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Autore: ICEcream    24/11/2013    3 recensioni
Captain Swan | Whatif? PrincessEmma+LittleKillian
{ «Non so neanche chi siete.» aveva detto Emma la prima volta che la figura le si era presentata alla finestra.
Lui le aveva baciato la mano inchinandosi, poi l’aveva attirata a sé e le aveva sussurrato nell’orecchio: «Ha forse qualche importanza?»
L’unica cosa che era riuscita a vedere, un attimo prima di sentire le sue labbra, erano stati due occhi azzurrissimi.
}
Il giorno in cui un piccolo ufficiale ed una principessa confusa si incontrarono ad un ballo in maschera.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Maschere 
« Without him, I feel his arms around me
And when I lose my way I close my eyes and he has found me » }

 

 

Aspettava quella sera per tutto l’anno, la principessa Emma. La sera del suo compleanno. 
Si accoccolava vicino la finestra, ogni tanto, e con la mente immaginava cosa sarebbe successo quando finalmente sarebbe arrivata. Quando, dopo aver sopportato per ore balli e risate al piano di sotto, dopo aver dovuto fingere sorridendo fino a farle male le guance di non desiderare altro che trovarsi lì, all’ennesima noiosa festa, sarebbe salita nella sua stanza, si sarebbe tolta il corpetto, i tacchi, si sarebbe sciolta i capelli e avrebbe aspettato guardando il cielo stellato.
Poi lui sarebbe arrivato silenzioso come la notte, spuntando dall’ombra del mondo esterno, e, dopo averle fatto un inchino e averle teso un fiore, le avrebbe chiesto il permesso di rapirla. 


«A volte mi chiedo se tutto questo non sia solo un sogno.»
Allora lui le accarezzava i fianchi nudi e le sorrideva «Forse lo è, principessa.»



Quel giorno, tanti anni prima, ci aveva messo un po’ a scendere tutte le scale del palazzo. Era rimasta a lungo appollaiata in cima per osservare dall’alto tutta la scena. Aveva guardato con la bocca aperta tutte quelle maschere colorate, le damine che volteggiavano leggere sui loro tacchi da ballo, i vestiti che roteavano, i cavalieri che si inchinavano per chiedere alle loro preferite di ballare, i camerieri che si muovevano veloci e abili tra gli invitati offrendo tartine e bicchieri pieni, i musicisti che battevano il tempo suonando i violini su un piccolo palco. Aveva visto gli ufficiali nelle loro divise eleganti chiacchierare con ragazze belle come principesse, aveva visto bambini correre e ridere per la sala, aveva visto tutti gli invitati voltarsi all’arrivo dei suoi genitori ed applaudire. Alla fine, reggendosi stretta al corrimano per non cadere a causa dei tacchetti che le avevano fatto indossare, era scesa e aveva fatto il suo ingresso.
All’inizio la madre aveva alzato gli occhi al cielo, perché aveva sperato che almeno il giorno del suo decimo compleanno avrebbe partecipato alla festa senza fare storie e arrivando in orario, ma poi si era limitata a sorridere al marito ed entrambi l’avevano abbracciata e le avevano fatto gli auguri. La loro principessa stava crescendo.
Aveva mangiato quella torta altissima, Emma, non preoccupandosi delle occhiatacce degli altri, aveva ballato senza cavaliere volteggiando in mezzo alla sala, aveva corso e scherzato con i figli delle cuoche e delle cameriere, aveva ignorato l’invito di sua madre a ballare con qualche bambino e aveva giocato a nascondino con chiunque volesse partecipare. E dietro la tenda sorrideva, sapendo che nessuno l’avrebbe trovata perché quello era il suo posto preferito, dove andava sempre quando voleva nascondersi dal mondo e restare sola a fantasticare.
«Sa che non avevo mai visto una principessa mangiare tanto?» aveva detto allora un bambino scostando la stoffa, oltre una maschera bianca due occhioni azzurrissimi la scrutavano divertiti.
Emma si era spaventata ed era indietreggiata, poi gli aveva rivolto un’occhiataccia e aveva afferrato il lembo della stoffa. «Non sto giocando con te, lasciami stare!»
«Stia tranquilla, se mi fa restare non chiamerò nessuno.»
Lei aveva aperto bocca per rispondergli male e rifiutare, quello era il suo posto segreto, non voleva condividerlo con nessun bambino imberrettato. Però non poteva rischiare di perdere al suo gioco preferito il giorno del suo compleanno, così sospirando gli aveva fatto cenno di entrare.
«Io non avevo mai visto un ufficiale alto quanto un nanetto.» aveva poi detto piccata quando lui le si  era seduto affianco, il commento che aveva fatto pochi attimi prima l’aveva punta in viso. Lui aveva riso, per nulla offeso, e aveva alzato le spalle.
«Mio fratello ha voluto che mi vestissi così per essere più elegante, poi dice che rispecchia il buon nome della famiglia Jones.. O qualcosa del genere.»
«Jones?» chiedeva Emma curiosa che aveva già sentito quel nome, le pareva fosse dell’uomo che spesso veniva a palazzo e con cui suo padre parlava di guerre, tecniche militari e navi.
«Sì, mio padre è un capitano. Liam naviga già con lui ed io lo farò appena avrò l‘età giusta!» aveva esclamato lui sorridendo, gli occhi luminosi e l’orgoglio che si faceva sentire nella voce. Emma aveva provato una morsa di invidia per quel bambino di pochi anni più grande, che avrebbe solcati i sette mari e avrebbe visto il mondo, mentre lei si sarebbe limitata ad osservare lo stesso paesaggio, dalla sua stanza, per anni.
Erano stati trovati, poco dopo, e si erano allontanati nei due angoli opposti della sala, lui attaccato alla giacca del fratello che gli presentava tutti i suoi compagni, lei circondata da dame che le facevano complimenti che neanche ascoltava, impegnata a cercare gli occhi del bambino con lo sguardo, che per tutta la serata fu ricambiato.


