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Autore: Nerea_V    18/11/2013    6 recensioni
"Il fischio del treno risuonava nelle orecchie degli occupanti del binario 9 e ¾ come una incitazione a fare più in fretta. Mi avviavo verso la carrozza dei bagagli con il mio carrello guardandomi intorno titubante, c’erano persone ovunque. Adulti, bambini, ragazzi, anziani. Persone di qualsiasi età si aggirava per quello stretto spiazzo cercando di passare, caricare le valige, salutare i cari. Alcuni ragazzi si rincorrevano, altri più piccoli si appigliavano agli abiti delle proprie madri, altri ancora si sporgevano dal finestrino del treno."
[NON FINITA - Scusate non so se o quando la finirò]
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emmeline Vance, James Potter, Lily Evans, Marlene McKinnon, Sirius Black | Coppie: Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Seize the day or die regretting the time you lost
It's empty and cold without you here, too many people to ache over
 
I see my vision burn, I feel my memories fade with time
But I'm too young to worry
These streets we travel on will undergo our same lost past
 
I found you here, now please just stay for a while
I can move on with you around
I hand you my mortal life, but will it be forever?
I'd do anything for a smile, holding you 'til our time is done
We both know the day will come, but I don't want to leave you.
(Seize the day – Avenged Sevenfold)




1972 – Primo anno.
 
Il fischio del treno risuonava nelle orecchie degli occupanti del binario 9 e ¾ come una incitazione a fare più in fretta. Mi avviavo verso la carrozza dei bagagli con il mio carrello guardandomi intorno titubante, c’erano persone ovunque. Adulti, bambini, ragazzi, anziani. Persone di qualsiasi età si aggirava per quello stretto spiazzo cercando di passare, caricare le valige, salutare i cari. Alcuni ragazzi si rincorrevano, altri più piccoli si appigliavano agli abiti delle proprie madri, altri ancora si sporgevano dal finestrino del treno.
Arrivata a destinazione, sorrisi timida a un carrozziere che aiutò mio padre a caricare il mio baule, mentre io prendevo Iris che si era acciambellato lì sopra. Come ricompensa naturalmente ottenni un soffio infastidito, ma poi si accoccolò tranquillo tra le mie braccia.
- Lene stai tranquilla. Ci siamo passati tutti, è solo una scuola.- Cercò di rassicurarmi mia madre.
Io annui e nascosi il volto nel pelo di Iris scatenando altri sbuffi infastiditi. – Lo so mamma. Però sono agitata comunque.-
Lei mi sorrise accarezzandomi la testa. – Beh, su! Sali che se no il treno parte senza di te!- Disse cercando di darmi un po’ di carica per il viaggio, ma io avevo visto benissimo il luccichio dei suoi occhi emozionati. – Vedrai che ti farai tanti amici.- Disse mentre salivo in carrozza.
- Mi raccomando, se qualcuno ti infastidisce…- Disse mio padre raggiungendoci.
- Chiamo Bryce.- Dissi io alzando gli occhi al cielo e dandogli un bacio sulla guancia. – Lo so papà, me lo avrai ripetuto un’infinità di volte!- Dissi io sorridendo.
Lui si imbronciò come un bambino. – Scusa se voglio che non ti succeda niente di male. Salutami tuo fratello. E’ sparito non appena passato il varco del binario.- Disse lui prima che finissi di salire i pochi gradini.
Dopodiché presi un bel respiro e m’incamminai nel corridoio con i vari scompartimenti, con un po’ di fortuna ne avrei beccato ancora uno vuoto.
Ne passai un paio con dentro alcuni ragazzi più grandi, poi ne trovai finalmente uno libero, ovviamente sarebbe arrivato qualcuno, ma almeno mi sarei risparmiata l’imbarazzo di chiedere se c’era un posto per me. Inoltre di sicuro Bryce mi avrebbe presa in giro insieme ai suoi amici, quindi meglio stargli alla larga. Se poi mi andava bene, avrei potuto conoscere dei ragazzi della mia stessa età che non conoscendo nessuno avrebbero cercato riparo anche loro lì dentro. Come al solito la mia mente partiva a sognare per destinazioni ignote anche a me.
