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Autore: Lizzie_Siddal    17/11/2013    7 recensioni
[Lucy/Mina]
L'assenzio le bruciava la gola, e nel sangue le scorreva fuoco liquido per la voglia che aveva di baciare Mina.
Voleva e poteva.
Le inibizioni scolorivano, si nascondevano tra le luci offuscate e le ombre, ma la realtà brillava nitida negli occhi malinconici di Mina.
Voleva e non poteva.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Lucy Westenra, Mina Murray
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Prelude 12.21

Fandom: Dracula (NBC)
Personaggi/Pairing(s): Lucy Westenra/Mina Murray, implied Jonathan Harker/Mina
Warning: ust, unrequited love, oneshot, fluff, missing moment, abuso di avverbi e di angst. E credo basta.
Note iniziali:


 - è una vita che non scrivo, e si vede. Ma avevo così tanti feels per questa ship che non sapevo più dove metterli, così ho deciso di mettere mano alla tastiera (purtroppo per voi).

- il titolo è preso da una strofa di “Prelude 12/21”, degli AFI.

- un grazie speciale a Shellyng, beta e sorella di femslash, e a tutto il fandom che prima ancora di vedere il pilot già le shippava because book!canon is canon.

Il riferimento al “Capitano Westenraè ispirato a questa scena, presente solo nella versione UK dell'episodio 1x03 e aghdsjkflk vado ad affossarmi da qualche parte, scusate.





I promise you my heart





Mina: "What were you thinking about?"

Lucy: "You. You inspire me to...I don't know.
Greater independence, I suppose."

[1x03]







Sorreggendosi a Mina mentre cercava di raggiungere la loro stanza d'albergo, Lucy si sentiva un vero e proprio disastro.
Un distastro su due gambe malferme, per essere precisi, e pure una grande egoista.
Non avrebbe dovuto approfittare di quel momento di fragilità della sua migliore amica - malata d'amore per quell'insignificante idiota di Jonathan Harker.
Non avrebbe dovuto qualunque pretesto pur di sfiorarle i capelli, la fronte e gli zigomi con un'intimità che da sobria non si sarebbe mai concessa.
Non avrebbe dovuto illudersi che fosse solo in parte merito dell'alcol se Mina appariva libera e felice come non la vedeva da tempo.
E più di tutto non avrebbe dovuto trascinare entrambe in giro per locali malfamati pieni di tentazioni, oblio e scelleratezze – davvero pericolose, sconvenienti ed inappropriate per due giovani donne di nobili origini come loro.

“Avanti, Lucy, balliamo ancora!”

D'altra parte, se si parlava di cose pericolose, sconvenienti ed inappropriate, Lucy non era una santa: poteva elencare un considerevole numero di occasioni in cui la compostezza e il buonsenso erano stati bellamente calpestati a favore dei piaceri di un momento.

“Non pensi di averne avuto abbastanza?” ebbe comunque il garbo di chiedere – una delicatezza che, per amor del vero, soltanto Mina Murray riusciva a rubarle, di tanto in tanto.
Le attenzioni che Lucy aveva nei suoi riguardi non erano mai superficiali o simulate. Era sempre stato così da che aveva memoria.

“Oh, no!” protestò Mina dondolandosi sulle punte dei piedi, quasi perdendo l'equilibrio.
Sorrideva, il viso ad un soffio da quello di Lucy, ma i suoi occhi erano offuscati di lacrime non ancora versate.

“Sii il mio cavaliere un'ultima volta, vuoi?”