«Non so neanche chi siete.» aveva detto Emma la prima volta che la figura le si era presentata alla finestra e le aveva rivolto quella fatidica domanda. «Non conosco il vostro volto, o il vostro nome, toglietevi quella maschera!»
Lui le aveva baciato la mano inchinandosi, poi l’aveva attirata a sé e le aveva sussurrato nell’orecchio. «Ha forse qualche importanza?»
L’unica cosa che aveva visto lei, un attimo prima di sentire le sue labbra, erano stati due occhi azzurrissimi.



Si erano trovati l’uno di fronte l’altra nel mezzo della sala quasi per sbaglio. Si guardavano negli occhi confusi, chiedendosi cosa fare. Un attimo prima nella sala si sentivano solo chiacchiere e musica di sottofondo e loro erano circondati dai loro parenti che conversavano allegramente. Liam aveva trascinato il bambino lì e dandogli un buffetto aveva detto: «Su, Killian, inchinati di fronte alla principessa!» e lui l’aveva fatto, un po’ imbarazzato, anche se non quanto lei. Biancaneve allora aveva fatto un sorriso alla figlia e un cenno con la testa, ricordandole le buone maniere, così quella aveva sospirato e aveva risposto con una riverenza. Si erano sorrisi, i loro parenti, e avevano preso a parlare di cose da adulti, un attimo prima di sparire e lasciarli là, al centro della sala da ballo, quando la musica aveva attaccato più forte.
Emma aveva deciso di scappare, era pronta a farlo, ma lui le aveva posato una mano sul fianco e aveva preso l’altra, un po’ impacciato.
«Cosa stai facendo?» aveva sussurrato lei a bocca stretta mentre iniziavano a muoversi lentamente, molti occhi fissi su di loro.
«Cerco di non dare spettacolo» aveva risposto il piccolo ufficiale.
«Io non ballo..» aveva tentato di obbiettare la principessa, preferì non dire di non esserne capace perché, infondo, faceva parte delle sue lezioni; lezioni che marinava sempre perché trovava noiose. In quel momento avrebbe dato qualsiasi cosa per aver partecipato almeno ad una di quelle.
«Veramente lo stiamo facendo, principessa» lei ignorò il suo sorriso beffardo e si guardò i piedi. Constatò stupita di non stare inciampando, sbattendo contro gli altri ballerini o andando fuori tempo. Sicuramente era tutto merito di quel ragazzino, ma stava ballando davvero.
«Quindi.. Vedrai il mondo» aveva detto Emma ad un certo punto per non restare in silenzio. Erano molto vicini e non dire nulla la imbarazzava. Lui forse se ne era accorto perché aveva sorriso.
«Già, conoscerò moltissime cose e persone, arriverò fino ai confini del regno ed anche più in là, supererò l‘orizzonte e vedrò se davvero la terra è piatta.» lei lo guardava a bocca aperta mentre gli occhi del bambino si illuminavano sempre di più raccontando di tutti i suoi sogni, volteggiava tra le sue braccia e beveva letteralmente assetata ogni sua parola, immaginandosi lì con lui a combattere sirene ammaliatrici, a risolvere indovinelli di sfingi a guardia di labirinti, a scoprire tesori nascosti per anni. Girava per la stanza e vedeva il mondo attraverso i racconti delle avventure ancora non vissute di un bambino appena conosciuto. 
A canzone conclusa si erano fermati l’una di fronte l’altro, le guance arrossate e gli occhi ormai di entrambi brillanti, stringendosi le mani.
«Promettimi che farai vivere tutto questo anche a me.» aveva sussurrato la principessa guardandolo seria. Lui non aveva capito, non desiderava altro che portarla via da quella sala e correre fino ad arrivare oltre il paesaggio visto da quella finestra, ma sapeva bene quanto quello non fosse possibile.
«Che tornerai dai tuoi viaggi, ogni tanto, per raccontarmi le storie incredibili delle tue avventure!»
Killian aveva annuito velocemente e aveva sorriso complice alla principessa.
Solo il suo corpo sarebbe rimasto prigioniero in quel castello, la sua mente non lo sarebbe stata, e sicuramente neanche il suo cuore.
La sala era scoppiata in un applauso alla fine della canzone e per il resto della serata non si era parlato d’altro che della principessa e del suo piccolo cavaliere.
«Come avevi detto? ‘Dare spettacolo’, giusto?»


