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Autore: DJAngelRemix    17/11/2013    3 recensioni
L'A.S.S.U.A, cioč l'Agenzia Segreta degli Stati Uniti d'America, ha deciso di mettere a disposizione del paese un'intero Dipartimento Speciale, formata principalmente da adolescenti, giovani uomini e giovani donne dalle vite e dalle storie personali difficili. Decideranno di unirsi al Dipartimento? Vorranno redimersi e pentirsi dei propri peccati? O saranno costretti con ogni sorta di ricatto? Nessuno lo sa...Ma se VOI volete saperlo, non vi resta che leggere questa storia da me creata.
STORIA AD OC | Drammatico | Romantico-Sentimentale | Fantascienza | Azione | Fantasy.
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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~ K for Kombact ~



*



CAPITOLO I.0
“I Cadetti”


“Se un uomo non ha scoperto qualcosa per cui è disposto a morire
non è degno di vivere”

(Martin Luther King)

 








Washington D.C, sud Maryland-nord Virginia, ore 6.30
Sede Ufficiale A.S.S.U.A, Centro Intercettamento


I monitor e i computer del Centro di Intercettamento invadevano completamente l'enorme stanza circolare; gli uomini e le donne dallo sguardo attento e furbo che si trovavano il più delle volte sotto a lenti austeri, che gli davano un'aria più severa e adulta di quanto già non avessero, si concentravano sui monitori e sugli schermi luminosi, mentre tastavano velocemente le tastiere, con un ritmo veloce e regolare, mentre il silenzio del posto era interrotto constantemente da dei tip tap.
Tip tap, e le parole digitale comparivano sugli enormi schermi che emanevano sempre lo stesso colore verde-acqua, con un carattere a ‘Courier New’.
Contemporaneamente, ad uno ad uno, delle immagini scorrevano veloci, che ritraevano giovani adolescenti e giovani adulti. Chi erano, e perchè le loro immagini, i loro file e i loro dati personali erano lì? Ma lì, poi, dove si trovava?
Di tutto il numero indecifrabile delle immagini, ne scelsero sei. Sei, il numero in cui era suddiviso lo schermo del Computer Centrale, grande, enorme, proprio nel fondo della sala.
Emily McFulligan conosciuta come ‘Celebro’ da tutti i suoi colleghi più grandi di lei, giovane ragazzina prodigio d'origine scozzese laureata in facoltà di Ingegneria Meccatronica ed Informatica, era seduta proprio davanti ad esso, mentre lo osservava attentamente con i suoi vispi occhi grigio metallo che brillavano sotto le lenti degli occhiali. Dopo aver premuto qualche tasto, la prima immagine che comparve fu quella di una ragazza, molto probabilmente diciotenne.
La giovanissima ingegnera si sentì strana: quella ragazza era troppo bella per essere messa in confronto con una come lei. <<Ah...>> sospirò pesantemente. 
<<Allora?>> al fianco della figura minuta e di poco formosa di Emily, ne fece capolina un'altra, solo che più slanciata e snella, coperta da un impermeabile turchese. La castana sussultò, girando di scatto il capo, per poi tirare un sospiro di sollievo, vedendo che non era altro che il nuovo Agente appena assunto dall'A.S.S.U.A: ‘Wind Bluette’. <<Lei chi è?>> chiese la donna, facendo scendere di poco gli occhiali da sole a goccia, per poter adocchiare meglio la foto della diciottenne sullo schermo. Sul suo volto comparve un sorrisino disgustato. <<Oddio no...questa è fatta e strafatta di sicuro...>>
Emily tossì immediatamente, mentre arrossiva di botto, per via dell'imbarazzo causatele da quell'argomento così poco conveniente alla sua età. Lei si considerava ancora troppo giovane per sapere certe cose. Ma non pensava che fosse ancora troppo giovane per svolgere il suo lavoro, cioè quello di ingegnere. <<Agente, la prego, non faccia tali discorsi!>> strinse i pugni, mentre il suo piccolo volto tondeggiante assumeva un colorito sempre più rosso. 
Wind Bluette alzò le mani, in segno di resa, con uno sguardo divertito non poco. <<Ok ok.>> disse la rossa, mentre sbuffava e prendeva una sigaretta dalla tasca destra dell'impermeabile. Da quello sinistro acchiappò invece un accendino, con cui si accese il suo amato ‘Chesterfield Blue’. <<Allora chi sono i prossimi novellini?>> chiese poi con totale interesse.
