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Autore: Zanna Harris    22/11/2013    18 recensioni
☑ Storia, già edita, che ho iscritto al concorso "La ragazza e il soldato" indetto da Darllenwr.
Il tuo primo battito, te l’ha rubato lui, e per sempre a lui avresti donato il tuo ultimo.
Rubami l'anima e fanne soffio di vita. Strappa il mio cuore e donalo al vento dei nostri giovani respiri. La primavera della vita fiorisce sotto i nostri piedi, lungo le sponde di questo lago di passione, e io raccoglierò ogni tuo sospiro, ogni tuo gemito d'amore, e ne farò essenza di vita. Fiorisci per me, giovane cuore... Come solo una rosa scarlatta in un deserto sa fare. Come solo tu hai saputo fare ad ogni anno, ad ogni primavera, aspettandomi da sempre. Eccomi.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
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"Danima" di Giovanna Costanzo è distribuito con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.







Danima
 
 






Come allodola ondosa

Nel vento lieto sui giovani prati,
Le braccia ti sanno leggera, vieni.
Ci scorderemo di quaggiù,
E del mare e del cielo,
E del mio sangue rapido alla guerra,
Di passi d'ombre memori
Entro rossori di mattine nuove.
 
Dove non muove foglia più la luce,
Sogni e crucci passati ad altre rive,
Dov'è posata sera,
Vieni ti porterò
Alle colline d'oro.
 
L'ora costante, liberi d'età,
Nel suo perduto nimbo
Sarà nostro lenzuolo.

 
Dove la luce - G. Ungaretti
 
 

 
Fiato, respiro leggero.
Vita.
Il suo petto, il tuo guanciale. I suoi occhi la tua veglia nella notte oscura di passione accecante. Sei ancora distesa sul suo corpo inerme, la tua dimora di carne e di cielo. Ascolti il suo cuore; batte forte, non è vero? Dio solo sa quello che ti ha donato l’uomo che giace sotto i tuoi seni, sotto le tue labbra nude  che gli spogliano l’anima ogni qualvolta osi posarle sulle sue, leggere, come petali di una rosa di velluto.
Siete nudi, per la prima volta, la tua prima volta, e lui non ha ancora il coraggio di lasciarti andare, di andare via da te. Ti è entrato dentro, nel corpo, nello spirito, nel profondo, e ora tu non vuoi più sollevarti. Non vuoi concretizzare l’idea di doverlo lasciar partire, la paura di una prima e ultima notte d’amore ti strugge e distrugge senza pietà, come la luccicante canna del suo fucile nero, lasciato nell’ombra e riposare prima di tornare ad uccidere.
“Daniel, lo senti?” Chiedi, quasi senza voce.
“Cosa?”
Le sue dita sfiorano la tua schiena in una lenta e ripetitiva carezza bruciante. Il suo viso sprofonda nelle ciocche d’oro dei tuoi capelli; lui, che in tutta onestà non meriterebbe di stare fra le braccia di quell’angolo sceso in terra.
“Il tempo, amore mio. Sta passando troppo in fretta, senti come urla? Come ti reclama?” Stillate nel mare salato dei tuoi occhi, quelle parole ti scivolano giù dagli occhi, l’anima tua, e bagnano il suo cuore. Lui ti sorride, ti sembra paradossale, sembra quasi che per lui sia tutto uno scherzo; un folle gioco di quella vita diventata fin troppo crudele negli ultimi tempi. “Non piangere, Mary, non ascoltarlo. Lui non mi avrà mai.” Dice, cullandoti fra le sue robuste braccia di troppo lavoro. “Il tempo non avrà mai il mio corpo, la mia anima.” Delicatamente afferra la tua mano, la poggia sul suo petto dolorante. Palpitante di fresca gioventù. “Niente e nessuno avrà mai niente di me, perché tutto di me appartiene alla donna, la mia, che amo più della stessa vita. La terra non avrà il mio corpo, finché ci sarai tu ad attendermi, e la mia mente non conoscerà follia, se il tuo volto rischiarerà le mie notti di fango e  sangue.” Sussurra piano, tremante d’amore e fulgida speranza, forse troppa per un giustificato assassino.
“Prometti. Amore mio. Torna!” Ormai il pianto ha invaso i tuoi occhi bruni, sembrano più scuri del solito nell’ombra lunare. I singhiozzi sono diventati insostenibili e non puoi far altro che abbandonarti totalmente a lui, al tuo dolore. Al  soldato sotto i tuoi seni.
Un ultimo bacio, il suo, che ormai non può far più nulla per spingerti a smetterla di gemere sul suo torace, sempre più irrequieto e straziato.
Ascolti il suo cuore; batte forte, non è vero? Dio solo sa quello che ti ha donato l’uomo che giace, calmo e immobile, sotto il tuo corpo schiacciato dal peso della sua divisa blu scuro. Lacerato dalla sua arma, il suo amore.
 