Emma pendeva letteralmente dalle sue labbra ogni volta che apriva bocca.
Si reggeva alla finestra lui e gesticolava quando le raccontava di combattimenti o di tesori o di spaventose leggende piratesche. Sorrideva e aveva gli occhi che brillavano dietro la maschera. C’era molto di sbagliato in quelle storie, ma a nessuno dei due interessava. Lei sentiva che il vuoto provato durante tutto quell’anno si era finalmente colmato.
Poi sentivano la musica provenire dal piano di sotto, dove qualche ritardatario era rimasto per ballare, si guardavano e lui la afferrava per la vita e la faceva volteggiare come aveva fatto un tempo, anni prima. Lei protestava, diventava rossa, ma non avrebbe voluto staccarsi da lui per nulla al mondo.
Ma mentre si rotolavano tra le lenzuola alla fine della serata e lui la baciava ovunque mandandola in estasi se ne rendeva conto, che ad un certo punto avrebbe dovuto, fino all’anno dopo.



Il principe azzurro stava parlando a voce troppo alta, così per lei che stava dietro la porta non era stato difficile sentire. In realtà non lo sarebbe stato neanche se fosse stata chiusa nella sua stanza sotto le coperte con le orecchie tappate. Suo padre parlava a voce troppo alta, perché era arrabbiato.
Lo aveva tradito, quel vecchio figlio di cagna, quel Jones.
Lo aveva tradito, aveva rubato per anni e lui si era fidato, lo aveva preso in giro, arraffato tutto quello che aveva potuto e poi era scappato.
Così il Re non aveva avuto altra scelta: tutta la sua famiglia era stata umiliata pubblicamente e poi bandita dal regno. Non c’era più posto per i Jones, lì.


Camminava tra i tetti, Emma, reggendosi alla sua mano e le sembrava di volare. Si lasciava cadere in carri di fieno o si calava giù per scale dimenticate da lavoratori trattenendo le risate o soffocandole sulla bocca di lui. 
Correvano insieme anche quando sentivano il fiato abbandonarli, nel silenzio della cittadina, visti solo da cani da guardia e ubriachi.
Salivano sulla nave deserta, gli uomini erano tutti a divertirsi le diceva lui, e andavano. E per qualche ora entrambi scordavano la realtà. Erano solo loro due e un mondo infinito.
«Sei un pirata.» aveva detto una volta lei, dopo essere salita a bordo. C’era un po’ di vento in quella notte autunnale ma lui era bravo a gestire la nave, reggeva il timone con forza e lo governava. «Dicono che la tua nave, la Jolly Roger, sia la più temuta, in tutto il regno.»
Lui era scoppiato a ridere «Così dicono?»
Non aveva cercato scuse, non aveva negato, non le aveva spiegato.
Perché non ce n’era bisogno. Lui si nascondeva ma entrambi sapevano tutto.
Emma era infondo la stessa bambina di quando si erano incontrati, non sapeva dire parole gentili e non sapeva consolare chi stava male, così si era limitata ad attirarlo a sé e accarezzargli il viso dove la maschera lo lasciava scoperto, gli aveva accarezzato le labbra e poi lo aveva baciato e stretto a sé.
Lui aveva abbandonato il timone e l’aveva sovrastata.