Emily alzò gli occhi al cielo, poi scosse la testa, esasperata. Il fatto che avrebbe dovuto cominciare a lavorare con l'Agente Wind Bluette la preoccupava non poco: nonostante avesse fatto esperienze, con il suo servizio di sette anni all'FBI, era un irresponsabile incallita, fumava e usava in continuazione termini indecenti. Anche a lei, certe volte, scappavano. Ma solo quando perdeva la pazienza, cioè in rari casi.
Alla fine si arrese. <<La ragazza della foto si chiama Jaci Wilson ha diciotto anni, ed è nata il dodici di settembre, a quanto sostiene da quando l'hanno ritrovata per le vie di Seattle, all'età di circa quattordici anni.>> cominciò a spiegare la castana, mentre si aggiustava meglio gli occhiali neri dalle lenti spesse, fino a quel momento posti sulla punta del naso all'insù.
<<Segno zodiacale Vergine...>> lanciò una veloce occhiata, piuttosto preoccupata, al Wind Bluette, che intanto rideva sotto i baffi - che non aveva - . Sospirò per l'ennesima volta. <<Lavora come cameriera allo Starbucks gestito dai genitori, a quanto pare adottivi, Maura Smith e Kenneth Kensington e...>>
<<Prima di tutto: Jaci non è un nome anglosassone. Scommetto che le sue origini sono sconosciute, giusto?>> chiese retoricamente la donna dai lunghi capelli ramati, mentre tirava un altro respiro, impregnato di quel fumo così pungente e sgradevole all'olfatto. Come facesse lei a fumare quella robaccia, Emily non lo sapeva neanche un pò.
<<Sì, a come potete vedere dalla schermata...>>
Le altre cinque fotografie erano scomparse, lasciando spazio all'immagine della biondina. Accanto ad essa, c'erano vari dati compilati, altri invece no, come la voce ‘Origine’.
<<L'hanno già prelevata?>> chiese la ramata, mentre aspirava ancora un pò di fumo, con falso interesse. Si stancava subito, sopratutto se si trattava di parlare a basta; lei preferiva di più l'azione. Più azione c'era, meglio era.
<<A12 e B01 si stanno già occupando sia di lei che di...Alucard Jones...>> con l'indice della mano destra premette velocemente un tasto rosso fuoco posto alla destra della tastiera. Subito, al posto della foto di Jaci, apparve quella di un ragazzo dall'aspetto strano, ma attraente: capelli corvini lunghi fino al collo con frangia che gli ricadeva sugli occhi dalle iridi rosso sangue in forte contrasto con la pelle diafana, il canino destro superiore sporgente. 
Heather Bernett, perchè questo il vero nome di Wind Bluette, suo nome in codice, fischiò, compiaciuta, mentre teneva la sua amata sigaretta fra l'indice e il medio della mano sinistra. <<Però, figo il ragazzo.>> ammise mentre il suo sorriso disinteressato si allargava notevolmente. <<Ma Jones non è un cognome che s'addice al suo nome. E, a proposito, il suo nome è tipico dell'Europa Centro-Orientale.>>
Emily si girò grazie alla sedia girevole di pelle nera e la guardò con uno sguardo fra il sorpreso e lo stranito. <<Come fate a saperlo?>>
<<L'anno scorso ho ottenuto una licenza di tre mesi mentre lavoravo nell'FBI, così sono andata in vacanca in Ungheria. E li ho imparato un pò di cose...>>
“Non immagino cosa...” osò pensare Emily, esasperata, scuotendo di poco il capo. <<Dicevamo: Alucard Jones, vent'anni, nato il trentuno Ottobre...!>> per un breve attimo, alla castana venne un leggero brivido alla schiena. Quel tipo si faceva sempre più inquietante. Conosceva ben poche persone che erano nate nella vigilia di Ognissanti, ovvero Halloween. Intanto Wind Bluette scuoteva violentemente la testa, sconsolata. <<Troppo giovane per me non posso sc->>
<<Agente, la scongiuro, state zitta!>> la interruppe Celebro, mentre si tappava contemporaneamente le orecchie. Heather sbuffò scocciata: quella ragazzina era troppo infantile. Come avessero fatto quelli dell'Agenzia ad assumerla, non lo sapeva. Ragazzina prodigio o meno, avrebbero dovuto lasciarla lì dov'era, a casa sua magari con i suoi genitori, mentre si preoccupava solo dei suoi problemi adolescanziali, tipo la prossima verifica di algebra o una prossima interrogazione di grammatica.
<<Segno zodiacale Scorpione.>> continuò Emily, mentre si risistemava per l'ennesima volta gli occhiali. <<Attualmente frequenta la ‘Florida International University’, e sembra sia conosciuto, specialmente fra le ragazze, come...Don Giovanni e casanova incomparabile.>>
Wind Bluette sorrise lievemente. <<Io e lui diventeremo molto amici.>> poi volse uno sguardo serio verso la compagna. << Hai contattato A12 e B01? A che punto sono?>>
<<Sì, ho contattato entrambi gli androidi.>> rispose frettolosa Celebro, con un cenno del capo. 