 
È l’alba, apri gli occhi stanchi e gonfi dal gran pianto.
Morte.
Ti guardi vicino, lui non è più al tuo fianco, ma avverti ugualmente il calore delle sue membra. “Daniel?” Lo chiami, ma la tua voce è spenta, roca. Hai urlato nel sonno, fra le sue braccia che ti cullavano. Attanagliata dal terrore.
“Daniel!” Alzi la voce, temi sia partito senza dirti nulla, per sollevarsi dall’incarico di sopportare le tue labbra tremanti sulle sue. Labbra supllicanti, ricolme d’amore. Troppo per lui, lui che in nome di una causa più grande deve porre fine ad una vita come la sua. Magari un’altra donna piangerà la morte del suo amato, ma quello era il suo lavoro. Il suo dovere.
“Sono qui, eccomi!” Il suo viso pulito e fresco di acqua fa capolino dallo spigolo della porta.
Infili la vestaglia e lo raggiungi, sembri quasi un fantasma; il tessuto ti sfiora le caviglie e il nastro che cinge la  sottile vita, mostra un corpo appena sbocciato. Hai solo diciassette anni, ma quella mattina d’autunno il tuo viso è solcato dalla malinconia. Dovrebbe essere vietata alla tua primavera della vita.
“Credevo fossi partito senza dirmi nulla…” Le sue grandi mani accarezzano il tuo volto, acceso così in un triste sorriso.
“Sai che non potrei mai farlo, Mary.” Un bacio schioccato a fior di labbra e basta a farti sciogliere come il tuo primo. Le sue gote sono lisce, quel filo di barba nera è svanita del tutto e al suo posto la pelle ambrata sembra profumare di menta e limone. “Avanti,” ti esorta “Vestiti…” Vuole che tu vada con lui alla stazione ferroviaria.
I tuoi genitori non sanno dove sei. Ma tu ora sei fuori dal mondo intero.
Vesti gli abiti della sera prima, quelli della festa da ballo di saluto ai Marines, ma il trucco ormai è colato via. Del rossetto rosso cremisi è rimasto solo un velo leggero sulle labbra d’oro. Raccogli i capelli folti in un foulard nero, mentre ti aspetta sulla soglia con il suo enorme sacco in spalla. Indossa quella divisa color cachi, l’uniforme di servizio. Il berretto da ufficiale; le spille in bella mostra sul suo petto e i polsini privi di decori. Lo preferivi di più alla parata, con l’altra uniforme blu e rossa, i guanti e il cappello bianco. Un’aria così altezzosa e regale. È l’uomo più bello che io abbia mai visto, pensasti, solo tre mesi prima, alla parata del 4 Luglio. Non potevi prevedere di certo che la vita ti sarebbe piombata così, all’improvviso,  di lì a tre mesi di vita passati a rincorrersi fra le stelle e le nuvole estive. Il tuo primo battito, te l’ha rubato lui, e per sempre a lui avresti donato il tuo ultimo.
Lo raggiungi a passo lento, mantiene la porta aperta con un piede e ha entrambe le mani impegnate. Stringe le valige, quando stringerebbe te.
Scalino dopo scalino, porta dopo porta, siete già in strada e con un fischio lui chiama un taxi. Il tragitto non è lungo e in pochi minuti le cancellate di ghisa della Stazione Centrale si spalancano ai vostro occhi. Per tutto il tempo tu hai tenuto stretta la sua mano, in una muta carezza nascosta al conducente curioso. Quell’amore è solo vostro, vostro e di nessun altro.
Binario nove, il suo treno non è ancora arrivato.
“Bene. Ci siamo.” Si gira un istante indietro, quasi come a cercare il fantasma di qualcuno. “Fai la brava ragazza mentre sono via.” Ti sorride sincero, e ancora una volta rimani incantata a guardarlo.
Così perfetto. Così imperfetto.
“Sarò qui, Daniel, al tuo ritorno. Sarò qui ad aspettarti ogni giorno, finché non tornerai. Nessun altro uomo mi avrà.” Ti avvicini al suo orecchio, la calca della folla è insistente e tu vuoi solo un ultimo angolo di solitudine con lui. “Nessun altro uomo avrà mai il mio corpo… La mia anima… Sono e sarò per sempre tua, Daniel.” L’ultimo soffio è imprigionato fra le sue labbra. Le sue mani e le braccia sono tornate ad essere una gabbia intorno all’esile corpo di una giovane donna. Ti abbandoni a quell’ennesimo bacio dato con troppo fervore e passione, perché il rischio che fosse l’ultimo era sempre presente. Come una nuvola nera nella parentesi rosa del vostro amore estivo. Eterno.
 Il cappello che stringi in una mano quasi non cade alle sue spalle, le stesse a cui ti aggrappi e che non vorresti mai più lasciar andare via.
Troppo vicini ai binari, l’arrivo del treno, prepotente, smuove l’aria e scombina i capelli. Quel momento sospeso era finito, te ne accorgi dal suo distacco forzato, dai suoi occhi penetranti che ti scrutano per un’ultima volta.
“Devo andare, scricciolo.” Il cappotto stretto sotto braccio, la valigia di stoffa stretta nell’altra mano. “Puoi darmi il berretto, adesso.”
“Sì, ecco.” Glielo sistemi tu stessa sulla testa, sollevandoti sulle punte e alzando il mento. Sempre troppo alto, pensi.
Il capotreno lancia un fischio e lui si volta di scatto, altri soldati si apprestano a salutare le loro mogli, le loro madri. Sorelle e figlie. Fidanzate. Ventri tondi di nuova vita.
“Non lasciarmi, Danny!” Lo stringi forte, di nuovo. Non ce la fai, non vuoi farcela.
“Devo, Mary. Ti prego! Allontanati.” Insiste lui, respirando l’essenza della tua giovinezza, un balsamo per la sua esistenza.
Il vagone è già pieno, lo segui camminando parallela alla sua figura interrotta dai finestrini e dal metallo.
 “Tornerò, te lo giuro, amore mio!” Grida, sporgendosi da una stretta apertura affollata.
Corri da lui, il treno ormai si sta muovendo sempre più veloce, così come le tue gambe. Sempre più svelte, per porgere un ultimo saluto al tuo primo amore.
Allunghi la mano, in lacrime, sotto gli occhi di tutti. Lui l’afferra. “Ti amo, Daniel Rogers! Ti amo!” Urli, per il forte rumore delle ruote che sfregano sui binari.
“Tornerò da te, amore mio adorato! Tornerò e ci sposeremo!”
“Cosa?” Il passo aumenta.
“Mary Jane Williams, vuoi sposarmi?” Formula la fatidica domanda, quella che ogni donna sogna di sentire. Quasi vorresti cadere in ginocchia, ma non puoi, il treno sta andando via e lui attende, ti stringe la mano e aspetta la tua risposta. Glielo leggi negli occhi che avrebbe voluto  chiedertelo diversamente, magari in ginocchio, come hai sempre visto nei vecchi film incolori.
Il treno sbuffa ancora, non riesci più a stargli dietro. Le dita si dividono, si sfiorano appena e tu rimani lì, a guardarlo partire per il fronte senza sapere se avesse un giorno fatto ritorno. “Sì!” Ti pieghi in ginocchia in un pianto di gioia e dolore. “Sì, lo voglio!”  E lui è già lontano, ma t’ha udito. L’ha udita forte e chiara la tua risposta.
Come può un uomo partire felice verso il suo destino?
 
