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Autore: mirandas    16/11/2013    12 recensioni
"Beh, Beatrice mi ha detto, che Lucia le ha detto che la Madonna le ha detto di dirle mentre era con Rachele…sì, insomma, mi manda Beatrice!" (Estratto dal capitolo 2)
Chi, leggendo la Divina Commedia, non ha mai pensato che gli svenimenti del nostro amato fiorentino fossero leggermente fittizzi? Per Dante, Beatrice passa in secondo piano di fronte alla fascinosa guida, anche se ci vorrà un po' di tempo: esattamente la durata di un periglioso tour fra inferno, purgatorio e paradiso. Buona lettura a tutti!
Genere: Comico, Parodia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dante Alighieri, Un po' tutti, Virgilio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Quest'opera è frutto di una collaborazione fra me e altre due persone che non vogliono essere citate per ovvi motivi...(non pensate male)
Questa è la prima fanfiction che scrivo, spero che vi piaccia. Buona lettura!

Inferno
 
Canto I
 
Dante

 
Era una sera del mio trentacinquesimo anno di vita. Mi ero recato per una passeggiata in mezzo al bosco quand’ecco che, per colpa della solita sfiga che mi perseguita, mi persi nella parte più buia della foresta, e tutto perché non avevo seguito bene la via giusta! Era una strada così difficile da percorrere! Avevo camminato per tutto il giorno e, calata la sera, la stanchezza cominciava a farsi sentire. Inoltre il bosco mi metteva un’ansia addosso che temevo che ogni mio respiro fosse l’ultimo che avrei esalato. Ma, sia ben chiaro, perdermi lì non ebbe risvolti solamente negativi, ottenni invece un dono inaspettato...Ma non mi sembra giusto partire dalla fine, perciò racconterò passo per passo tutte le cose che ho visto. E, a titolo informativo, non avevo mangiato pesante quella sera e non era stato tutto un sogno! Anche se ammetto che ero un pochino addormentato o ubriaco, dal momento che non ricordo minimamente come riuscii a finire in quel bosco buio e tenebroso quando fino ad un momento prima ero sulla via principale per tornare a casa. Ricordo solamente di essere riuscito, dopo molto tempo, ad uscire da quella maledetta foresta e di aver intravisto la via che avevo smarrito lungo il cammino, illuminata dal riverbero del sole, sapete, un po’ come per dire “Sì, Dante, devi andare da quella parte”. La paura che mi aveva attanagliato fino a quel momento mi abbandonò e, visto che uscire da quel bosco mi aveva dato parecchie grane, dovevo per forza girarmi per dare un’ultima occhiata al nemico appena sconfitto! Approfittai della pausa di sbeffeggiamento del bosco inanimato anche per riposare, per poi riprendere il cammino, facendo in modo di avere il piede su cui mi poggiavo più in basso dell’altro perché, ebbene sì, stavo percorrendo una salita! Ma dire semplicemente che stavo salendo lungo un pendio mi pareva troppo banale per un poeta del mio livello. *Ehm* comunque, non feci a tempo che a fare qualche passo che subito mi ritrovai la strada sbarrata da una lince dal pelo ricoperto di macchie e così veloce da indurmi a tornare sui miei passi. E che cavolo! Avevo appena finito di esultare per essere uscito da quel maledetto labirinto sotto forma di bosco che già mi toccava tornare indietro! Per farla breve, era l’alba di una mattina di primavera, e do per scontato che non ve ne freghi niente di che costellazione si vedeva in cielo e che era la stessa che era in congiunzione col sole quando Dio aveva messo in moto il mondo…Ah, aspettate, l’ho detto lo stesso. Ops. Tornando al nostro racconto, avevo ancora la vana speranza che quella dannata belva si levasse di torno, ma ancora una volta restai deluso. Infatti stavolta vennero a sbarrarmi la strada un leone dall’aria molto affamata ed una lupa magra, che condivideva lo stesso desiderio del leone: mangiarmi per riempirsi la pancia. La vista di quest’ultima in particolare mi provocò così tanta paura che subito abbandonai l’idea di raggiungere la vetta del colle. Mi sentivo come se, dopo aver vinto milioni a giocare a dadi e a poker (anche se non ho idea di cosa sia), stessi perdendo tutto ciò che avevo guadagnato; quelle due bestiacce mi stavano rimandando dentro il bosco da cui ero uscito con così tanta fatica! Ero ormai al limite della buia foresta quando mi apparve una figura che distinsi a fatica a causa dell’oscurità. Ma non appena lo intravidi qualcosa mi spinse a gridare: “Abbi pietà di me! Non mi importa se sei un morto oppure un uomo vero e proprio!”
