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Autore: _firefly    24/11/2013    9 recensioni
Louis è un giornalista ventottenne che non ha soddisfazioni nella vita, se non l'amicizia di Liam Payne e poco altro. E' in metro che conosce Harry, un ragazzino trasandato con le cuffie perennemente infilate nelle orecchie e un sorriso compiaciuto sulla faccia.
Ma quanto può essere importante la differenza di età quando ci si innamora di una persona?
**
AU!Larry
Eighteen y/o!Harry Twentyeight y/o!Louis
Conteggio: 12.1k
Genere: Angst, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi, Slash | Personaggi: Harry Styles, Liam Payne, Louis Tomlinson
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Vorrei che questa pagina tornasse bianca, per scriverci ti amo. Punto

 

 

Non t'amo come se fossi rosa di sale,

un topazio o freccia di garofani che propagano il fuoco:

t'amo come si amano certe cose oscure, segretamente, tra l'ombra

e l'anima.

 

 

 

Louis non sa esattamente perchè la mattina prende la metro.

Certo, non ha la patente, ma ha un migliore amico che sarebbe stra felice di accompagnarlo a lavoro tutte le mattine, magari offrendogli prima la colazione, perchè si sa, alla voce 'gentilezza' sul dizionario, c'è la foto di Liam Payne.

Non è perchè non vuole sfruttarlo, dato che normalmente lo fa senza alcun problema, solo.. Deve ammettere che la metro gli piace. Insomma, a parte odore di pipì come se non ci fosse un domani e la gente che ti viene addosso senza neanche chiederti scusa, crede di apprezzare quel posto cupo, si sente in un gruppo, nella categoria 'gente che prende la metro alle otto di mattina'.

Non che questo lo faccia stare particolarmente bene, ma comunque è già qualcosa.

E poi Louis adora l'orologio in stile Harry Potter che è sempre costantemente dieci minuti indietro, per non parlare del ragazzo con i rasta che ogni mattina intona sempre il solito repertorio di canzoni, seduto con la sua chitarra tra il distributore di merendine e la biglietteria. Solo grazie a lui, Louis sa quando deve correre o quando può fare con calma, a seconda se il ragazzo – Max, nella sua testa – sta intonando Boulevard of broken dreams o Isn't she lovely. Ormai fa parte della sua routine.

Il problema subentra quando esce dalla metro e torna alla vita reale, quella che fa finta di amare ma che in realtà odia con tutto se stesso.

Louis ama le parole, le ha sempre preferite ai pensieri e ai fatti, ama spaziare con esse e con la mente, invece che stare ancorato a questa realtà che, davvero, gli sta veramente stretta. Il problema è che Louis può amare quanto vuole le parole, ma odia assolutamente il suo lavoro, perchè èrealtà, è tutto ciò che ha cercato di evitare per tutta la sua vita. Ma ovviamente, non è lui che decide, sono i suoi genitori.

Ha ventotto anni sì, è maggiorenne e vaccinato, eppure tutti si permettono sempre di controllare la sua vita. E lui vorrebbe davvero urlare qualcosa che suoni come "Lasciatemi vivere!", ma pensa di non averne più la forza. Insomma, a parte Liam e la sua dignità non ha niente. E non è neanche tanto sicuro della seconda.

Ma comunque, è tutto ciò che può fare per rimediare alla delusione che è sempre stato per tutti. E' gay, anche se quasi nessuno lo sa, non ha mai avuto una relazione che durasse più di sei mesi e perciò l'unico modo per rimediare è essere bravo in quello che fa, nel lavoro che i suoi gli hanno raccomandato.

La sente ancora sua madre, quel giorno di cinque anni fa, quando "Louis, dovresti provare a fare il colloquio per quella rivista, il direttore ha detto che pagano bene." già. Peccato che gli faccia schifo.

 

 

Perciò non si sorprende più di tanto quando, quel giorno d'autunno, appena entrato nel suo noioso ufficio, Alex, il super sfruttato nuovo segretario del capo, viene a bussare alla sua porta.

"Sì?" sbuffa Louis, lasciando cadere malamente la sua giacca sulla sedia e voltandosi verso il ragazzo che, già col fiatone alle nove di mattina, lo guarda come se avesse quasi paura di lui.

"S..signor Tomlinson, il capo la vuole vedere."

"Sì, dammi solo.." "No, ha detto di dirle che la vuole nel suo ufficio subito."

Si sa, quando il capo comanda nessuno si può permette di disobbedire, soprattutto che il suo nome è niente popodimeno che Simon Cowell.

Louis sbuffa, mentre il ragazzino sembra che abbia fretta di uscire, la cartelletta verde che ha in mano che trema sotto la sua stretta potente."Arrivo." dice, cominciando a camminare verso la porta. Il ragazzo inchina il capo, prima di uscire e sparire nel corridoio.

Louis si gratta un occhio, camminando verso la porta dell'ufficio del capo, a testa china, con una strana speranza nel petto, che in poco tempo si trasforma però in paura: e se lo licenziasse su due piedi?

Nel senso, non che faccia schifo a scrivere, ma in quel periodo si sente inutile e impiega più di una settimana a scrivere un articolo che si possa definire leggibile. E se lavori in un settimanale, beh, questa cosa non aiuta, davvero. Però forse essere licenziato potrebbe non fare così schifo. Insomma, potrebbe giustificarsi con i suoi e fare finalmente quello che gli pare e avere un lavoro che lo faccia sentire vivo e.. No, non può funzionare. Via questo lavoro, avanti un altro, magari ancora più noioso. Non che questo non lo sia, ma Liam è solo lì, e lui ne ha un fottuto bisogno.

"Buongiorno, signor Cowell, mi ha fatto chiamare?" sorride falsamente quando bussa e poi si affaccia nell'ufficio del capo, la voce leggermente tremante.

"Oh, Louis! Sì, entra pure, accomodati!" oh, l'ha chiamato per nome, potrebbe essere un buon segno..no?

Louis annuisce a testa bassa e poi entra nella stanza, andando a sedersi su una delle poltrone davanti alla scrivania. Beh, la sua rivista non è molto famosa, ma di sicuro a quell'uomo manca tutto tranne che i soldi.

"Come stai, tutto bene in famiglia?" gli chiede Simon, prima di posare la biro che aveva in mano con aria gentile.

Come stai, la sua domanda preferita! "Bene, si va tutto bene." risponde, la soggezione che gli incute quell'uomo che gli fa puntare lo sguardo a terra.

Sente il sorriso di convenienza di Cowell che gli preme sulla nuca, il suo sguardo paterno che lo compatisce quasi. "Bene." tossisce leggermente, coprendosi la bocca – e l'imbarazzo – con una mano. "Bando ai convenevoli, ti ho chiamato qui per parlare dei tuoi ultimi rendimenti."tossicchia ancora leggermente.

Bene, è la fine pensa Louis, le mani che gli tremano. Non è mai stato lasciato o licenziato prima, non sa come reagire ad una cosa simile. Si deve difendere, deve mettersi ad urlare? Ma che senso avrebbe, insomma, è alla luce del sole quanto sia scarso il suo rendimento ultimamente no?

Però beh, tanto vale provare, ancora prima che dica qualcosa. Non ha niente da perdere, tranne il lavoro e la dignità – a questo punto gli interessa di più il primo punto, sinceramente. "Senta, signor Cowell, voglio scusarmi con lei per questo brutto periodo, le prometto che rimedierò, solo..non mi licenzi, io.."

"No, Tomlinson." lo interrompe Simon, scuotendo la testa con una risatina ironica. "No, non hai capito il punto. Non è mia intenzione licenziarti."

Se Louis credesse in Dio, probabilmente si metterebbe a ringraziarlo in ginocchio, davanti a tutti. "Ah no?" si limita invece a dire, alzando la testa verso di lui, un peso che sembra dissolversi dal suo stomaco.

"No." sorride ancora l'uomo, Louis non l'ha mai amato così tanto. "Insomma, capita a tutti di avere un periodo no, giusto? Non sono qui per giudicarti e Louis.." dice, abbassando la voce. "..io credo in te. Sei il più bravo qua dentro, sono certo che farai molta strada. Solo.. Non è il tuo momento. Penso ti manchi.. L'ispirazione."

La che?

"Credo che tu debba trovare la tua Musa ispiratrice."

La sua che?!

"Scusi?" si azzarda a chiedere, aggrottando le sopracciglia, perchè cavolo, il suo capo sembra così soddisfatto di essere giunto a quella conclusione che non se la sente di ridergli in faccia. Cazzo, deve averci pensato tanto.

"Sì! Insomma Louis, hai bisogno di una persona che sia la tua ispirazione. Che ti aiuti a scrivere anche solo restando lì a guardarti senza fare niente. Non so se mi spiego."

No. "Certo capo." tutto, pur di tornare nel suo ufficio. Tutto.

"Bene, sono felice, perchè l'articolo di punta della prossima settimana è tuo. Hai dieci giorni per scriverlo, Louis. E voglio che sia fantastico, il tuo lavoro migliore." Bene, magari avrebbe volentieri evitato questa parte del discorso.

"No, oddio, ma.." "So che ce la puoi fare. Davvero Louis, credo nelle tue potenzialità. E la tua Musa arriverà, me lo sento. E quando lo farà, sarà tutto più facile." conclude l'uomo, stendendo le mani dietro alla testa, un cipiglio soddisfatto negli occhi.

E Louis vorrebbe dirgli che lui non è Omero, che non gli serve una fottuta Musa, ma un lavoro che lo renda soddisfatto di sè stesso. Ma forse, sente che Simon ci crede davvero in lui, ed è la prima persona che lo fa davvero, da.. Beh, da sempre. Escludendo Liam, ovvio.

