Storie originali > Drammatico
Ricorda la storia  |      
Autore: Vitalis    18/11/2013    2 recensioni
Un legame che trasforma un'amicizia in una storia d' amore bellissima. Una fine drammatica unisce per sempre la protagonista e il suo amato; i due riescono a coronare il sogno di rimanere insieme nel più tragico dei modi.
Genere: Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
An angel to fly
 
 
“Mai dire mai”, “per avere ciò che vuoi basta lottare”, sono tutte belle frasi. Nessuno però, pensa a  quanto possano fare soffrire. Sì, fanno soffrire perché la verità fa male, fa male continuare ad aggrapparsi ai sogni, alle inutile speranze, fa male non poter dire basta, fa male sapere che tutto dipende da te e dalla tua voglia di lottare contro tutto e soprattutto, tutti. Ma, c’ è una domanda fondamentale che tutti dovremmo porci: per chi o cosa vale veramente la pena di soffrire, piangere, ridere, andare fino in fondo, impegnarsi e lottare???
Mi sono sempre posta questa domanda e, da un po’ di mesi a questa parte ho trovato una risposta. Questa risposta ha 17 anni, si è trasferito da poco a Palermo e nella mia scuola, ha sempre vissuto a Manchester, parla perfettamente Inglese e Italiano, ha gli occhi turchesi e profondi come il mare nelle più belle giornate d’ agosto, i capelli castani, e la pelle chiara che ricopre il suo fisico asciutto, facendo così risaltare la sua figura alta e slanciata. Questa risposta si chiama Ian.
 Il primo giorno che lo vidi entrare a scuola ero seduta al tavolino del bar con Ivan, il mio migliore amico, colui che mi accompagna in ogni follia, mi sostiene e mi scolta sempre, colui che riesce ad essere protettivo e geloso come un fratello, ma allo stesso tempo fedele e comprensivo come un amico; quando Ian mi passò accanto per entrare a scuola, mi resi subito conto di quanto fosse bello e chiamai immediatamente la mia migliore amica per raccontarle del ragazzo nuovo, naturalmente allontanandomi da Ivan dicendogli che mia mamma mi stava chiamando.
-Pronto Cla? Sto arrivando, c’ è un po’ di traffico, cinque minuti e sono da te, ci vediamo al bar ?
-Ehy Mag…. Tranquilla, ti volevo dire che a scuola c’ è un nuovo ragazzo, ed è anche molto bello!
-Come fai a sapere che viene a scuola nostra?
-Ha i libri di greco in mano e sta parlando con quella di latino…..
-... Capito, speriamo sia in classe con noi!! Ma ci hai parlato ???
-Mi sembra un po’ grande per stare in classe con noi Mag; comunque no, l’ ho appena visto… Ci vediamo tra un po’ al bar che se no Ivan mi viene a prendere di peso, a dopo amore!
-Ahahahahah salutamelo !!! A dopo …
Dopo questa telefonata tutto cambiò. La professoressa di latino mi chiese di far fare un giro della scuola Ian e durante quel “tour” parlammo molto, fu la nostra prima conversazione, ricordo ancora che parlammo dello strano accento della prof o dei suoi strani vocaboli, quella fu la prima di una lunga serie di conversazioni che mi hanno fatta illudere di contare qualcosa per lui.
Mi ero veramente innamorata, per la prima volta sentivo che non mi stavo sbagliando, sentivo che lui e solo lui avrebbe potuto uccidermi con una sua carezza, avrebbe potuto annegarmi in un suo abbraccio, avrebbe potuto soffocarmi con un bacio ma, allo stesso tempo, con un suo semplice sguardo avrebbe potuto salvarmi e darmi la forza di sopportare ogni cosa. La mia vita ormai dipendeva dalla sua, cercavo di andare negli stessi posti dove andava lui, fare le stesse amicizie, ascoltare la sua stessa musica e guardare i suoi stessi film, ormai con le mie amiche non  parlavo d’ altro, ero felicissima perché più lo conoscevo e più me ne innamoravo, ma sentivo Ivan sempre più lontano e questo mi distruggeva, sentivo che senza di lui non avrei potuto continuare a fare quello che facevo. Ivan era un punto fermo, la mia roccia, colui che mi tende la mano e mi trascina fuori dal buco nero in cui sprofondo quando mi stanco di lottare, quando mi stanco di continuare ad andare dietro a qualcuno che per caso sa il mio nome, quando capisco che Ian non potrebbe mai innamorarsi di una come me, Ivan è quello che mi ripete che devo rimanere così come sono e non devo cambiare per piacere a uno che non mi merita, che devo essere me stessa e non una di quelle galline che corrono dietro al nuovo arrivato. Ivan è Ivan e a lui non potrei mai rinunciare, è il mio perfetto migliore amico e lo sarà per sempre, mi ripetevo.
