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Autore: Ziggie    24/11/2013    4 recensioni
Si è sempre portati a credere all'ovvio, molte volte questo nasconde la verità e per scoprirla uno solo è il nome da chiamare.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Otherverse | Avvertimenti: nessuno
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                                    Penso che questo racconto sia rimasto nel cassetto per troppo tempo. 
Sherlock non deve prendere altra polvere e spero di leggere un vostro parere a riguardo.
Buona lettura.

 "Il colpevole non è sempre il maggiordomo"
 
Cielo plumbeo, tetro. Lampi in lontananza e una luna piena fioca, che appariva di rado come il più pallido dei volti. Due uomini camminavano svelti verso il grande maniero che spiccava davanti a loro. Una pipa fumava nell'oscurità seguita da un fiato corto e passi arrancanti.

- Era proprio necessario il mio fare da facchino, Holmes? - bofonchiò il dottor Watson, seguendo il collega con difficoltà, essendo sommerso da quattro valigie di cuoio piuttosto pesanti.

- Risparmi il fiato dottore, già ne ha poco -.

- Questo perchè lei mi ha teso un inghippo! - lo additò - viaggiare leggero! In questi piccoli bauli pare ci sia dentro tutta la vostra stanza di Baker Street! -.

Il detective si voltò a guardare il dottore, regalandogli un sorriso di circostanza quando il collega fece quell'osservazione, in fondo non era andato molto lontano con l'immaginazione, ma quello era un caso di grande importanza e le valigie erano solo una scusa.

A quel sorriso il dottore rimase esterrefatto, ma si limitò a brontolare tra sè: era inutile sputare sentenze, tanto il collega avrebbe avuto sempre l'ultima parola!

Arrivati alla lussuosa residenza furono accolti dai McGregor, la famiglia che aveva contattato Scotland Yard, in mattinata, per il terribile furto subito.

Era una delle più nobili famiglie del Sussex, di origine scozzese, molto legata alla nobiltà inglese e conosciuta per il famoso gioiello portato dalle Molucche, che custodivano gelosamente in una camera apposita: il cuore del vulcano, un rubino di cinque centimetri di altezza incastonato in una collana di argento e diamanti filigranati.

- Signor Holmes, buonasera! E' un piacere avervi qui - lo accolse gentilmente il padrone di casa.

- Non avete servitù? Il mio collega, il dottor Watson, sta passando le dodici fatiche di Ercole sotto quei bauli, ci aspettavamo un facchino alla stazione - fece schietto il detective.

- Mi rincresce signori, ma l'ispettore Lestrade è stato molto chiaro: nessuno uscirà da questa casa finchè non avrà finito di interrogare tutti. E' dal primo pomeriggio che è rinchiuso di sopra e solo da pochi minuti ha iniziato a sentire la servitù - spiegò.

- Sia gentile, ci prepari una tazza di thè bollente, con un velo di latte e poco zucchero e lasci che sia suo figlio a servircela al piano superiore - fece segno a Watson di posare a terra le valigie e prendere soltanto quella che era più in alto di tutte - non le dispiace se fumo, vero? - domandò, ma non aspettò la risposta del padrone di casa e si accese la pipa, che nel frattempo si era spenta. Il signor McGregor non ebbe molte vie di risposte, annuì al detective e disse alla moglie, in silenzio poco dietro di lui, di recarsi in cucina a preparare il thè. Nel frattempo Sherlock Holmes si avviò con il fido Watson, che non aveva ancora capito nulla, su per le scale, aprendo una porta subito alla sua destra: - buonasera signori, ispettore! - salutò.

- Alla buon'ora, Holmes! Cominciavo a credere che, non si sarebbe presentato, questa volta - convenne l'ispettore.

- Saremmo arrivati prima se qualcuno non avesse mantenuto i signori - ed indicò la servitù con un lieve inchino - chiusi qui come dei pericolosi criminali. Ha individuato il suo possibile maggiordomo sospetto, Lestrade? Non voglio perdermi l'arresto di questo nonnetto in tight - fece ironico, tirando una boccata dalla pipa - senza offesa per voi altri, eh! - si girò poi verso gli imputati in fila, scusandosi leggermente. Il dottore intanto era rimasto sulla porta, troppe domande gli annebbiavano la mente, ma, da quando lavorava con Sherlock Holmes, aveva imparato a non porsene troppe: - Buon Dio, Watson! Metta giù quella valigia, si segga e legga un buon libro. Perchè no? Magari uno dei suoi! Sono tutti là dentro - indicò la valigia, con un cenno del capo.

