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Autore: bibersell    18/11/2013    13 recensioni
Annabelle è una ragazza che ama trascorrere le sue giornate alla stazione.
Osserva i passeggeri di quei treni ormai rotti e pieni di scritte ed immagina le loro storie.
La storia di un bambino o di un'anziana signora con il viso segnato dall'età.
Quella di una ragazzo, al quale la vita ha voltato le spalle.
Ma più dolorosa sarà la battaglia, più grande sarà il trionfo.
Una storia d'amore fuori dal comune.
Due ragazzi ai poli apposti della Terra.
Un amore che sboccerà fermata dopo fermata.
STORIA IN REVESIONE. I PRIMI CAPITOLI SONO DA MODIFICARE.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Underground


Annabelle's point of view.

Il marmo sotto di me era freddo come sempre.
Il vento di dicembre colpiva il mio volto.

Natale si stava avvicinando.

Tutto di quel posto mi era familiare, anche quelle scale in marmo bianco liscio.
Ormai trascorrevo più tempo in quella stazione che a casa, sempre se quel luogo si potesse definire tale.
Perfino la sigaretta che avevo in mano mi era più familiare.

Espirai ed una nuvoletta di fumo uscì dalle mie labbra.
Una nuvola di fumo e di condensa.

Mi avvolsi nel mio sciarpone di lana nero.

Quel giorno faceva particolarmente freddo.
Ma io sentivo freddo dentro, nell'anima.

Mi portai la sigaretta alle labbra ed inspirai.

Lasciai che la nicotina inebriasse i miei polmoni.

Amavo passare le ore della giornata alla stazione; guardare tante persone entrare ed uscire dal treno e pensare alla loro storia: ecco una coppia di innamorati che litiga, più in là una ragazza che cerca disperatamente qualcosa, forse l’amore, l’amicizia, la felicità … dietro l’angolo un bambino con un signore anziano, probabilmente il nonno.
Adoro pensare alle vita degli altri lasciando che la mia mi scivoli addosso.
Ma c'erano anche molti volti conosciuti: il ragazzo che vendeva i biglietti, la ragazza al casello che controlla i movimenti di coloro che popolavono la stazione. ..poi c'era chi cercava di tirare avanti vendendo tutto ciò che trovava.
Vendevano ombrelli, cose di bigiotteria, borse false e tutto quello che riuscivano a trovare.
Le persone che dormivano in quella stazione era davvero tante. Si stendevano vicino alle porte d'ingresso cercandosi di farsi calore con i cartoni.

Presi la borsa nera e portati la tracolla alla spalla, mi alzai sistemando i jeans scuri lungo le gambe e mi incamminai verso una strada che di familiare non aveva nulla.
Camminavo verso quel luogo in cui avrei dovuto trovare conforto e calore.
Un posto straboccante di amore.
Ma non era così.

Allargai il nodo della sciarpa.

Camminando il mio corpo si era riscaldato, ma non la mia anima.

Il cielo era scuro nonostante fossero solo le sei del pomeriggio.
Si poteva già scorgere la luna. Quella sera aveva alcune zone scure causate dalle nuvole.
Domani avrebbe piovuto o nevicato.
A Chicago il tempo era così rigido, soprattutto nel periodo natalizio in cui nevicava sempre.

Passai davanti un negozio che vendeva alberi di natale.
C’erano tanti pini verdi, erano così belli. Qualcuno aveva anche qualche punta schizzata di bianco.
Il mio sguardo si soffermò su una bambina che saltellava gridando a gran voce il nome del padre.
Indossava un delizioso cappottino rosso da cui uscivano una paio di piccole gambine fasciate da calzamaglie panna.
I biondi ricci svolazzavano da ogni parte a causa del vendo e i suoi saltelli gioiosi. Voleva che suo padre comprasse l’albero che le piaceva.
Il Natale era un periodo così bello. Sapeva di famiglia.
Era il periodo in cui la mia anima sentiva più freddo.
Era il periodo in cui sentivo la mancanza di quel sapore che aromatizzava ogni piatto, che c’era in ogni ricetta.


Bussai al citofono di casa e dopo qualche minuto il cancello si aprì.
Non c’era bisogno di chiedere chi fosse, i domestici lo vedevano dalle telecamere.
Varcai il cancello e mi incamminai lungo il viale.

In sottofondo si sentiva il rumore degli irrigatori nel giardino.
Sulla porta c’era un’enorme ghirlanda decorata con delle palline natalizie rosse.
Era di dimensioni esorbitanti, ogni anno una ghirlanda nuova e ogni anno sempre più grande.
Salii i gradini che mi separavano dall’ingresso, mi pulii le scarpe sul tappetino anch’esso natalizio e rigorosamente rosso.
Il disegno di un vecchio signore che sarebbe dovuto essere Babbo Natale ricopriva i tre quarti del tappeto.

Entrai in casa.

Maria, la domestica, stava decorando casa con i nuovi addobbi.
Sarebbe stata sicuramente una casa stupenda con tutti i decori e sarebbe stata più fredda del solito.
Agli occhi degli altolocati amici dei miei genitori sarebbe stata anche quest’anno la casa dei sogni che tutti dovrebbero avere.