Mi sedetti di fianco al finestrino e poggiai la borsa che mi ero portata dietro a fianco a me.
Quando sentii un fischio un po’ più forte degli altri, mi alzai in fretta e tirai giù il finestrino per sporgermi. Guardai in tutte le direzioni per poi trovare i miei genitori in fondo al binario sulla sinistra che si sbracciavano per salutarmi, in mezzo a una folla davvero enorme che si accalcava sul binario. Appena li vidi m’illuminai e sorrisi al loro indirizzo facendo uscire un braccio dal finestrino per salutarli mentre il treno partiva.
Pochi secondi dopo erano già un puntino lontano, quindi con un po’ di nostalgia mi risedetti e tirò fuori dalla borsa il suo blocco da disegno e carboncini, iniziando a schizzare il paesaggio che vedevo dalla finestra di camera sua. Già mi mancava quel luogo che per undici anni mi aveva fatto compagnia e adesso ne sarei stata lontana per un anno intero.
Ero abituata, però, a ricercare sempre il lato positivo in tutto ciò che mi accadeva attorno. Di sicuro ci sarebbero stati paesaggi altrettanto belli da osservare anche da un'altra finestra. La natura non lascia mai nulla di insignificante in giro, non mi deludeva mai.
Ero così concentrata a ricordare ogni piccolo dettaglio delle ombreggiature della montagna solitaria che si stagliava al di là del vetro di camera mia che non mi accorsi del rumore della porta che veniva aperta e di tre  ragazzi che si sporsero oltre la porta di vetro.
Sentii un vago farfugliare quando uno dei ragazzi disse. – Oh, bene. Qui c’è solo questa del primo anno. –
I ragazzi entrarono nello scomparto e iniziarono a sistemarsi. Fu allora che alzai lo sguardo, distratta da alcune imprecazioni poco gentili, e vidi le tre figure più buffe che potevo immaginare. Un ragazzo con un paio di occhiali davvero bizzarri si stava massaggiando la parte superiore della testa strizzando gli occhi, un altro ragazzo dai capelli mori e mossi che gli arrivavano fino al mento stava saltellando tenendosi un piede tra le mani e un terzo ragazzo, definibile solo come ‘stropicciato’ era appoggiato allo stipite della porta sogghignando nel guardare quella scena.
A quel punto mi venne da ridere e cercai di nascondermi dietro le mani per non farmi sentire, ma non ebbe molto successo. Due sguardi doloranti e infuriati si alzarono su di me, ma non me ne preoccupai e continuai a ridere.
- Ti sembra divertente?!- Chiese quello dai capelli mossi. – La prossima volta metti la borsa dove non si cammina!-
- Oh.- Dissi vedendo la mia borsa per terra, doveva essere caduta mentre disegnavo. – Mi dispiace. Ce l’avevo di fianco fino a un minuto fa.- Vedendo che continuavano a lamentarsi dissi di nuovo. – Mi dispiace davvero.-
- Sì, ok ok. Abbiamo capito.- Disse sempre lo stesso ragazzo mentre tutti e tre prendevano posto nei divanetti dello scomparto.
- Dai Sirius non fare l’antipatico. E’ davvero dispiaciuta, non l’ha fatto apposta.- Disse il ragazzo con gli occhiali al quale l’amico rispose con un grugnito poggiandosi allo schienale, imitando il terzo ragazzo che si era già accasciato al suo sedile. Oltre ad avere vestiti in condizioni pietose infatti sembrava anche avere bisogno di una bella dormita.
- Beh comunque se la prossima volta bussaste prima di entrare in uno scomparto occupato, non vi fareste male nel cadere su borse altrui.- Dissi.
- Ma sentila questa ragazzina. Neanche ha iniziato la scuola e già senti come tratta i ragazzi più grandi.- Continuò quello che avevo capito chiamarsi Sirius.
- Guarda che a me non sembra che tu abbia tanti anni più di me. Non sei del primo, ma sarai del secondo anno. Ci scommetto il mantello.- Dissi sfogliando una pagina o due dell’album, cercando un foglio vuoto.