La natura e il fato concedevano i propri doni in modo così ironicamente crudele: a chi un'anima pura ed un fidanzato indegno, a chi la capacità di saper nascondere la tristezza sotto strati di cinismo e indifferenza.
Chissà come sarebbe stato, a parti inverse.
Sicuramente più facile per entrambe, Lucy per prima.
Mina aveva il cuore spezzato a causa di Jonathan, ma lei soffriva due volte: per l'amica e per se stessa. Ogni giorno doveva convivere con quel sentimento che nel tempo era cresciuto in lei come una febbre, un qualcosa a cui non riusciva – non voleva – dare un nome, ma che ormai trascendeva i confini di una semplice e tenera amicizia.
Anche in questo non c'era nulla di egoistico, tuttavia Lucy non poteva fare a meno di provare una sorta di senso di colpa, che invano aveva provato ad affogare dentro agli innumerevoli bicchieri d'alcol bevuti.
L'assenzio le bruciava la gola, e nel sangue le scorreva fuoco liquido per la voglia che aveva di baciare Mina.
Voleva e poteva.
Le inibizioni scolorivano, si nascondevano tra le luci offuscate e le ombre, ma la realtà brillava nitida negli occhi malinconici di Mina.
Voleva e non poteva.



Si morse il labbro, prima di prendere Mina per i fianchi, eseguire un rapido e goffo passo di danza, e infine spingerla sul letto.
La sovrastò, chiudendo la presa sui polsi minuti che premette contro le lenzuola, le ginocchia ad imprigionarle il bacino, con un impeto trattenuto e in qualche modo quasi dolce.
Mina si lasciò scappare un suono incantevole, a metà tra un sussulto sorpreso e una risatina.

“Capitano Westenra, non sono maniere da gentiluomo, queste!” esclamò buttando il capo all'indietro, esponendo il collo pallido, vibrante di sincero divertimento al ricordo delle scherzose prove di ballo che avevano fatto nel pomeriggio.
Persa nell'insidia di tale distratta bellezza, Lucy deglutì a fatica, sentendo una scia di brividi scorrerle lungo la nuca, per quella situazione e per quella stessa battuta.
Non che avrebbe mai voluto rinunciare alla propria femminilità – amava essere donna, era nata per quella grazia, quell'intelligenza e quella sensibilità che considerava indubbiamente una superiorità di genere, nonostante la Storia volesse farle credere il contrario.
Eppure quante volte, in segreto, aveva desiderato di poter fare ciò che le convenzioni sociali le avevano negato? Esprimere ad alta voce commenti sprezzanti verso coloro – Harker in primis – che uomini non lo erano abbastanza era un mero vezzo di scarsa importanza. Ciò che le premeva veramente, se solo fosse stato accettabile, era di ottenere una maggior indipendenza e libertà di agire, essere alla pari dell'altro sesso in ogni circostanza, poter trascorrere le giornate con Mina a piacimento, confessarle ciò che provava... Ma non era possibile, e sarebbe stato inutile - o peggio - , deleterio per il legame che le univa.
Certo, Mina possedeva uno spirito moderno ed ambizioso per l'epoca – il suo desiderio di diventare un medico lo dimostrava ampiamente -, ma non avrebbe mai guardato Lucy come lei la guardava.
Con lo stesso ardore, la stessa insana e dolorosa devozione.

“Non sarei comunque un gentiluomo rispettabile, immagino.” sussurrò Lucy lasciando la presa, l'espressione intenerita che fuggiva dal suo viso come sotto la sferzata di un vento gelido.
Doveva allontanarsi, fare qualcosa che non fosse continuare a fissare il volto di Mina, le fossette adorabili che le solcavano le guance. E invece, con sgomento, si accorse di non riuscire a muoversi. Sentiva un languore meraviglioso crescerle dentro, pesarle addosso, e percepire il petto dell'altra ragazza alzarsi ed abbassarsi ritmicamente, premuto sotto il proprio – sempre più accaldato e teso - , rendeva parecchio difficili i tentativi di scostarsi.
Tentativi che divennero completamente vani quando Mina le si aggrappò alla schiena all'improvviso, il naso premuto contro i suoi riccioli biondi.
L'aria nebbiosa della notte londinese e l'aroma dolciastro dell'oppio erano ancora impregnate ai loro vestiti, tra i capelli, sulle guance arrossate dall'eccesso di emozioni.

Eppure, era il profumo lieve della pelle di Mina, inconfondibile, a vincere su tutto il resto.

“Aiutami a spogliarmi, per favore.” fu la preghiera che seguì un secondo dopo, e a quel punto Lucy inspirò a pieni polmoni, invocando ogni stilla di autocontrollo per impedirsi di emettere un gemito di frustrazione.

