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Autore: ViolaNera    18/11/2013    6 recensioni
Gli sfila la lettera dalle dita e la nasconde dietro la schiena come un bambino, il volto paonazzo.
«Non dovevi guardarla, Haru!», si agita.
Haruka è molto tranquillo, il perfetto opposto dell'altro. Lo scruta dal basso, le braccia finite penzoloni lungo i fianchi, e inclina appena la testa.
«Non avevo finito, Makoto. Posso riaverla?»
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Haruka Nanase, Makoto Tachibana
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sera che precede il compleanno di Makoto, Haruka si ferma a cena dai Tachibana come da tradizione ormai consolidata. Il giorno dopo c'è sempre molta confusione -specialmente a causa dei bambini- per preparare tutte le cose che al festeggiato piace di più mangiare, oltre alla gigantesca torta al cioccolato decorata -anche questo da tradizione- dalle abili mani di Haruka.

La sera prima è diventata abitudine condurre una specie di festeggiamento “privato”, tranquillo, con lui che è suo migliore amico dai tempi del bavaglino. Quell'anno il compleanno cade anche di domenica, quindi l'atmosfera sembra più festosa, se non altro perché nessuno deve alzarsi presto per correre da qualche parte.

Quando dopo la cena i due ragazzi terminano di dare una mano alla signora Tachibana e salgono insieme in camera (essendo riusciti a scrollarsi di dosso le due scimmiette urlanti), Makoto si dirige subito verso il letto e si lascia cadere lentamente a faccia ingiù con un profondo sospiro.

Haruka lo fissa per qualche secondo chiedendosi come riesca a starci tutto sopra il materasso. Si avvicina al borsone con dentro il pigiama e lancia un'occhiata rapida alla scrivania ordinata.

Un triangolino di carta bianco che spunta da sotto un romanzo attira la sua attenzione. Senza rifletterci troppo lo prende tra le mani, convinto sia una specie di tentativo di costruire un origami, ma quando lo apre si ritrova davanti la precisa calligrafia del suo migliore amico e gli occhi cominciano immediatamente a scorrere tra le righe del papiro.

Passano diversi minuti di totale silenzio; Makoto riemerge dalle pieghe morbide del copriletto e sembra aver riconquistato un po' di energia. Si volta per cercare con lo sguardo Haruka, troppo silenzioso e immobile, ma quando vede cos'ha tra le mani lancia un verso stridulo e rotola giù per accorrere con affanno.

Gli sfila la lettera dalle dita e la nasconde dietro la schiena come un bambino, il volto paonazzo.

«Non dovevi guardarla, Haru!», si agita.

Haruka è molto tranquillo, il perfetto opposto dell'altro. Lo scruta dal basso, le braccia finite penzoloni lungo i fianchi, e inclina appena la testa.

«Non avevo finito, Makoto. Posso riaverla?»

Tutto il sangue defluisce dal viso di Makoto e le labbra si schiudono dandogli un'espressione quasi ebete. Immediatamente dopo il rossore torna ad aggredirlo violentemente, mentre tremando e balbettando fa un cenno di diniego e la caccia dentro il cassetto.

«Non... non è da leggere.»

«Era per me.»

Makoto guarda ovunque tranne lui, le gambe che decidono di portarlo di nuovo verso il letto, dove si siede e raccoglie le mani in grembo, lo sguardo basso e mortificato.

«Dovevo nasconderla meglio. Anzi, non dovevo proprio scriverla.»

Il ragazzo sospira e si tortura le dita. Sono dita lunghe su mani grandissime e fa un certo effetto vedere uno alto e ben strutturato come lui che cerca quasi di rannicchiarsi e sparire dal mondo.

Haruka si avvicina dopo qualche secondo di silenzio denso, carico del disagio del suo amico, e va a sederglisi accanto, perché Makoto è sempre il posto più caldo dentro una stanza.

«Le ragazze ogni tanto mi scrivono delle lettere piene di frasi dolci e anche se le respingo sono contente di avermi fatto sapere quello che provano. Mi sembrava davvero un comportamento strano, ma ho cominciato a pensare che se mettere su carta i sentimenti può davvero far sentire meglio una persona, a-allora...»

Lo sbircia appena, veloce, deglutendo prima di terminare.

«... dovevo provarci.»

«Stai male, Makoto?»

La mano di Haruka si solleva, chiara contro i capelli castani dell'amico d'infanzia. Gli accarezza la testa con manovre lentissime e quasi timorose, ma la sua voce non trema e il braccio è sicuro.

«Non pensare a me», dichiara, facendosi ancora più piccolo. «Hai letto quelle frasi tremende, ho paura che tu non stia bene.»

Riprendono a guardarsi, a lungo e in silenzio. Questa volta, anche se ha le guance pericolosamente color mattone, non tenta di sfuggirgli.

La sua mano è ancora sulla testa di Makoto, docile come stesse coccolando un gattino randagio che deve fidarsi prima di volersi avvicinare davvero.

«Vuoi ancora dormire qui, Haru?»

L'altro rimane tranquillo e non dice nulla finché non decide di alzarsi e indicare semplicemente il piumone. «Voglio dormire vicino a Makoto come quando eravamo piccoli.»