Il ragazzo in questione la guardò male prima di tornare a poggiarsi allo schienale.
- Beh che dire. Ci hai azzeccato.- Disse il ragazzo con gli occhiali seduto accanto a me e poi mi porse una mano. – Sono James Potter e sono del suo stesso anno.-
Gli sorrisi allegra stringendogli la mano. – Piacere. Io sono Marlene McKinnon.- Dissi spostando poi lo sguardo sul ragazzo biondo che si era tirato su per porgermi la mano e sorridendo anche lui.
- Io invece sono Remus Lupin e ho la sfortuna di essere del loro stesso anno e della loro stessa casa. Me li devo sopportare tutto il santo giorno.- Disse lui.
- Ehi!- Protestarono in coro James e l’altro ragazzo che aprì solo un occhio per fulminare l’amico, per poi richiuderlo e non considerarmi.
- Quel maleducato invece è Sirius Black.- Continuò con le presentazioni James.
- La vogliamo smettere di offendere.- Disse lui tirandosi su e guardando male entrambi i suoi amici.
Io non potei fare a meno di scoppiare a ridere nel vedere quei tre incominciare a bisticciare come tre fratelli.
- Tu, invece che ridere prendi le tue stupide cose e vai via, se no non c’è posto per Peter.- Disse Sirius.
Lo guardai interdetta. – Come scusa?-
- Hai sentito benissimo. Un nostro amico ci deve raggiungere e tu sei di troppo con quella borsa e quei fogli ingombranti. Che ci devi fare poi.- Disse ancora.
Remus sospirò per il comportamento del suo amico. – Sir, potresti essere anche un po’ più gentile. Ci stiamo in cinque qua dentro e lei c’era prima.-
Lo guardai con gratitudine e cercai di ignorare le sue proteste e i suoi borbotii mentre continuavo a schizzare sul mio blocco, cercando di non farmi notare.
- Ma dove diavolo si è cacciato?!- Chiese a un certo punto James.
Proprio in quel momento arrivò di gran carriera un piccolo ragazzo, che sembrava più piccolo degli altri tre, ma che a quanto aveva capito aveva la loro stessa età. – James…- Disse cercando di riprendere fiato. – Io… Ho tentato di seminarla… Ma mi ha raggiunto lo stesso.- Disse cercando di calmare il respiro. – Mi dispiace, ma non sono riuscito a…- Ma non finì la frase.
Infatti mentre io guardavo curiosa la scena i tre ragazzi attorno a me si alzarono a sedere dritti di scatto e James sbiancò leggermente. Poi dietro il povero Peter si materializzò un ombra scura, che non appena il ragazzo si scostò, diventò chiara e definita, lasciando vedere la figura di una ragazzina dai capelli lunghi e rossi e gli occhi di un meraviglioso verde limpido. Il suo sguardo era corrucciato e fulminava James e il resto del quartetto. – Potter.- Disse con voce decisa che contrastava molto con la figura che era incorniciata dalla porta.
Nel frattempo James assottigliò lo sguardo e fece nascere un sogghigno sul viso. – Evans, cos’è non potevi aspettare neanche un'altra ora per vedermi?- Chiese lui malizioso, facendo ridere Peter e Sirius, Remus invece alzò gli occhi al cielo e li ignorò tirando fuori un libro e mettendosi a leggere.
- Certo Potter, la mia estate è stata uno strazio senza poter vedere la faccia da troll che ti ritrovi.- Disse lei. – Ero solo venuta a costatare se il sole era riuscito a metterti un po’ la testa a posto grazie a un’insolazione, ma vedo che non siamo stati graziati e che dobbiamo tenerti ancora così come sei.- Nonostante sembrasse indifferente, non potei fare a meno di notare un piccolo sorriso divertito nascere sulla bocca di Remus. – Ah e sono venuta a dirti di non scocciare anche quest’anno Severus con i tuoi stupidi scherzi o te la vedrai con me.- Disse tranquilla e incrociando le braccia al petto.
- Se me lo chiedi con quello sguardo come posso dirti di no, Evans?- Chiese sarcastico, facendo alzare gli occhi al cielo alla ragazza.