Dallas, Texas (linea aerea privata Miami-Washington D.C.), ore 3.33
(Jet Privato A.S.S.U.A. Sara-C23R)


Una...due...tre...quattro. Per quattro volte di seguito sbatte le palpebre, ma tenne gli occhi socchiusi, per far sì che potessero abituarsi alla luce abbagliante che proveniva da chissà quale apparecchio elettrico. Alzo il capo, di scatto, ma non riusciva ugualmente ad aprire i bulbi oculari, ma nonostante ciò con le iridi rosso sangue sbirciava tutto quello che lo circondava: una poltrona rossa, un tettuccio bianco avorio, tappezzeria blu a profili color oro. Ma dove si trovava?
<<Minchia che mal...di testa...>> si lamentò. Cercò di tastarsi la testa con la mano destra, ma se la sentì bloccata al bracciolo della poltroncina, molto probabilmente rossa. Guardò per un attimo, e si accorse che dei bracciali di metallo gli tenevano legati i polsi di entrambe le mani e le caviglie, mentre una cintura di pelle nera rinforzata gli fermava la vita. <<Ma...che cazzo...?>>
<<Vedo con piacere che è rinvenuto, Signor Jones.>> una voce femminile lenta e un pò roca, ma con uno strano accento tedesco, lo risvegliò dai suoi pensieri. Lentamente, diresse il capo davanti a sè.
Una donna, magari sui vent'anni, dai corti e ricci capelli scuri fino alle spalle e gli occhi di un'inquietante tonalità azzurro ghiaccio, teneva nella tasca sinistra del suo lungo cappotto beige una piccola torcia che usavano abitualmente i medici per controllare lo stato della bocca, ma anche degli occhi.
<<Ma...tu...chi sei?>> il ragazzo fece addirittura fatica a pronunciare questa parole. Oramai era sicuro che fosse l'effetto di qualche strana droga. Sennò perchè faceva anche fatica a parlare? Nonostante ciò, però, cercò in tutto e per tutto di mantenere più calma possibile: sapeva che se perdeva la calma e l'auto-controllo, la situazione sarebbe peggiorata, andando così a quel paese.
<<è un bene che tu me lo chieda, considerando ch'io sappia tutto di te, ma tu non sappia niente di me.>> rispose la giovane, mentre un piccolo sorrisino alquanto furbo compariva sul suo volto chiaro, rivelando poi delle fossette ai lati delle labbra coperte dal sottile strato di lucida-labbra color nude. <<Il mio nome è A12, se tu, Alucard Jones, tieni tanto a saperlo.>>
A12? Che razza di nome era? <<Come fai a conoscere il mio di nome?>> chiese all'improvviso il ragazzo. <<Se non sbaglio non ci siamo mai conosciuti.>>
<<Giusto.>> fece l'altra, mentre inclinava il capo verso la spalla destra. <<Ma se dovessi risponderti, dovrei eliminarti, considerando che gli ordini non corrispondono al fatto di spiegarti tutto.>>
<<E tutto starebbe per cosa?>> chiese ancora Alucard, mentre aggrottava la fronte. Era deciso a saperne di più, doveva capire come si era ritrovato da Miami su quel jet molto probabilmente privato, su nel cielo di qualche zona sconosciuta. Tralasciando poi il fatto se quella zona fosse attorno agli Stati Uniti.
<<Tutto sta per la verità su di te e su gli altri, diciamo, ‘cadetti’.>> poi, lo sguardo di A12 si fece improvvisamente serio, severo. Faceva quasi paura. <<Ora tocca a me farvi delle domande: Jones non è il tuo vero cognome.>> non era una domanda, era un'affermazione.
“O porca paletta...” Alucard non rispose, ma stette muto, mentre non mosse neanche un muscolo. Ma stava lì, ritto, mentre guardava dritto negli occhi glaciali di quella donna dal nome e dal comportamento strano. Calma ed auto-controllo erano le parole chiave per poter uscire da quella situazione a dir poco inspiegabile. La provocò, mentre un ghigno compariva sul suo volto diafano: <<E se anche fosse?>>
A12 fece per ringhiare. Fece un passo indietro e chiuse la mano destra in un pugno, che s'illuminò di un leggero alone azzurrino e degli elettroni comparivano attorno ad esso. Alucard non potte fare a meno di spalancare di poco i bulbi oculari. “Ora sono fottuto...”
<<A12 ferma!>> un'altra voce, solo che con un accento inglese, bassa e soave, fermò il gesto che A12 avrebbe compiuto di lì a poco. 
Alucard spostò lo sguardo leggermente a sinistra, dove si apriva il piccolo ‘corridoio’ del jet: a differenza dei lineamente germanici e severi di A12, la ventenne col camice bianco da laboratorio che stava lì di fronte aveva lineamente più delicati: lunghi e mossi capelli color grano scuro, grandi occhioni color carbone, naso piccolo e labbra chiare. <<Se lo elimini la nostra missione andrà in fumo, così come i piani del generale.>> la bionda si avvicinò alla compagna, per poi rivolgere uno sguardo dolce al corvino. <<Scusala. E' sempre stata così, è molto aggressiva, fin dai tempi della Seconda Guerra Mondiale!>>
