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Autore: Kristah    16/11/2013    1 recensioni
Buonasera a tutti!
Ade, è il dio dei morti. Il Re degli Inferi. Padre di Bianca e Nico -evitiamo gli spoiler per chi non ha letto Il Figlio di Nettuno-.
Ma, come detto più e più volte durante la saga degli Dei dell'Olimpo è anche il padre di Adolf Hitler.
In questa OS, sarà descritto il giorno in cui Adolf Hitler -appena quattordicenne- incontrò suo padre, il Re degli Inferi, in un giorno particolare.
Bene, spero di aver stuzzicato un po' la vostra attenzione…
Baci e abbracci e recensioni sempre ben accette!
-Kristah.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ade, Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIGHT FROM THE START.

Adolf sapeva di non essere un ragazzo come tutti gli altri. Aveva solo quattordici anni, e suo padre era morto; pensava spesso alla morte di Alois, che non faceva altro che maltrattare la mamma. Adolf pensava sempre che la sua mamma, con quei suoi grandi occhini azzurri e i capelli biondi, fosse perfetta: non alzava mai la voce con lui, non lo picchiava mai.
Se Klara Pölzl-Hitler si arrabbiava, prendeva un gran bel respiro e poi parlava con calma.

5 gennaio 1903.

Era una giornata fredda, e Klara Hitler aveva appena terminato di acconciare i capelli a sua figlia minore Paula.
Da quando Alois era morto, due giorni prima, non aveva versato nemmeno una lacrima; non che Adolf si aspettasse di vedere la madre chiudersi in camera e piangere: lei non era quel genere di donna.
Vestiva il nero solo perché la società glielo imponeva, ma lui sapeva che ne avrebbe fatto volentieri a meno.
«Alois!» chiamò ad alta voce, con il suo austero accento austriaco; Klara non aspettò risposta: «Al termine della giornata ti voglio fuori da casa mia.»
«Questa è anche casa mia.»
Adolf li ascoltava, seduto sul letto nella sua stanza che condivideva con il fratello minore Edmund, guardava annoiato fuori dalla finestra i fiocchi di neve che scendevano annoiati, rispecchiando il suo stato d'animo.
Sentì un forte schiocco: Klara aveva schiaffeggiato Alois. «Io ho vissuto in questa casa. Io ero la moglie di tuo padre. Tu sei maggiorenne e vaccinato e per di più, uno scansafatiche. Ti voglio fuori da casa mia entro il tramonto o chiamerò la polizia. Sono stata chiara?»
«Sì, signora.»

La chiesa era, se possibile, ancor più fredda del mondo esterno. Poche persone erano venute al funerale del vecchio Alois Hitler.
Tutti quanti si avvicinarono a sua madre e le sincerarono le loro più sentite condoglianze.
Adolf, in qualità di figlio maggiore presente in quel momento, se ne stava in piedi, con la schiena dritta e gli occhi fissi sull'altare dorato: non gli importava del corpo che c'era nella bara.
Come avrebbe potuto importargli di un uomo che non faceva altro che ricordargli quanto fosse stupido e poco attento a quello che faceva?
La dislessia non era colpa sua: non aveva scelto lui di vedere le lettere vorticare quando si metteva a leggere -come se il tedesco non fosse già di per sé difficoltoso-. Ricordava ancora come lo picchiava, quando leggeva qualcosa in modo sbagliato: «Non si legge così, stupido! Leggi bene o non andrai mai da nessuna parte nella vita! Resterai ignorante e finirai a lavorare come operaio sottopagato!»
Fortunatamente Klara afferrava il polso del marito con una forza da tale da lasciargli impressi i solchi delle sue unghie poco curate: «Allontanati da mio figlio o giuro che ti faccio passare le pene dell'Inferno, Alois.»

