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Autore: _Trixie_    25/11/2013    22 recensioni
[Spoiler terza stagione, Swan Queen]
La storia prende il via dopo L’Isola Che Non C’è, Henry è stato salvato e ora è tornato a Storybrooke, con la sua famiglia al completo. Al loro ritorno scopriranno che alcune cose sono cambiate, non solo a Storybrooke, ma anche nel loro animo, e che altre, invece, sono semplicemente destinate a rimanere tali.
“«Ora credi di poter avere la persona che desideri?» domandò Regina, appoggiandosi alla lavastoviglie con il fianco per chiuderla.
«Non lo so. Forse… forse ora c’è una speranza».
«Sei schifosamente figlia di tua madre» rise Regina, facendole segno con il capo di seguirla.
«Voleva essere un insulto?» domandò Emma, mentre percorreva i corridoi di casa Mills e si sedeva nello stesso luogo in cui Regina l’aveva accolta la prima volta in cui si erano incontrate.
«No, non esattamente» confessò il sindaco, mentre prendeva posto di fronte a Emma. «Comunque, se c’è una speranza, dovresti provarci. Scommetto che non sa nemmeno quello che provi».
Emma spalancò la bocca, stupita.
«Te lo sei dimenticata, Swan? Io so sempre tutto quello che succede a Storybrooke… o che non succede».”
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Henry Mills, Regina Mills
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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- Questa storia fa parte della serie 'This is your heart, can you feel it?'
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V. Il primo amore
 
 
All’inizio accadeva solo ogni tanto. Un paio di volte al mese, poi una volta a settimana e poi quasi ogni giorno.
Regina chiamava dall’ufficio, scusandosi perché anche quella sera avrebbe fatto tardi. Il più delle volte scattava la segreteria telefonica, perché né Henry né Emma si trovavano a casa in quel momento. Di solito era Henry, che tornava prima che Emma finisse i propri turni dagli orari più stravaganti, a sentire il messaggio.
Ma qualche volta Henry non c’era e cenava fuori. Allora toccava a Emma sentire la voce di Regina che riecheggiava nelle stanze vuote, era solo Emma a sospirare e chiedersi perché Regina non fosse mai a casa.
 
«No, Regina, sei tu a non capire, accidenti! Non è facile fidarsi di te» gridò Emma, appoggiandosi al ripiano della cucina.
Regina la guardò, ferita, nascondendo il dolore che quelle parole le avevano procurato con uno sguardo furioso.
«Non è facile, lo so, ma tu mi hai dato fiducia quando nessun altro lo ha fatto. E mi hai rassicurata, più volte, di avere fiducia in me e in quello che sono. Stavi mentendo, Swan?»
«Regina, non intendevo…»
Emma aveva abbassato il tono della voce, la prima volta dopo ore, da quando avevano iniziato a litigare.
«Non mi importa cosa intendevi. Devo andare al lavoro, ci vediamo questa sera» disse Regina, passandole accanto per uscire di casa.
«E immagino farai molto tardi anche questa sera, non è vero?» urlò Emma, esasperata.
In risposta, ottenne solo lo sbattere di una porta.
 
«Vuoi dirmi cosa sta succedendo?» aveva chiesto Emma una mattina, mentre guardava Regina scegliere i vestiti dall’armadio.
«Io… non so cosa mettermi» aveva risposto Regina confusa, lanciandole un’occhiata.
«Non mi riferisco a questo. Mi riferisco al fatto che non torni mai a casa. E la cosa non mi preoccuperebbe, davvero, se solo sapessi perché».
«Nulla, sto solo lavorando a un progetto» aveva sorriso Regina, guardandosi allo specchio.
«Ah, davvero?» aveva domandato Emma sarcastica.
«Sì, perché quel tono sorpreso? Sono il sindaco di Storybrooke, io ho-»
«Sì, certo, tu hai tante incombenze, molte responsabilità e tutto il resto, Regina. Naturalmente, certo» aveva concluso Emma al posto suo.
«Emma, cosa diavolo ti è preso questa mattina?»
«Assolutamente nulla, mi chiedo solo quanto ci metterà questo progetto a distruggerci tutti. Perché di solito i tuoi progetti includono morti, dolore e odio, non è vero?»
«Una volta ero io la stronza tra le due, complimenti» aveva detto Regina, prima di uscire dalla stanza.
Quello fu il loro primo vero litigio e a quello ne seguirono molti altri, per giorni. Emma non riusciva a capire per quale motivo Regina tenesse per sé i suoi progetti, per quale motivo nessuno ne fosse a conoscenza, se non per il fatto che doveva trattarsi di progetti pericolosi.
Quando, quella sera, Regina non chiamò, Emma compose il numero dell’ufficio del sindaco, ma la cornetta all’altro capo del filo squillò fino a quando non rispose la segreteria telefonica.
 