-Maria, io vado in camera mia- urlai salendo le scale che portavano al piano di sopra e alla mia stanza.
Girai il pomello dorato ed entrai in camera.
Quelle pareti bianche adornate con poster di band rock che nemmeno conoscevo, che avevo messo solo per far somigliare la mia stanza ad una camera normale, mi rassicurarono.
Posai la borsa sul letto rifatto da Maria, mi levai le scarpe con un gesto deciso e le gettai alla rinfusa nella stanza.
Mi stesi sul letto a petto in su e chiusi gli occhi.
Nemmeno quel giorno i miei erano a casa.
Probabilmente si erano intrattenuti in azienda. I miei genitori erano i proprietari di una delle aziende più conosciute di Chicago.
Il lavoro era tutto la loro vita, anche quando stavano a casa lavoravano.
Erano brave persone, ma non erano riusciti a creare una vera famiglia.
Sono cresciuta con tate diverse, in paesi diversi.
I primi otto anni della mia vita li ho trascorsi a Chicago. Fino a quattordici anni siamo stati in Cina, poi due anni e mezzo a Berlino e da qualche mese siamo ritornati nel paese natale anche se non lo sento come mio.
Credo che siano le persone e i ricordi a rendere una città tua e qui non avevo nessuno.
L'unica persona che lavorava per i miei da quando ero piccola era Maria.
Per me era come una madre e io ero la figlia che non aveva mai avuto.
Bussarono alla porta e una donna dai capelli scuri legati in una coda e con un vestito blu entrò:
- Annabelle quante volte ti devo dire che devi posare le scarpe fuori la porta?-.
-Lo so Maria, scusami-. Risposi alzandomi dal letto. -I miei tra quanto tornano?-.
- Hanno avuto un contrattempo in azienda, credo che torneranno stasera quando tu già dovresti dormire-. Rispose prendendo le scarpe e portandole all'esterno della camera.
- Si cena tra mezz'ora-. Continuò Maria uscendo dalla stanza.
-E anche stasera si mangia da sola-. Sussurrai una volta che la porta fu richiusa.
Infilai le pantofole ai piedi ed uscii dalla stanza ed entrai in bagno.
Mi levai i vestiti e li posai nella cesta per il bucato.
Feci scorrere le ante della doccia ed aprii l'acqua calda. Mi lavai lasciandomi riscaldate dal getto d'acqua.
Uscendo mi avvolsi nell'accappatoio di panno giallo.
Non mi era mai piaciuto quel colore e faceva a pugni con il colorito chiaro della mia carnagione.
Non amavo i colori forti ed accesi, quelli erano per persone allegre e non vuote come me.
Asciugai i lunghi capelli neri ed applicai delle gocce per capelli sfibrati sulla frangetta.
Tornai in camera da letto richiudendomi la porta alle spalle e aprendo l'armadio.
Tirai fuori un pigiama in cotone; il mio preferito.
Il pantalone era bianco e con delle righe rosse mentre la maglia era sempre rossa e con un gattino in lana bianca.
Legai i capelli in una coda di cavallo e scesi in cucina.
Non c'era nessuno.
Il tavolo rotondo in vetro era apparecchiato con in fumante piatto di pasta al forno.
La specialità di Maria.
Mi sedetti e fissai davanti a me. Notai che una piccola campanellina bianca con una stella di natale disegnata era stata postata sulla mensola del camino.
L'avevo fatto alle elementari, era stato uno dei miei primi lavoretti scolastici.
Maria entrò in sala.
Questa volta indossava un paio di pantaloni neri ed una camicia verde scuro.
- Annabelle io vado a casa. Stasera rimane Paolo qui. I tuoi non hanno chiamato ma torneranno dopo mezza notte. Mangia tutta la pasta e vai a dormire, non rimanere sveglia fino a tardi-. Disse con tono estremamente premuroso.
-Va bene Maria. Ci vediamo domani-.
Uscì dalla stanza e dopo qualche minuto sentii il rumore della porta di casa che si richiudeva.
Il silenzio era piombato intorno a me.
In casa c'eravamo solo io e Paolo o come lo chiamavo io Nick.
Era il guardiano della villa, come la guardia del corpo di quell'enorme casa in cui non c'era mai nessuno.
Solo nelle festività straboccava di gente.
Finii il pasto ed andai in camera al piano di sopra.
Controllai l'orario e vidi che erano le otto di sera.
Mi stesi sul letto ed accesi la televisione.
Vidi qualche programma da quattro soldi e poi un film.
Ricontrollai l'ora.
L'orologio digitale sul comodino segnava le 23:34.
Mi rigirai nel letto alla ricerca del sonno che non arrivava.
Il giorno dopo sarei andata a scuola. Mi aspettavano due ore di greco. Probabilmente avrebbe anche portato i compiti in classe che avevamo fatto circa una settimana e mezzo prima.
L'orologio segnava le 00:08.
Presi il cellulare e giocai con quei pochi giochi che avevo.
Soltanto quando sentii il rumore della porta aprirsi e poi richiudersi potei addormentarmi.
I miei genitori erano arrivati e l'orologio segnava le 01:47.


 
Salve.
Ed eccomi qui con la mia seconda fanfiction, sono ritornata ad annoiarvi con le mie storie che fanno letteralmente pena.
Nonostante ciò spero che qualcuno le apprezi lo stesso.
E' inutile dire che mi farebbe piace qualche recensione.
Cercherò di aggiornare il prima possibile la storia e di fare i capitoli più lunghi possibili.
In questo capitolo c'è solo la nostra protagonista Annabelle che ci parla della sua storia.
Forse l'inizio può sembrare quello di una qualsiasi storia, ma credetemi, il ruolo di Justin sarà spettacolare. Almeno io non ho mai letto nulla di simile.
Spero con tutto il cuore che vi piaccia, ma se non è così non fa nulla. Io mi sono divertita a scrivere questo capitolo.
Se avete qualche critica da fare, fatela, senza problemi. Le critiche sono solo costruttive, non fanno mai male.
Adesso vi lascio.
Un bacio
-bibersell
  
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