Quindi, se non può fare questo per se stesso, almeno lo può fare per lui. No? "Ma come faccio a trovarla?" domanda quindi, il panico di deludere una delle poche persone che ancora credono che sia buono a qualcosa che gli fa gelare il sangue nelle vene.

"Sarà lei o lui a trovare te, non ti devi preoccupare." già, la fa facile lui.

E, solo dieci minuti dopo, quando Simon gli batte una mano sulla spalla e gli dice "Ce la farai", Louis potrebbe non ricordarsi neanche come si chiama.

E allora, come farà a scrivere l'articolo di copertina e a trovare la sua ispirazione in poco più di dieci giorni?

 

 

 

"Nah, Simon sembra cattivo, ma in realtà ci crede tanto in te. E anche io."

Quando lo racconta a Liam, in mensa, il ragazzo gli sorride, osservando senza battere ciglio la mano di Louis che, furtiva, gli ruba una patatina dal piatto, dato che le sue sono già finite.

In quel momento Louis vorrebbe ucciderlo, seriamente, perchè non ha decisamente bisogno di avere, non una, ma ben due persone che contano su di lui. Troppa responsabilità in una volta sola.

"Oddio, non ti ci mettere anche tu, ti prego." lo supplica, alzando gli occhi al cielo.

Liam ride, prima di bere un po' d'acqua. "Ma è vero Lou. Se Simon dice che ti serve una fonte di ispirazione, allora ti serve una ponte di ispirazione!" dice lui. "Il capo ne sa più di chiunque altro."

Louis sbuffa. Sono due a zero per Simon e Liam, non c'è che dire, lo stanno massacrando. Il castano sbatte la fronte contro il tavolo, in una mossa piuttosto teatrale. "Uccidetemi." sussurra afflitto.

Liam ride di nuovo. "Prima scrivi l'articolo, poi giuro faccio quello che vuoi."

"Ma come faccio? Non riesco a scrivere nemmeno una frase di senso compiuto ultimamente, non può pretendere così tanto da me!"riprende Louis, senza alzare la testa.

"Ce la farai. Hai un talento inaudito Lou, se proprio non trovi la tua ispirazione, fatti ispirare direttamente dalle parole." riprende Liam, sorridendogli e prendendo ad accarezzargli leggermente i capelli sulla nuca. "Ce la farai, ce l'hai sempre fatta in un modo o nell'altro no?"

E, Dio, Louis odia quando Liam ha ragione.

 

***

 

Passano due giorni da quella mattina, ed è cambiato ben poco nella vita di Louis.

Ogni giorno prende la metro, scende alla solita fermata e si guarda continuamente attorno per trovare la cosiddetta 'ispirazione'. Impresa ardua, a quanto pare, dato che tutto ciò che vede la mattina sono i soliti volti anonimi che gli passano accanto senza neanche guardarlo in faccia.

'Sarà lei o lui ha trovare te.' cazzate. Davvero, sono tutte cazzate, Louis non potrebbe esserne più convinto. Nessuno gli picchia sulla spalla e gli dice semplicemente 'ehi ciao, io posso aiutarti'. Non funziona così, la vita non è la favola di Biancaneve, un principe sconosciuto non decide di baciarti senza conoscerti. Oh no, ci sono delle cose che neanche Simon Cowell può comandare.

 

E' un giovedì quando il destino decide di dimostrare a Louis il contrario.

Quella mattina esce in ritardo di casa, perchè la sua vicina di casa – Margherita, benedetto l'uomo che l'ha sposata – l'ha tenuto a parlare sul pianerottolo per quasi dieci minuti, pregandolo di curare le sue piantine mentre lei non c'è e bla bla bla. Certe donne lo fanno essere grato di essere nato gay, sul serio.

Quando percorre le scale della metro, Max, il ragazzo dei rasta, è già all'ultima strofa di Isn't she lovely, tanto per far capire a Louis che quella mattina il ritardo è assicurato, insomma.

Ma forse non tutto il male vien per nuocere. Perchè se quella mattina Margherita non avesse deciso di stordirlo con la sua arte oratoria, se Louis non avesse deciso di prendere la metro successiva, se non fosse salito proprio su quel vagone, di certo non avrebbe trovato la sua perduta ispirazione.

Di certo non avrebbe trovato lui.

Louis è appena sceso dal vagone, per aspettare l'altra metro, la linea successiva, che lo porterà a lavoro, quando.. Beh, non sa nemmeno lui cosa succede.

Vede solo una montagna di capelli ricci che gli si siede accanto, sulla panchina, mentre tenta di chiamare l'ufficio per avvertire del ritardo. All'inizio non ci fa molto caso, perso nel cercare il numero di Liam che, ne è sicuro, gli salverà ancora una volta la vita.

Non ci fa molto caso, no, finchè non sente qualcosa sfiorargli un braccio e - "Ciao!" - sente una voce stupenda mai sentita provenire dalla sua destra.

Si volta, e quella è la prima volta in cui incontra gli occhi più belli mai conosciuti dall'uomo: un ragazzino dell'età che di certo non può superare i sedici anni è seduto accanto a lui, le cuffie infilate nelle orecchie e un sorriso infantile dipinto su un viso liscio e puro, senza neanche un accenno di barba a coprirlo. E' carino, Louis non riesce a negarlo, e ha una voce che sembrerebbe quella di un trentenne, ma - Dio no! - l'ultima cosa che vuole è una denuncia per pedofilia!

"Ciao." risponde solo, pensando di defilare il ragazzo in poco tempo: non ha tempo di fare il baby sitter, davvero.

Ma il ragazzo sembra dell'idea contraria, dato che gli sorride come se avesse visto il mondo per la prima volta, quei due smeraldi verdi piantati direttamente nei suoi. "Non è che avresti un accendino?" gli chiede poi, spalancandoli ancora di più. Oh bene, fuma anche, tanto per accentuare ancora di più la sua acidità mattutina.

Louis sospira, voltandosi verso di lui."No ragazzo, non fumo." risponde, un sorriso tirato stampato sul viso.

"Beh, in alternativa potresti darmi il tuo numero."

...no, non può averlo detto davvero. Seriamente, Louis non può crederci. Si volta verso il ragazzo come se fosse una specie di fantasma, guardandolo con gli occhi spalancati.

Un sedicenne sta forse cercando di di rimorchiarlo? Alle nove di mattina? Alla fermata di una metro?!

Louis sorride della scenetta, osservando il ragazzo che, sicuro di sè e sorridente, lo guarda con gli occhi che brillano. E' bello, questo è innegabile, ma.."Scusa la curiosità. Quanti anni hai?"

"Tu quanti me ne dai?" risponde il ragazzo, incrociando una gamba sull'altra, facendo sorridere inconsciamente Louis. Non può star succedendo davvero.

"Non lo so, sedici?" risponde Louis, tornando a guardare il suo lucente I phone, sperando che Liam lo richiami, dato che gli ha fatto una cosa come cento squilli.

"Ne ho diciotto. Sono maggiorenne e consenziente." risponde spavaldo il ragazzo, sorridendogli ancora. Solo allora Louis nota delle fossettine ai lati della bocca quando sorride, sono belle e lo rendono ancora più bambino.

"E sei anche pazzo." rincara Louis, scuotendo la testa. Il ragazzo sembra incupirsi leggermente, prima di guardarsi un attimo intorno. La metro arriva con uno stridere di ruote e si ferma esattamente davanti a loro, così che Louis possa alzarsi e buttarcisi dentro come i migliori tuffatori, sperando – o forse no – che il ragazzo dai capelli ricci non lo segua. Ma, ovviamente, mai nessuno che lo ascolti, da lassù!

Louis si siede, in un posto appena lasciato da una signora e il ragazzo si posta accanto a lui, le solite cuffie nelle orecchie, come diavolo faccia a sentirlo rimane un mistero.

"Mamma mia." dice, come se il discorso di prima non si fosse mai concluso. "Non credevo fossi così vecchio."

No. Eh no, tutto ma vecchio proprio no! Ha ventotto anni, diamine, e non è assolutamente vecchio! "Ehi ragazzino, io non sono vecchio e tu dovresti essere a scuola in questo momento o sbaglio?!" okay, forse ha parlato come sua madre. Forse..

Il ragazzo gli sorride soddisfatto, perchè - ehi! - è la frase più lunga che gli abbia detto. "Ascoltati. Parli come un vecchio, rassegnati."risponde il ragazzo alzando le spalle, come se non lo avesse appena insultato.

"Ma che cavolo..? Oh, senti, lascia stare." Louis si acciglia, tentando di lasciare cadere il discorso, è davvero troppo stanco per difendersi dalle accuse di un diciottenne. E poi lui non è vecchio!

"Se tu non fossi vecchio a quest'ora mi avresti sorriso decentemente, mi avresti detto il tuo nome e mi avresti dato il tuo numero. Il tutto in meno di dieci minuti." rincara ancora Harry, sembra davvero irritato.

"Non sono un pedofilo, hai diciotto anni ragazzo!" dice ancora Louis, prima di accorgersi di stare urlando e tappandosi la bocca con una mano.

"Mi chiamo Harry e il continuare a chiamarmi 'ragazzo' ti fa sembrare ancora più vecchio di quello che sei!" dice ancora il riccio, gli occhi spalancati dalla rabbia.

"Sei irritante."

"Sei vecchio."

Ma sta davvero litigando con un diciottenne che ha appena incontrato sulla metro?! Ma che strano mondo parallelo è quello?

"Okay, senti." dice ancora Louis, ormai al limite della sopportazione. "Mi chiamo Louis, ho ventotto cavolo di anni – dieci in più di te, carissimo – e no, non ti do comunque il mio numero perchè ti conosco da dieci minuti e mi stai già sui nervi. Contento?!"

Harry lo guarda, poi sorride soddisfatto di se stesso, una strana malizia negli occhi. "Molto." sorride ancora, per poi voltarsi verso il finestrino.