Il medico guardò allibito il detective scoccandogli un'occhiata omicida, ma, per come il collega stava ironizzando con l'ispettore Lestrade, quei libri non avevano fatto tutta quella strada per nulla. Si sedette su una poltrona ed aprì la valigia, rimanendo stupito da quanto vi trovo dentro: - Sassi?! -

- Cerchi bene - disse come se nulla fosse Holmes.

- Perchè diavolo l'ha riempita di sassi? Come può esserci un mio libro qui dentro! E scommetto che nelle altre ce ne sono altrettanti, nevvero? -

- Scommettere non le giova, lo sa bene dottore! Cerchi meglio! - lo ammonì ridacchiando appena. Il libro raffiorò da sotto alcune pietre, tutto impolverato, il racconto portava il titolo "l'avventura dei Faggi Rossi" e solo quando il dottore lesse la copertina qualcosa di molto vago gli balenò in mente, il vero mistero era capire il perchè di tutte quelle pietre in valigia, senza dubbio una delle infinite stravaganze del collega: - Accidenti a lei, Holmes! Che diavolo c'entra ora questo libro? -

- Legga e attenda. La tazza di thè sta per arrivare e, dal tremolio del vassoio, direi che entrerà da quella porta a breve - fece una pausa, scrutando tutti i presenti della servitù e tendendo bene l'orecchio alla porta, tra una boccata e l'altra - Signorino McGregor, che piacere vederla! - salutò il giovane, che era entrato nella stanza un pò spaesato e sorpreso che il detective avesse chiesto di lui  - mi rincresce avervi fatto fare tanta strada con il grande fardello che avete in tasca, ma, vede, la servitù è bloccata qui: l'ispettore Lestrade è uno molto all'antica - disse Holmes con una cortesia pungente.

Il ragazzo lo guardò sorpreso, facendo tremare il vassoio maggiormente - l'ispettore mi ha già fatto le dovute domande non appena è arrivato, mi sembra di aver risposto e di essere libero di lasciarvi questo thè e andarmene - commentò stizzito, voce diretta, ma forse non troppo.

- L'ispettore è solito fare degli sbagli - convenne Holmes, incurante del fatto che Lestrade era a pochi metri da lui - io no - confermò ben sicuro, soffiandogli il fumo addosso, sicuro che non sarebbero occorse troppe parole per fare cedere il giovane uomo che aveva davanti.

- Mi avevano riferito che era bravo, non credevo che la vostra bravura arrivasse a scoprire una persona senza nemmeno vederla -.

- Non basta la vista in questo lavoro, a me è bastato sentirvi salire le scale e udire la dinamica del furto questa mattina. Il tremolio delle sue mani l'ha tradita, facendo risuonare non soltanto le tazze di thè, ma pizzicando anche le corde di un oggetto più debole e prezioso, nascosto nella tasca interiore, superiore della sua giacca. Le sue braccia non sono poi così ben salde come dicono. E, poi, guardateli! Tutti servitori anziani, fedeli e devoti alla sua casata, alla sua famiglia da anni! Solo uno sciocco avrebbe sospettato di loro - guardò Lestrade con un sopracciglio alzato.

Watson ascoltò attentamente, mentre sfogliava di tanto in tanto il libro che aveva in mano. Ora tornava tutto!!!! - I Faggi Rossi! E' vero! L'altro caso in cui il colpevole non era il maggiordomo! - esclamò estasiato.

- Avevo enormi debiti di gioco, ecco perchè ho preso io il gioiello. E se lei non avesse richiesto questo stupido thè ora sarei libero da quelle pressioni - sbattè il vassoio sul tavolo, consegnando il gioiello, prendendolo dalla tasca indicata da Holmes.

- Non ringraziate me, ma l'ispettore. E' lui il detective all'antica, che crede che tutto si nasconda tra la servitù -.

Lestrade sospirò, era stato sbeffeggiato abbastanza nel giro di pochi minuti: - Se le era così chiaro già a Londra, mister Holmes, perchè non me lo ha detto subito a Scotland Yard? - bonfonchiò l'ispettore, quella era l'ennesima volta che il detective lo umiliava.

- Perchè mi diverte vederla tentare, ispettore! - ridacchiò - se avesse letto il libro del dottore, ora non sarebbe qui ad interrogare tutti loro e avrebbe saputo, fin da subito, che il colpevole non è sempre il maggiordomo -.

 
  
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