<<Fatti gli affari tuoi B01!>> sbottò la prima, mentre il leggero alone azzurrognolo spariva dal suo pugno.
B01? Seconda Guerra Mondiale? Ma saranno passati circa sessantotto anni da quando si era messa fine a quel folle piano! No, non era possibile che queste avessero più di sessantotto anni, sembravano anche troppo giovani per dire una simile sciocchezza. Ma davvero credevano che lui fosse così idiota da credere ad una bagianata del genere?
<<Ok, ho capito.>> fece inizialmente Alucard, mentre alzava gli occhi al cielo. <<Mi state prendendo per il culo, mi state prendendo in giro giusto?>> chiese sempre con la sua solita calma. <<Avete dei nomi assurdi, siete inquietanti, una ha un'accento tedesco e l'altra inglese americanizzato malamente, e avete anche il coraggio di dire che vi conoscete dalla Seconda Guerra Mondiale, anche se si vede lontano un miglio che non siete nate durante quel periodo. Credete sul serio che sia così tonto?>>
<<In verità è tutto vero, compresa la parte che sei un tonto.>> rispose immediatamente A12, mentre cominciava a ridacchiare.
<<Grandioso...>> sbuffò il corvino, mentre cercava di fulminare con lo sguardo le prima ragazza che fino a qualche momento fa voleva regalargli un pugno elettrizzante gratuito. <<Posso chiedere dove mi trovo, o anche questo è un segreto?>> chiese alla fine con tono ironico. <<E sopratutto, perchè mi tenete fermo in questo modo?>>
<<No. Fortunatamente per te non lo è.>> fece A12, mentre gli rivolgeva un occhiataccia. <<Ti trovi nel jet privato Sara-C23R, ma comunque non possiamo dirti a chi appartiene.>>
<<Non lo avrei mai detto...>>
B01 scosse leggermente la testa. Poi si decise finalmente a parlagli. <<E sei legato per il fatto che il generale abbia la preoccupazione che tu possa farci del male.>>
Alucard ghignò ridacchiando, mentre guardava le due ragazze con uno sguardo poco rassicurante. <<Oh, ma io non lo farei mai.>>
<<La pedina penale sporca che possiedi e che abbiamo solo noi, dimostra tutto il contrario.>> soggiunse B01. Il ghignò di Alucard scomparse di botto, lasciando spazio ad un'espressione fredda. <<Che vorresti dire con noi?>> chiese. <<E che ne sapete, poi, se ho o non ho la pedina penale sporca?>>
<<Dati riservati.>> rispose solo A12 con un sorriso beffardo. B01 intantò si girò e si diresse verso l'altra parte del jet, con aria preoccupata. <<Che ti prende B01?>>
<<Sono preoccupata per la ragazza. Forse la droga che le abbiamo somministrato era troppo pesante per lei.>>
<<In che senso?>>
B01 sospirò e, con aria amareggiata, cominciò a spiegare tutti i sintomi che la ragazza, stava presentando. <<La sua temperatura corporea varia di minuto in minuto, sale e scende senza interruzioni; un minuto prima è bollente come un focolare, quello seguente la fa tremate incessantemente. Ha frequenti spasmi in tutto il corpo e la cosa che mi fa preoccupare di più è che in fase R.E.M.>>
<<‘Rapid Eye Moviment’ insomma. E allora?>>
<<Il fatto è che quando si è in fase R.E.M. ciò significa che si sta sognando. E quando si hanno dei sogni, non si ha il completo controllo delle azioni e del proprio corpo: sudorazione eccessiva, respiro irregolare...se tutto ciò è unito alla somministrazione della droga, beh, le aspettative non saranno di certo rosee...>>
<<COSA AVRESTE FATTO??!>> 
A12 e B01 si girarono di scatto verso Alucard, che sembrava non tanto tranquillo: mandando a quel paese la calma e il resto, una vena pulsante si presentava sulla sua fronte, ma solo per dire. Se c'era una cosa che non sopportava per niente al mondo, era il fatto che le persone facessero del male alle ragazze. Certe, anche A12 e B01 erano ragazze, a parer suo, e magari le avrebbe anche corteggiato, ma da tutto ciò che dicevano per di più sembravano delle pazze e, con tutte le dicerie che sparavano, sarebbero state ammesse senza problemi nel più vicino ospedale psichiatrico.
<<LIBERATEMI SUBITO!! Devo andare a vedere come sta!>>
<<è meglio per te se ti calmi amico, se non vuoi che somministriamo un pò di questa famosa droga. Te ne abbiamo già data molto, considerando che ti dimenavi in un modo molto scomodo, non costringerci a farlo di nuovo.>> lo avvertì A12. Alucard se ne fregò altamente. Intanto si dimenava così fortemente che...
<<Ma che diamine!>> esclamò B01, quando si accorse che i bracciali di metallo collegati alla poltrona rossa si erano addirittura spezzati. Lei e A12 annuirono in segno di contesa: era lui, era uno di loro, non c'era altro dubbio.
Nel mentre, Alucard era riuscito a spezzare anche i braccioli che gli teneva le caviglie, si slegò la cintura di pelle alla vita e corse nell'altra stanza del jet. B01 e A12 si fecero da parte.

