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Autore: Oldwhatsername_24    25/11/2013    6 recensioni
Dopo aver perso la donna che ama e la sua bambina, Billie Joe entra in uno stato di depressione, anche perché dopo il successo di American Idiot si sente un fallito sia a livello musicale che a livello familiare.
Ma quasi all'improvviso, una giovane donna e un giovane uomo che nella vita non hanno mai avuto nulla da perdere, gli faranno cambiare il modo di vedere le cose.
(Continuazione di "Now I wonder how Whatsername has been")
[dal testo...]
"Qualcuno dovrebbe parlare di una storia d'amore reale, basta cuori e amori, una alla Sid e Nancy, cazzo quella si che è una bella storia!"
"Sei volgare per essere una ragazza"
"E tu troppo per bene per essere una rock star"
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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In your head they’re still fighting.
 
 
 
 
 
 
 
 
-B-
La candela Bianca, abbandonata sulla mia scrivania, continua a sciogliersi piano sotto il calore della sua fiammella.
Io? Io invece mi sono sciolto da molto più tempo, talmente tanto che ormai ho perso la cognizione delle mie azioni, la cognizione del tempo e di quel che mi accade attorno.
Prendo dal cassetto della scrivania il piccolo quadernetto nero e lo apro alla sua prima, immacolata pagina.
Sono ancora più che convinto che questa cosa non funzionerà, ma il medico ha detto che è l’unico modo per “andare avanti”, e lo devo ad Adrienne, lo devo ai miei figli, a Mike e Trè, lo devo a loro, lo devo un po’ anche a me stesso.
Tengo stretta tra le mie dita la penna, cercando le parole con cui cominciare il racconto della mia finte, cercando di trovare un modo per spiegare a un pezzo di carta come mi sono ridotto in questo stato.
Né vivo, né morto, più che altro esistente, ecco tutto.
Sospiro e butto il viso tra le mani, stropicciandomi gli occhi, poi prendo un sorso di birra, ritrovando un minimo di lucidità, perché ormai è solo questo che riesce a darmi lucidità.
Le dita stringono la penna talmente forte da diventare bianche, mi mordo le labbra fino a farmi male, perché è questo quel che merito, è questo quel che merito per essermele lasciate sfuggire da sotto le mani.
Scrivo in corsivo la data e l’ora di oggi in alto a destra sul foglio.
Poi, quasi di getto, comincio a vivere quello che più che un diario sembra un testamento.
 
“Sono passati trentuno anni, dal primo momento in cui l’ho vista.
Ventidue dal nostro primo bacio.
Più di quindici da quando lei se n’è andata.
Eppure mi sembra ancora di sentire il profumo di vaniglia della sua pelle, il suono della sua risata, la sua voce che mi dice di continuare a lottare, mi sembra ancora di percepire lo sguardo luminoso dei suoi occhi neri, il fruscio dei suoi capelli tra le mie mani, le sue labbra morbide che sfiorano le mie.
Ma è solo un inganno, una chimera, un miraggio.
Perché lei è morta, e io sono morto con lei.”
 
Mi blocco, perché la mano trema troppo e ho sporcato quasi metà del foglio di inchiostro e lacrime, perché è troppo difficile anche solo pensarle quelle parole, e non riesco a continuare.
Bevo ancora, mentre tutti i ricordi che tenevo segregati in una parte del mio cervello tornano a galla.
 
“Avevamo appena finito il liceo, il nostro tour in giro per l’America andava benissimo,
eravamo giovani, costantemente ubriachi di alcol e musica,
io e lei eravamo ubriachi di amore…
Poi, quando eravamo via da due mesi e lei era al settimo di gravidanza, scoprì la malattia.
La stessa fottuta malattia che già mi aveva portato via mio padre, adesso stava per portarmi via lei.
Piansi, urlai, spaccai qualsiasi cosa mi capitasse a tiro e pregai i medici di fare qualsiasi cosa in loro potere per salvarla.
Per salvarle.
Ma come curi qualcuno che non vuole essere curato?
W si rifiutò di sottoporsi alla chemio, perché questa non avrebbe permesso a nostra figlia di nascere, quindi rimase a prosciugarsi della sua essenza vitale per i due mesi di gravidanza che le rimanevano”
 
Il mio cervello torna a quella sera in ospedale, alla figura di W in quel letto bianco, molto più emaciata e magra, con il pancione ben pronunciato, che mi sorride con le poche forze che le rimangono.
E io, inginocchiato ai piedi del suo letto, che neanche sapevo cosa chiederle.
“Ti prego, ti prego, lascia che ti curino… avremo altri figli, se vuoi anche dieci, ma non lasciarmi solo, non andartene…”
W alzò gli occhi al cielo, spronandomi a guardarla.
“Non essere sciocco, Billie Joe, io non vado proprio da nessuna parte! Soprattutto perché con questa mega pancia i movimenti sono abbastanza difficili”
La guardai, troppo stanco anche per ridere, ma lei sembrava così leggera, così… consapevole, diceva di aver sognato nostra figlia, diceva che la conosceva e non poteva disfarsene come se non fosse mai esistita, ma io sapevo solo che non potevo resistere senza di lei.
 
