il sedicenne poté disegnare nella propria mente uno schizzo dalle linee imprecise della bocca del rosso.
La morbidezza svanì dalle labbra, e ,quando riaprì gli occhi, il ragazzo scrutò imbarazzato più che mai un Lavi sorridente, mentre sulla sua guancia scivolava il piacevole calore delle carezze.
«Vorresti metterti con me? In questo caso a tempo indeterminato»
Allen si morse debolmente l’angolo del labbro inferiore.
«Scemo»