<<Wow...>> esclamò Alucard, non appena vide la ragazza di cui qualche minuto prima stavano parlando quelle due pazze psicopatiche: bellissimi e fluenti capelli biondo chiaro legati in uno chignon, ad esclusione della frangia leggermente spostata a destra del viso ovale, gli occhi dal taglio leggermente obliquo erano in quel momento chiusi, la pelle chiara come l'avorio e sopratutto, seno prosperoso nascosto a malapena dalla larga felpa grigio fumo che a causa del sudore le aderiva perfettamente al corpo. Solo dopo averle osservata, si accorse che anche lei era tenuta ferma alla poltrone, che era di un colore diverso, verde chiaro per la precisione.
I sintomi che B01 aveva descritto ad uno ad uno c'erano tutti: spasmi e fremiti frequenti in tutto il corpo, sudorazione eccessiva, respiro irregolare, e gli occhi chiusi indicavano molto probabilmente che era ancora sotto l'effetto della droga somministratole, sia che stesse sognando. Ma per averne conferma doveva vedere in che stato erano i suoi occhi.
Si avvicinò a lei e le aprì l'occhio destro, vedendo poi con una calma innaturale che era completamente bianco. <<L'iride non c'è.>>
All'Università l'avevano informato che se l'iride non c'era, significava soltanto che stava girando ad una velocità appena percettibile ad occhio nudo. Perciò l'avevano denominato R.E.M. che stava per ‘Rapid Eye Moviment’, appunto.
<<Oh cazzo, che le avranno fatto...?>> si chiese sotto voce. Anche lei, molto probabilmente, era stata prelevata da qualche posto, ma perchè l'avevano fatto? Il timore che sapessero il suo passato e tuttò ciò che aveva sempre tenuto per sè, lo innervosiva. Non aveva mai condiviso con nessuno la sua storia personale, e quel nessuno doveva permettersi di curiosare in merito alla sua vita personale.
<<Preoccupato?>> si volse, e vide B01 che stava alla porta che conduceva all'altra stanza del jet, con un sorriso sincero sul volto. Non rispose, l'altra sospirò. <<...Sai, posso capirti, credo.>> sospirò di nuovo, alla fine. Il suo tentativo di consolarlo, era andato in fumo fin dall'inizio.
<<Non preoccuparti: quando arriveremò lì, la interneremo immediatamente nel Reparto Ospedaliero e lì la terremo sotto sorveglianza medica, credimi.>> spiegò, cercando di suonare il più gentile possibile.
<<Dove cazzo si trova ‘lì’?>> sbottò all'improvviso il corvino, sempre però con quella sua aria fredda e rigida che aveva acquistato da quando si trovava in quella situazione a dir poco inverosimile. <<Mi avete fatto perdere un'appuntamento all'Università che avevo con una ragazza fighissima, mi sedate e mi portate qui come se niente fosse sotto l'effetto di droghe sconosciute e fate la stessa cosa con una ragazza stra-fighissima e porterete entrambi in un posto segreto da film d'azione, si può sapere ora che combinerete, tu e la tua gemella psicopatica?>> poi tornò a concentrarsi sullo stato di salute della ragazza. <<Come si chiama?>> chiese infine.
<<Jaci, Jaci Wilson.>> rispose B01, sospirando pesantemente.
<<Jaci...>> ripetè in un sussurro Alucard, sorridendo con aria furba e maliziosa. Se veramente li avrebbero portati nello stesso identico posto, allora significava che avrebbe tempo sufficienza per poterla corteggiare, e di sicuro entro venti minuti, un giorno al massimo, quella sarebbe caduta presto ai suoi piedi.
B01 gli si avvicinò di soppiatto, sospirò per l'ennesima volta, solo che più leggermente, e gli posò la mano destra sulla spalla. <<Scusami...>> gli disse. Alucard non capì quello che volesse intendere, ma ci volle un attimo che B01 tirò fuori da una delle tasche del camice bianco una siringa contenente del liquido azzurognolo e glielo iniettò a tradimento, nella spalla sinistra.
<<Oh cazzo...>> disse prima di sentirsi la testa girare. Cadde e intorno a lui si fece improvvisamente buio. 
L'ultima cosa che vide furono gli stivali neri firmati di A12 che si avvicinavano.