Molto, tutto qui?!

Certo che ultimamente è una calamita per le persone strane, non c'è che dire. E quell'Harry lo sembra ancora di più di tutte. Dio, Louis sta ancora pensando a quanto sia bello, ma è piccolo, piccolo, piccolo. Troppo piccolo per lui.

Stanno zitti per i dieci minuti successivi, fino a quando la metro ferma alla sua fermata e, inaspettatamente, anche a quella di Harry, perchè il ragazzo si alza, seguendolo giù dal mezzo.

Arrivati all'uscita della metropolitana, vede Harry camminare verso la parte opposta a quella dove deve andare lui. Un po' gli dispiace, deve ammetterlo, così fruga nelle tasche, tirandone fuori un piccolo oggetto giallo fluo.

"Ehi, riccio!" lo chiama, mentre quello lo guarda, a pochi metri da lui. "Ce l'ho l'accendino se ti serve ancora."

Harry gli sorride, negando lentamente con la testa. "Ehi, per chi mi hai preso?! Io non fumo." risponde, prima di voltarsi leggermente verso la strada per la quale deve andare.

E allora perchè diavolo solo mezz'ora fa gli ha chiesto l'accendino? "Ma perchè..?"

"Ciao Louis." ride Harry senza lasciarlo finire di parlare, prima di sorridergli e poi voltarsi verso la via, e pare che stia ballando su della musica che sente solo lui, invece che camminare.

"Ciao.." risponde Louis, senza che ovviamente il riccio possa sentirlo.

E forse spera di riverderlo, un giorno. Magari tra dieci anni, quando sarà un uomo vero e..oh, ma chi vuole prendere in giro, anche domani, se vuole.

 

***

 

Passano altri tre giorni, tre giorni come tutti gli altri.

Sveglia, Boulevard of broken dreams, ufficio, pranzo con Liam, computer, una pagina perennemente bianca, mal di testa, metro, casa, letto.

Tutto uguale, se non fosse che ogni santa mattina, quando deve cambiare metro per prendere quella che lo porta a lavoro, un ragazzo riccio cocciuto come pochi gli si siede in parte alla fermata, rispondendo ai suoi commenti acidi con altrettanta acidità, parlando con lui come se fossero vecchi amici, sfiorandolo con quella mani grandi e continuando a ripetergli quanto sia vecchio. Non gli ha chiesto come ha fatto a scoprire che due giorni prima era in ritardo e per quello si sono incontrati, perchè in realtà è solo contento che lo abbia capito da solo.

"Ma tu non ce l'hai una vita?" gli chiede la mattina del secondo giorno, quando Harry gli si siede ancora una volta accanto, sorridente come sempre.

"Sì, ma mi piace di più la tua." gli risponde il riccio. "O la mia e la tua, però insieme." poi gli fa l'occhiolino e Louis è sicuro che qualcosa gli si sia mosso nello stomaco. La semplicità con cui parla di loro due è semplicemente disarmante.

"Harry, hai diciotto anni." gli dice Louis, alzando gli occhi al cielo teatralmente.

Harry sospira. "E tu hai gli occhi azzurri. Quindi?" rincara, incrociando le braccia al petto e facendo una smorfia tenerissima, come se si fosse stancato di sentirselo dire e volesse solo crescere di almeno dieci anni per non farselo ripetere mai più.

"Sei troppo piccolo." lo rimbecca comunque Louis, guardandolo in faccia.

"E tu sei razzista." gli dice il riccio imbronciato, tirandogli una debole gomitata sul fianco.

Louis sorride ironico. "Ma che stai dicendo?" gli chiede, ridendo leggermente della sua espressione: è ancora più bello quando si imbroncia in quel modo, ma ovviamente non glielo dirà mai.

"Tu sei razzista nei confronti dei diciottenni. Scommetto che a casa hai delle spille con scritto sopra 'abbasso gli under diciotto'."

Louis scoppia a ridere, alzandosi nel momento in cui arriva la metro e il ragazzo si alza di fianco a lui. "Harry.."

"E degli adesivi anche. Tanti adesivi." dice seriamente, prima di prenderlo per il polso e tirarlo dentro il vagone con lui.

"Smettila di dire stronzate." gli dice Louis, concentrandosi sul suo polso, sulla delicata morsa in cui è chiuso tra le dita di Harry. Si siede in un posto libero, aspettando che Harry faccia lo stesso accanto a lui.

"Oh certo, parli così perchè non sei tu quello discriminato tra i due!" sbuffa il ragazzo, prima di alzarsi di nuovo.

Louis gli sta per chiedere il perchè, quando improvvisamente il riccio prende per mano una signora anziana che è appena salita, cedendole il suo posto.

"Grazie giovanotto." sorride sdentata la signora, stringendogli debolmente la mano.

"Ma si figuri signora."

E Louis sente il cuore arrivargli in gola, nel momento esatto in cui nota gli occhi di Harry illuminarsi quando la donna gli sorride. E forse, può avere anche diciotto anni, essere piccolo, avere ancora lo zaino sulle spalle e gli auricolari sparati a mille nelle orecchie, ma Louis potrebbe giurare di non aver mai conosciuto nessuno di tanto maturo e gentile.

E' per quello che la prima volta che la metro traballa un attimo, fa segno a Harry di avvicinarglisi e poi, picchiando le mani sulle sue gambe, di sedersi in braccio a lui. "Togliti dalla faccia quell'espressione compiaciuta e approfittane prima che cambi idea, riccio." gli dice, prima che Harry gli sorrida. "E non commentare, perchè potrei sbatterti sul pavimento prima che tu riesca a dire 'sei vecchio'." aggiunge, fingendosi serio.

Harry ride, facendo la mossa di chiudersi la bocca con una cerniera per poi gettare la chiave. Poi gli si avvicina, togliendosi lo zaino e sedendosi sulle sue gambe, le braccia a circondargli le spalle, a contatto con la sua pelle.

Harry ha un sorriso soddisfatto spampato in faccia, che si allarga ulteriormente quando Louis gli circonda con un braccio un fianco, in modo da non farlo cadere. Poi si toglie una cuffia, infilandogliela nell'orecchio. "Tieni questa, brontolone."

Louis fa una smorfia divertita, mentre una canzone che non conosce gli si espande nelle orecchie. La musica è fin troppo alta, ma le parole gli arrivano chiare come il sole.

"I want you to know, with everything I won’t let this go.

These words are my heart and soul,

I hold on to this moment you know.

Cause I’d bleed my heart out to show, that I won’t let go."

Non crede che Harry l'abbia scelta a caso, non quando lo vede chiudere gli occhi e appoggiare la testa contro la sua, i ricci che gli solleticano la fronte dolcemente.

Louis gli stringe di più il braccio attorno alla sua schiena, mentre Harry muove le labbra sulle parole della canzone.

Solo cinque minuti dopo, quando si alzano per scendere a malincuore, la signora di prima guarda entrambi, per poi spostare il suo sguardo su Louis, che le sorride.

E "Complimenti signore, suo figlio è proprio un ragazzo gentile, sa?" dice.

Inutile dire che il sorriso di Louis scema sulle sue labbra, mentre Harry scoppia a ridere, lacrimando, fino a quando non sono fuori dalla stazione, all'aria aperta.

"Hai finito Styles?" gli chiede Louis, quando Harry si piega sulle ginocchia, incapace di smettere di ridere come un pazzo e tentando di respirare.

"E' stata epica, giuro!" riesce a dire tra le risate e le lacrime.

Ma quando Louis sbuffa contrariato, Harry gli si avvicina e, posandogli brevemente le labbra su una guancia, gli sussurra all'orecchio "Non ascoltarla, lei è cieca e tu sei bellissimo.", tanto che Louis sente di riuscire a rimanere in piedi per miracolo.

Poi il riccio gli sorride e "Ciao papà!" corre via ridendo.

Louis sorride e scuote la testa, prima di voltarsi e cominciare a camminare verso l'ufficio.

 

 

Non si aspettava una reazione del genere da Liam. Davvero, quando gli dice che ha conosciuto un ragazzo in metro, sorride e gli dice che è contento, che se lo merita, che vuole conoscerlo.

Beh, diciamo che Louis potrebbe aver omesso il fatto che Harry ha-beh, ha dieci anni in meno di lui, ma.

L'età è solo un numero, no?

"E come si chiama?" gli chiede Liam, addentando il suo panino al tonno, seduto al loro solito tavolo.

"Harry." gli risponde Louis, alzando le spalle. "Ma siamo solo amici.."

"Oh, LouLou! Non la racconti a me, ti si legge negli occhi che ti piace." lo interrompe Liam, sorridendogli maliziosamente.

E no, Liam ha capito ben poco. Harry lo fa ridere e lo fa stare bene, da quando c'è lui la mattina adora alzarsi e, Dio, ama quando gli sorride con quelle fossette meravigliose. Ma no, Harry non può piacergli.

"Che lavoro fa?"

Eh cazzo, ma allora lo odiano proprio tutti.

"N..non lavora." risponde Louis, per poi bere dalla sua bottiglietta un sorso d'acqua, per bagnarsi la gola diventata improvvisamente secca.

"Ah..e cosa fa?" gli chiede ancora Liam, l'innocenza nei suoi occhi castani.

Louis prende un profondo respiro. Tanto prima o poi avrebbe comunque dovuto dirglielo, no? "Va a scuola."

"Oh, quale università frequenta?" gli sorride ancora il suo migliore amico, un po' frenato dall'espressione timorosa di Louis.

"No, Lee.." Louis respira lentamente. "Prometti che non ti metti ad urlare?" gli chiede, guardandolo con l'espressione da cucciolo per tentare di attutire il colpo.

Liam poggia il panino sul piatto. "Lou, mi stai spaventando." dice seriamente, un'espressione spaventata sul volto. "Oddio non è un carcerato, vero?"

