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Autore: Abbysullivan    23/11/2013    0 recensioni
Abby ha problemi con il padre che la tratta come una serva. Cara vive una vita agiata ma è insoddisfatta di se, Nicholas ha un terribile e oscuro passato, Lucas non fa che preoccuparsi per gli altri, Ethan cerca solo di salvare il fratello dalla loro disastrosa famiglia e Alan di scoprire il segreto che suo padre gli tiene celato da anni. Sarà una lettera a dare inizio a quella che verrà ricordata di segreti a cui la piccola cittadina di Wahoo abbia mai assistito, ma la verità arriva sempre con un prezzo.
Genere: Avventura, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3 – L’autunno

 
Pov Lucas
 
Ero sdraiato sul prato dei giardini pubblici da almeno dieci minuti, possibile che non ci fosse una volta, una sola, in cui i miei amici erano puntuali? Ci eravamo dati appuntamento alle dieci esatte, il mercoledì era una giornata di scuola terribile per tutti noi perciò avevamo deciso di saltarla. I miei si fidavano ciecamente di me, potevo uscire senza lo zaino di scuola e loro non ci facevano neanche caso;
“Lucas è un bravo ragazzo, non è il genere di persona che marina la scuola!” ricordai la voce di mia madre mentre lo diceva, orgogliosa, alle sue amiche casalinghe con cui si fermava a chiacchierare durante la spesa. Per gli altri però era diverso: Abby viveva come una reclusa in casa sua, tutto veniva controllato nei minimi dettagli, anche un errore banalissimo poteva farla scoprire; Nicholas viveva con la sua unica zia, lei era molto protettiva nei sui confronti e si assicurava continuamente che lui stesse bene e infine Cara, nessuno di noi sapeva con certezza come andassero le cose a casa sua ma eravamo tutti a conoscenza della sua fissa per la perfezione perciò sarebbe stata in ritardo comunque.
Respirai a fondo l’aria autunnale: il caldo dell’estate l’aveva abbandonata da tempo ma il freddo pungente dell’inverno, quello che ti gela dentro con un solo respiro, non l’aveva ancora ghermita con le sue mani di ghiaccio; sapeva di fumo, di foglie cadute dagli alberi, di brividi a fior di pelle perché non ci si era vestiti abbastanza pesanti, di parole non dette o dette al momento sbagliato, di stanchezza perché l’anno scolastico era appena iniziato e di amicizia.
Sì, l’aria autunnale profumava d’amicizia.
Non un’amicizia qualunque, una di quelle che dura una vita intera, di cui non potrai mai fare a meno, il genere di sentimento che legava me, Abby, Cara e Nicholas. Io e Abby siamo stati inseparabili fin da piccoli: stesso asilo, stesse elementari, stesse medie, stesse scuole superiori, stesse persone che ci prendevano in giro, esclusi dagli altri ci siamo fatti forza l’un l’altra e siamo diventati migliori amici. Ho provato molte volte ad immaginare la mia vita senza Abby e il risultato è stato il vuoto più totale: senza di lei nulla avrebbe più senso, il mondo finirebbe sottosopra, tutto diventerebbe grigio e cupo, senza significato. Da che mi ricordi lei c’è sempre stata, eravamo noi due soli contro il mondo, fino all’arrivo di Cara: si trasferì in paese undici anni fa; la scuola era iniziata da una settimana la prima volta che le rivolgemmo la parola. Per sette giorni l’avevamo osservata mangiare da sola perché nessuno degli altri bambini voleva avere niente a che fare con lei, troppo bella, troppo perfetta e irraggiungibile ma noi eravamo riusciti a vederla per quello che era: una bambina sola e triste che aveva bisogno di amici. Il secondo lunedì Abby prese il suo vassoio e lo posò al fianco di quello di Cara, le tese la mano e si presentò, lei la strinse sorridendo e da quell’istante entrò a far parte dei “Bambini Invisibili”, così ci chiamavano gli altri con cattiveria eppure noi ne avevamo fatto il nostro vanto, l’invisibilità era pur sempre un superpotere. Nicholas arrivò più tardi, in terza elementare, non fece in tempo a mettere piede nella scuola che tutti conoscevano la sua triste storia: i genitori erano morti e lui aveva dovuto lasciare l’Inghilterra per tornare a vivere in America con sua zia Gemma. Ovviamente questo convinse gli altri che doveva essere un tipo strano, uno con cui era meglio non giocare ma non per noi, i “Bambini Invisibili” accoglievano tutti gli esclusi con il sorriso sulle labbra, infondo le persone più interessanti e speciali sono anche quelle più strane.
Un scricchiolio di foglie mi riportò alla realtà, mi alzai a sedere e mi ritrovai faccia a faccia con Cara che imprecava a denti stretti contro me e la mia stupida idea di andare ai giardini, teneva in mano uno dei suoi stivaletti neri col tacco a spillo letteralmente distrutto e mi guardava infuriata.
<< Lo ripagherai tu questo? Tu e le tue stupide idee! >>
<< Non mi pare ti sembrasse così stupida ieri mentre ti lamentavi del test di chimica in programma per oggi. >> sbuffò spazientita e incrociò le braccia sul petto
<< Ok, va bene, hai vinto! >> si lasciò cadere di peso al mio fianco sospirando e poi mi sorrise all’improvviso come se un pensiero meraviglioso le avesse di colpo riempito la testa
<< Hai visto! Non sono arrivata per ultima! È un avvenimento storico, dobbiamo festeggiare! >> scoppiammo a ridere entrambi e io tornai a stendermi sull’erba umida di rugiada aspettando l’arrivo degli altri per potermi sentire effettivamente a casa.
 