 
Passa un mese, venti lettere, venti sorrisi e centoventi pianti. Ogni sua parola ti risveglia, sai che è vivo. Ti sta parlando, seppur attraverso l’inchiostro nero. Il posto in cui l’hanno mandato, dice, è piacevole. Fa caldo, molto caldo, eppure il Natale è alle porte oramai. Nessuna novità, la calma regna e i soldati passano il tempo a catturare i raggi del sole e ad aggiustare i motori dei loro aerei in riposo. Sono sempre vigili, ma quell’angolo di paradiso sembra essere fuori da ogni guerra. Un attacco è impensabile, dice, è così remota quella piccola isola nel bel mezzo del Pacifico.
Tu gli racconti della novità che giungerà in estate, riesci quasi a vederlo piangere di felicità attraverso quelle lettere di carne e inchiostro.
Poi arrivò il 7 Dicembre e il mondo morì con te. La notizia arrivò solo una settimana dopo. Quando ancora le speranze che fosse sopravvissuto erano vive, anche se flebili e precarie come la fiamma di una candela in una casa piena di spifferi. Il vento spazzò via quella luce e con essa si spense anche quella che avevi nello sguardo, un tempo risplendente, ora morto.
Mentre leggi un telegramma, datato  14 Dicembre 1941, in cui si dice che il tenente Daniel Rogers è deceduto in seguito ad un attacco alla nave su cui era salito per fronteggiare l’attacco nemico. La notizia arriva solo adesso, perché solo ora un testimone ancora in vita e ripresosi parzialmente è riuscito ad avvisare il comando a Washington. Il suo corpo giace sepolto da tonnellate d’acqua, la sua tomba, e tu non potrai mai più dargli l’ultimo saluto.
Guardi fuori dalla finestra, lacrime calde solcano il tuo viso, mentre una mano sfiora il ventre, il regalo più grande che quell’uomo avrebbe mai potuto farti.
Ascolti il suo cuore; batte forte, non è vero? Dio solo sa quello che ti ha donato l’uomo che giace, calmo e immobile, sul fondo del mare, sotto il tuo corpo schiacciato dal peso della sua divisa blu scuro. Il suo amore, la tua culla, la tua tomba. La vita che ora porti dentro di te e che nascerà in un’altra estate.