"No, ma Lee, che cavolo dici?" ride nervosamente Louis, prima di respirare ancora.

"Lou.." "Fa ancora il..liceo." sputa improvvisamente, mentre Liam lo fissa stupefatto, gli occhi sgranati dalla sorpresa. Forse avrebbe preferito il carcerato, già.

"Ma. Ha diciotto anni, è maggiorenne!" tenta di difendersi Louis, mentre si tortura le mani nervosamente. Vuole morire. In quel momento, sotto lo sguardo di Liam, vuole morire.

Il ragazzo di fronte a lui sembra una statua: ha la bocca aperta, gli occhi spalancati e Louis giura di sentire un leggero 'biiiiiip' proveniente dal suo cervello. Sventola una mano davanti al suo viso. "Sei ancora tra di noi, Lee?" gli dice, cercando di suonare ironico, ma in realtà si sente solo a disagio.

"Oh." dice Liam, muovendosi finalmente, anche se di poco. "Beh, è.. Inaspettato, devo dire."

"Già.."

"Ma, ehi, tante coppie nella storia avevano tanti anni di differenza e poi hanno vissuto felici e contenti!" Dio, Liam che tenta di fare il migliore amico facendolo sentire bene è uno spettacolo che dovrebbe essere inserito nelle sette meraviglie del mondo. Louis non l'ha mai amato così tanto.

"Ah sì? Tipo chi?" gli chiede speranzoso.

Liam sembra pensarci un attimo, prima di allontanare il panino dal suo petto con una spinta della mano. "Oh, beh.. C'erano.. Beh, adesso non me ne viene in mente nessuna, ma sono certo che ce ne siano tantissime!"

Liam ride leggermente, cercando di mascherare l'imbarazzo.

"Già, sì.." sorride Louis. "Sei arrabbiato?" gli chiede, abbassando tristemente lo sguardo.

Liam gli sorride, stavolta autenticamente. "Ma finiscila, Lou. Come posso essere arrabbiato con te, non si può scegliere di innamorarsi, no?" gli risponde Liam, prendendogli una mano dolcemente.

Louis gli sorride, come sempre quel ragazzo sa sempre cosa dire e quando farlo. "A parte il fatto che non sono innamorato e che siamo solo amici, grazie Lee."

"Ma figurati. E poi, sono sicuro che sia un ragazzo fantastico se non l'hai ancora buttato sotto il treno." Liam ride, facendolo fare anche a lui.

Davvero, se arrivasse l'Apocalisse e Dio in persona gli dicesse che può salvare solo una persona nel mondo, sceglierebbe di sicuro Liam, senza neanche pensarci.

 

***

 

E' un venerdì sera, quando Louis prende di nuovo la metro.

Sta per tornare a casa dopo una giornata pesantissima, mancano solo quattro giorni alla consegna dell'articolo per Simon, e lui non è ancora riuscito a scrivere una riga. E' arrabbiato, deluso con se stesso e, Cristo, ucciderebbe Simon ogni volta che lo guarda con quello sguardo di fiduciosa severità.

Scende dalla metro, guardando l'orologio: sono le sei ormai, prima delle sei e un quarto non tornerà a casa, deve ancora cambiare u-ehi, ma quello non è...

"Harry!" urla sulla banchina dei binari, scorgendo il riccio dalla parte opposta rispetto alla sua. Teme di aver sbagliato persona, di aver urlato senza senso in mezzo alla gente, ma si ricrede, quando il ragazzo alza la testa e lo vede, salutandolo con una mano.

Louis gli sorride, ma capisce subito che qualcosa non va. Gli fa segno di rimanere fermo lì, prima di mettersi a correre verso le scale, per poter arrivare da lui.

Trenta secondi dopo, fiatone a parte, è lì, di fronte alla panchina dove Harry è seduto, le solite cuffie nelle orecchie e solo una maglietta a maniche corte a coprirlo. Ma che diavolo fa, è fuori di testa ad andarsene in giro così?

"Ehi, Lou." lo saluta, con un sorriso triste sul volto. C'è qualcosa che non quadra, decisamente. Lo conosce solo da una settimana, ma Harry è un libro aperto per chiunque, non è capace di nascondere ciò che prova.

"Che ci fai qui a quest'ora?" gli chiede, sedendoglidi accanto e passandogli una mano sul braccio nudo e, cazzo, freddo come un pezzo di ghiaccio. "Mamma mia, sei congelato." gli dice, prima di slacciare i bottoni della sua giacca di jeans.

"No, volevo solo... T-ti stavo aspettando, ho avuto una specie di litigio con i miei, loro..succede spesso, comunque." risponde il riccio, sorridendogli tirato. Louis annuisce lentamente, prima di sfilarsi la giacca, per poi mettergliela sulle spalle: hanno più o meno la stessa taglia, anche se le maniche sono troppo lunghe per le braccia di Harry. Ma comunque, non vuole che si congeli del tutto.

"Grazie." sussurra Harry, stringendosi addosso la sua giacca e tirando su col naso. "Non hai freddo tu?" gli chiede, gli occhi lucidi dal freddo e dalle lacrime mal trattenute di quando qualcuno si prende cura di te. Louis gli si avvicina, offrendogli una mano, che viene immediatamente afferrata dal riccio, il quale si alza in piedi. Louis se lo avvicina leggermente, vorrebbe tanto abbracciarlo, ma non pensa di poter azzardare tanto. E' così vulnerabile Harry che ha paura di poterlo spezzare anche solo toccandolo.

"Non ti preoccupare Harry, sto bene così. Ti va di venire da me? Bevi qualcosa di caldo, ti calmi un secondo e..." beh, non sa precisamente come concludere la frase, ma comunque.

"Sì, va bene." risponde Harry, stringendosi al suo fianco e sorridendogli, anche se leggermente.

E, Louis non può fare a meno di pensarlo, ama il modo in cui gli sta la sua giacca.

 

 

 

Harry passa i dieci minuti della corsa della metro con la testa appoggiata sulla sua spalla e le spalle strette nella giacca chiara: sembra assorto, Louis riesce a vederlo, ma questo non lo frena dall'afferrargli la mano, nascosta dalla manica troppo lunga. Harry ricambia la stretta, la sua mano fredda che contrasta con quella calda di Louis.

E, appena escono dalla metro, a Harry sembra tornare quasi il sorriso, mentre cammina al suo fianco e si guarda intorno, forse per memorizzare la strada di casa sua. Dire che ci vuole un niente per fargli cambiare umore è davvero poco. Eh, gli adolescenti..

"Quanto sei stato lì dentro ad aspettarmi, Harry?" gli chiede Louis, camminando più veloce per stare dietro al riccio.

"Oh, circa un paio d'ore, nulla di che."

Louis si blocca improvvisamente in mezzo al marciapiede, guardando preoccupato Harry, che cammina davanti a lui, senza accorgersi di niente.

Harry si volta, a pochi passi da lui. "Lou?"

"Tu sei stato due ore lì dentro, da solo, a maniche corte?!" gli dice serio, il sangue che gli si gela nelle vene per la preoccupazione.

Il riccio fa qualche passo verso di lui, fino ad arrivare a toccare il suo braccio con le dita, coperto solo da una maglietta a maniche lunghe. "Non ti preoccupare, non è niente di che e sono ancora vivo."

"Sì, ma avresti dovuto.."

"Chiamarti?" conclude Harry al posto suo, facendolo sentire un totale idiota. Non gli ha ancora dato il suo numero, è stato talmente stupido da non averci mai pensato seriamente.

Louis sospira, passandosi una mano sugli occhi. "Hai ragione, scusa. Ti darò il mio numero."

Harry gli sorride, alzando le spalle e tirando su col naso. Raffreddore, fantastico.

"L'importante è che tu sia arrivato."

Louis annuisce, prima di allungare una mano per sfiorargli la guancia con le dita fredde. "Andiamo, su.." gli dice, prima di passargli un braccio attorno alle spalle, in un abbraccio che non darà mai. Non perchè Harry non voglia, solo.. Il ricciolino si distrae dieci secondi dopo, appena prima di abbracciare Louis.

"Oh mio Dio, guarda Lou!" urla, prima si sottrarsi da lui per correre verso l'angolo della strada, dove ci sono i cespugli. Ma che..?

Harry si accovaccia verso un lato, allungano leggermente le mani.

"Harry?" lo chiama Louis, avvicinandoglisi da dietro, con le sopracciglia aggrottate.

"Vieni amore, no non avere paura. Vieni dallo zio Harry." è impazzito, decisamente. "Eccoti."

Ed ecco che quando il riccio si rialza in piedi, un piccolo gattino tigrato è nascosto tra le sue braccia, gioca con le sue dita e gli fa le fusa leggermente. "Oooh, ma quanto sei carino!" dice in direzione dell'animale, offrendogli un suo dito per giocarci.

Louis si limita a guardarlo, il cuore sembra fargli male quando Harry alza lo sguardo su di lui, i suoi occhi che brillano di luce propria. Non l'ha mai visto così contento, così sorridente, così..bello.

Il riccio lo guarda, mettendo su una faccia da cucciolo che farebbe invidia al più coccoloso dei panda. "Oh, Louuu!" comincia a cantilenare. Oh,proprio quello che il castano temeva. "Possiamo tenerlo, possiamo tenerlo, per favoreeeee!" due anni. Harry ha due anni.

"Possiamo?!" domanda scettico Louis, mentre Harry gli piazza il gattino davanti agli occhi, le zampette bianche che tentano di prendere il suo naso.

"Sì, possiamo, io e te! Lo porterei a casa con me, ma non credo che i miei genitori ne sarebbero tanto contenti, insomma..."

