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Autore: wordsaredeadlythings    22/11/2013    3 recensioni
« Ce la fai. » mormorò, mentre Brian appoggiava la testa sulla sua spalla. « Ce la faremo. »
« Esatto » affermò Zacky, sedendosi al fianco di Brian e passandogli un braccio lungo le spalle. Johnny si sistemò accanto a Matt.
E rimasero così. Mentre Brian piangeva, Zacky stringeva i denti.
Rimasero così, a resistere. A farcela.
Perché non ti resta nient’altro, dopo la morte.
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Synyster Gates, The Rev, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Time of our lives.

 
 
It's hard to walk away from the best of days
But if it has to end, I'm glad you have been my friend
In the time of our lives

[Time of our lives, Tyrone Wells]

 


{28/12/2009}
 
 
« ..Pronto? »
« Brian. »
« Matt, che cazzo, sono le cinque di mattina, lo sai che a quest’ora sto dormendo! »
« … »
« …Mi chiami per stare zitto? »
« Devi… Devi venire qui, amico. »
« Qui dove? »
« A.. A casa di.. di Jimmy. »
« E’ successo qualcosa? »
Silenzio, dall’altra parte della cornetta.
« Matt? Mi stai facendo preoccupare. »
« V-Vieni e basta, okay? Poi… poi capirai. »
« Okay. Arrivo. »
 
{02/12/2010}
 
 
Brian sapeva che prima o poi sarebbe successo. Ovvio, non sarebbero mai rimasti giovani e vivi in eterno, no? E di certo non erano vampiri, quindi Brian sapeva, lui sapeva che sarebbe successo.
Ma non così. Solo, non così.
Non parlava con i ragazzi da quando Matt lo aveva chiamato alle cinque di mattina. C’era un momento, quando Brian apriva gli occhi, in cui tutto era così confuso che quasi si dimenticava cos’era successo. E per un secondo viveva nella menzogna che fosse tutto come prima.
Ma poi ricordava. Ed era come ricevere quella chiamata, sentire la voce di Matt confusa e sbigottita, quasi non riuscisse a crederci. Era come sentirsi dire di nuovo “E’.. se n’è andato”. Come vedere nuovamente Matt seduto su una sedia di plastica offerta dai paramedici a piangere, in silenzio, con gli occhi puntati sul cemento della strada, perché il cielo no, non lo avrebbe guardato più per un po’.
Brian, semplicemente, non ci riusciva. Ogni tanto sentiva il suo telefono squillare, ma non rispondeva mai, perché lui sapeva che se avesse sentito anche solo una delle voci dei ragazzi, sarebbe crollato. Michelle aveva cercato in ogni modo di tirarlo fuori dallo scantinato nel quale si era rinchiuso, ma non c’era riuscita, e forse anche lei sapeva che non ci sarebbe riuscita.
Certe volte Brian prendeva il telefono e cercava il suo numero in rubrica. E lo chiamava, anche se sapeva che non avrebbe risposto, nonostante gli squilli, nonostante tutto.
« Ehy. » borbottò Brian, sdraiato sul divano ormai distrutto, proveniente da un passato nel quale tutto era fottutamente semplice e perfetto. « Ehy, sono… sono io. Niente, è che sono.. sono ubriaco. Senza di te, già. La prossima volta ci ubriachiamo insieme, ti va? »
Brian avrebbe voluto piangere, solo, non ci riusciva.
Perché se lo avesse fatto, lo avrebbe ammesso. Che era successo. Che Jim non avrebbe risposto più.
 