“Andrea Armstrong nacque l’ultimo di settembre mentre eravamo nei pressi di New York,
lei nacque e sorse il sole.
Era talmente piccola, talmente bella, talmente identica a me… con i capelli castani e i miei occhi, con le labbra di W e il mio naso, con le lunghe ciglia e le mani piccole e paffute…mia figlia.
Avevo una figlia.”
 
Dal piano di sotto di casa mia provengono rumori di passi e voci, Adie e i ragazzi stanno preparando la cena, come una vera famiglia.
Già, la famiglia che mi sono dovuto ricreare.
Io e W non ci siamo mai sposati, lei diceva che tra il tour, la bambina e l’ospedale non c’era il tempo e che non ne aveva bisogno dato che tutto quello che desiderava già l’aveva ottenuto, ma io sapevo benissimo che il vero motivo per cui non aveva voluto sposarmi era che la clausola “finché morte non ci separi” non avrebbe tardato ad arrivare.
Perché l’avevamo programmato, di sposarci, quando eravamo ancora convinti che potesse durare per sempre, lei aveva addirittura preso il vestito.
 
“Cominciò a perdere i capelli subito dopo l’inizio della chemio.
Usava cappelli, bandane, veli, foulard, ma anche senza io la trovavo sempre bellissima, mentre portava nostra figlia in braccio e seguiva i pochi corsi che riusciva a reggere all’università, riuscendo comunque a mantenere una media eccezionale.
Adrienne la conobbi durante la nostra tappa in Minnesota.
Lei venne a chiedermi dove poteva comprare un nostro cd, e io la trovai subito carina e simpatica.
Le presentai W e la bambina che aveva solo pochi mesi, ed Adie andò subito d’accordo con entrambe.
W le parlò in privato, dopo qualche tempo, non volle mai dirmi cosa le aveva detto quella sera, l’ho scoperto soltanto dopo il matrimonio con Adrienne.
Le aveva detto di prendersi cura di me.
È come se lei sapesse, è come se lei avesse sempre saputo tutto.”
 
Le avevano dato due mesi di vita, poco prima che Andrea compiesse un anno, era anche più di quello che lei si aspettava.
Allora non si diede pensa, spronava me a scrivere le nove canzoni per Kerplunk! e, un giorno come un altro, prese una telecamera e me la mise in mano, usandomi come cameraman per un video che non poteva permettersi di non girare.
 
“A che serve la telecamera?”
“Per friggerci le patatine. Secondo te a cosa serve una telecamera?”
“Coi capelli se n’è andata anche la dolcezza, tesoro?”
“Zitto e fai partire la registrazione, BJ, finché ho ancora le parole nella testa”
Accesi la telecamera e lei si sedette su di uno sgabello, sistemandosi al meglio il foulard bianco e azzurro pieno di girasoli che indossava quel giorno.
“Andrea…” cominciò, e io capii tutto “… bambina mia…”
Ne registrò uno per ogni compleanno di Andrea fino ai diciotto anni, ogni anno che credeva si sarebbe persa, ogni anno che io mi rifiutavo di credere che lei avrebbe perso.
L’ultima notte che passammo insieme lei neanche era più in ospedale, ormai era inutile, se ne sarebbe andata in un modo o nell’altro, tanto valeva lo facesse a casa.
Fuori faceva freddo, le luci della città in settembre erano ancora accese, sebbene l’ora tarda della notte.
Io la stringevo a me, cercando di non farle male, lei era così fragile, ma ancora così dannatamente forte.
 