Passarono altri dieci minuti, l’unico rumore che si sentiva era il frusciare del vento tra le foglie secche degli alberi, anche Cara aveva smesso di lamentarsi. L’inquietudine si stava facendo strada dentro di me: e se Abby non fosse riuscita a non farsi scoprire dal padre? Lui l’avrebbe punita, forse l’aveva picchiata.
<< Cara, non sei preoccupata? >> lei parve risvegliarsi da un profondo stato di meditazione, probabilmente stava riflettendo su come aggiustare il suo stivale.
<< Sì, dove lo troverò un paio uguale? >> sospirai, ormai la conoscevo non avrei dovuto più stupirmi di nulla
<< Intendevo per Abby, non per le scarpe. >>
<< Sono stivaletti, non scarpe! Comunque sono sicura che ce la farà, è una ragazza in gamba e se suo padre solo la sfiora sappiamo cosa fare. >> rimase un attimo in silenzio pensierosa poi aggiunse
<< Sai cosa mi preoccupa? Il fatto che lei e Nick non si siano ancora messi assieme, voglio dire lo sanno tutti che si piacciono, persino quel coglione di Ethan! >> effettivamente tutti erano a conoscenza del fatto che Abby e Nicholas si piacevano ma non pensavo che questo potesse rappresentare una fonte di preoccupazione per Cara.
<< Sono sicuro che prima o poi uno dei due si dichiarerà. >>
<< Invece non lo faranno! Serve un piano d’azione, siamo i loro migliori amici dobbiamo assolutamente risolvere questa situazione! >> perfetto, l’avevo persa
<< E cosa vorresti fare, sentiamo! Costringere Abby a fare una dichiarazione in mezzo a un campo da calcio durante la pausa tra il primo e il secondo tempo? >> mi colpì con un pugno sulla spalla sbuffando d’irritazione mentre io scoppiavo a ridere per la faccia scandalizzata e offesa che aveva fatto.
<< Non ridere, tu mi hai spezzato il cuore! >> lo disse con una serietà tale da farmi morire il sorriso sulle labbra
<< Sai avevo già immaginato la nostra vita assieme: ci saremmo sposati dopo il college; avremmo vissuto in una meravigliosa villa a South Beach perché so che è lì che vorresti vivere; avremmo avuto due bambini magari due gemelli, un maschio e una femmina, e magari anche un cane. Avevo contemplato tutte le possibilità tranne quella che tu mi tradissi con il giardiniere sexy che avevo intenzione di assumere. >> si voltò verso di me sorridendo ma il suo sguardo carico di tristezza la tradiva, l’abbracciai stretta a me e sussurrai:
<< Mi spiace di aver rovinato i tuoi piani ma, sinceramente, tu cosa pensavi di fare con il giardiniere sexy? >> lei mi spinse via e cominciò a ridere fino ad arrivare alle lacrime
<< Colpita, uno a zero per te. >> tornammo entrambi a stenderci sul prato in silenzio per qualche minuto
<< Hai ragione, non devo intromettermi tra Nicholas e Abby. Due a zero per te. >> mi voltai verso di lei e la trovai che mi guardava con un sorriso appena accennato sulle labbra. La sua mano scivolò delicata nella mia e restammo così, immobili ad osservare il cielo nuvoloso di fine ottobre, fino all’arrivo dei due ritardatari.
 