 
{06/01/2010}
 
Quel completo nero gli ricordava così tanto il video di Sieze The Day che quasi gli scappò un sorriso, nel pensarci. Annodò la cravatta in silenzio, guardandosi allo specchio con aria persa.
Stentava a riconoscersi da un po’, ormai. Era come se ci fosse qualcosa di lui profondamente diversa da prima, qualcosa che si era rotto, e che quindi gli impediva di riconoscersi. O forse erano solo le occhiaie e la barba incolta che ricopriva il suo viso. Probabilmente era solo questo: niente cose troppo filosofiche, rischiava di esplodergli il cervello se ci pensava.
L’arrivo di Michelle venne anticipato dal ticchettio dei suoi tacchi, fu per questo che Brian guardava la porta quando entrò. Lei sorrise appena, un sorriso spento, così finto che Brian ebbe voglia di urlare.
« Ehy »
« Ehy » mormorò lui, la voce roca – da quanto tempo non parlava?
« Vieni qui » affermò la ragazza, facendogli cenno di avvicinarsi. Brian fece alcuni passi in direzione della donna, che afferrò i lembi della sua cravatta e cominciò a sciogliere il nodo « L’hai fatto nel modo sbagliato. »
« Non sono bravo con queste cose. L’eleganza non è una mia priorità. »
« Oh, su questo mi trovi d’accordo. »
Michelle rifece il nodo, in silenzio, per poi guardare di nuovo quello che amava definire “l’uomo della sua vita”. E forse lo era, ma in quel momento non c’era molto spazio per loro due.
« Sei… pronto? »
« Sì. » replicò lui, secco.
« Brian, se non.. non te la senti.. »
« Effettivamente no. » continuò lui « Non me la sento. Ma è una cosa che dobbiamo fare, no? »
Michelle lo guardò, le labbra che tremavano, gli occhi grandi, ed annuì lentamente. Fece scivolare la sua mano in quella di Brian, che la strinse appena. Si lasciò trascinare verso la porta del garage e, per la prima volta da dicembre, mise piede fuori casa.
 
 
*
 
 
C’erano pochissime persone, ma a Brian sembravano comunque troppe. Chissà perché, poi. Lui non era solo suo: c’erano altre persone che avevano camminato al suo fianco durante la sua vita, eppure Brian avrebbe preferito salutarlo da solo. Senza tutte quelle persone.
La cerimonia era appena finita, e lui si era già allontanato. Nascosto dietro un mausoleo, si accese una Marlboro e la fumò, in silenzio, gli occhi fissi sul cielo grigio. Vide il fumo volare via sia dalla sua bocca che dalla punta incendiata della sigaretta, e sospirò. Era un po’ come una sigaretta, la vita. La sua vita soprattutto.
« Brian. » esclamò una voce con un accento strano, una voce che Brian conosceva abbastanza bene.
Quando si voltò, incrociò gli occhi verdi di Gerard Way. Indossava anche lui un completo nero, simile al suo, ma lui sembrava portarlo in modo molto più credibile.
« Gerard, ehy. » lo salutò « Fumi insieme a me? »
Gerard si avvicinò al chitarrista, le mani nelle tasche, ed appoggiò la schiena al muro ghiacciato del mausoleo.
« Tre mesi. » affermò Gerard, dopo alcuni minuti di silenzio. Brian lo osservò, confuso, e in risposta, il cantante sorrise placido. « E’ il tempo che ho impiegato a rendermi conto che mia nonna Helena se n’era andata. Ci ho messo tre mesi. »
« Che vuol dire? Cioè, tu sapevi che non c’era più. »
« Sì. Ma non l’ho ammesso per ben tre mesi. Non l’ho ammesso a me stesso. Il che è la stessa cosa che stai facendo tu. »
« So quello che è successo. »
« Sì, certo. Ma te lo sei mai detto? Ti sei mai detto “se n’è andato”? »
Brian, a questa domanda, non rispose.
« Brian, più tempo impiegherai a rendertene conto, più farà male. Quindi, credimi, è meglio che te ne rendi conto   ora. »
Gerard si staccò dal muro del mausoleo.
« Condoglianze, comunque. »
E si allontanò.
Brian lo guardò andare via, in silenzio. La sigaretta veniva lentamente mangiata dal vento, mentre Brian si sedeva sulla ghiaia, appoggiando la schiena al mausoleo.
Condoglianze.
Condoglianze.
« Se n’è andato. » mormorò.
« Se n’è andato, e non risponderà più. Jimmy se n’è… se… se… lui se n’è… lui… »
Fu semplice, poi spalancare gli occhi e urlare, urlare con forza. Fu semplice persino alzarsi e prendere a pugni quel maledettissimo muro di quel fottuto mausoleo.
Sentì solo un violento crack, dentro di sé. Un fortissimo crack. Violento, quasi come uno sparo.
Fu per questo che, quando Matt lo strattonò via dal muro, costringendolo a smetterla, Brian si lasciò semplicemente abbracciare. All’abbraccio si aggiunse anche Zacky, poi Johnny.
E rimasero così, per un po’. Ma quell’abbraccio era incompleto, e questo lo sapevano tutti.
Mancava una persona. Ma quella persona non sarebbe arrivata. Non più.