Quando li riabbassò, i suoi occhi si posarono su di me, che osservavo affascinata quello scambio di frecciatine, indecisa se ridere o preoccuparmi. Ci guardammo una negli occhi dell’altra. Capii subito che tipo di ragazza fosse. Decisa, testarda, ma anche infinitamente dolce e gentile. Le sorrisi gentile e la vidi ricambiare. Poi il suo sguardo tornò su James. – Stai cercando di dare fastidio anche ai ragazzi del primo anno?- Chiese.
Corrucciai leggermente le sopracciglia e scossi poco la testa. – No, tranq…- Ma non finii che lei avanzò e mi prese per un polso tirandomi via con lei.
- Vieni cara. Lasciamo soli questi idioti.- Disse la ragazza voltandosi a sorridermi. Io ricambiai e raccolsi in fretta le mie cose prima di lasciare con lei la cabina e salutai velocemente dietro di me i ragazzi che avevo appena conosciuto. Ricevetti indietro degli sguardi incerti e dei sorrisi a metà tra il divertito e il preoccupato.
- Ci si vede Lene e non farti plagiare.- Mi gridò dietro James facendomi ridere, mentre sentivo una voce indistinta, cui però attribuii subito un nome, dire. – Era ora. Adesso abbiamo tutta la cabina per noi.-
Percorremmo tutta la carrozza e arrivammo in quella adiacente. Lily si fermò di fronte alla terza cabina e ne scostò la porta tranquillamente, mentre io avanzavo un po’ timorosa dietro di lei.
Quando arrivai sull’uscio dello scomparto sbirciai dentro, però, vidi solo un ragazzo mingherlino. Sembrava molto giovane, ma a giudicare dallo stemma che campeggiava sul suo mantello, era già stato smistato. Dai colori verde e argento capii che doveva essere Serpeverde, non potei reprimere il brivido che mi corso giù per la schiena. Quella casa era sempre oggetto di critiche da parte della mia famiglia. Così mi bloccai, non sapendo bene cosa fare. Lily nel frattempo si era seduta sul divanetto di fronte al ragazzo e si era messa a scalciare e far dondolare le gambe, osservando fuori del finestrino il paesaggio che mutava. Dopo alcuni minuti si girò e mi vide ancora lì, intenta ad osservarmi le piante dei piedi.
- Oh che sbadata! Scusami Marlene.- Disse alzandosi in piedi. Si posiziono di fronte a me e mi fece avanzare di qualche passo. – Severus questa è la mia nuova amica Marlene. Marlene questo è il mio caro amico Severus.-
Alzai intimorita lo sguardo su di lui, osservandolo per la prima volta attentamente. Come avevo già detto era un ragazzino piuttosto magro e minuto, aveva lunghi capelli neri scompigliati e la pelle molto chiara, gli occhi erano qualcosa di indefinito, erano scuri e mentre li fissavo sembravano raccontarmi una vita di sofferenza e solitudine. Mi concentrai sull’alzare la mano e sorridere, sforzandomi di essere cordiale. Dopotutto i pregiudizi li avevo sempre odiati e avevo cercato fin da quando ne ho avuto la possibilità di non fissarmi su idee di altri e di crearmene di mie. Io non sapevo nulla di quel ragazzo e non sapevo nulla di quella casa, avrei scoperto da sola come fossero entrambi. Nell’allungare la mano verso di lui allargai il sorriso, rendendolo più sincero. – E’ un piacere Severus.- Dissi mentre lui mi stringeva titubante la mano e annuiva assorto.
Nel frattempo Lily si era riseduta e poco dopo la imitai, mettendomi affianco a lei e sfogliando nuovamente il mio album in cera di un foglio immacolato. – L’ho salvata dalle grinfie di quei malandrini!- Sbuffò fuori la ragazza.
Per la prima volta vidi un sorriso formarsi sulle labbra di quel ragazzo e vedendolo non potei non far caso a quanto stonasse nella sua figura. – Lily, ma possibile che li vai sempre a cercare.-
- Non è così Severus!- Protestò lei. – Ho visto il piccolo Peter e mi è venuta voglia di vedere se finalmente l’unico neurone di Potter fosse riuscito a moltiplicarsi.- Spiegò ridacchiando.