Pov Abby
 
Ero uscita alla solita ora, come se a scuola ci stessi andando veramente, per poi appostarmi nei pressi di casa in attesa che mio padre raggiungesse il municipio: l’edificio a fianco di casa nostra. In pratica erano una sola costruzione divisa in due parti distinte da un muro centrale.
Quando uscì mi feci piccola piccola dietro i cespugli del vialetto osservando con attenzione la sua espressione: era stanco; disgustato, probabilmente da se stesso, e frustrato perché non era rimasto nulla per la colazione nel frigorifero. Non c’erano segni di rabbia o collera, significava che la scuola non aveva chiamato per segnalare la mia assenza, ero salva.
Appena il portone si chiuse alle sue spalle sgusciai fuori dal mio nascondiglio e iniziai a correre il più velocemente possibile verso il parco, ero in ritardo di ben venti minuti.
La strada la conoscevo a memoria perciò non stavo prestando molta attenzione alle altre persone finché non andai a sbattere violentemente contro qualcuno
<< Oddio! Mi scusi! Non vole … Nicholas?! >> lui si stava massaggiando il petto dove con molta probabilità avevo sbattuto la testa, mi sorrise divertito
<< Originale come saluto mattutino! >> risi tastandomi la testa alla ricerca del bernoccolo che sospettavo di avere da qualche parte
<< Pensavo fossi già al parco. >>
<< Mia zia ha pensato di tenermi a casa per la prima ora, così avrei potuto studiare chimica in tutta calma ed essere pronto per il test. Poverina non aveva idea che avessi deciso di saltarlo! >>
Ci incamminammo verso il punto d’incontro in silenzio, m’imbarazzava restare sola con lui e ancora di più quando non parlavamo. Avevo notato che da un po’ mi fissava di sfuggita per poi distogliere lo sguardo quando mi voltavo nella sua direzione.
<< Perché mi fissi? >> questa volta ero riuscita ad incatenare i nostri sguardi e lui non aveva avuto il coraggio di far finta di nulla e guardare altrove.
<< Non ti sto fissando! >> sospirai alzando gli occhi al cielo
<< Non sono stupida, ti dico che lo stai facendo! >>
<< E la cosa ti da forse fastidio? >> arrossì leggermente e nascose le mani nelle tasche larghe della felpa. Odiavo questo genere di domande: potevo dire la verità, cioè che non mi davano fastidio perché lui mi piaceva ma era troppo imbarazzante oppure mentire dicendo di no e rovinare una delle migliori occasioni di sempre. Cara mi avrebbe certamente urlato di scegliere la prima opzione e saltargli letteralmente addosso mentre Lucas di fare quello che sentivo più giusto. Respirai a fondo cercando di non perdere il controllo e di non arrossire, o almeno non troppo.
<< No, non mi da fastidio. Non se sei tu a farlo. >> sentivo il cuore battere così forte contro il petto che ero quasi certa potesse sentirlo anche lui. Il suo sguardo, che si era spostato a terra mentre io riflettevo in silenzio, si alzò nuovamente per incontrare il mio e m’imposi di non distoglierlo.
Notai che nei suoi occhi verdi c’era una luce diversa dal solito, era come se i fuochi artificiali del quattro luglio gli fossero scoppiati dentro illuminandoli dall’interno.
Smise di camminare e rimase immobile a fissarmi con un sorriso sulle labbra che diventava, di secondo in secondo, più grande. Prese il mio viso fra le mani e quello che seguì fu uno dei momenti migliori della mia vita: Nicholas Lewis, il ragazzo che mi piaceva da tre lunghi anni, mi baciò.
Avevo sognato tante volte quel momento e, come ogni ragazza perdutamente innamorata sa bene, pensavo che non sarebbe mai accaduto realmente invece ero lì, tra le sue braccia, ed era tutto molto più bello e perfetto di come l’avevo sempre immaginato.
Quando ci allontanammo avevo uno stupido sorrisino stampato in faccia e per quanto ci provassi non se ne andava finché non si tramutò in una sonora risata alla vista delle guancie di Nicholas che sembravano aver preso fuoco dal tanto rossore.
<< Che hai da ridere? >>
<< È solo che non ti sei visto, sembri un pomodoro! >> e allora anche lui si mise a ridere.
Lo afferrai per mano e iniziammo a correre in direzione del parco dove Cara e Lucas aspettavano da più di mezz’ora.
 