Non aveva più sentito parlare dei Jones, Emma.
Erano spariti, come fantasmi, e nessuno li aveva nominati più a palazzo per tre anni, quando era arrivata la notizia che una nave, una certa Jolly Roger, aveva iniziato a depredare tutti tesori del re e di altri nobili che gli capitavano davanti al naso.
Qualcuno diceva per vendetta.
E il capitano Killian Jones, che si diceva essere solo un quindicenne, era diventato una leggenda di cui tutti parlavano, anche a palazzo. Emma aveva pianto, nascosta nella sua stanza, arrabbiandosi con chiunque le chiedesse cosa avesse.
Aveva preso il suo primo amore di bambina e lo aveva chiuso in un cassetto, sicura di non rivederlo mai più.
Cinque anni dopo però, nella notte del suo diciottesimo compleanno, una figura mascherata aveva bussato alla sua finestra per mantenere una vecchia promessa.


«Io mi ricordo di te, sai?» sussurrava Emma accarezzandogli la guancia. Erano sdraiati l’uno affianco all’altra, l’uno di fronte l’altra, e si guardavano. Verde e azzurro si fondevano dopo troppo tempo passati lontani. «Non mi sono mai dimenticata.» una lacrima le era scesa sulla guancia, la prima non soffocata in un cuscino nel buio solitario di una camera da letto.
Non lo aveva ammesso a lui, lo aveva ammesso a sé stessa dopo anni passati a far finta di nulla. Allora chi dei due fingeva e si nascondeva? Chi portava davvero una maschera?
«Neanche io, principessa, per questo sono qui.»
«E tornerai di nuovo?»
Killian allora si era scoperto il viso e le aveva sorriso. «Tornerò sempre.»









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Elle's Nda
Ehm, ok, scusa? Cosa dovrebbe essere questa cosa? Non so, mi è uscita fuori strana (una specie di misto tra Rapunzel, RobinHood e Assassin's Creed -la scena dove si buttano in carri di fieno lol) ma posso dirlo? La amo.
Mi è venuta in mente durante una lezione di storia dell'Arte, non ricordo neanche come ma abbiamo iniziato a parlare di maschere ed io ho pensato ad un ballo, ed alla principessa Emma e ad un ufficiale Jones e poi alla versione baby.. Ed è uscita questa. Ho amato scrivere di loro in queste vesti, anche se è tutto talmente smielato da far venire le carie.
Come avrete notato ho stravolto un bel po' di cose. Il padre di Killian, prima di tutto, che resta un ladro ed un bugiardo ma non credo fosse capitano (poi non si può mai sapere, non hanno detto nulla su di lui.), poi ovviamente l'ordine delle cose perché mentre Killian e Liam erano ufficiali non credo proprio che il Re cattivo fosse David. Inoltre non so quanti anni di differenza hanno i due fratelli, io ho fatto Emma 5 anni e Killian 12, Liam per stare già in marina ne avrà avuti come minimo 18. Poi passano 3 anni e Killian ne ha 15 quando diventa un pirata (non so che fine fa Liam, fate finta sia morto) ed Emma 13, poi ne passano altri 5 e lei ne ha 18 e Killian 20. E' un po' un macello tra flashback e tutto, lascio tutto alla vostra interpretazione.
Non so come andrà in futuro, se finirà o no. Come può finire tra un pirata ed una principessa?
Forse scriverò un seguito, chissà. Per ora ho in programma una cosa molto rossa che non vedo l'ora di scrivere.
Ok, detto ciò vi mando un bacio, vi ringrazio per essere arrivati fin qui, spero di non aver fatto casini e, se vi piace come tratto questi due, vi invito a fare un salto alla mia raccolta per i 30 days OTP→
Crazy Thing Called Love
Grazie a tutti, Elle
P.s. La canzone, la più dolce e triste che io abbia mai sentito, si chiama On My Own e la canta Eponine nel musical Les Miserables. Non so perché mi fa pensare a questa storia, se parla di un amore non corrisposto, mi piaceva molto la musica e quella frase.
   
 
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