Louis sospira, arrendevole. Oh, al diavolo la ragione, al diavolo Harry, al diavolo quel peluche che miagola. Qui si parla della felicità del riccio, per diana. "Okay, okay." cede.

E poi, come può dire no a quella faccia da cucciolo?

"Davvero?" chiede Harry, gli occhi grandi che lo guardano speranzosi.

"Sì, davvero."

E forse se ne pentirà, forse è troppa responsabilità prendersi costantemente cura di un altro essere vivente che non sia lui, forse non lo vuole davvero, ma niente, niente, vale come il sorriso di Harry in quel momento. E niente vale come l'abbraccio in cui lo coinvolge Harry dieci secondi dopo, un abbraccio fatto di calore, di deboli miagolii, di 'grazie'.

Di famiglia.

 

 

 

"Ti chiamerò Gatto." dice Harry appena entra in casa sua, il gattino che miagola debolmentre tra le sue braccia.

 

Louis sorride tra sè, accendendo le luci del salotto e toccando i termosifoni per sentire se sono caldi, Harry on ha decisamente bisogno di prendere altro freddo.

"Che fantasia." commenta poco dopo, prima di lasciarsi cadere sul divano, dove Harry s è già seduto, l'animale sulle gambe a ricevere le sue coccole. Allunga una mano, infilando un dito in uno dei ricci di Harry, sentendo quanto sono morbidi al tatto.

"Ehi! Provaci tu a dargli un nome dato che sei tanto bravo." si acciglia Harry, per poi però sorridere delle carezze di Lou.

Il castano sorride, alzandosi poi per andare nella piccola cucina posta di fronte al salotto. Poi prende una teiera, mettendo a scaldare un po' di acqua calda. "Dovresti chiamarlo con un nome importante, tipo Freud, Galileo o Shopenhauer, che so." risponde, tirando fuori due grandi tazze e due bustine di the.

"Chi?!" gli chiede Harry, voltandosi verso di lui con le sopracciglia aggrottate in una maniera adorabile.

Louis ride, poi scuote la testa. "Oh, lascia stare. Ciao Gatto!" risponde Louis, versando l'acqua nelle tazze.

Sente Harry ridere di gusto, prima che ricominci a parlare in falsetto con Gatto, come si fa con i bambini. Forse anche lui dovrebbe iniziare a parlare così al riccio, forse lo ascolterebbe per una buona volta!

Louis scuote la testa e prende le tazze bollenti, portandole sul divano e porgendone una a Harry. "Spero ti piaccia il the verde, non ho altro." gli dice, sedendosi a qualche metro da lui.

"Va bene così, grazie." gli risponde Harry, sorridendogli e prendendo la tazza, il gatto che si è acciambellato sulle sue gambe.

"Ti somiglia, lo sai?" gli dice Louis, osservandolo. E' davvero carino: è tigrato e il suo pelo è bellissimo, ha le quattro zampette e la punta della coda bianchi, un bel musino che esprime una dolcezza inaudita.

"Mi stai dicendo che sono peloso e che miagolo?" domanda Harry ironico, sorridendogli come un bambino. Louis ride dolcemente, prendendo un sorso di the caldo che gli scende nello stomaco, riscaldandolo all'istante. Ama essere inglese solo per il the.

"Anche." risponde Louis ridendo. "Dico nel senso che è avventuroso e gli piace giocare, ma quando gli fai le coccole e gli dai confidenza si scioglie."

"Ah sì?" chiede Harry con la tazza davanti alla bocca e Louis può giurare che sia arrossito leggermente.

"Già."

Stanno in silenzio per qualche minuto, ognuno che beve il suo the, ognuno perso nei suoi pensieri. E' Lou a rompere quella situazione, appoggiando la tazza sul tavolino davanti al sofà e sospirando.

"Hai voglia di dirmi che cosa è successo con i tuoi?" gli chiede e non sa se sta azzardando troppo, ma vuole, deve, saperlo.

Harry sospira, prima di prendere ad accarezzare lentamente Gatto, prima di spostarlo lentamente sulla poltrona posta accanto al divano, cercando di non svegliarlo, per potersi avvicinare a Louis di qualche metro, sebbene sia ancora troppo lontano per i suoi gusti.

Poi sospira. "Beh, vedi... Succede molto spesso. Ho detto loro di essere gay l'anno scorso, e non l'hanno presa bene. Soprattutto mio padre." comincia, lo sguardo basso. "E succede che discutiamo almeno una volta al mese, qualche volta anche una volta a settimana. Io scappo così come sono e torno il giorno dopo. Di solito mi ospitano Zayn o Niall, che sono i miei migliori amici, non sopporto più il fatto che i miei genitori non mi accettino per quello che sono." e lo dice con talmente tanta tristezza nello sguardo, che Louis può vedere tutti gli insulti, le urla, le litigate che si è dovuto sorbire in quei dodici mesi. E non se lo merita, davvero, Harry è l'ultima persona che si merita una cosa del genere.

"Non dev'essere facile." dice Louis, non sapendo bene come farlo stare meglio.

"No, per niente. In teoria loro due dovrebbero essere le persone che, insomma, credono in te e ti vogliono bene più di chiunque altro... E invece..." i suoi occhi sono lucidi, il suo respiro irregolare. Si stringe nella sua giacca come se quel gesto gli desse la sicurezza che gli manca del tutto.

Il castano si alza, per riuscire a spostarsi più vicino a Harry. Ora può quasi toccarlo.

"I miei non sanno che sono gay. Ho ventotto anni. E, francamente, si vede lontano un miglio." gli dice ancora Louis, tentando di farlo sentire in qualche modo compreso.

Bingo! Harry sorride, guardandolo con dolcezza. "L'ho capito appena t'ho visto." gli dice, e Louis annuisce sorridendo. "Eri così bello..." la sua voce scema, come se si vergognasse di dirlo ad alta voce.

"Tu lo sei." gli risponde Louis francamente, prima di avvicinarsi del tutto a lui per abbracciarlo.

Harry ricambia, circondandogli i fianchi con le braccia e poggiando la testa sul suo petto, respirando il suo profumo. Louis si sente bene, davvero, quando una sua mano finisce tra i suoi ricci e l'altra ad accarezzargli la schiena ritmicamente.

"Per me puoi restare quanto vuoi, intesi?" tipo per sempre. Gli sussurra Louis, quando riesce a riprendere il fiato che gli è stato tolto dalla vicinanza improvvisa del più piccolo.

"Sì, grazie Lou.." gli sussurra Harry, per poi tirarsi su per lasciargli un timido bacio sulla guancia. Dio, ama quei baci delicati, ama la sensazione che gli lasciano sulla pelle e i brividi che si propagano per tutta la schiena.

Louis sorride. "Hai voglia di mangiare qualcosa? Sono le sette e modestamente sono un bravissimo cuoco." gli chiede, sorridendo.

"Non vedo l'ora, solo... Stiamo così solo un altro po', ti prego." risponde Harry, abbracciandolo ancora come prima e chiudendo gli occhi. Louis annuisce poi si sdraia, tirandoselo addosso e facendogli appoggiare la testa sul suo petto, mentre Gatto, dalla sua posizione, li guarda assonnato.

"Quanto vuoi, piccolo, quanto vuoi."

Louis non sa come nè perchè ma, in futuro, si ricorderà sempre quel momento come quello in cui si è innamorato davvero di Harry.

Il riccio gli accarezza il petto fino a quando non si addormentano, tutti e due, l'uno stretto tra le braccia dell'altro.

 

 

 

Quando apre gli occhi, il giorno dopo, Louis pensa di non essersi mai sentito.. Così.

E' scomodissimo, ha le gambe aperte ed è a pancia in su, sente la schiena fargli male come se un tram l'avesse ripetutamente investito e giura di non sentire più le gambe, ma non cambierebbe assolutamente niente, perchè Harry è accoccolato come un gatto sul suo petto. Dorme ancora come un angioletto, ha la bocca semi-aperta e ha ancora stretta addosso la sua giacca. E' la cosa più bella che abbia mai visto.

Louis sorride, per poi voltare a malincuore la testa verso l'orologio: sono le sette e mezza di sabato mattina, probabilmente Harry non avrà scuola, ma lui..beh, lui deve andare a lavoro. Potrebbe chiamare l'ufficio e dire loro che non sta bene, che preferisce stare a casa quel giorno - il che non è totalmente falso -, ma davvero, non può. Deve scrivere, deve provarci, non vuole più deludere nessuno; Simon, Liam... Harry.

Perciò si muove con estrema lentezza: tenta di sfilarsi da sotto il riccio senza muoverlo troppo, tenta di spostare la sua testa e le sue braccia dalle sua vita, ma niente. Il ragazzo dorme come un sasso, in quel momento sembra che nessuno possa smuoverlo da lì. Mugugna qualcosa, per poi strusciarsi come un gatto sul petto di Louis, ritornando a dormire come se niente fosse.

Niente. Occorre passare alle maniere forti.

Louis sorride, prima di accarezzare lentamente i ricci di Harry. Poi passa le mani sulla sua schiena, facendogli di proposito il solletico, il modo che si muova un po', senza svegliarsi: il compromesso funziona, perchè Harry chiude le braccia, portandosele al petto, sbuffando e sussurrando qualcosa nel sonno, cosa che fa sorridere Louis come mai ha fatto.

Dio, si sente una ragazzina.

Così, non si sa come, Louis riesce a sfilarsi da sotto il peso del ragazzo, a malincuore, ma per lo meno ci riesce. Si volta e prende una coperta, la stende e gliela adagia addosso, coprendolo fino alle spalle e osservandolo stringersi il tessuto di lana calda addosso. Oh, non ringrazierà mai abbastanza sua nonna per quello.

Gatto, che in quel momento lo sta osservando dalla poltrona, miagola fiocamente, mentre si stira e poi balza giù dal ripiano morbido.