Il volto di Makoto è ancora molto arrossato dalla vergogna, ma il sorriso che gli offre è uno dei più teneri. Gli tende la mano e si fa aiutare a tornare in piedi, quindi lascia che Haruka entri nel letto e si allontana brevemente solo per indossare il suo pigiama e prendersi qualche minuto per calmare il battito furioso del cuore.

Ha scritto quella lettera per lui, mettendoci dentro tutte le frasi più sciocche e romantiche che l'amore, da sfogare in qualche modo, gli suggeriva. Pensieri, desideri, speranze per il futuro, tutto quello che avrebbe voluto potergli dire a parole, tutto quello che vorrebbe fare e che non si può permettere, come stringerlo tanto forte da diventare imbarazzante per entrambi.

Non aveva messo in conto di fargliela leggere sul serio e aveva quasi dimenticato di averla lasciata così in vista: era una lettera indirizzata ad Haruka, ma non era destinata ai suoi occhi.

Torna vicino al letto e si infila dentro con lui, sussultando di sorpresa quando viene placcato in modo imprevisto. La testa di Haruka si preme sullo sterno con forza.

Con le braccia sollevate, Makoto sembra smarrito, ma poi, lentamente, le appoggia alla sua schiena e si assicura che sia sotto le coperte.

«Domani è il tuo compleanno.»

Makoto chiude gli occhi e fa un piccolo cenno con la testa.

«Credevo che quando è il compleanno di qualcuno è la persona celebrata che riceve dei regali, Makoto.»

Il ragazzo corruga delicatamente la fronte, posando il palmo sulla nuca dell'amico che gli sta premuto addosso come fosse diventato uno scoglio in mezzo all'oceano in tempesta.

Crede che faccia così per dimostrargli che è importante, che ci tiene davvero molto a lui, anche se non provano le stesse cose e quel rapporto di fiducia non può evolvere ulteriormente.

Per quell'ultima affermazione, invece, non riesce a capire dove voglia arrivare, ma sembra che le braccia di Haruka siano diventate molto più possessive e che tutto il suo corpo, dalla postura alla fermezza della stretta nella quale l'ha intrappolato, voglia dirgli qualcosa che a parole non riesce a fare.

«Non mi pare che le cose siano cambiate», risponde incerto.

La faccia di Haruka sparisce tra le stelle marine e i cavallucci verdi del pigiama che indossa Makoto, il quale ha ormai le guance in fiamme mentre si dice che sicuramente il battito del proprio cuore gli sta assordando l'orecchio.

È per questo che si stringe così? Lo incuriosisce ascoltare quel fracasso?

«Però non è il mio compleanno.»

Makoto comprende cosa stia cercando di dirgli e sente gli occhi pizzicare.

No, non lo incuriosisce né diverte. Il battito del suo cuore lo emoziona, ecco perché lo sta cercando.

«Era una bella lettera, Haru?», sussurra con voce spezzata.

«Era una bella lettera, Makoto. Scrivimene altre.»

Si sposta verso l'alto per cercare gli occhi del migliore amico alla luce della lampada sul comodino. Ora sono socchiusi, intenti a osservarlo di rimando con una dolcezza indescrivibile che vale più di ogni dichiarazione, scritta o sussurrata. Non sono mai esistiti termini appropriati per rendere giustizia alle espressioni amorevoli che gli rivolge ogni giorno.

La mano di Makoto si solleva e con due dita gli sfiora la guancia, accorgendosi di come improvvisamente quel blu speciale stia brillando senza avergli nominato alcuna fonte d'acqua.

«Se non ti dà fastidio che...»

Senza sbattere le palpebre, Haruka prende la sua mano e se la preme completamente sul viso.

«Mi ami.»

Si gode il suo rossore, visibile anche con quella luce tenue. Dev'esserci qualcosa di contagioso nel suo imbarazzo -o forse si rende conto a scoppio ritardato di aver detto qualcosa di fortemente destabilizzante-, perché entrambi finiscono per assomigliare a due budini alla ciliegia.

«Voglio amarti anch'io.»

Haruka abbassa all'istante lo sguardo e sprofonda nella sua spalla, il naso alla ricerca del profumo che conosce tanto bene.

«Sarebbe un regalo troppo grande», sorride l'altro, non smettendo un istante di accarezzarlo.

Sono così vicini, adesso, che è difficile stabilire con esattezza quale sia il cuore che fa più confusione o quali siano le gambe che per prime hanno deciso di creare un intreccio con le altre.

Haruka chiude gli occhi e sposta il viso per sfiorargli il collo con le labbra.

«Buon compleanno, Makoto.»








-Angolo Autrice-


A qualcuno verrà un colpo vedendo che ho pubblicato una storia (anche se in un altro fandom), ma prima di tutto sentivo il bisogno fisico di dare amore pubblico a questa coppia chuosa e poi... mah, sono istintiva? :)


La dedico a Amy, perché le servono cose carine da leggere (e noi tutte/i dobbiamo gridare quotidianamente.)


Addio~

   
 
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