Quando arrivammo Lucas si alzò di scatto con un aria soddisfatta e vittoriosa, probabilmente non ne poteva più di aspettare. Quanto a Cara il suo sguardo scese inevitabilmente sulle nostre mani intrecciate, non era una che si lasciava sfuggire i dettagli importanti, e un sorriso di vittoria si stampò anche sul suo viso. Lasciai andare la mano di Nicholas arrossendo leggermente, cosa che fece distendere le labbra della mia amica ulteriormente, e andai a sedermi al fianco di Lucas.
<< Iniziavo a pensare che non sareste più venuti, vi immaginavo già fuggire assieme verso Parigi, la città dell’amore! >> sospirò Lucas ridendo, lo colpii sulla spalla senza fargli male: anche se avessi voluto non ci sarei riuscita, avevo la forza di una lumaca morta!
<< A proposito di te e … >> iniziò a dire Cara ma non le permisi di finire la frase, non avevo tempo ne voglia di affrontare l’argomento e c’erano cose più importanti di cui dovevo metterli al corrente: le lettere che avevo trovato.
Iniziai a raccontare la litigata tra me e mio padre, cosa non troppo insolita, fino ad arrivare alla scoperta delle suddette lettere. Gli altri mi avevano ascoltato in silenzio e così rimasero per qualche minuto anche dopo che ebbi finito di parlare, Lucas fu il primo a romperlo:
<< Devo ammettere che questa cosa m’inquieta un po’ ma potrebbe essere la volta buona per scoprire qualcosa su tuo padre con cui poterlo tenere in pugno. >> effettivamente non l’avevo guardata da questo punto di vista ma Lucas aveva ragione, mio padre aveva minacciato qualcuno e questo andava a mio vantaggio.
<< Quell’uomo era l’amante di tua madre, mi sembra ovvio che tuo padre lo abbia minacciato ma conoscendolo non si sarà fermato solo a quello. >> aggiunse Cara sommessamente confermando ciò che aveva detto il nostro migliore amico
<< È inutile che stiamo qui a fare ipotesi su cosa abbia o non abbia fatto John Sullivan, andiamo da questo Chris Gray e chiediamoglielo di persona! >> quella di Nicholas sembrava la cosa più sensata da fare, vidi gli altri muovere la testa in segno di assenso, ma non potevo presentarmi davanti alla porta di uno sconosciuto e dire:
“Salve, lei era per caso l’amante segreto di mia madre, l’uomo minacciato di morte da mio padre conosciuto anche come il perfido e spregevole sindaco di questa città?”.
Avevo bisogno di tempo per preparare un discorso sensato e che non mi facesse sembrare una pazza fuggita da un manicomio, quindi avremmo dovuto rimandare la “gita” di qualche giorno.
<< Mi sembra una buona idea ma non oggi, se vogliamo farci dire la verità dovremo essere molto convincenti e preparati. >> tutti annuirono all’unisono e tirai un sospiro di sollievo, mi ero già immaginata mentre tentavo inutilmente di convincerli a desistere perché quando si lanciavano in qualcosa lo facevano a capofitto e senza riflettere, non che io fossi da meno.
 
Dopo pranzo ci dirigemmo verso scuola: anche se il mercoledì mattina era pesante il resto della giornata era dedicato alle attività extrascolastiche e non ce lo saremmo perso per nulla al mondo.
Cara e Nicholas si diressero verso i campi sportivi: la prima entrò in quello da football americano nel quale si stavano allenando i giocatori, infondo al terreno di gioco c’era un’area adibita all’allenamento delle cheerleader e Cara, quest’anno, ne era il capitano;
il secondo invece raggiunse i suoi compagni che avevano appena iniziato a riscaldarsi nel piccolo stadio di calcio della scuola.
Io percorsi un altro tratto di strada con Lucas, lui non praticava alcuno sport ma, visto che era obbligatorio fare qualcosa durante quel pomeriggio, si era offerto volontario come aiuto-bibliotecario per l’intero anno scolastico e io sola ne conoscevo il vero motivo: Lucas amava alla follia i romanzi rosa! Il suo amore era, però, proporzionale alla vergogna che provava nel confessarlo agli altri perciò tutti pensavano che il suo passatempo fosse quello di guardare i film horror più terrificanti in circolazione.
Quando arrivammo in prossimità della scuola lo salutai e presi la strada che portava verso le palestre, entrai nella numero tre, quella con la migliore parete da scalata di tutto il Nebraska. Ovviamente era solo il mio pensiero anche perché non le avevo provate tutte, non ancora almeno!
Varcai l’entrata dello spogliatoio e salutai Mandy Pimple, meglio conosciuta come BrufoloMandy, l’unica altra persona che praticava questo sport oltre me forse perché era l’unico in cui nessuno poteva prenderla in giro: si arrampicava meglio e più velocemente di uno scoiattolo impaurito, era formidabile.
Mi cambiai, uscii dallo spogliatoio e m’incamminai in direzione della parete, la mente libera da ogni pensiero e preoccupazione, c’eravamo solo io e la gioia che provavo nel praticare quello sport. Mandy era già arrivata in cima e si apprestava a scendere, infilai l’imbragatura e poggiai il piede sulla prima sporgenza.
 