E questo, manco ci conoscessimo da anni, mi rispose presentandosi, elencando vita, morte e miracoli della sua esistenza: “Guarda, io sono morto, ma se ti può far sentire meglio una volta ero vivo ed i miei genitori erano mantovani, quindi stai attento con le battute sulla Lombardia perché non le prendo niente bene. Io nacqui quando Giulio Cesare bazzicava ancora in giro, ma non ebbe il piacere di apprezzarmi e prima che tu lo chieda, intendevo in senso letterario. Vissi al tempo del grande Ottaviano Augusto, quando ancora esistevano solo dei pagani e del cristianesimo non si era mai sentito parlare. Magari ci fosse stato allora! Sai quanti sacrifici in meno? Sai quanti agnelli ci sarebbero finiti nella pancia?! Comunque, in caso non avessi ancora indovinato chi sono, sappi che fui un poeta e che scrissi l’Eneide, quel libro che piace tanto ai ragazzi di oggi e per cui ancora mi maledicono. Parlando di cose serie, perché stai tornando indietro in quel bosco spaventoso? Perché non vai anzi verso quel bel colle, tutto illuminato dal sole, nonostante sia notte?”
Il mio cuore perse un battito quando realizzai chi fosse costui: “Sei forse tu Virgilio? Quell’uomo che possiede ed espande eloquenza manco fosse un fiume?” Per poco non sbattei il naso a terra tanto l’abbassai in segno di rispetto dinnanzi al mio idolo, prima di rispondere alla domanda che mi aveva posto in precedenza: “Oh, non posso credere che tu sia qui! Mio idolo, mio eroe! Ho riletto e riletto la tua opera almeno cento volte e non mi è venuta la nausea! Tu sei il mio maestro ed il mio autore preferito in assoluto! Ho imparato da te lo stile tragico che tanto mi lodano oggi. Ma guarda quella belva che mi ha costretto ad arretrare fin qui e salvami da essa, mio maestro! Solo a guardarla potrei morire di paura…” E già mi stava scendendo una lacrimuccia dalla guancia.
A quanto pare Virgilio si commosse a quello spettacolo, perché mi disse: “E’ necessario che tu prenda un’altra via se vuoi scappare da questo bosco. Perché questa belva è così feroce che se ti vede un’altra volta ti ammazza. Ed è così avara che quando ti avrà mangiato avrà ancora più fame e probabilmente tenterà di mangiare me. Purtroppo, l’unico modo per ucciderla è aspettare che arrivi il veltro e non chiedermi che cosa sia il veltro, lo dice Dio, quindi accontentati di sapere che esiste un modo per toglierla di torno. Sappi solo che si nutrirà di amore, eccetera eccetera, tutte le cose belle che di solito si dicono riguardo a Dio, ah, inoltre sarà anche di umili origini. Salverà l’Italia, ma tu sai quante persone sono morte per l’Italia? Vuoi l’elenco? Allora, ci sono Camilla, Eurialo, Turno, Niso…non devo continuare, vero? Il veltro caccerà la lupa all’Inferno, da dove Lucifero l’aveva fatta uscire per tormentare gli uomini. Per cui, se vuoi, puoi venire con me, però sappi che allora ti becchi un biglietto per inferno e purgatorio e sì, vedrai tante persone tristi, doloranti, infelici, eccetera eccetera. Però se vuoi, come extra nel viaggio, c’è anche una sosta in paradiso. Lì però non ti ci posso portare io, ma dovrai affidarti a Beatrice, sì quella che ti piace tanto. Eh oh, io mica ci posso stare lassù nel cielo insieme agli angioletti a cantare con l’arpa in braccio per tutto il giorno. Te l’ho detto, ai miei tempi il cristianesimo non c’era e quindi nessuno sapeva dell’esistenza di Dio, guarda un po’ che fregatura, essere destinati al limbo per non aver saputo dell’esistenza di Dio. Ma dimmi te!”
Aspettai che terminasse la sequela di lamentele che mi stava propinando. Quando fui certo che ebbe finito, parlai: “Oh, grande poeta, ti prego, accompagnami dove hai detto e salvami da questa belva feroce che io mi sto letteralmente pisciando addosso dalla paura! Non voglio essere mangiato! Ho solo trentacinque anni! Ti prego, portami via da qui!” Detto questo, Virgilio mi fece cenno di seguirlo ed io lo feci, colmo di fiducia.
  
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