Ormai ero distrutta, la notte non dormivo più perché ero tormentata dalla paura di perdere Ivan e dalla consapevolezza di essere solo “una delle tante illuse” per Ian e avevo praticamente smesso di mangiare per gli stessi motivi; Ivan era stato uno dei pochi ad accorgersi del mio “quasi digiuno costante” e spesso litigavamo per questo, ma non avevo il coraggio di dirgli  la verità, non riuscivo a dirgli che non mangiavo più perché sentivo che lo stavo perdendo, temevo che dicendoglielo sarebbe scomparso definitivamente dalla mia vita. Ma tutto una mattina improvvisamente cambiò, la mia vita venne stravolta, quel “mai dire mai” trovò conferma nella forza di lottare di qualcun’ altro.
Quella mattina ero distrutta, non avevo dormito neanche qualche minuto e i morsi della fame stavano uccidendo il mio stomaco, uscii di casa mettendo qualche libro a caso nello zaino, il mal di testa mi impediva di aprire semplicemente gli occhi, figuriamoci se mi avrebbe permesso di leggere i titoli dei libri; presi le cuffie e iniziai a sentire della musica, mi ricordo che era una canzone molto triste che mi fece pensare subito a Ian e istintivamente presi il telefono per vedere se fosse arrivato qualche messaggio, ma l’ unica cosa che vidi fu il mio irreparabile ritardo, dovevo sbrigarmi e l’ autobus non passava, quindi decisi di andare a piedi, nonostante scuola fosse molto lontana da casa mia. Quando fui abbastanza lontana da non poter più tornare dietro iniziò a piovere, le gocce d’ acqua erano corpose e moltissime ma, mi accorsi che era scoppiato un temporale per il rumore dei tuoni e per la grande quantità d’acqua che all’ improvviso mi circondò; non sentivo quelle grosse gocce solcarmi il viso perché già quel compito lo svolgevano le ennesime lacrime  
che versavo per Ian, quella era solo altra acqua che mi bagnava. Mi fermai per qualche secondo, mi sentivo disorientata, appena capii che cosa stesse succedendo cercai l’ ombrello nello zaino, ma ovviamente lo avevo lasciato a casa, non sapevo che fare, riflettei per qualche secondo e decisi di continuare a camminare; continuavo a piangere, sentivo freddo ma, non so neanche perché, ero felice di sentire la pioggia, mi era sempre piaciuto quel soave rumore ma mi facevano paura i tuoni e Ivan lo sapeva, per questo ogni volta che pioveva mi chiamava e stavamo al telefono finchè il temporale non fosse finito, ma quella mattina non mi aveva chiamata e pensai che fosse già in classe. Mentre camminavo non mi accorsi della fine del marciapiede e così scivolai, finii in una pozza d’ acqua, una poltiglia di fango e foglie secche,sbattei fortemente il collo e mi feci male alla caviglia; mi sentii mancare per qualche  secondo e, quando mi sentii “meglio” allungai la mano e mi toccai il collo per vedere se stesse uscendo sangue, fortunatamente era tutto a posto ma non riuscivo ad alzarmi, speravo con tutta me stessa che in quel momento passasse qualcuno, una macchina, un passante, qualcuno che potesse aiutarmi. Ancora una volta mi ero ritrovata sola, ancora una volta ero caduta, stavolta per davvero, in una fossa dalla quale non riuscivo ad uscire e nessuno mi poteva aiutare, ero circondata ancora una volta dal dolore, volevo solo lasciarmi andare e sperare di trovare un modo per fare finire tutto questo il prima possibile, quando sentii il rumore di una macchina, e ancora una volta, trovai la sua mano tesa verso di me, pronta ad aiutarmi e a salvarmi per l’ ennesima volta. Sapevo che quella mano, avvolta da una pelle candida come la neve, apparteneva a Ivan, era lì e mi stava salvando di nuovo, quando piegò il busto in avanti riuscii a scorgere i suoi ricci castano scuro che ondeggiavano sotto la pioggia e il vento, vidi anche i suoi occhi marroni, profondi, misteriosi, occhi impenetrabili ma così sinceri che mi avevano sempre affascinata. Cercai di alzarmi ma sentii subito un dolore pazzesco al collo e caddi di nuovo, Ivan mi prese la mano e disse sorridendo ironicamente:
- Ciao…. Mmmmm… Visto che bella giornata?!
- Ivan, per favore, vattene…. Oggi non le reggo le tue cavolate…
- Dai, ti voglio aiutare, stringi la mia mano, aggrappati a me.- dicendo queste parole mi fisso intensamente, come se me lo stesse ordinando, poi piegando le ginocchia, aggiunse- Asciugati le lacrime adesso ci sono io qui con te.
- Ivan  hai la maglietta bianca, te la ridurrò uno schifo, sto bene, vai farai tardi.- mi aveva lasciata senza parole, sapeva cosa stessi provando e cercava ancora di aiutarmi.