"Sssht, non vedi che Harry dorme?" gli sussurra Louis, prima di abbassarsi per prendere in braccio la piccola palla di pelo, che ha già cominciato a fargli le fusa. Si sente un po' idiota, sì. Ha appena parlato con un gatto.

"Vieni con me, so che hai fame, piccolo furfante." continua accarezzando la testolina del gattino.

Appena è in cucina inizia a preparare il caffè, versa un po' di latte nella ciotola di Gatto - se così possiamo definire un bicchiere mezzo scheggiato di plastica - e poi, cercando di non fare rumore, va a farsi una doccia veloce.

Si veste e, quando torna in salotto, Harry sta ancora dormendo come un angioletto, Gatto acciambellato ai suoi piedi.

Louis entra in cucina, preparando il caffè anche per il riccio, nel caso quando si sveglia ne voglia, e poi prende un fogliettino, scrivendogli poche righe per spiegargli perchè è dovuto scappare così, dicendogli quanto ha odiato farlo e pregandolo di provare a fare pace con i suoi. E poi "Ci vediamo domani, Gatto ha già mangiato."

Sente come se avesse tralasciato qualcosa, ma tenta di ignorare quella sensazione, lasciandogli il foglietto sul tavolino del tavolo. Poi lascia un bacio sulla pronte di Harry, e quando lui sembra stare per svegliarsi, gli accarezza la fronte. "Dormi, piccolo."

Poi lascia una carezza sulla testa a Gatto – "Tienimelo d'occhio" –, per poi uscire di casa senza fare rumore.

E, per la prima volta, Louis sente di stare lasciando casa. E, sinceramente, non vede l'ora di tornarci.

 

***

 

Niente.

Tutto ciò che c'è scritto sulla pagina aperta del suo computer.

Assolutamente niente. Il vuoto assoluto.

Eppure Louis ha sempre amato scrivere. Che fossero temi scolastici, storie inventate, la lista della spesa, lui ha sempre amato scrivere. Per lui è tutto, per lui è come respirare, come vivere, come.. Non lo sa nemmeno lui, è come se fosse una parte di sè.

E non riuscire più a farlo è come stare in apnea, senza respirare in un mondo subacqueo. Dove aprire la bocca significa morire.

Ma forse ha ragione Simon, forse gli manca la fonte di ispirazione, forse ha bisogno di ritrovare se stesso prima di ritornare a scrivere come si deve.

Sì, ma come, dannazione?

Perchè nel frattempo, quella pagina rimane bianca come la sua anima.

 

 

Quando torna a casa, quella sera, tutto si aspetta meno che trovare due persone a parlare sul pianerottolo, di fronte al suo appartamento.

Harry sta ridendo, mentre Margherita, la sua vicina di casa, gli racconta qualcosa che a quanto pare lo sta facendo morire dalle risate; Louis sinceramente si chiede che cosa effettivamente non faccia ridere quel ragazzo.

"Harry?" chiede, quando finalmente è vicino ai due, scrutandoli attentamente, come in cerca di un indizio che gli faccia capire perchè il riccio è lì-o perchè stia famigliarizzando con quella donna.

Il ragazzo si gira sorridente, prima di riconoscerlo e "Ciao Lou!" salutarlo, alzando anche la mano. Dio, sembra un bambino quando lo fa.

"Che..che sta succedendo qui?" chiede ancora Louis, mezzo sorridente e mezzo scioccato, prima di salutare Margherita.

"Oh, sapessi!" risponde la donna con aria cospiratoria, prima di voltarsi verso la sua porta e trotterellare fino a raggiungerla. "Non lasciartelo scappare, Louis!"

E poi apre la porta velocemente e sparisce dentro il suo appartamento, non prima che Harry le abbia urlato "Arrivederci Margherita! E grazie!", per poi scoppiare a ridere.

Louis lo guarda scioccato: Harry ha davvero fatto amicizia con Margherita e le ha davvero tenuto testa?! In cinque anni di vicinato forzato con quella donna, mai nessuno l'ha mai sopportata: avrà all'incirca una settantina d'anni ed è una donna molto altruista e sorridente, ma, Dio, parla quanto una radio rotta!

"Tu hai uno strano feeling con le donne anziane o sbaglio?" gli chiede Louis, prima di aggrottare le sopracciglia e sorridergli ironico.

"Non per niente mi piaci, LouLou." gli sorride Harry, prima di farsi spazio in casa, chiamando a gran voce Gatto.

E Louis non si accorge del fatto che lo abbia ancora una volta definito vecchio, perchè il suo pensiero è fisso sul 'mi piaci', che ha appena pronunciato il riccio. Deve smetterla di fare certi pensieri, fa male alla salute. E non solo a quella.

Così scuote la testa e lo segue velocemente, entrando in casa e poggiando malamente giacca e materiale da lavoro sul primo ripiano libero, che si rivela essere il pavimento davanti all'ingresso.

"Comunque sia, che ci fai qui?" gli chiede, mentre segue il riccio in cucina, dove.. Sono delle pentole quelle?

"Non sapevo dove altro andare." risponde Harry, alzando lo sguardo su di lui, mentre mescola qualcosa che assomiglia molto a del ragù all'italiana.

Louis aggrotta le sopracciglia, confuso dalle sue parole. N-non sapeva dove altro andare? "Che vuoi dire?" gli chiede, avvicinandoglisi lentamente, alle sue spalle.

Il riccio prende un profondo respiro, come se stesse per dire qualcosa di fondamentale importanza. E infatti..

"Ho parlato ai miei di te. Oggi." sussurra Harry, prima di alzare lo sguardo su di lui. Ha gli occhi leggermente lucidi ma sembra quasi soddisfatto di se stesso, e lo guarda come se cercasse una conferma del fatto che abbia fatto bene a parlargliene. Conferma che Louis non riesce a dargli, non prima di..capire.

"Oh." riesce solo a sussurrare il castano, prima di sedersi sul ripiano della cucina, le gambe penzoloni, come fa sempre quando è annoiato o aspetta i pop corn nel microonde.

"Già." dice Harry, prima di tornare a mescolare la sostanza rossa che bolle nella pentola.

Louis sospira, afflitto nel vederlo stare così male, e per cosa poi? Per della gente che non se lo merita. "E cosa..?" si azzarda a chiedere, ma in realtà non sa esattamente come concludere la frase.

"E' stato peggio di quella volta che gli ho detto che mi piacciono i maschi." un sorriso amaro si dipinge sul volto di Harry, e anche se è di profilo, Louis può vederlo tutto.

A Louis stranamente non importa di cosa gli abbia detto precisamente, non gli interessa di passare per il pedofilo di turno, perchè cazzo, Harry sta male e- Dio, cosa deve fare?

Opta per un sospiro, poi allunga la mano verso la manica della sua stessa felpa, quella che gli ha regalato sua zia qualche anno prima e che addosso a Harry sta dannatamente bene, tirandola verso di lui. "Vieni qui." dice convinto, prima che il ragazzo si stacchi dalle pentole e gli si avvicini afflitto, infilandosi nelle sue gambe aperte.

E Louis lo stringe, circondandogli il collo con le braccia, lasciando che il riccio sospiri afflitto sul suo collo, lasciandolo respirare, tornando a respirare, dopo quella giornata orribile.

"Mi dispiace tanto." gli sussurra dolcemente, prima di stringerlo di più, ancora seduto sul ripiano di marmo, le pentole che rilasciano vari profumi appetitosi accanto a loro.

"Anche a me." risponde lui, prima di sciogliere il loro abbraccio non senza esitazione. "Ma ehi, adesso sono qui. E ci sei tu, Gatto e la cena. Sto bene." gli sorride.

Harry è forte, tenta in tutti i modi di non farlo preoccupare, ma Louis non può fare a meno di notare l'alone scuro che spicca sulla sua pelle bianca, sulla sua guancia.

La rabbia sale, ma Louis tenta in tutti i modi di nasconderla, posando le labbra sulla sua fronte, accarezzandogli i ricci, forse cercando di colmare la mancanza di affetto che avverte Harry in quel momento e che in realtà sarebbe suo padre a dovergli dare.

"Non cucinerai mai bene come me, mi dispiace ricciolino." gli sussurra, tentando di strappargli un sorriso, di sdrammatizzare.

E ci riesce, perchè Harry ride dolcemente, prima di staccarsi definitivamente da lui. "Ne riparliamo tra mezz'ora, brontolone!"

E poi torna alle sue pentole, sotto lo sguardo affettuoso di Louis.

 

 

In effetti, Louis deve ammetterlo, Harry cucina dannatamente bene. Non mangiava così da quella volta in cui Liam l'ha portato a cenare da sua madre e, Dio, quella donna cucina come una dea. Louis se lo ricorda perchè il giorno dopo era più grasso di due chili e aveva un mal di pancia straziante, ma ehi, ne era valsa assolutamente la pena.

Ma comunque, anche Harry non se la cava male, anzi!, sono seduti al tavolo da più di mezz'ora e Louis pensa di essere in paradiso.

Non si è mai sentito a casa, davvero. In nessun luogo, in nessun posto dell'universo, insieme a nessuno. Ma in quel momento, con lui che si pulisce la bocca sporca di ragù, Gatto che, sulla sedia, tenta di afferrare con le zampette un pezzo di pasta e Harry – oh sì, Harry – che lo guarda con quell'espressione che è un misto di affetto sconfinato e divertimento, non può fare a meno di sentirsi a casa, nel posto giusto per lui.

Non che questo non gli faccia una fottuta paura, ma per ora preferisce godersi il tutto piuttosto che rovinarlo con le sue stupidissime seghe mentali.

"Allora, cosa dice il grande cuoco della mia cucina? Ho superato il test?" gli chiede Harry quando ormai hanno finito e Louis sta già lavando i piatti, mentre il ricciolino li asciuga.