Stringi la sua ultima lettera…

Rubami l'anima e fanne soffio di vita. Strappa il mio cuore e donalo al vento dei nostri giovani respiri. La primavera della vita fiorisce sotto i nostri piedi, lungo le sponde di questo lago di passione, e io raccoglierò ogni tuo sospiro, ogni tuo gemito d'amore, e ne farò essenza di vita. Fiorisci per me, giovane cuore... Come solo una rosa scarlatta in un deserto sa fare. Come solo tu hai saputo fare ad ogni anno, ad ogni primavera, aspettandomi da sempre. Eccomi.
   
 
Daniel.


Candida e pura, sei rimasta, come una sposa che raggiunge il suo sposo. Tieni stretto un mazzo di fiori d’arancio e rose rosse camminando piano, verso il tuo primo e unico grande amore morto in guerra.
 
 
 


 
 
E per la luce giusta,
Cadendo solo un'ombra viola
Sopra il giogo meno alto,
La lontananza aperta alla misura,
Ogni mio palpito, come usa il cuore,
Ma ora l'ascolto,
T'affretta, tempo, a pormi sulle labbra
Le tue labbra ultime.
 
Sentimento del tempo- G. Ungaretti



NDA

Ecco una breve One Shot, la mia prima One Shot! xD Che dire, certe cose ti escono così, all'improvviso, e non puoi far altro che dar ad esse libero sfogo. Ormai sapete - chi mi segue - che il tema della guerra e dell'amore vissuto in tempi così duri è a me un tema molto caro... Volevo affrontare da tempo una situazione del genere, spero di esserci riuscita; spero di essere riuscita a farvi sentire questi sentimenti, il dolore, la speranza e alfine la pace dell'anima. Sarà anche breve, ma io credo che un testo talmente carico di emotività sia della misura giusta.

Spero di riuscire a scrivere altre OS in futuro - quasi sicuramente -, perchè penso che sia proprio in questo genere che l'anima di uno scrittore esce alla luce e si mostra nella sua totalità. Inizio, intermezzo, fine... Tutto in poche parole.
Alla prossima!

Un abbraccio, Zanna.


P.s. La storia si è classificata al quinto posto nel contest, nonostante che, nel pubblicarla, mai avrei pensato di inserirla in qualsivoglia contest. Per me, quindi, è un posto più che meritato e ne sono comunque orgogliosa.
   
 
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