Severus tornò ad abbassare lo sguardo sul libro che stava leggendo quando eravamo arrivate allo scomparto. – E Sirius?- Chiese innocentemente.
- Ah! Lui secondo me non ha neanche quello.- Rispose Lily.
Non potei fare a meno di sorridere mentre continuavo il nuovo lavoro cui mi stavo dedicando.
Ero così concentrata che non mi accorsi subito che i due avevano finito di parlare. Uno era tornato a concentrarsi sulle sue letture, mentre l’altra si era avvicinata di soppiatto e cercava di spiare quello che stavo facendo. I capelli mi erano ricaduti da dietro l’orecchio e schermavano i fogli su cui lavoravo, per cui quando lei li scostò per vedere meglio, saltai sul posto sorpresa da quel movimento tanto ravvicinato al mio campo visivo.
Lei mi sorrise, scusandosi con lo sguardo per lo spavento che mi aveva fatto prendere. – Che stai facendo?- Mi chiese dolcemente prendendo l’album che le stavo porgendo in risposta.
Mi vergognavo a mostrare i miei lavori, ma sapevo che lei non avrebbe mai fatto o detto nulla che mi avrebbe ferito. – Ma sono stupendi!- Esclamò lei sfogliando anche gli schizzi indietro. – Li hai fatti tu?- Mi chiese. Io annuii quando posò lo sguardo su di me e poi tornò ad osservare i fogli assorta. – Sono davvero molto belli Marlene.-
- Grazie.- Dissi arrossendo dall’imbarazzo. – Chiamami pure Lene.-
- Va bene Lene, mi prometti che appena terminerai quest’ultimo disegno, me lo regalerai?- Chiese con un sorriso che le faceva risplendere il verde dei suoi occhi.
Guardai il ritratto appena abbozzato di Lily che campeggiava sull’album da disegno che mi stava porgendo indietro. – Certo.- Dissi ricambiando il sorriso.
Continuai a lavorare e parlare con Lily e sporadicamente con Severus, quando abbandonava il libro che sembrava tanto interessante, per tutto il resto del viaggio e già sentivo quanto quell’anno sarebbe stato magico.
 
 
Arrivati alla stazione di Hogsmeade mi dovetti separare dai miei nuovi amici, o almeno speravo di poterli chiamare così. Mi salutarono e si diressero dalla parte opposta rispetto alla mia e Lily si premurò di dirmi di godermi quel viaggio, perché sarebbe stato unico e spettacolare. Piena di curiosità mi diressi verso un uomo alto davvero oltre misura che chiamava a raccolta i ragazzi del primo anno. Mentre aspettavamo gli ultimi ritardatari mi guardai attorno. Incrociando per un attimo gli occhi grigi di un ragazzo impertinente che rideva insieme ad altri tre suoi amici. Senza dire niente prosegui con lo sguardo vedendo di sfuggita mio fratello che mi accennava un saluto subito prima che mi dirigessi insieme agli altri al nostro mezzo di trasporto.
Arrivammo al porto dove ci aspettavano una serie di barchette che ci avrebbero trasportato fino al castello. Nonostante il mio amore per l’acqua però rabbrividii al pensiero di me su una di quelle cose di legno, certamente da risistemare, insieme ad altri ragazzi sul lago nero. Sì, perché sicuramente l’acqua di quel lago non invogliava a farsi una nuotata, quindi certamente non me la sentivo di attraversarlo con una bagnarola. L’omaccione però ci sospinse tutti verso di esse e ci fece salire pian piano tutti, per poi partire verso il castello. Non capivo perché non ci fossero barche anche per i ragazzi più grandi. Forse non le ritenevano abbastanza sicure per un peso maggiore, la cosa mi fece temere ancora di più per quelle barche che cigolavano ad ogni minima onda che vi si infrangeva contro, ma ogni mio pensiero venne azzerato quando nel buio della sera un enorme castello, arroccato sul lato di una montagna, si stagliò nella notte. Poche luci lo illuminavano dall’interno e la sola luce della luna crescente e di qualche lontana lanterna ne illuminava l’esterno, ma questo bastò a rivelarci l’immensa e imponente sagoma della struttura. Meravigliosa e terrificante al tempo stesso. Si poteva rimanere solo a bocca aperta di fronte a uno spettacolo così sensazionale e come la mia nuova amica mi aveva suggerito, mi godetti ogni singolo istante fino all’arrivo all’altra sponda del lago.