“A che pensi?” mi chiese all’improvviso, vedendomi stranamente silenzioso.
“Penso che dovrei cancellare il mese di settembre dal mio calendario”
W ridacchiò, interrompendosi per due brutti colpi di tosse.
“Non credo che Andrea te lo perdonerebbe facilmente”
Le baciai la fronte, sentendola sobbalzare al tocco delle mie labbra, avrei voluto fare l’amore per sentirla mia almeno un’ultima volta, ma era troppo fragile, e quel contatto tra di noi, quell’abbraccio così pieno ma allo stesso tempo così povero di vita, era molto più intimo di quanto potesse esserlo il sesso.
“Ti amerò per sempre, W…”
“Ti aspetterò per sempre, Billie Joe”
La stringo ancora, sento il suo cuore battere piano, come con sforzo.
“Billie?”
“Si?”
“Voglio che tu mi faccia tre promesse, puoi?”
La guardai negli occhi, stracolmi di lacrime, e non riuscii a far altro che annuire.
“Certo”
“Prima promessa: voglio che dai a nostra figlia la vita che lei sceglierà di fare, qualsiasi cosa questa sia, va bene?”
“Lo prometto”
“Seconda promessa: Voglio che tu ti rifaccia una vita, che tu ami ancora, che tu abbia tanti bambini e una bella casa, un cane e tutto quello che si può desiderare dalla vita. Voglio che continui con la musica e che la mia morte non ti impedisca di fare nessuna di queste cose”
“W, io…”
“Promettimelo!”
“Va bene, lo prometto”
“E terza promessa: Voglio che tu non perda mai la speranza, non lasciare che la morte sia l’ostacolo che ti frenerà definitivamente. Sii forte, Billie, sii forte per me, per nostra figlia, per te stesso….”
“Lo prometto”
“Grazie”
“W?”
“Si?”
“Posso chiederti io una cosa, adesso?”
“Certo”
“Lascia che io non ti dimentichi”
 
Morì all’alba del ventitré settembre.
Questa volta non mi sarebbe bastato che settembre finisse per svegliarmi.
Decise di essere cremata, metà delle sue ceneri vennero sepolte nel cimitero di Berkeley, l’altra metà le spargemmo in mare.
Io, i suoi genitori, sua nonna, Mike e Trè.
Insieme fino alla fine.
Andrea rimaneva in silenzio tra le mie braccia, non aveva ancora realizzato che sua madre non sarebbe più tornata.
Solo una settimana dopo cominciò a piangere, piangeva ogni notte, anche il giorno del suo primo compleanno, si calmò soltanto quando le lascia vedere il video che W aveva registrato per l’occorrenza.
Lascia che quel video girasse nel videoregistratore per tutto il giorno e per tutta la notte”
 
La porta del mio “ufficio” di apre, il viso di Adrienne mi sorride e fa un cenno verso l’esterno.
“La cena è in tavola, Bill”
“Arrivo subito, ho quasi finito”
Prendo un respiro profondo, pensando a quello che sto per scrivere, a quello che non voglio rivivere.
 
Lui lo chiamavano il giocattolaio.
Lo chiamavano così perché rapiva i bambini, attirandoli a sé con dolci, giocattoli e musichette accattivanti.
Rapiva i bambini, e poi gli uccideva.
Bastò solo un secondo di distrazione, bastò perdere di vista la mia bambina che giocava nel box di sabbia per un solo secondo, e lui me la portò via.
Ero rimasto solo.
Non ero riuscito a fare neanche le poche cose che lei mi aveva chiesto di prometterle.
Ero riuscito a crescere da solo mia figlia solo per sei miseri mesi, prima che lui me la portasse via.
Pagai i migliori investigatori del paese, vivevo nella centrale di polizia, le ricerche erano inesorabili.
E poi la trovarono.
La trovarono insieme a altri undici corpi inceneriti di bambini di altri, di vite rubate ad altri come me, che ormai erano morti dentro.
Mi chiusi in casa senza voler vedere nessuno.
Avevo perso tutto.
Dopo un mese e mezzo arrivò Adrienne, a sollevarmi dal mio abisso.
Piano piano ricominciai a vivere, o almeno ad esistere, lei usciva da una relazione disastrosa e io avevo perso tutto.
Decidemmo che avremmo sofferto insieme.
Ci sposammo e nacquero Joseph e Jakob, io impedivo a me stesso di pensare al passato.
Fino a quel giorno di quasi cinque anni fa in cui ci pensai.
E scrissi American Idiot, un successo mondiale.
L’ennesima prova che non riuscivo a ammettere con me stesso che lei, che loro non sarebbero tornate mai più”
Poso la penna sulla scrivania, chiudo il quaderno, mi asciugo gli occhi, e scendo di sotto per cenare.
 
 
ANGOLO DELL’AUTRICE.
Pensate un po’, riesco a sentire le vostre minacce di morte fin da qui!
Davvero, non odiatemi T.T anche se avete ogni motivo per farlo ç_ç
Va bene, ho dovuto far morire sia Andrea che W… per questa storia verranno sostituite dai due nuovi personaggi di Christian e Gloria, e verrà tutto incentrato sulla loro di storia.
Detto questo aspetto recensioni e giudizi, oltre ai pacchi bomba e alle minacce di morte :D
Sempre vostra,
Rage & Lol :3
P.s. Non ho usato una canzone dei Green Day come titolo del capitolo, ma “Zombie” dei Cranberries. 
  
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