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Autore: Soqquadro04    23/11/2013    7 recensioni
[Angst, inevitabilmente Angst | Spoiler!5x09 | Attenzione: credo si possa parlare di contenuti forti]
Mentre snudi i denti, come un animale rabbioso – ma già troppo debole, troppo sfinito – , qualcuno fa un cenno che non riesci a vedere; non passa un secondo e la verbena ti sta bruciando le vene. Ti sembrano di carta, in questo momento, tanto secche e aride che basterebbe un niente a sbriciolarle.
Prima che il nero dell'oblio inghiotta del tutto il tuo campo visivo –
no, diamine, devi restare sveglio. Sveglio – riesci a sentire un'annotazione fatta con voce monocorde, professionale.
«Il soggetto numero 21051 mostra aggressività. Nessuna diminuzione dell'istinto verso il sangue umano.» [...]
[...] Lei non può stare qui.
La prenderanno, e loro non possono prenderla.
Non puoi permettere che la prendano – che le facciano quello che hanno fatto a te, che la tocchino, che la sfiorino con le loro mani lorde di sangue.

{Non ho guardato il promo, solo qualche immagine inviatami, perciò per l'ambientazione tengo conto solamente di quel che credo di aver visto e non di quel che hanno mostrato, se è stato fatto vedere chiaramente}
In teoria non doveva esserci un seguito... ma è successo...
Genere: Angst, Dark, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Damon Salvatore
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!
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21
051

Un’atrocità non è minore per il fatto che viene commessa in un laboratorio ed è chiamata ricerca medica: resta sempre un’atrocità.
George Bernard Shaw

 

21051.

È il numero con cui registrano gli sviluppi, in piedi vicino al tuo letto – oltretutto, un letto scomodo. Dovresti ricordarti di chiedere un cambio di materasso –, mentre ti iniettano qualcosa che, in teoria, dovrebbe essere sangue – la tua cena, forse –, ma che in pratica è quasi sicuramente un virus altamente pericoloso, o una nuova forma batteriologica o qualche altro esperimento da scienziati pazzi. Il che non è del tutto fuori luogo, visto che sei accerchiato da, pensa un po', scienziati pazzi, che ti fanno capire che, effettivamente, non sei altro che un esperimento.

21051 sei tu.

 

Hai sete.

La stanza non ha contorni, le pareti sfocate e la mente che non riesce a concentrarsi su molto altro – nulla, a essere sinceri – che non sia il fuoco che ti ustiona la gola, la bocca.

Hai sete.

Non ti danno del sangue, o qualcosa che ci somigli anche solo vagamente, da almeno cinque giorni – perlomeno sei abbastanza sicuro che siano cinque giorni.
Forse di più.

Dio, hai sete.

Non riesci a pensare – cos'altro c'era in quelle flebo? Cosa diavolo era?

Hai sete.

Ti slanci contro la figura che si sta avvicinando, vestita in camice bianco e guanti di lattice – odorano di sangue, lui odora di sangue – facendo gemere le molle vecchie e tendere le cinghie che ti legano – quando l'hanno fatto? Quando?

Hai sete.

Mentre snudi i denti, come un animale rabbioso – ma già troppo debole, troppo sfinito – , qualcuno fa un cenno che non riesci a vedere; non passa un secondo e la verbena ti sta bruciando le vene. Ti sembrano di carta, in questo momento, tanto secche e aride che basterebbe un niente a sbriciolarle.
Prima che il nero dell'oblio inghiotta del tutto il tuo campo visivo – no, diamine, devi restare sveglio. Sveglio – riesci a sentire un'annotazione fatta con voce monocorde, professionale.

«Il soggetto numero 21051 mostra aggressività. Nessuna diminuzione dell'istinto verso il sangue umano.»

 

Non sai quanto tempo è passato, o quante altre dosi di verbena ti hanno infilato in corpo, quando riesci ad aprire gli occhi – ad aprirli del tutto, cercando di contenere l'ondata di confusione.
Devi andartene.

Ora.

Sei sveglio – ma sei sveglio? – e avverti di nuovo la sete, e percepisci ogni singolo battito in tutto l'edificio, ogni più piccola deglutizione, ogni respiro.
Sollevi la testa, le narici dilatate, quando qualcuno attraversa il corridoio.
Vicino.

Strattoni le corde, ringhiando – ma non ti liberi, perché non ti liberi?

Senti la porta aprirsi – ce n'è solo una, sul muro di fondo. O forse era dall'altra parte? Non lo ricordi, e non riesci a vederlo – e i cardini cigolare e, Dio, ti scoppia la testa, la testa.

Un altro camice bianco si accosta al letto, controllando qualcosa in quelle maledette flebo.
Ti lanci di nuovo contro di lui, bloccato al materasso dalle cinghie.
L'altro è impassibile, come se non avessi fatto un gesto.

E poi l'orrore mentre realizzi che no, non l'hai fatto, quando quello studia per un attimo il tuo volto – vicino, troppo vicino. Senti il sangue scorrere sotto la pelle. Fai schioccare i denti, forse – e scuote il capo vedendo la furia e forse, forse anche la follia, per un attimo, nelle tue iridi, perché quella c'è, è l'unica cosa di cui sei sicuro.

Il camice bianco si allontana per poi tornare subito dopo, una siringa in mano – una siringa piena di un liquido rosso che non è sangue o, se lo è, è malato, ormai lo sai.