"Mmmh, non male. Aggiusterei un po' di sale, ma niente male per essere un principiante." tenta di minimizzare con un sorriso ironico, ben sapendo che Harry si arrabbierà con lui.

E infatti.. "Louis Tomlinson sei un brutto infame, ancora un po' e ti mettevi a leccare la padella, ammetti che sono stato bravo!" gli urla dietro, prendendo solo un po' di schiuma dei piatti e soffiandogliela addosso, bagnandogli il viso e i capelli.

Louis ride, seguito dal riccio, che non smette di riempirlo di schiuma e di ripetergli, come un mantra "Ammettilo, ammettilo, ammettilo!"

Alla fine Louis, tutto bagnato e definitivamente sconfitto, non può fare altro che sottostare all'infantilismo di Harry, ammettendo che "Okay, okay, era tutto buonissimo, Chef Ramsey dei miei stivali!" prendendolo leggermente per la vita, per poi spalmargli un po' della schiuma, proveniente dai suoi capelli, in faccia.

E Harry ride.

E Louis pensa che non ci sia nulla di meglio al mondo.

 

 

Sono le nove quando Louis decide di provare a fare un ultimo tentativo per scrivere qualcosa di decente, dato che, beh, ha solo due giorni per riuscire a salvarsi da una sfuriata di Simon e dalla faccia delusa di Liam.

E si sente perso mentre, seduto al tavolo della cucina con il pc davanti, quella pagina non accenna a riempirsi di parole. Sbuffa animatamente, prima che Harry esca dal bagno dopo la doccia, solo i pantaloni del pigiama che gli coprono mollemente i fianchi, una maglietta bianca attillata che si sta infilando con una lentezza che no, Louis non può accettare.

Decisamente la sua presenza aiuta ben poco.

"Che fai Lou?" gli chiede dolcemente, mentre gli si avvicina e si ferma accanto a lui, in piedi.

Louis sbuffa, prima di passarsi una mano sul viso come per tentare di eliminare quella stanchezza di cui sembrano permeate le sue ossa. "Sto cercando di scrivere l'articolo più importante della mia esistenza. Ma a quanto pare sono destinato a scrivere solo biglietti di compleanno o favole per bambini." risponde afflitto.

Harry sghignazza, prima di spostargli una ciocca di capelli dalla fronte. "E perchè?"

Il castano lo guarda, per poi sospirare ancora e voltarsi verso il computer. "Non ne sono più capace, non so..non so scrivere." risponde, prima di passarsi una mano tra i capelli.

Harry sospira, sedendosi sulla sedia accanto a quella del castano. "Nah, l'ispirazione è lì, dentro di te. Si tratta solo ti tirarla fuori." gli sussurra, prima di prendergli una mano, per farlo girare verso di lui.

Louis lo fa. "E come?" gli chiede sussurrando.

Il riccio gli prende entrambe le mani, guardandolo negli occhi blu.

Louis giura di poter scrivere in quegli occhi. Li riempierebbe di parole, di inchiostro nero, ci scriverebbe solo cose belle, cose che parlano di Harry e di quello che prova per lui.. Ci scriverebbe..

"Chiudi gli occhi." gli dice il ragazzo, prima che Louis lo faccia, senza pensare. "Respira profondamente, ecco bravo così." gli dice ancora. Louis segue le sue istruzioni, cercando di rilassarsi il più possibile sotto il tocco delle mani bollenti del riccio, che lo fanno rabbrividire. "Pensa alle cose belle, pensa a ciò che ti rende felice, a tutto ciò che hai di più bello al mondo." oh, questa è facile. Louis respira profondamente, mentre delle chiare immagini di susseguono nella sua mente, il castano le ricorda tutte alla perfezione.

"Harry?" lo chiama.

"Mh?"

"Sto pensando a te." gli rivela sussurrando.

Il suo sorriso con le fossette, la prima volta che l'ha visto, le risate con lui, la sua giacca che gli fasciava le spalle, la sua felpa grigia che sembrava fatta apposta per lui. Le chiacchiere con Margherita, le volte che si sono seduti nella metro, attendendo la loro fermata, chiacchierando o ascoltando la musica, quella volta che si sono addormentati abbracciati sul divano. La felicità, le loro mani intrecciate, i capelli morbidi di Harry, i baci che gli lascia sulla fronte, Gatto e..il suo cuore, che batte all'impazzata ogni volta che Harry gli è vicino.

Come in quel momento, quando Harry ride imbarazzato – Louis lo sente arrossire – e poi gli si avvicina, stringendo ancora di più le sue mani.

"Scrivi, Louis." gli sussurra sulle labbra, prima di lasciargli un bacio talmente leggero che Louis fa fatica a percepirlo.

Ma sa che gliel'ha dato, perchè le sue labbra scottano e poi, Dio, il suo cuore sembra un treno impazzito. Harry soffia una risata leggera direttamente sulla sua bocca, prima di allontanarsi del tutto, lasciandogli le mani, mentre Louis apre gli occhi.

"O-okay." riesce a sussurrare, prima di osservare Harry che gli sorride, per poi prendere in braccio Gatto, che miagola come infastidito. Poi si siede sul divano, e in una frazione di secondo, Louis si rende conto che , è pronto.

Così si volta verso la sua nemica, quella pagina bianca che deve essere riempita. E sa che può farlo, perchè Harry è di fronte a lui, sul divano, che gioca con il gattino tra le braccia e su sorriso divertito sul viso, mentre la tivù trasmette un film che non sta guardando, a basso volume.

E così, Louis scrive.

 

 

Due ore e mezza. Louis ha scritto il suo capolavoro in due ore e mezza.

Okay, forse non è proprio il suo miglior tempo, ma ha scritto l'articolo di punta della rivista, con un giorno di anticipo e anche benissimo! Dire che è orgoglioso di sè è poco: gli si incrociano gli occhi, ma è certo che quando il giorno dopo lo manderà a Simon, lunedì riceverà i suoi complimenti. E sì, come sempre quell'uomo aveva ragione: aveva bisogno di una spinta, una fonte di ispirazione che lo aiutasse con la sua sola presenza.

Louis si alza dalla sedia, stiracchiandosi, volgendo lo sguardo verso il suo riccio 'coinquilino': dorme, appoggiato allo schienale del divano, Gatto che sonnecchia appoggiato sulle sue ginocchia. E' bellissimo, la bocca semi aperta e quei meravigliosi ricci che gli cadono sulla fronte.

Louis sorride, prima di spegnere definitivamente il computer per avvicinarsi finalmente al divano. Non s'è mosso di lì per più di due ore, giocando con Gatto, messaggiando con il telefono, oppure osservandolo e sorridendogli quando i loro sguardi si incontravano.

E nessuno l'ha mai aiutato così tanto.

Louis si avvicina al divano, chinandosi su di lui: sì, sta decisamente dormendo. Sorride, prima di prenderlo delicatamente in braccio, tentando di non svegliarlo, per portarlo a dormire in camera sua, su un letto comodo.

"Lou?" lo sente sussurrare leggermente, prima che si muova lentamente, tra le sue braccia. Louis lo stringe un po' di più, avvolgendogli la schiena con un braccio, in modo che i riccio possa poggiare la testa nell'incavo della sua spalla.

"Mamma mia quanto pesi Harry." sorride leggermente Louis, cominciando a camminare per il corridoio, verso la camera da letto.

Il ragazzo soffia una risatina addormentata, prima di stringergli un braccio attorno al collo. "Mmh ce l'hai fatta?" gli chiede, palesemente il punto di ricadere addormentato.

"Sì tesoro, sì..grazie." sorride Louis della sua espressione, prima di dargli un bacio sulla fronte, tra i ricci che la coprono.

"Mmmmh." risponde Harry mentre Louis lo adagia sul letto, per poi seguirlo a ruota con uno sbuffo. Harry si aggomitola sotto le coperte che Louis gli ha alzato, prima di tendere le braccia verso di lui, invitandolo ad abbracciarlo. E Louis lo fa, velocemente, senza pensare neanche per un secondo alle conseguenze.

Perchè in quel momento ci sono solo Harry, le sue braccia, il suo fiato sulla pelle e il bacio che, invisibile, si poggia ancora una volta sulle sue labbra.

 

***

 

Quando arriva in ufficio lunedì mattina, dopo aver accompagnato Harry quasi fino a scuola – quella mattina non lo voleva proprio lasciar andare – Liam corre incontro a Louis e, senza neanche salutarlo, lo abbraccia di slancio.

"Sapevo che ce l'avresti fatta." gli sussurra nell'orecchio, prima di stringerlo ancora di più.

Ed è proprio per questo che Louis l'ha fatto. Per Liam. Lui l'ha sempre sostenuto, lui è una delle pochissime persone al mondo che credono veramente in lui, ancora.

"Grazie Lee." gli risponde, abbracciandolo di rimando. Davvero, avrebbe fatto tutto quello solo per quell'abbraccio.

Liam si separa da lui con un sorrisetto e una leggera tosse imbarazzata – Liam Payne è il miglior amico del mondo, ma per quanto riguarda le dimostrazioni di affetto in pubblico non è molto pratico, ma comunque. "Simon ti aspetta." gli dice, una mano sulla sua spalla, prima di allontanarsi di qualche passo, probabilmente perchè ha del lavoro da fare. "Ah, e Lou... Tienitelo stretto." gli dice con un occhiolino, prima di guardarsi intorno e sparire nel corridoio. E Louis non deve faticare molto per capire che sta parlando di Harry.

 

 

"Strepitoso. Incredibile, bellissimo, ancora strepitoso!" beh, quando Simon Cowell deve fare dei complimenti, di certo non si risparmia.

"Sono felice che tu ci sia riuscito, Louis. Davvero. E' il tuo miglior articolo, non ho mai letto nulla di simile." continua l'uomo, l'orgoglio nei suoi occhi chiari.