Quando ormai pensavo che nulla potesse stupirmi di più, eccolo lì svettare in tutta la sua altezza, quasi ti volesse schiacciare. Poi quando ci sospinsero dentro l’immenso portone, fu ancora più meraviglioso. L’interno del castello era ben illuminato da torce e candele, poste qua e là, gli interni erano in pietra e marmo e regalavano all’ambiente un’atmosfera ancora più magica e misteriosa. Ci portarono davanti a un altro grande ingresso, chiuso da dei battenti che facevano solo intuire il chiasso che proveniva da dentro quella stanza. Ero così sconcertata e incantata ad osservare l’ambiente che mi circondava, da non essermi accorta che era subentrata un'altra figura nel nostro gruppo. Una signora poco più alta di noi, con i capelli grigi raccolti in una treccia, ma a parte quello niente sembrava conferirle un’età avanzata, anzi il suo viso era liscio e sereno.
- Salve ragazzi.- Disse sorridendo. – Io sono la professoressa Aurora Sinistra e insegno da pochi anni astronomia. E’ il primo anno per voi qui, quindi vi spiego in breve cosa succederà. Stasera ci sarà il banchetto d’inizio anno scolastico.- Si sentirono un po’ di mormorii provenire dal gruppo di ragazzi.- Vedo che la fama lo precede.- Disse la donna ridacchiando tra sé. – Ma prima dovrete essere smistati nella vostra casa. Ce ne sono quattro e sarà molto importante per voi, perché nei sette anni che trascorrerete sarà una sorta di seconda famiglia per voi. Ci sono quattro dormitori in cui verrete divisi: Grifondoro, Tassorosso, Serpeverde e Corvonero. Il Cappello Parlante deciderà per voi quale vi si addice di più. Dal momento dello smistamento i pasti, lo studio e le lezioni le farete insieme ai ragazzi della vostra stessa casa.- Fece una pausa e ci guardò un attimo per capire se avevamo compreso appieno quello che ci era stato appena detto. Immaginai che quella spiegazione servisse più che altro ai ragazzi nati da genitori babbani, poiché a me, come immagino anche ad altri nati da maghi, avevano già spiegato le dinamiche della scuola e ne ero rimasta affascinata. – Ogni cosa che farete durante le lezioni o no vi faranno acquistare punti per la vostra casa e se violerete qualche regola ne verranno tolti. Alla fine dell’anno verrà conferita una coppa alla casa vincitrice.-
Si girò verso la porta della sala, da cui proveniva ancora del chiacchiericcio, ma meno intenso, e si rigirò di tre quarti verso di noi. Fece un mezzo sorriso e disse – Allora, siete pronti?- Senza aspettare una vera risposta spinse le ante del portone aprendolo al nostro passaggio. La sala era immensa e non feci caso alle persone che si erano voltate ad osservarci mentre attraversavamo tutta la stanza. Ero così concentrata ad osservarmi attorno che percepii solo minimamente la mano di mio fratello che si poggiò sulla mia spalla mentre gli passavo accanto. C’erano quattro lunghissimi tavoli che occupavano la sala, immaginai ognuno per dormitorio, in fondo invece, su di un rialzo, vi era un tavolo messo di traverso rispetto agli altri, attorno al quale erano seduti gli altri professori. Sempre sopra il rialzo, davanti al tavolo vi era uno sgabello con sopra un vecchio cappello rattoppato, che aveva l’aria imbronciata, per quanto un cappello possa averla ovviamente. Dopo aver osservato attentamente tutto, alzai lo sguardo e per poco non mi bloccai facendo inciampare e cadere quelli che mi seguivano. Il soffitto semplicemente non c’era. Era un cielo stellato immenso che lo ricopriva per intero e se non avessi visto l’altezza vera del castello, che doveva di sicuro avere molti piani al suo interno, avrei giurato che avessero veramente tolto la muratura superiore.
