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Autore: Geilie    24/11/2013    3 recensioni
[Svaðilfari, mare!Loki]
Doveva essere una nobilcavalla, ne era certo. Quel manto lucido come le mele, e la criniera rossa intrecciata, e quella coda sbarazzina… e gli lanciava certi nitriti maliziosi che l’avrebbero fatto arrossire, se i cavalli arrossissero.
[Partecipa alle 24 Norse Hours di 24hours_of_fun.]
Genere: Comico, Demenziale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Loki
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Autore: Geilie
Fandom: Mitologia norrena
Personaggi: Svaðilfari, mare!Loki (sì, mare significa “cavalla”, esatto)

Rating: verde; Pg
Word count: 424 (Word)
Avvertimenti: bestiality? Zoofilia? Mpreg implicito? Davvero, credo che questa cosa sfugga alle normali categorizzazioni: il POV principale è quello di un cavallo. XD Il titolo è spudoratamente scopiazzato dal libro di Amos Oz.

Note: partecipa al 24 Norse Hours di 24hours_of_fun.
Norse Prompt #7: La sfida "mitica" di Emme:
 Come tutti sanno, Loki, il Dio degli Inganni, è progenitore di mostri orrendi e un poco creepy. Il suo capolavoro, però, è il cavallo a otto zampe Sleipnir, che sostiene il possente deretano di Odino. Il mito che lo riguarda, in breve, è il seguente.
Un abile costruttore strinse un patto con gli Dei: in diciotto mesi avrebbe costruito dal nulla le mura di Asgard, in modo che essi potessero proteggersi dai giganti. In cambio avrebbe ricevuto in dono Freya, il Sole e la Luna. Per evitare il pericolo e avere comunque le mura pronte, gli Dei inviarono Loki in modo che distraesse il possente cavallo del costruttore, che, in sostanza, compiva tutto il lavoro. Loki si trasformò in puledra e lo attirò lontano. Il costruttore non mantenne dunque il patto e venne ucciso. Dal canto suo, Loki, qualche tempo dopo, diede alla luce un puledrino a otto zampe di nome Sleipnir. 
Ciò che dovete fare voi è scrivere una parte di questo mito, uno stralcio, una sbirciatina alla gestazione, un occhio sulla costruzione delle mura, l’introspezione tormentata di Freya che rischia di essere ceduta per quella che, in sostanza, è una scommessa, eccetera eccetera. Potete scrivere Modern!AU, What if, AU generiche, è indifferente, ma il fandom è quello mitologico, e il mito è questo e questo soltanto. Good luck!


 

D’un tratto nel folto del bosco



La vita di Svaðilfari era monotona. Trainare carichi, portare pesi, occasionalmente farsi montare per un lungo viaggio, mangiare, dormire, ricominciare da capo. Trainare, mangiare e dormire, trainare, mangiare e dormire. A ripetizione. Non sempre nello stesso ordine.
 
E non è una vita pesante?
Ma no, grazie, non c’è male. Sono uno stallone forte, è difficile che mi affatichi.
E in campo sentimentale?
Mah, sa com’è, una sveltina di là, una di qua… Un manto lucido come il mio è difficile da trovare in giro, sono uno stallone con pedigree! Le cavalle mi cadono agli zoccoli in ogni reame!
 
Procedeva così.
Continuò così anche quando il Gigante iniziò a costruire la fortezza per gli Æsir.
Continuò così per quasi tre lune e poi, una notte, le sue orecchie equine captarono una certa commozione nella residenza degli dèi. Non ci fece caso, perché lui era un cavallo e il suo lavoro era trainare, mica fare gossip. Saranno nervosi, si disse, staranno preparando la luna e il sole e il resto del pagamento.
Non ci pensò troppo, perché i cavalli son bestie tenaci, ma pensare troppo li stanca; tornò a dormire.
Il giorno dopo uscirono nel bosco, lui e il Gigante, per raccogliere altra legna.
E lì, in mezzo agli alberi, mentre il Gigante accettava tronchi e lui se ne stava da un lato a mangiucchiare bacche da un cespuglio, apparve d’improvviso lei.
Doveva essere una nobilcavalla, ne era certo. Quel manto lucido come le mele, e la criniera rossa intrecciata, e quella coda sbarazzina… e gli lanciava certi nitriti maliziosi che l’avrebbero fatto arrossire, se i cavalli arrossissero.
Il mondo di Svaðilfari in quel momento si era ridotto a quel cespuglio di bacche succose e a lei: la scelta non fu difficile. Fece un passo verso di lei, lei gli rivolse un’occhiata divertita, si voltò e partì al trotto; lui le corse dietro. E per tutti gli zoccoli, la puledra galoppava! Galoppava come se avesse avuto un branco di lupi alle calcagna! Ma lui era Svaðilfari, era lo stallone più possente del mondo, e la inseguì e la inseguì, accorciando le distanze centimetro dopo centimetro, finché non l’ebbe tra le zampe e l’amore sbocciò e la passione lo possedette a lungo.
Quando venne il giorno, la bella puledra dalla criniera fulva era sparita e del Gigante non c’era più traccia.
Se ne rimase tra quei boschi, nella speranza di incontrarla di nuovo, ma non la rivide mai più.
Gli capitò poi di incontrare il giovane Sleipnir e seppe di aver avuto ragione: una nobilcavalla per davvero!

  
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