Washington D.C. District of Columbia sud Maryland-nord Virginia, ore 6.37
Sede Ufficiale A.S.S.U.A.


<<Ora sappiamo che due di loro sono stati già prelevati.>> sentenziò solenne un'uomo di mezz'età: capelli corti e ben pettinati grigi, barbetta curata e occhiali neri dalla montatura a mezzzaluna. Armeggiava sicuro un adesivo in acetato nella mano destra, mentre nella mano sinistra aveva una piccola torcia che emetteva ultra-violetti rosso vivo, con cui rilevava le impronte sull'acetato. <<Ora però dobbiamo scoprire di chi sono questa impronte.>> disse poi, mentre guardava serio la giovane adulta davanti a sè, nonchè sua figlia, Mèrcedes Ivanov Rodrìgez.
<<E il sangue.>> soggiunse Mèrcedes. Era una giovane ventenne appena laureata in Medicina: Anatomia umana, Tossicologia e Chirurgia vascolare per la precisione. Lunghi capelli mori e mossi le accarezzavano le spalle, occhi da cercbiatta e la pelle ambrata ereditata dalla madre d'orgine cubana che era oramai deceduta. Aveva anche una sorella più piccola, di diciotto anni, che frequentava un Liceo Scientifico a Ontario, Canada.
Con le mani coperte dai sottili guanti di plastica, analizzava attenta con i suoi occhi scuri alcune gocce di sangue rinvenute dalla scena del delitto, a New York, nel quartiere del Bronx, situata lungo la strada della 2062 Cruger Avenue.
<<A quanto pare non appartengono al Pacifista argentino Joseph Pérez, ma dovrebbero condurre ad una seconda persona, cioè...>>
<<L'autista?>> chiese retoricamente il padre, mentre ridacchiava divertito. Oramai era risaputo che i criminali si evolvevano, così come le tecniche che usavano per uccidere.
<<A quanto pare.>> fece Mèrcedes, sorridendo lievemente. Ora le gocce di sangue, ancora fresco, si trovavano all'interno di una piccola provetta piatta di vetro trasparente. <<Ma la cosa strana è che Joseph Pérez non portava nessuna ricchezza con sè, come era solito fare quando andava in limousine nelle zone più pericolose, ed è qui che cominciano i guai.>> cominciò a spiegare, mentre la sua mente dal quoziente intellettivo superiore cominciava ad elaborare delle possibili risposte a tutte quelle domande. <<Quelli della ditta che hanno mandato il nuovo autista hanno detto che era quasi tutto regolare: nome, cognome, età, data di nascita. Ma stranamente non gli aveva consegnato dati in merito alla sua pedina penale. Ma lo assunsero lo stesso...>>
Isaac la guardò con aria interrogativa. <<Ma come...?>>
<<Stranamente, la maggior parte degli autisti della ditta o erano malati ed erano a casa a letto, o stavano già lavorando da qualche altra parte.>> un sorrisino furbo comparve sul suo viso perfettamente ovale. <<Tutti i malati non si spiegano la loro improvvisa influenza e prendendo del loro sangue, ho rinvenuto delle tracce di sostanze estratte dai fiori che causano allergie, vomito, nausea, depressione respiratoria e varie cose.>> ora stava analizzando le tracce con un microscopio scientifico. <<Uno degli autisti aveva anche ingerito senza saperlo dei fiori di garofano: ha vomitato per settimane.>> disse pensando all'espressione di quel pover'uomo. <<Un'altro è morto a causa di foglie di oleandro ha avuto un arresto cardiaco e poi bye bye. Un'altro per dei semi di Elleboro nero. >>
<<Pace all'anima loro.>> fece Isaac, mentre scuoteva di poco il capo.
Mèrcedes continuò con la sua spiegazione. <<Ho notato che, che alcuni autisti che avevano delle allergie, si sono ritrovati ad ingerirle.>>
<<Poverini...mi spiace per loro.>> fece finta Isaac di suonare dispiaciuto. <<Comunque non può essere un caso. Secondo me è l'assassino di Joseph Pérez ad aver architettato tutto questo. >>
<<Difficile da credere, perchè tutto ciò sarebbe davvero troppo complicato.>> ribattè tranquillamente Mèrcedes. <<Ma è possibile...difficile, ma possibile.>> si avvicinò ad un tavolo, per poi sedersi davanti ad esso su una sedia, poi cominciò ad analizzare il sangue ritrovato con il computer collegato ad uno scanner. Foto di diverse persone scorrevano velocemente per lo schermo per dieci minuti buoni, finchè non si fermarono.
