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Autore: FairyQueen_Titania    17/11/2013    4 recensioni
Dal testo:
"Kise risponde, Aomine ascolta.
-Scusa Aomine ma non posso venire. Non...- vacilla- non voglio.
"Aomine?"
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Daiki Aomine, Ryouta Kise, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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le emozioni di un perdente aokise
SCANDALOUS
-Cadere cento volte-




Senza lei accanto fui assalito dall' insonnia, avevo l' anima piena di roba bruciacchiata, l' anima o comunque si chiama il posto dove fa male tutto quello che non dovrebbe fare male.
(Cit. Efraim Medina Reyes)



L' ultimo ricordo che Kise ha di Aomine è nel campo di basket, dopo la partita con la Touou, quando si era afflosciato sul pavimento e non riusciva più ad alzarsi in piedi, sulle gambe malferme, quando cercava di alzarsi e le gambe gli tremavano e ricadeva.
Cadeva, cadeva, cadeva ancora.
L' ultimo ricordo è lo sguardo duro di Aomine e le parole sibilate con veleno, perchè ora sì che Kise era un perdente e Aomine di sicuro non avrebbe mai parlato ad un perdente.
Kise quel giorno aveva giocato meglio di quanto non avesse mai fatto in vita sua, aveva dato fondo a capacità che non credeva di possedere e questo solo perchè giocava contro Aomine Daiki.
Aveva capito che la Kajo non è tanto diversa dalla Seirin, che la sua squadra è accogliente come una famiglia, calda e confortevole come il nostro maglione preferito, fedele come una sposa.
Aveva capito che voleva vincere per i suoi compagni, per portare la Kajo alla vittoria. Aveva capito ciò che Kuroko sapeva da tempo, che il basket è un gioco di squadra e cha una squadra è come una seconda famiglia.
Kise quel giorno aveva pianto come un bambino.
 Il cuore gli si era spezzato mille volte e nei mesi successivi mille volte si era sforzato di ricomporlo, di rialzarsi come se le gambe gli tremassero ancora da allora.
Da quel giorno sono passati mesi, la stagione sportiva è terminata, il torneo superato.
E Kise non può fare a meno di sentirsi un po' più sollevato se non altro perchè non dovrà più rivedere Aomine.
Non c' è modo che le loro strade si incrocino.
Il biondo sta preparando il borsone, guarda la sveglia sul comodino con aria preoccupata. Sa di essere in un maledetto ritardo e che una lavata di capo -nel migliore dei casi- del suo irascibile capitano non gliela leverà nessuno.
Sa perfettamente che il campo di allenamento proposto con aria sorniona da coach è solamente la scusa per camuffare una bella vacanza.
Kise non immaginerebbe mai che proprio ora che ha ricucito i pezzi della sua anima per l' ennesima volta, proprio ora che le sue gambe stanno diventando un po' più sicure da reggerlo meglio, Aomine Daiki sta svoltando l' angolo di casa sua, arriva alla sua porta e la fissa per minuti interminabili con l' indice a mezz' aria puntato sul campanello.
Alla fine il campanello suona. Aomine si è deciso, forse perchè fuori inizia a fare troppo caldo o forse perchè tentennare non è da lui.
Risponde la mamma di Ryota.
-Chi è?
-Sono Aomine. C' è Kise? Cioè... Ryota, suo figlio- Aomine scivola sulle parole, si inceppa, cade, si rialza, consapevole della pessima figura.
Dall' altro lato sente solo il silenzio. E' quasi sicuro che la madre di Kise abbia aggrottato le sopracciglia, magari serrato le labbra. Magari ha il mestolo in mano e vorrebbe urlargli contro e picchiarlo perchè Kise, da quello che ricorda, con la sua famiglia condivide un sacco di cose.
La prima volta che è stato a casa sua è stato accolto da sorrisi entusiasti all' idea di conoscere il "famoso Aomine" quindi il giovane non fa fatica a credere che ora non sia una presenza molto gradita per la famiglia.