Immerso nei ricordi degli anni di soprusi, non ascoltò minimamente quello che padre Gustav aveva da dire riguardo a suo padre o alla speranza che finisse in Paradiso.
Adolf sperava che finisse all'Inferno; arso vivo e divorato dalla sua stessa cattiveria.
Fu solo quando sua madre gli mise una mano sul braccio che si ridestò: «Andiamo, Adolf. Dobbiamo parlare.»
Al ragazzo quella frase non faceva paura, non se detta da sua madre: si era sempre comportato bene con lei. Non le aveva mai mancato di rispetto, mai disobbedito o fatto qualcosa che potesse metterlo nei guai; era un ragazzo tranquillo, tutto sommato.
Non eccelleva nel calcolo come Gustav, né tantomeno nella letteratura come Ida, ma sembrava essere il preferito di Klara, senza esattamente conoscerne il motivo.

I due si sedettero su una panchina di pietra e gli occhi azzurri di Klara si fissarono sull'asfalto, come se volesse far uscire qualcosa -o qualcuno- da sottoterra.
«Sai, Adolf… C'è una cosa che non ti ho mai detto.»
Era la prima volta che la sentiva insicura. Sua madre non era così, era una donna forte: poche ore prima aveva sbattuto il suo figliastro fuori di casa -soprattutto per essere certa di ricevere interamente l'eredità di Alois.
Il ragazzo rimase in silenzio, guardando la madre accigliarsi sempre di più, come se fosse combattuta tra il desiderio di dire quello che doveva, o tenerselo per sé e conservare il peso che si portava dietro, perché era palese che quello che stava per dirgli era un peso, per lei.
«Ho avuto una relazione extraconiugale.»
Adolf alzò le spalle: «Quindi? Papà ne aveva tante. Non è mai stato un problema.»
«Quattordici anni fa.»
Uno schiaffo in pieno viso avrebbe fatto meno male, pensò Adolf; aprì la bocca e fece come i pesci che vedeva sempre dell'acquario della signora Speer, la sua vicina, quando andava a tagliarle il prato la domenica pomeriggio.
«Alois non era tuo padre. Ecco perché era così duro con te; lui lo sapeva.»
Ingenuamente domandò: «Vuoi che me ne vada anche io di casa, vero? Come Alois.»
La vedova Hitler sorrise: «No, tesoro. Voglio che tu conosca tuo padre. Il tuo vero padre.» Fece una lunga pausa: «Ti ricordi quando abbiamo studiato insieme gli dei dell'Olimpo, vero?»
Il ragazzo annuì, serio, aggrottando le sopracciglia, senza ben sapere dove sua madre volesse andare a parare. «Beh… Loro… Sono reali. Tutti i miti che hai letto, che abbiamo studiato con tanta attenzione, Adolf, Giasone e gli Argonauti, le dodici fatiche di Ercole, Orfeo ed Euridice, Daphne e Apollo… Sono stati reali.»
«E chi sarebbe mio padre, tra tutti questi fantomatici dei?»
Non ci credeva, Adolf. Ovvio che non ci credeva… Insomma, un conto era sapere che non era figlio di Alois Hitler, che era nato da una relazione extraconiugale della madre con qualcuno della sua età, un'altra era sapere che suo padre era uno degli dei dell'Olimpo.
Una cosa che se ne stava completamente fuori dal mondo.

Un impercettibile spostamento d'aria fece voltare Klara, che si alzò di scatto e trattenne il fiato. Davanti a loro era letteralmente apparso un uomo dall'aspetto giovane: i suoi occhi erano neri come la pece, dello stesso colore di quelli di Adolf; aveva la pelle così pallida che sembrava quasi azzurra, nonostante il cielo fosse coperto di nuvole grigie e cariche di neve. Incuteva timore, ancora prima che aprisse la bocca per rivolgergli la parola, con un timbro di voce che la diceva lunga sulla sua provenienza -come se fosse parte del sottosuolo: «Ciao, Adolf. Sono Ade, il re degli Inferi. E' un piacere poterti finalmente conoscere.»





 
 
Note (per evitare gli equivoci): 
- Alois era il nome sia del padre di Hitler che del suo fratellastro -nato da un precedente matrimonio del padre- 
- Gustav, Ida, Edmund e Paula sono i veri nomi dei fratelli di Hitler. 
 
Angolino:
'Sera! 
E' la prima volta che scrivo una FF su questo fandom...
Ergo, spero vivamente che non mi lincerete per questa cosina!

Aspetto delle recensioni!
Baci! 
-K. 
  
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