 
{10/02/2010}
 
 
Brian aveva cominciato ad odiare quel posto. Ad odiare ogni cosa riguardasse quel fottuto posto, che portava solo rabbia e ricordi, e quel crack che continuava a rompergli l’anima in mille pezzi giorno per giorno.
Seduto su una poltrona, osservava Johnny correggere le ultime tavole che aveva scritto nelle ore precedenti, mentre Matt e Zacky parlottavano  tra di loro di chissà che cosa.
Brian aveva lasciato perdere. Ogni giorno andava lì, e suonava per ore intere, quasi fino a distruggersi le dita, premendo con forza sulle corde pur di tagliarle. Suonava di giorno, di notte: appena sveglio, prendeva semplicemente la sua chitarra e suonava tutto quello che sapeva, ogni singola canzone, fino a quando non riusciva quasi più a piegare appena le dita senza sentire un dolore lancinante al polso.
In quello che suonava, però, c’era solo tanta rabbia. Più e più volte i ragazzi avevano cercato di costringerlo a parlare, a svuotarsi, ma Brian non lo aveva fatto. Forse perché non sapeva cosa dire.
« Brian? »
 O forse sì.
« Brian? »
Ma forse aveva solo paura della sua stessa rabbia.
« Terra chiama Brian! »
L’uomo, finalmente, decise di voltarsi verso Zacky, che sorrideva. Sorrideva.
Brian vedeva che era un sorriso finto, ma il semplice fatto che stesse sorridendo, gli fece sentire nuovamente quel crack sordo e doloroso.
« Come fate? » domandò, la voce satura di quiete.
« A fare cosa? »
« Questo! » esclamò, indicando le tavole di Johnny. « Spiegatemi come cazzo fate a farlo, perché io non lo capisco. »
« E’ quello che avrebbe voluto. »
« Davvero? Seriamente? »
Brian si alzò semplicemente in piedi.
« Brian, ma che ti succede? »
« Voi… Voi non potete… capire. »
« Non fare la primadonna » si scaldò subito Johnny « C’eravamo anche noi in tutti questi anni, sai com’è. »
« No! » ringhiò, afferrando l’asta di un microfono. « Voi non capite! Non capite! » ringhiò, scagliando l’asta contro il muro. Finì in mille pezzi, ovviamente.
« Non capite che significa! Fa male! Fa male ogni giorno! E farà sempre male, e io non so se riuscirò a continuare! Non so se riuscirò a vivere così! Non ci riuscirò! » continuò, agguantando un secondo oggetto per poi distruggerlo contro il muro. « Perché se comincio a piangere, io non penso che smetterò mai! »
Scagliava oggetti contro il muro, e nessuno si muoveva. Ringhiava, urlava, e nessuno fece niente per fermarlo, perché sapevano, capivano. Forse meglio di quanto Brian credesse.
« Ho paura! » urlò di nuovo « Ho avuto paura tutta la mia cazzo di vita di svegliarmi e non trovarmelo più accanto, e ora? Ora cosa dovrei fare? Continuare con la vita di sempre, facendo finta che non sia mai esistito? Che non sia mai successo? Col cazzo! Ho paura perché lui non c’è più, perché Jimmy se n’è andato e non risponderà mai più al telefono! Non farà più niente, è solo un fottuto cadavere in una scatola di legno tre metri sotto terra! »
Brian crollò a terra, esausto. Non guardò i ragazzi, e non vide le lacrime che Johnny cercava di nascondere, né quelle che invadevano gli occhi di Zacky ma che non volevano scivolare via.
« E io come faccio? Come faccio ad andare oltre senza di lui? Non esiste. Non esiste che io vada avanti senza di lui. »
« E credi che noi vogliamo? » domandò Matt, serio « Jimmy era mio fratello, cazzo. Siamo fratelli, lo siamo ancora. E so che se me ne andassi, Jimmy mi ucciderebbe di nuovo perché sono stato così idiota da sprecare una vita che lui non avrà mai. »
Brian si voltò verso di lui, e socchiuse gli occhi. « Io non penso che resisterò ancora a lungo. »
Matt si alzò, e si accucciò accanto a lui, passandogli un braccio sulle spalle.
« Ce la fai. » mormorò, mentre Brian appoggiava la testa sulla sua spalla. « Ce la faremo. »
« Esatto » affermò Zacky, sedendosi al fianco di Brian e passandogli un braccio lungo le spalle. Johnny si sistemò accanto a Matt.
E rimasero così. Mentre Brian piangeva, Zacky stringeva i denti.
Rimasero così, a resistere. A farcela.
Perché non ti resta nient’altro, dopo la morte.
 