<<E quello chi sarebbe?>> chiese il padre, avvicinandosi a lei e guardando lo schermo. 
La foto, che risaliva all'anno scorso dal suo internamento in una prigione sulle coste della Louisiana, ritraeva un ragazzo sui vent'anni, dalla pelle chiara, forse anche troppo, dai capelli corvini arruffati. L'occhio destro era coperto da una benda nera, ma da quello sinistro si capivano che le sue iridi erano di un blu mare intenso.
<<Ci sono molte stranezze legate a lui: non ha un nome.>> il padre la guardò come se fosse matta, con fare stranito a sbalordito allo stesso tempo. Non ha un nome? Non era possibile.
<<Come sarebbe a dire che non ha un nome?>>
<<è così, e non ci sono dati relativi che possano condurre ad un suo possibile nome.>> spiegò l'altra, guardandolo con fare arrendevole. <<Idem per il suo cognome.>> poi continuò con l'analisi dei suoi dati. 
<<Ma allora com->>
<<Ha usato nome e cognomi molto probabilmente falsi.>> spiegò immediatamente la figlia, gaurdandolo come se fosse la cosa più ovvia. << Ha circa vent'anni, giorno sconosciuto, mese più mese meno.>>
<<Professione?>> chiese con fare retorico e scherzoso il padre.
La figlia alzò al cielo gli occhi. <<Ladro ed omicida professionista. Ricercato dall'FBI, dalla CIA, dai Servizi Segreti e, ovviamente, da noi.>> disse, mentre scorreva la scia di informazioni su di lui. <<Colpevole di innumerevoli omicidi e furti di alto livello, come dei famosi diamanti Hortensia e Il Regent, prelevati dal Museo del Louvre il dodici agosto scorso. Sugli omicidi è sospettato di questo su Joseph Pérez, colpevole degli omicidi dell'Ambasciatore giapponese Yamato Kamou e quello australiano Terry Harris e di moltissimi altri.>>
<<Immagino che se li leggiamo tutti finiremo solo fra 3 anni.>> scherzò Isaac, anche se quello che aveva detto era effettivamente vero. <<Comunque quando è evaso di prigione?>>
<<è stato internato il primo ottobre ed è evaso il dodici novembre dell'anno scorso in una prigione sulle coste della Louisiana, poi non si sono più avute sue tracce, diciamo che è scomparso, fino a questo momento.>> rispose Mèrcedes. <<E c'è anche un'altra curiosità su di lui: diciamo che è una specie di ‘mercenario traditore’.>> quando la ventenne notò che il padre aveva aggrottato la fronte, cercò di spiegarsi immediatamente. <<Diciamo che persone di un certo rango...>>
<<Malavitosi, insomma.>>
<<Esattamente. Queste persone e simili gli commissionano dei lavoretti di un certo tipo: omicidi di ogni tipo, furti vari, ricatti e tortura. Non gli interessa che tipo di persone devono rischiare le loro vite, basta che questi tipi gli diano le sue ricompense. Ma diciamo che poi fa qualcosa di strano...>> lasciò in sospensione la frase, si prese il viso fra le mani e si diede dei leggeri colpetti per riscuotersi, così da acquistare abbastanza coraggio da poter dire una simile atrocità. <<Ammazza le persone che gli hanno commissionato i lavori che deve compiere, così da prendere le loro ricchezze.>>
<<Storia personale?>>
<<Sconosciuta al cento per cento.>> dichiarò alla fine Mèrcedes, buttandosi di peso sulla sedia di pelle nera. <<Nessuno conosce le sue origini, dove è nato e in quale ospedale, il suo passato, neanche il nome dei suoi genitori o se sono ancora vivi e nemmeno il numero esatto delle sue vittime e dei furti che ha fatto per la precisione!!>>
Il padre mise l'indice della mano destra sul mento, pensieroso. <<Tipo inquietante.>>
<<Puoi dirlo forte...>> sospirò infine la figlia, poggiando la testa sulla tastiera. <<Dubito fortemente che Emily e gli altri riusciranno a rintracciarlo entro ogg->> non finì neanche tutta la frase, che ecco una comunicazione proveniente dall'interfono posto in un angolo del laboratorio:

"Attenzione. Attenzione. Tutti i responsabili del Reparto Investigazione Scientifica e gli ingegneri adetti al nuovo Dipartimento, sono pregati di riunirsi alla Sala Riunioni numero uno. Ripeto, tutti i responsabili della R.I.S. e gli ingegneri adetti al nuovo Dipartimento, aono pregati di riunirsi alla Sala Riunioni numero uno."

<<E se fosse per...?>>
<<Allora significa che dovrò ricredermi sul conto di Em e degli altri.>> disse Mèrcedes, arrendevole. <<Ma ora dobbiamo andare, e subito anche.>>

Sala Riunioni n°1

Il generale Johma Detur fissava imperettito il panorama urbano che si prostava in tutta la sua bellezza al di là dell'immensa vetrata trasparente che invadeva completamente il muro sul fondo della Sala Riunioni numero uno. La lunga cicatrice rossastra che partiva da sotto l'occhio sinistro e il braccio robotizzato lo caratterizzavano maggiormente.
Il silenzio regnava incontrastato, ma era rotto costantemente dal respiro regolare del generale. Sembrava quasi un posto sacro, che in nessun modo doveva essere profanato, così da non interrompere la sua meditazione mentale, finchè una donna non spalancò la gigantesca porta d'ingresso in mogano nero dai profili pitturati d'oro.
<<Johma.>> disse in un sussurro appena percettibile, rivelando così una voce sottile, un pò rauca. La pelle color cioccolato e i lunghi capelli color caffè raccolti nelle molteplici treccine andavano in forte contrasto con le iridi di quel bianco immacolato inquietanto che la caratterizzava da quando lei e Johma non erano altro che dei soldati semplici nei Marines. Fra le mani teneva gelosa un bastone bianco per non vedenti.
<<So che sei qui, quindi rispondimi adesso.>> esclamò con un tono di voce fra lo scherzoso e il serio. <<Tanto sento il tuo respiro.>>
<<Solo tu puoi riconoscermi fra mille, eh Wekesa?>> chiese retoricamente lui, con un lieve sorriso sul volto dai lineamenti severi e induriti dal tempo.
<<Mi conosci Johma. O dovrei dire Steve.>> Wekesa camminò verso di lui, sicura e con quel suo atteggiamento serio e maturo che aveva fin da quando era nata. Sapeva bene il punto in cui stava il generale, quindi non ebbe alcuna difficoltà a raggiungerlo. Era sempre abituata a trovarlo lì.
<<Te lo detto già un millione di volte: non dovresti chiamarmi in questo modo.>> la riprese per l'ennesima volta in generale, sospirando rumorosamente. <<Sai perfettamente che è pericoloso per gli altri, ma sopratutto per te.>>
Wekesa sorrise, rivelando quel suo luminoso sorriso caratterizzato dalle labbra carnose e scure, sempre lasciate al naturale, senza alcun rossetto. Inclinò il capo verso la spalla destra, come se lo stesse osservando nelle sue iridi color carbone, anche se non poteva più, come faceva una volta.
A quel tempo non erano altro che due innamorati, che si erano conosciuti nell'esercito e che l'avevano fatto più di una volta. E lei era rimasta incinta di lui, ma non lo sapevano neanche. Quando andarono in guerra in Iraq, andò a finire che per una mina anti-uomo esplosa vicino alla loro Geep, lui perse un braccio, mentre lei perse la vista e il loro adorato bambino, quello che sarebbe stato un maschietto, e ciò lo seppero dopo, dal medico di guerra che glielo comunicò con grande rammarico.
Da quel preciso momento, Johma, o Steve, volle prendersi cura di lei, aiutarla in quel periodo difficile, aiutandola, facendo abituare al fatto che aveva perso uno dei suoi cinque sensi.
<<Non devi preoccuparti Steve.>> lo rassicurò lei. <<Non sono più quella ragazzina immatura e spericolota di una volta, quella che lo fece con te senza pensarci due volte e che se ne fregava altamente dell'organizzazione e dell'ordine. Sono cambiata, da quella notte...>>
<<Da quella strafottente notte del diciotto luglio 1992.>> sospirò lui, abbassando lo sguardo.
Wekesa gli prese il viso fra le mani, per poi rivolgergli uno sguardo dolcissimo, seppur assente. <<Perchè tormentarti così tanto. Non è stata colpa tua, ma io voluto farlo, tu non eri neanche sicuro. E' colpa mia se ora il nostro bambino non è qui con noi...>>
Johma le prese le mani e la guardò: la ammirava fin da sempre, da quando la conosceva. Non riusciva a spiegarsi il suo coraggio nell'affrontare quello che la vita le aveva riservato. Sorrise, mentre le cingava la vita con le braccia, lei arrossì lievemente, ma sorriso lo stesso.
<<General...>> Emily entrò all'improvviso nella Sala Riunioni, ma vedendo sia il generale Johma Detur e il Sergente Maggiore Capo Wekesa El-Lahad abbracciati e stretti l'un l'altro, si bloccò di colpo. <<Ehm...scusatemi. Io non vol->>
Accanto a lei c'era Wind Bluette che, vedendo la scena, sorrise maliziosa. <<Interrompiamo qualcosa?>>
Johma e Wekesa, che avevano rivolto il loro sguardo a loro due fino a quel momento, si staccarono e si distanziarono immediatamente, mentre il loro volto si colorava di rosso dall'imbarazzo. Lei con gli occhi puntati sul muro bianco davanti a sè, lui con il pugno sulla bocca, mentre faceva finta di tossire.
<<Certo che no>> rispose dimesso il generale, tornando improvvisamente serio. Anche la sua espressione era cambiata radicalmente, e ciò fece rabbrividire Emily fin dalle viscere, mentre Wind Bluette deglutì leggermente, un pò preoccupata. 
<<Celebro e Wind Bluette sedetevi pure> le invitò gentile Wekesa, sorridendo.
Le due interpellate annuirono appena e si sedettero su due delle sedie foderate, poste intorno alla grossa tavola di mogano scuro intagliato artigianalmente, seguite a ruota da alcuni ingegneri o appena laureati o che lavoravano lì da tempo, e dai responsabili della R.I.S, tra cui Isaac e Mèrcedes.
<<E le Agenti Nightmare e Dream, e l'Agente Berry?>> chiese Wekesa, mentre si accomodava al lato del generale. Quest'ultimo soggiunse: <<E A12 e B01?>>
Emily alzò la mano tremante, mentre un espressione fra lo scocciato e il disperato si dipingeva a poco a poco sul suo volto. <<A12 e B01 stanno arrivando, da quello che ne so, mentre gli altri devono ancore mettersi in contatto con me.>>
Dalla tasca destra dei pantaloni usati e leggermente coperti di fuliggine tirò fuori un piccolo interfono nero, che pose immediatamente sul tavolo di mogano, poi premette un bottone grigio chiaro posto su di esso e aspettò, come tutti gli altri, del resto.

"..... ..... ..... ..... ..... ..Qui A12."
<Qui Celebro, come procede l'operazione?>>
"Per ora è tutto regolare, anche se abbiamo appena sedato un ragazzino palliduccio e un pipistrello in calore."
<<Eh?!>>
"Lascia perdere. Comunque quando arriveremo alla Sede dovremmo internare la ragazza al Reparto Ospedaliero."
<<Come mai?>>
"B01 afferma che la dose-base che le abbiamo somministrato era troppo pesante anche per lei."
<<Sta bene ora?>> chiese all'improvviso il generale.
"B01 le ha appena somministrato dei farmaci, ora è migliorata."
Tutti i presenti tirarono un sospiro di sollievo. <<Quando intendete arrivare?>> chiese Wekesa.
"Dovremmo arrivare in tempo, alle otto circa."
<<Bene>>

  
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