Ci misero in fila su di una panca ad aspettare il nostro turno, mentre la professoressa Sinistra si metteva accanto allo sgabello prendendo fuori una pergamena e aspettando. Cosa lo scoprimmo non più tardi di due minuti dopo quando una voce forte e rimbombante si diffuse per tutta la sala, partendo proprio dal cappello!
 
Or son mille anni, o forse più,
che l’ultimo punto cucito mi fu:
vivevano allor quattro maghi di fama,
che ancor oggi celebri ognuno qui chiama.
Il fier Grifondoro, di cupa brughiera,
e Corvonero beltà di scogliera,
e poi Tassorosso, signor di vallata,
e ancor Serpeverde, di tana infossata.
Un sol gran sogno li accomunava,
un solo progetto quei quattro animava:
creare una scuola, stregoni educare.
E Hogwarts insieme poteron fondare.
Ciascuno dei quattro una Casa guidava,
ciascuno valori diversi insegnava:
ognuno stimava diverse virtù
e quelle cercava di accrescere vieppiù.
E se Grifondoro il coraggio cercava
E il giovane mago più audace premiava,
per Corvonero una mente brillante
fu tosto la cosa davvero importante.
Chi poi nell’impegno trovava diletto
Del buon Tassorosso vinceva il rispetto,
e per Serpeverde la pura ambizione
contava assai più di ogni nobile azione.
I quattro, concordi, gli allievi diletti
Sceglievan secondo criteri corretti.
Ma un giorno si dissero: chi li spartirà
Quando ognuno di noi defunto sarà?
Così Grifondoro un modo trovava
E me dal suo capo veloce sfilava:
poi con i tre maghi una mente mi fece
capace di scegliere in loro vece.
E se sulle orecchie mi avete calato,
voi state pur certi, non ho mai sbagliato:
nelle vostre teste un’occhiata darò
e alla Casa giusta vi assegnerò!
 
Oltre allo stupore dovetti trattenermi dal ridere, perché era proprio buffo sentir uscire una voce così chiara da un cappello tanto malandato e soprattutto sentire dei versi in rima. Cercando di calmarmi, tornai a fissare la professoressa che adesso aveva alzato il cappello per la punta e aveva iniziato a chiamare uno ad uno i nomi in lista.
- Avery.- Chiamò e continuò così per un po’ di tempo. Il cappello ci metteva sempre poco tempo a decidere, ma con alcuni dovette ragionarci più attentamente, rimanendo sopra al capo della persona per quasi cinque minuti, per poi spulciare fuori tonante ‘Serpeverde’ o ‘Corvonero’, ‘Grifondoro’, ‘Tassorosso’.
Poi arrivò il mio turno e nonostante fossi stata calma fino a pochi secondi prima, alla chiamata – McKinnon.-  tremai e mi avvicinai piano alla professoressa. Quando mi poggio il cappello in testa, quasi mi rannicchiai su me stessa, timorosa di sapere la sentenza.
Mmmh, vediamo cosa abbiamo qui. Vedo molta creatività in te.’ Disse una voce che sembrava rimbombarmi direttamente in testa. ‘Poi vedo una mente brillante. Qui ho ben poco di cui ragionare. Esattamente come il fratello.’ Continuò mentre io pian piano prendevo coscienza di ciò che significava e lui gridava – Corvonero!-
Poi mi venne sfilato il cappello dalla testa e Sinistra gentilmente mi indicò il tavolo in cui mi dovevo andare a sedere. Mentre andavo verso di esso mi accorsi che una ragazza dai capelli rossi mi osservava un po’ triste dal suo tavolo, quello affianco al mio. Le sorrisi salutandola con la mano e lei fece altrettanto. Mi dispiaceva non essere nel suo stesso dormitorio, ma questo non ci impediva di essere amiche. Mi sedetti al mio tavolo aspettando pazientemente che lo smistamento finisse. Mio fratello si sporse dal fondo del tavolo, cercando di attirare la mia attenzione, alzando il pollice e facendomi l’occhiolino quando finalmente lo guardai. Alzai gli occhi al cielo sorridendo. Sarebbe stato un incubo nello stesso dormitorio con lui, ma mi faceva anche piacere avere accanto una persona conosciuta, che mi volesse bene.