La consapevolezza che ti ha preso è orripilante – sei impotente. Stupidamente, inutilmente impotente. Ma l'istinto è più forte di qualsiasi ragionevole conclusione.

Ti dimeni, cerchi di morderlo, tenti di distruggerlo mentre la prepara e l'avvicina all'occhio destro.
E in realtà sei immobile, non urli neanche, non reagisci nemmeno – non puoi, non puoi – quando il dolore esplode e si dipana nel cervello e annienta ogni altra cosa.

«Il soggetto numero 21051 reagisce bene al sedativo; pare lucido, ma è completamente immobilizzato. Iniettato composto numero 248.»

 

Sangue.

Ovunque.

Non sai quanto è tuo, perché ne perdi troppo, troppo. Le ferite dei vampiri si rimarginano, ma queste sembrano non voler smettere di gettare liquido denso e rosso e scivoloso sul pavimento, rischiando di farti cadere perché non vedi bene, diamine, non riesci a concentrarti per più di qualche secondo. Sai solo che devi andartene, devi uscire da lì e correre, correre fino a che non saprai più nemmeno cosa significa correre.

E devi spegnere la sete.

Ti avventi contro uno dei camici bianchi. Urla – è lo stesso che ti ha distrutto gli occhi? Oppure un altro, magari quello che ha dato l'ordine di iniziare con la verbena? –, mentre i denti squarciano il velo sottile della pelle.

Qualcuno dietro di te prende un coltello, o forse un bisturi. Ne senti il tintinnio di ferro pesante contro il piano in metallo, la lama che cade di piatto subito riafferrata con dita troppo tremanti, mentre finisci di bere, i sensi acuti come non lo sono mai stati e l'istinto – devi andartene. Ora – che combatte contro il sapore dolce della vendetta.

Ti volti, ma sei troppo lento e il camice bianco riesce a graffiarti, ma dopo un secondo è morto anche lui e non c'è più nessuno e – sei libero – corri e sei fuori, sei fuori dopo un paio di corridoi – solo un paio di corridoi – sei fuori.

Ma non ti fermi e continui a correre senza guardarti indietro, senza sapere dove sei, dove devi andare.
Non importa.

Corri, Damon.
 

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N/A - Note dell'Autrice

Questa storia è stata un parto, ma avevo bisogno di scriverla, anche se volevo buttar giù qualcosa di allegro. Ma non riuscivo a smettere di pensare a... a questo. Perché è orribile, schifosamente orribile e mi fa sinceramente ribrezzo il sapere come gli "scienziati" di quel posto maledetto conducevano i loro esperimenti e avrei tanto, tanto preferito non saperlo.
Non è solo perché è Damon. O meglio, il novantanove virgola nove percento del tutto è per questo, sì, ma il restante zero virgola uno per cento è l'idea stessa di un vampiro - creature che, per quanto mitologiche e blablabla, amo più di molte altre cose al mondo da quando avevo circa sei anni e quella santa donna di mia madre mi fece vedere una puntata di Being Human -, uno qualsiasi, legato a un letto e costretto a venir studiato, analizzato e riprogrammato per sbranare i suoi simili come un cane rabbioso.
E' una cosa che mi fa veramente rabbia, oltre che provocarmi disgusto.
E poi è Stefan a parlare di stress post-traumatico (ho una voglia di mandarlo in quel posto e dirgli di non tornare mai più...)

Oltretutto, spero di reggere alle scene splatter che, a quanto mi è stato raccontato - mi rifiuto di guardare il promo. Mi rifiuto -, si prospettano la prossima volta (sono contenta che ci sia una settimana in più di mezzo, e credevo che non lo avrei mai detto), perché sono quasi certa che il tempo di vedere il primo flashback e parto per il Withmore College. Armata. 

Qualche spiegazione riguardo la roba qui sopra: siccome non abbiamo (io non ho, almeno) la minima idea di come sia arrivato nelle mani di quei pazzi la prima volta (anche se in tutta probabilità l'hanno, che so... verbenizzato, legato e portato dentro), io sono andata a sentimento e ho seguito la prima idea che mi è venuta in mente: che l'avessero reclutato, un po' come quando offrono denaro/nonsochealtro per esperimenti vari ed eventuali.
Anche se mi sembra alquanto stupido, bisogna anche ricordare che non mi sembra avesse granché da fare, oltre a girovagare, mangiare gente e etc. etc.
E invece, nell'ultimo pezzettino ho ipotizzato che si fosse liberato da solo, una volta finito l'effetto del sedativo, per poi scappare allegramente dopo aver decimato lo staff di pazzi - e qui c'è da dire che ho voluto darmi soddisfazione personale, anche.
In tutta probabilità sono andata OOC, ma capitemi: hanno aggiunto un pezzo del suo passato che non avrei mai, mai e poi mai immaginato, quando io, dopo "tanto" che ne scrivo mi ero fatta una certa idea, quindi al momento sono un po' sballata.
E non avendo il minimo indizio su come si è svolta la faccenda dell'incontro/prigionia/liberazione, non è stato proprio facile >.<

Mi sento come se avessi tenuto un discorso lungo una vita >.<
A presto,
la vostra Soqquadro

P.S. Spero che il rating Arancione sia abbastanza, ma non credo sia troppo, dopotutto
   
 
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