“Mio Dio...”

Sentiva le tempie pulsare, la testa girare e il respiro affannoso solo alla vaga idea di cosa avrebbe voluto farle in quell'istante.
Il materasso emise un lieve cigolio sotto il loro peso combinato, un rumore che fece sbocciare nuove ed indecenti fantasie.

“...non essere sciocca.”sibilò, senza sapere con certezza a chi delle due si riferisse.

“Da sola non riesco.” mugugnò Mina, provando con scarso successo a sbottonarsi la camicetta.

Aveva non pochi problemi a coordinare i gesti - impacciata dalla poca lucidità, dalla posizione scomoda, dal corsetto - , così Lucy si mosse senza pensare, ad eseguire ciò che le era stato chiesto.
Si accorse di tremare vistosamente, non solo per l'ubriachezza, e fu solo dopo ripetuti e maldestri intenti ed ulteriori risate (Mina aveva abbandonato l'obiettivo di spogliarsi, preferendo fare il solletico a Lucy), che entrambe le ragazze riuscirono nell'impresa di buttare le pesanti sottane alla rinfusa sul pavimento, ed indossare le vesti da camera.





Ancora con il fiatone, Mina si accomodò con la schiena contro il seno di Lucy, le cui membra si sciolsero per accoglierla in un abbraccio premuroso. Il mento poggiato su una spalla dell'amica, le braccia intrecciate attorno ai suoi fianchi, il calore emanato dai loro corpi che diventava uno solo, Lucy fu certa che avrebbe trascorso la notte in bianco. Anche solo restare immobile, in quella posa familiare e innocua, le costava una fatica impossibile.

“Devo chiederti perdono, Mina” attaccò all'improvviso, odiando il tono incerto, incredibilmente timido che aveva appena usato.

“Ho bevuto troppo” si fermò, cercando di far presa sulle parole che non riusciva a pronunciare o anche solo a mettere in ordine.

“Ho esagerato. Con... tutto questo”

Proprio lei, così coraggiosa al limite dello spavaldo, così sicura di sé, decisa, schietta e impertinente. Lei che non aveva mai avuto problemi a raccontare ogni minimo dettaglio – anche il più disdicevole – alle orecchie ingenue di Mina, ora esitava.
Rischiava di arrossire, addirittura.

“Prometto che non lo farò più... almeno fino alla prossima serata insieme.” concluse, coprendo l'imbarazzo una punta della tipica malizia.

Ringraziò di non dover incrociare lo sguardo di Mina, perché se così fosse stato, dubitava davvero che quei manierismi forzati le sarebbero usciti credibili.

“A te perdonerei ogni cosa, lo sai” fu la risposta indulgente.
“E poi il tempo scorre meravigliosamente bene, in tua compagnia.”



“Dimmi, mi faresti un'altra promessa, cara Lucy?” chiese Mina, la voce che tradiva quanto ormai si trovasse a metà strada tra la veglia e il sonno.
Lei annuì e trattenne il fiato prima ancora di rendersene conto, prima ancora di udire il seguito.

“Non lasciarmi” implorò Mina, senza che fosse necessario aggiungere anche tu: i sottintesi erano lampanti nella breve pausa che seguì.

“Jonathan è... ma tu, amica mia, resterai al mio fianco per sempre, non è così?”

Lucy la strinse appena più forte, serrò le labbra e la baciò tra i capelli, combattendo fino all'ultimo l'istinto di scoppiare a piangere.
Mina non le sarebbe mai appartenuta come avrebbe voluto - lo sapeva - , ma a ferirla più di questo, più della gelosia, più del sentirsi così irrimediabilmente sua contro ogni logica e ogni speranza di essere ricambiata, c'erano le parole che stava per pronunciare.

“Lo prometto, Mina.”

Un giuramento che suonò come una condanna, come il tintinnio di catene invisibili dalle quali Lucy non sarebbe mai stata libera.
Quanto ancora poteva reggere, il suo cuore, prima di arrendersi a quella sofferenza?
Una vita intera, o forse...

“Per sempre.”


   
 
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