 
{18/06/2010}
 
Non era una cosa premeditata, quella visita al cimitero, ma Brian sentiva che era giunto il momento.
Raggiunse la tomba molto in fretta: dopotutto, non tutte le tombe di quel cimitero erano così piene di fiori, candele, bigliettini e quant’altro.
Quando la raggiunse, la guardò, in silenzio.
« Ehy » mormorò. « Cavolo, mi sento così cretino a parlare con una lapide, ma ormai sono qui, tanto vale farlo, no? Il mio terapista dice che mi aiuterà. Sì, ora ho anche un terapista, ed è colpa tua. Tu e le tue stupide anatre mi avete mandato dallo psicologo! » ridacchiò « A parte gli scherzi.. Hai sentito il nuovo album? E’ meraviglioso, vero? Sono molto fiero di questo lavoro, anche se è stato molto.. non so, sofferto forse. Sì, sofferto. Ma quando ti manca il batterista è un problema fare un album, lo sappiamo bene, noi. » sospirò. « Ascolta, io… Io non sono pronto, okay? Tutti continuano a chiedermi di te, della tua morte, ma a chi importa? E’ davvero importante? Io so molte più cose sulla tua vita, e non mi interessa parlare di come te ne sei andato. Io non sono pronto ad uscire di qui, salire su quel palco e sapere che tu non sarai lì dietro a spalleggiarmi come sempre. Sapere che non potrò mai più abbracciarti a fine concerto, sapere che non potrò scompigliarti i capelli prima di salire sul palco. Mi manca tutto di te. Mi mancano anche le cose che mi davano fastidio, forse quelle anche di più. Ma sai una cosa, Jimbo? Se è davvero finita, sono contento che tu sia stato mio fratello in questa vita. Sono davvero, davvero felice. »
Ci sarebbe voluto tempo, sì. E tante energie. Non sarebbe stato facile, e questo lo sapeva.
Ma dal momento in cui lasciò quel pacchetto di Marlboro accanto alla lapide, Brian seppe che ce l’avrebbe fatta. Magari sarebbe uscito claudicante e malconcio, ma ce l’avrebbe fatta.


 
Non sono totalmente convinta di questa shot, ma, sì, ecco. Avevo bisogno di scriverci su.
Appena ho sentito la canzone alla quale mi sono ispirata per scrivere la shot, ovvero quella citata appena sotto il titolo, ho subito pensato a Jimmy e Brian. Perché avevano un legame speciale, e lo hanno ancora. E so perfettamente che, domani, quando saliranno sul palco e io sarò lì a vederli, non ci sarà Jimmy dietro di loro. E la cosa fa male, e pure parecchio.
Non ho niente da togliere ad Arin, è un grande batterista e una grandissima persona, lo adoro e sono fiera di lui, ma Jimmy... Boh, penso che resterà sempre e per sempre il cuore pulsante della band.
So che mi odierete per questa shot, che non è scritta nemmeno tanto bene, avrei voluto approfondire di più tutto quanto, ma non me la sento di cambiare tutto quanto.
La dedico a tutte le persone della mia vita, quelle che amo davvero. Perché sono felice che siano mie amiche in questa mia vita, perché mi stanno accanto anche se non glielo lascio fare, perché mi danno un motivo per respirare giorno per giorno. E, niente, le amo.
Ci vediamo domani deathbat, a Milano. E se non potete venire, ci vedremo al loro prossimo concerto.
Sappiate che vi amo tanto, tutti quanti.
Un bacione,
Cris.


 
   
 
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