Pov Cara
 
Le altre avevano lasciato lo spogliatoio da un pezzo: le avevo fatte lavorare molto quella sera e tutto quello che volevano, probabilmente, era tornare a casa, sdraiarsi sul letto e non muoversi più fino al mattino.
Mi strofinai i capelli con l’asciugamano ormai fradicio anche se sapevo che non sarebbe servito a nulla, questione di abitudine suppongo, li legai in uno chignon alto e mi rivestii con tutta calma evitando di bagnare la maglietta pulita mentre la facevo scivolare sopra la testa.
Raccolsi le mie cose e le gettai alla rinfusa nel borsone bianco e azzurro delle cheerleader e mi apprestai a uscire per tornarmene a casa ma mi bloccai davanti alla porta, feci qualche passo indietro e guardai il mio riflesso nel vecchio specchio rovinato dal tempo con più attenzione: la ricrescita castana era ben visibile all’attaccatura dei capelli, era ora di rifare la tinta.
Spensi le luci e chiusi a chiave la porta degli spogliatoi poi presi il telefono e scrissi a mia madre che avevo bisogno di altri soldi sulla carta, non si degnò nemmeno di rispondermi, qualche minuto dopo il telefono suonò: “Avviso: sono stati depositati duecento dollari sul suo conto.” Almeno sui soldi non dovevamo discutere.
Sulla strada di casa mi fermai al supermercato, comprai la tinta; una nuova boccetta di smalto rosa pallido; il fondotinta e una di quelle scatole piene di cibi precotti irriconoscibili che, una volta infilate nel microonde, diventavano commestibili.
Entrai in casa con il borsone a tracolla, la borsa di plastica in una mano e i miei stivaletti col tacco rotto nell’altra. I capelli erano ancora bagnati, dopo la doccia non avevo rifatto il trucco e avevo tenuto le scarpe da ginnastica sporche di fango pur di non camminare a piedi nudi.
<< Rebecca, sono a casa! >> non ricevetti nessuna risposta
<< Rebecca! >> un mugugno proveniente dalla cucina mi fece capire dove si trovava mia madre e che, come al solito, non era molto contenta di vedermi.
<< Non strillare, la testa mi sta esplodendo. >> era seduta al tavolo della cucina, non lo usavamo mai per mangiare visto che solitamente cenavamo nella sala da pranzo, davanti a lei erano appoggiati una bottiglia di vino e un bicchiere mezzo pieno. Bel modo per curare un’emicrania.
<< Volevo solo dirti che sono tornata, grazie per i soldi. >>
<< Spero fosse qualcosa di importante, tipo un trattamento di bellezza. Ne avresti veramente bisogno. >> da quand’ero entrata non mi aveva degnata di uno sguardo ma appena sbuffai i suoi occhi furono su di me.
<< Oh cielo! Come sei conciata? I tuoi capelli fanno schifo, per non parlare della faccia e delle scarpe che indossi! >> gettai gli stivaletti a terra
<< Il tacco si è rotto. >> proclamai con enfasi nel tentativo di fermare la sua cascata di rimproveri
<< Non è del tacco che mi sto preoccupando. >> prima che rincominciasse a parlare mi voltai e la lasciai da sola in cucina diretta verso la mia stanza.
Sentii i suoi passi ticchettarmi dietro:
<< Sei un disastro come figlia! Possibile che tu non riesca ad essere carina ogni tanto? >> mi bloccai a metà delle scale, la rabbia che saliva a imporporarmi le guancie
<< Io lo sono sempre ma tu non te ne accorgi nemmeno! >> lei alzò le braccia al cielo e le lasciò ricadere sui fianchi
<< Dove ho sbagliato con te? Perché non posso avere la figlia perfetta che vorrei? >>
<< Perché nessuno è perfetto Rebecca e tu non l’hai ancora capito. >> rimase a fissarmi in silenzio mentre finivo di salire le scale e raggiungevo la mia stanza, scomparendo dalla sua vista.

  
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