-Lo chiamo- la risposta è secca, l' accento americano della donna si fa sentire.
Aomine aspetta qualche minuto, poi gli sembra di udire un sospiro dall' altro lato del citofono ma non ne è sicuro.
-Sì?- E' la voce di Kise, incerta, quella che parla.
-Ohi Kise, sono io, Aomine.
-Lo so- Aomine non è certo che il biondo stia parlando proprio con lui o più a sè stesso, perchè quel "lo so" gli pare un pensiero scappato dalle labbra, a mezza voce, non troppo alto per essere sentito bene e abbastanza rassegnato e quasi distrutto dal peso di tanti ricordi.
-Esci?- chiede alla fine- devo dirti una cosa.
Silenzio dall' altro capo. Non sa che pensare. Aomine era abbastanza convinto che tutto si sarebbe risolto come niente perchè, insomma, è di Kise che stiamo parlando. Di Kise che non riesce a portare rancore, soprattutto a lui, perchè lo ammira da morire. Di Kise che lo estenuava con i suoi continui one on one. Di Kise, dannazione.
Ma nel momento esatto in cui è arrivato di fronte alla sua casa quella certezza si è andata lentamente sgretolando, e la voce fiacca e insofferente di Kise e quel dannato silenzio, le avevano dato il colpo di grazia.
-Io... non lo so- Altra risposta data a mezza voce.
 Aomine vorrebbe chiedergli cosa diavolo stia combinando, se vuole teneresi i propri pensieri per sè o farli rotolare giù dalla lingua una volta per tutte.
Aomine di solito si spazientisce subito, ma non questa volta. Questa volta vuole, deve, aspettare. Rimane un po' in silenzio e poi dice:
-Pensaci con calma. Io sono qui fuori.
-Scusami
-Niente. Sono qui.
E Aomine in effetti sta' lì con le mani ben piantate nelle tasche, nella medesima posizione in cui si è fermato quando è arrivato davanti alla villetta mentre Kise scivola lungo il muro fino a cadere sul pavimento abbassando la testa sul petto e mettendosi le dita tra i capelli.
Aomine gli fa sempre così male...
E di nuovo sente un crasch in fondo al cuore e di nuovo le gambe gli tremano e di nuovo non sa se riuscirà a rialzarsi.
Una parte di lui vorrebbe correre fuori e picchiare Aomine, chiedergli perchè adesso, idiota, perchè adesso che tutto va bene? Perchè vieni e mi distruggi? Perchè dopo tutto quello che mi hai fatto? Perchè dopo avermi ignorato e buttato via?
Vorrebbe gridargli in faccia "Che diavolo vuoi da me?"
Gridarlo a gran voce, col volto paonazzo e i muscoli tesi, sputargli fuori il dolore fisico e mentale.
Aomine è uno stupido, crede di risolvere tutto con uno schiocco di dita, questo perchè in vita sua è sempre stato un egoista e un vincitore.
Kise stringe i denti e si morde le labbra, singhiozza come un bimbo piccolo di fronte a un mostro.
Sua madre per fortuna non lo vede, è salita al primo piano a terminare le sue faccende e in casa non c' è nessuno. C' è solo il vuoto del corridoio in cui riecheggiano le sue lacrime e il battito sconclusionato del suo cuore.
 Cerca di calmarsi, respirare con più calma.
Aomine guarda l' orologio, sono passati dieci minuti, inizia a spazientirsi e spera che Kise faccia in fretta, che si decida ad uscire.
Si blocca a questo pensiero perchè a ben pensarci questa non è una di quelle volte in cui passa a prendere Kise, come una volta. Forse Kise non uscirà e l' attesa è logorante.
Dopo altri cinque minuti Kise risponde, Aomine ascolta.
-Scusa Aomine ma non posso venire. Non...- vacilla- non voglio.


Che cosa?
...no, asp-
Aomine?






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NOTA: La storia nasce come one-shot ma se vi piace ho parecchie idee per continuarla, però ecco, ho bisogno di un po' di supporto  se no mi scoraggio abbastanza^^"
DISCLAIMER: Kuroko no basket non mi appartiene ma è degli aventi diritto. Storia non scritta a scopo di lucro.

  
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