 
In poco tempo riuscii a farmi degli amici, principalmente della mia stessa casa, ma passai molto tempo anche con Lily e Severus e altri loro amici. Lily era sempre molto premurosa verso di me e non mancava mai di rispondere a tono alle provocazioni di James e Sirius, quando li incontravamo lungo i corridoi o in altre stanze comuni del castello. Non essendo in dormitorio con loro, non osai neanche immaginare cosa poteva succedere in quella sala comune e sperai con tutto il cuore di non scoprirlo mai.
Presto mi legai profondamente a Emmeline Vance, mia compagna di casa e ormai migliore amica. Passavamo quasi tutto il tempo insieme e non ci stancavamo mai di farci compagnia anche nel tempo dedicato a sviluppare i nostri hobby. Mentre io disegnavo, lei suonava la sua amata chitarra o un qualsiasi altro strumento trovato chissà dove. Aveva un amore profondo per la musica, come io per l’arte visiva, riuscivamo a capirci come ben pochi altri potevano fare.
Come immaginato, mio fratello non perse tempo incominciando a prendermi in giro ad ogni occasione, ma io non mi facevo intimidire e rispondevo a tono, facendo ridere lui e i suoi amici. Era il suo modo per dimostrarmi affetto e io lo accettavo fio a un certo punto, dandogli indietro quel che si era meritato.
Arrivò così sabato 13 Ottobre. Non sapevo bene cosa aspettarmi, era la prima volta che assistevo a una partita di Quidditch ed ero molto emozionata. La partita sarebbe stata Grifondoro contro Serpeverde e a detta di tutti era quella più battuta e agguerrita, cosa che non fece altro che aumentare la mia curiosità.
Arrivai allo stadio con molto anticipo e mi sistemai insieme a Emmeline in prima fila. Fremevo così tanto che non riuscivo a stare ferma, nonostante la mia amica si lamentasse ogni due secondi perché facevo tremare tutto lo spalto.
In orario la partita iniziò e io fui ammaliata da tutti quei passaggi di palla, tiri a vuoto, volteggi e giri mortali con la scopa. Avevo sempre amato volare, ma a quelli del primo anno non era consentito portare una scopa a Hogwarts, così con grande rammarico avevo dovuto lasciare a casa quella che di solito mi prestava mio padre. Nell’osservare i giocatori destreggiarsi nei loro ruoli, non potei che ammirare l’armonia e l’equilibrio che li muoveva sul campo, una danza strana ma stupenda, che mi face innamorare al primo sguardo. La partita terminò e io mi trovai ad osservare una mano chiusa a pugno a pochi centimetri dal mio volto. Alzai lo sguardo e incrociai quello preoccupato di James Potter, che appena vide il sorriso che si andò allargando sul mio volto, alzò la mano in sego di vittoria, iniziando a fare il giro dello stadio trionfante. Mi unii alle ovazioni dei miei compagni urlando e saltando.
Osservai ancora una volta il campo e un brivido di eccitazione si impossessò di me nell’immaginarmi al posto di uno di quei giocatori. L’anno prossimo nessuna squadra avrebbe avuto scampo.










Angolo dell'autrice.
Allora questa è la mia prima FF su Harry Potter e spero vi piaccia, non so bene ancora cosa verrà fuori, ma visto che avevo la giusta ispirazioni ho deciso di iniziare a scrivere e pubblicare.
Dico solo che ci sono alcuna libertà che mi sono presa, data la scarsità di informazioni su alcuni personaggi, quindi non vogliatemi male.
La filastrocca del cappello parlante è una di quella già usate nei libri, perchè non avevo abbastanza inventiva per crearne una io XD quindi scusatemi.
Se dopo aver letto mi lasciate un commentino mi fareste un gran piacere, anche critiche costruttive, ovviamente, sono ben accette :)
A presto.
  
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