Non disse più nulla, si alzò con un espressione arrabbiata sul volto e mi sollevò senza dir nulla, mi strinse forte a se e senza darmi la possibilità di parlare, mi asciugò le lacrime e mi portò in macchina tenendomi in braccio. In quel momento mi sono sentita vuota, avevo smesso di pensare a Ian e, guardando Ivan mentre guidava, non riuscivo più a capire chi era, vedevo in lui il mio angelo custode, il mio migliore amico e, adesso provavo anche qualcos’altro, ma mi rifiutavo di credere che fosse amore. Appena saliti in macchina accese l’aria condizionata per farmi riscaldare e mi diede il suo giubbotto di pelle marrone, poi accese il motore e ironicamente, già prendendo quella strada, mi chiese se volessi andare a casa o da qualche altra parte; Ivan era così, riesce sempre a strapparmi un sorriso. Quando fummo arrivati sotto casa mia cominciammo di nuovo a parlare:
-Mmmm… Cla vedo che le tue doti canore migliorano sempre più!!!!- disse ironicamente.
-Dai!!!! Non mi prendere in giro !! Mi sono anche fatta male!!! Poi non è che tu canti tanto meglio!!! –  risposi ridendo .
-Va bene, dai…. Su c’è qualcuno?
-No, mia mamma è fuori ma ho le chiavi tranquillo, e scusa se ti ho fatto fare tardi a scuola!!! – dissi scendendo dalla macchina.
-Ok, tanto oggi non volevo entrare. Poi mi chiami ??? –mi chiese ridendo.
-Tu non cambi mai eh… -risposi accennando a un si con la testa .
Di solito Ivan aspettava sempre che entrassi anche nel secondo portone prima  di andarsene, ma stavolta se ne andò subito. Quando fui a casa mi feci subito una doccia calda e chiamai mia mamma per raccontarle ciò che era successo ma non riuscii a rintracciarla, e allora mi misi un paio di jeans e una maglietta per scendere a vedere se la macchina di mio fratello fosse parcheggiata nel piazzale ma, dato che sentivo ancora un dolore lancinante praticamente ovunque, decisi di riposarmi un po’ e chiamare Ivan.
-Pronto piccola… - rispose piuttosto agitato.
-Ola, è successo qualcosa ?? – chiesi preoccupata.
-Veramente si, ti devo chiedere una cosa …-disse esitando qualche istante.
-Dimmi dai! – risposi quasi implorandolo.
-Scendi ? –disse con tono secco.
-Dove?
-Giù, sono sotto casa tua … partiamo.
-Va bene. – risposi così, senza pensarci un secondo, sapendo che quella sarebbe stata la scelta giusta.
Quando scesi vidi che era venuto con la moto e che non aveva nemmeno una borsa, era proprio come me, solo con il cellulare e il portafoglio. Mi guardo dritto negli occhi e mi baciò.
-Dove andiamo ??- mi chiese ridendo.
-Ovunque tu voglia, basta che rimaniamo insieme Ivan…. –risposi ridendo.
Mi sorrise di nuovo e mi diede il secondo casco, quello che ormai da alcuni anni era diventato il mio, e salimmo sulla moto e partimmo, partimmo verso la nostra isola che non c’è, per rimanere sempre bambini, per imparare a volare, per ricominciare a sognare e a credere nella vita.
Mentre guidava, in autostrada, si girò per guardarmi ed in quel momento una macchina, a tutta velocità incurante della nostra presenza ci venne a dosso;queste sono le ultime cose che vedo, Ivan e io sbalzati giù dalla moto e un dolore lancinante. Le teste scivolano fuori dai caschi, ci guardiamo intensamente, riusciamo a prenderci le mani, consapevoli che questi sono i nostri ultimi istanti di vita, cerchiamo per quanto sia possibile di trascorrerli uniti, cercando di combattere il dolore che ci sta uccidendo; Ivan con le ultime forza che li rimangono si trascina vicino a me, mi stringe debolmente e i sussurra quelle che sono le sue ultime parole, mentre io guardo la vita abbandonare il suo giovane corpo:
Amore, voglio che tu sappia che ti amo, che ti ho sempre amata, voglio che tu sappia che sei stata la cosa migliore della mia vita,e che anche questa volta ti asciugo le lacrime perché c’è un lato positivo. Adesso le nostre anime staranno  insieme per l’ eternità.
Vedo i  suoi occhi lucenti pian piano abbandonati dalla vita,sento il suo cuore smettere di battere e il mio che rallentare i suoi battiti; so che questi sono stati i miei ultimi istanti di vita, ma Ivan era riuscito di nuovo a salvarmi. Solo in questi secondi fatali mi resi conto che era solo lui quello che
 avrebbe potuto uccidermi con una sua carezza, avrebbe potuto annegarmi in un suo abbraccio, avrebbe potuto soffocarmi con un bacio ma, allo stesso tempo, con un suo semplice sguardo avrebbe potuto salvarmi e darmi la forza di sopportare ogni cosa. Così, sto morendo lasciando la vita per l’amore.
Ivan, amore, stiamo andando nella nostra isola che non c’è , aspettami sono qui con te, angelo mio grazie per avermi fatto volare.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Drammatico / Vai alla pagina dell'autore: Vitalis