Louis tira un profondo respiro, sorridendogli. Non sa quanto ha desiderato sentirsi dire quelle parole, davvero. "E' stato grazie a lei, signor Cowell. Aveva ragione riguardo alla Musa ispiratrice." gli dice senza perdere il sorriso, mentre si accomoda meglio sulla poltrona.

"L'hai trovata, non è così?" ammicca l'uomo, guardandolo con curiosità.

Louis sorride, gonfia il petto di pura felicità e..

"Ho trovato molto di più."

 

***

 

Quando quella sera torna a casa, non si stupisce più di tanto di trovarci Harry. Gli ha lasciato una copia delle sue chiavi di casa per ogni evenienza, come per quando litiga con i suoi o quando vuole vedere Gatto, che in quei giorni sembra di più un figlio che un animale. Ed è così loro che Louis si sente male ogni volta che il gattino lo fissa con quel musino dolce.

Ma comunque, appena apre la porta di casa e Harry lo saluta con quel bellissimo sorriso, non può fare a meno di sentire il cuore arrivargli in gola, nell'attesa di dargli la buona notizia.

"Ciao Lou!" gli dice, prima di avvicinarsi saltellando per abbracciarlo brevemente. "Allora?" gli chiede poi staccandosi, ansioso.

Louis gli sorride, prima di togliersi la giacca e appoggiarla malamente sul divano, per poi alzare le spalle. "Beh, stamattina ho parlato con Liam, poi ho fatto un giro per calmarmi, Simon m'ha voluto subito nel suo ufficio e.." esita apposta, senza sorridere, camminando verso il salotto per tenere sulle spine il riccio, che gli trotterella intorno sull'orlo di un attacco d'ansia.

"E..? Cristo Louis parla o giuro che ti prendo a cuscinate finchè non ti sento più respirare!" lo minaccia il riccio, prima di prenderlo per la mano per farlo sedere malamente sul divano. "Parla."

Louis gli sorride, per poi inclinare la testa di lato e.. "Simon era contentissimo, m'ha fatto i complimenti e m'ha dato la giornata libera domani." dice, senza staccare gli occhi dai suoi, perchè 'grazie Harry', vuole dirgli.

Non fa in tempo a finire la frase, che sessanta chili di ragazzo gli saltano addosso, strozzandolo con le braccia attorno al suo collo, una risata orgogliosa che gli esplode nell'orecchio. Louis fatica a tenersi in equilibrio, ma poi si stringe Harry al petto, lasciando che lui gli si sieda in braccio,, le gambe aperte ai lati delle sue, senza sciogliere il loro abbraccio.

"Lo sapevo, lo sapevo, lo sapevo! Sei bravissimo e, Dio, dobbiamo assolutamente festeggiare! Ne ero certo, sono così orgoglioso di te!" gli urla il riccio direttamente nell'orecchio, facendogli seppellire la testa nel suo petto, un sorriso che Louis non può vedere, ma che sa alla perfezione che c'è.

Louis ride, prima di farlo sollevare quel poco da riuscire a guardarlo in faccia. "E' solo grazie a te che ci sono riuscito. Davvero, Harry, grazie." gli dice, guardandolo direttamente negli occhi. Il ragazzo lo guarda come scioccato, senza sorridere, facendo scorrere lo sguardo dai suoi occhi alle sue labbra, Louis non può fare a meno di notarlo.

Poi chiude brevemente gi occhi verdi come per riacquistare quel minimo di autocontrollo. "Ma sei stato tu Lou, io non ho fatto.." "No, senti. Avevo perso la mia ispirazione, non riuscivo più a scrivere nulla. Poi sei arrivato tu e..hai cambiato tutto." e Louis non si riferisce solo al suo lavoro. La sua vita è cambiata, il suo umore, la sua felicità, la quantità dei battiti del suo cuore.

Harry arrossisce impercettibilmente, prima di sorridergli. "Beh, allora sono felice di esserti stato utile.." gli dice solo.

Louis sorride, prima di afferrarlo e spingerlo sul divano, sotto di lui, prima di afferrare un cuscino. "Chi volevi prendere a cuscinate tu?" gli urla, prima di cominciare a sbattergli il cuscino morbido sulla faccia dolcemente, senza fargli male. E' sopra di lui, sul divano, e Harry urla cose come "Lasciami brutto infame!", "Gatto fai qualcosa!" oppure "Ti denuncio per maltrattamenti!", mascherati però da un sacco di risate senza senso, sguaiate e che fanno gonfiare il povero cuore di Louis e lo fanno ridere, come non mai.

Il castano smette quando Harry sembra non avere più fiato, intrappolandogli delicatamente le braccia sopra la testa, in modo che non possa muoversi. "Ti arrendi?" gli chiede, sporgendosi verso il suo viso.

Harry lo guarda, sorride e "Mi sono arreso a te da tempo ormai, Lou." gli dice, con una semplicità disarmante.

E questa volta no, non ha intenzione di dare retta al suo cervello, quel tipo è davvero un gran rompipalle nei momenti meno opportuni, perchè gli piace di più ciò che da tempo gli sta dicendo il suo cuore.

Così si limita a sorridere. "Non so che cosa siamo io e te, ma mi piace un casino." gli sussurra sulle labbra, tanto che Harry trattiene il fiato improvvisamente.

Poi sorride e, senza preavviso, esitazione nè paura, lo bacia.

Posa le labbra sulle sue, sentendo Harry sussultare sotto di lui, ma senza esitare a ricambiare subito dopo, cominciando subito a passare la lingua sulle sue labbra, per tentare di entrare. Louis gli lascia le mani, lasciando che Harry gliele posi sul viso, accarezzandolo, godendosi ogni centimetro di quella pelle morbida e dolce. E quando poi le loro lingue si incontrano, Louis apre gli occhi e finalmente lo vede, mentre lo bacia: Harry ha diciotto anni, va al liceo, è un ragazzo intelligente e qualche volta infantile, ama i gatti, è gentile e dolce come il miele. E sì, oltre a essere la sua Musa, è anche la prima persona di cui si sia veramente innamorato.

Per questo, quando si staccano e Harry lo guarda, non esita a sorridergli, cosa che viene immediatamente ricambiata.

"Sei un noioso vecchio razzista, ma Dio Louis, penso di amarti. Qualsiasi cosa siamo." gli sussurra Harry, emozionato come non lo ha mai visto, prima di baciarlo ancora, sotto di lui, le mani che scendono sul suo collo come a non volersi mai staccare. Lo bacia con dolcezza, amore, dedizione, come se non ci fosse un domani, come se tutto il suo mondo di sintetizzasse in Louis, sopra di lui, che in quel momento gli sta passando le mani sulla schiena, pressate contro il divano. Si staccano e si sorridono come due idioti trenta secondi dopo, sapendo ch quello per loro due è solo un inizio.

Gatto miagola fiocamente, passando in quel momento davanti al divano. "Non rompere tu, Harry non è solo tuo!" lo rimprovera Louis, facendo ridere Harry, che gli sposta poi un ciuffo di capelli dalla fronte.

"Oh Tomlinson, non conoscevo questo tuo lato possessivo!" lo rimbecca Harry, senza smettere di sorridere.

Louis ride e "Imparerai presto. Ora sei solo mio, riccio, mi dispiace ma ti tocca."

Harry ride felice, prima di sporgersi per lasciargli un delicato bacio sulle labbra. "Dove è andato a finire il 'sei troppo giovane per me, ragazzo!'?" gli chiede, scimmiottando la sua voce, facendolo ridere.

"Se n'è andato nell'esatto momento in cui mi sono innamorato di te, Harry Styles." gli risponde, strofinando il suo naso dolcemente contro quello del ragazzo.

Davvero, non gli importa niente di quanti anni abbia Harry, non gli importa dei suoi genitori che non lo meritano, non gli importa di quello che pensa il mondo intero: lo ama, e questo è tutto, fanculo il mondo, fanculo gli altri sei miliardi e novecentonovantotto milioni di persone.

Lui ha Harry. Ed è felice così.

 

E in quel momento, mentre ancora si baciano, nessuno dei due lo sa, ma, da quell'esatto istante in poi, staranno insieme per tutta la vita.

Harry continuerà a chiamarlo 'vecchio', Louis scriverà guardandolo mentre dorme con Gatto in braccio, prenderanno la metro insieme tutte le mattine, per poi separarsi con un bacio al capolinea, dormiranno abbracciati tutte le notti, come se non ci fosse un domani. Poi Harry andrà a studiare a Londra, Louis si trasferirà con lui e staranno insieme, litigheranno come dei pazzi, per poi fare l'amore per fare la pace, riempiendosi la vita a vicenda, salvandosi a vicenda.

E Louis ringrazierà Dio – ha cominciato a crederci nel momento in cui ha incontrato uno dei suoi angeli – tutti i giorni per avergli fatto fare tardi, in quel giorno d'autunno, tanti anni prima.

Perchè è stato grazie a quello che ha incontrato la sua Musa, la sua ancora di salvezza e l'amore della sua vita in una volta sola.

"Sarà lui a trovare te, non ti preoccupare.", aveva detto Simon, un giorno.

Perchè forse, per una volta, Louis può dire di credere alla favole, ai principi azzurri e ai lieto fine.

Perchè li vive tutti e tre, tutti i giorni.

 

 

 

 

|...|

T'amo senza sapere come, nè quando, nè da dove.

T'amo direttamente, senza problemi, nè orgoglio,

ti amo perchè non so amare altrimenti che così, in questo modo in cui

non sono e non sei, così vicino che la tua mano sul mio petto è mia,

così vicino che si chiudono i tuoi occhi col mio sonno.

Pablo Neruda

 

 

Ti voglio tanto bene Glo, questa è tutta per te.

 
  
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