Regina era furiosa. Furiosa con Emma, furiosa con il mondo, furiosa che la sua magia non l’aiutasse.
Prese un bicchiere di cristallo e lo lanciò contro il muro, mandandolo in frantumi. Il suo rifugio personale era completamente a soqquadro, fogli e pergamene sparsi in ogni angolo, alte pile di libri rovesciate, l’odore del fallimento a impregnare l’aria.
«Perché?!» urlò Regina, pestando con i tacchi un vecchio calamaio di inchiostro rosso, che macchiò scarpe e pavimento.
«Accidenti, perché non funziona? Dove sto sbagliando?» si domandava tra sé, sfogliando freneticamente un vecchio e pesante libro di incantesimi. L’odore di muffa la investì, ma ormai lei ci aveva fatto l’abitudine. La metà dei libri che si trovavano in quella stanza, e per i quali aveva spesso molte energie e risorse per riuscire a recuperarli, puzzavano di muffa.
Nella foga, Regina strappò l’angolo di una pagina del libro. Il rumore, in quel silenzio, le parve insopportabile. Lo chiuse di scatto e imprecò, prima di lasciare il suo rifugio.
Per quella sera un fallimento era stato abbastanza, non avrebbe sopportato di più.
 
«Ho trovato questa per terra, in camera nostra, cosa è?»
«Nulla che ti riguardi, Swan»
«E invece mi riguarda, Regina. Cosa stai facendo?»
«Nulla che ti importi»
«Ho trovato questa provetta in camera nostra. So a cosa serve, ti ho visto usarla, ho visto Gold usarla. A cosa ti serve la magia, Regina?»
«Non sono affari tuoi».
 
Quando tornò a casa, Regina trovò Emma che leggeva in salotto.
«Henry dorme?» domandò il sindaco, sedendosi sul divano e togliendosi le decolté macchiate.
«Sì. E tu hai del sangue sulle scarpe. Su quale omicidio mi chiameranno ad indagare domani?»
Regina abbassò il viso e vide gocce dell’inchiostro ormai secco risaltare sul nero delle sue scarpe.
«Non è sangue, Swan. È inchiostro» la corresse Regina, bruscamente.
«Non chiamarmi per cognome».
«Non ricordarmi in continuazione che sono stata un’assassina. Vado a dormire» tagliò corto Regina, salendo velocemente le scale e lasciando Emma alle sue riflessioni.
 
«Perché non vuoi confidarti con me?»
«Ci sono cose che dobbiamo fare da soli, Emma».
«Stiamo insieme, Regina. Devi dirmelo».
«No, ti devo molto, ma non questo».
«Per favore, Regina, ho bisogno che tu sia sincera con me».
«E io ho bisogno della tua fiducia».
 
Emma credeva di impazzire. Non poteva starsene con le mani in mano mentre Regina progettava chissà quale inganno per fare del male a Storybrooke e poco importava se il suo nemico era anche la sua fidanzata. Perché, a maggior ragione, doveva impedirle di fare di nuovo del male alle persone.
Forse, in quel momento, il sindaco stava mettendo appunto una nuova maledizione, dalla quale solo lei e Henry sarebbero stati immuni o, forse, Regina avrebbe protetto anche Emma, ma lo sceriffo era al completo oscuro di tutto ed era ora, si disse, di fare qualcosa. Doveva aiutare Regina e proteggerla da sé stessa.
Emma calpestò i cocci del vaso infranto e afferrò la giacca appesa vicino all’ingresso di quella che non riusciva a non considerare come la propria casa. Uscì nella fredda aria autunnale, decisa a scoprire cosa stessa progettando Regina.
 
«Allora puoi andartene, Emma, puoi andartene da questa casa. Puoi andartene come fai sempre. Complimenti, sei riuscita a resistere al clima di Storybrooke molto più del previsto».
«Non voglio andarmene, voglio sapere cosa mi tieni nascosto, Regina».
«Va’ al diavolo, Emma Swan! Vattene!»
«No, voglio rimanere. Maledizione, Regina, non hai capito che ti amo? »
Regina afferrò il vaso alla sua sinistra e lo scagliò violentemente in direzione di Emma, che riuscì a evitarlo per un soffio.
Il sindaco si voltò e uscì di casa, diretta al suo rifugio.
Sarebbe stato quella notte o mai più.
 
Regina aveva capito in che cosa consistesse il suo errore. Lei era l’errore. Perché fino a quel momento non era stata pronta a farlo, fino a quel momento non aveva capito fino in fondo le implicazioni del suo gesto, fino a quel momento non aveva avuto il coraggio di guardare in faccia la realtà.
E poi c’erano state le parole di Emma.
Non hai capito che ti amo?
Certo che l’aveva capito, ma fino a quel momento era riuscita a negarlo a sé stessa.
Ma ora era pronta, ora avrebbe fatto tutto il necessario, ora non ci sarebbe stato posto per i se o per i ma, c’era posto solo per lei, per Henry e per Emma, nient’altro.
Regina si chinò, accese l’ultima candela che aveva sistemato in cerchio attorno a sé e iniziò a recitare la formula che aveva imparato a memoria, la formula che l’avrebbe portata da Emma.
 
Aveva trovato l’incantesimo per caso, in un libro lurido e sgualcito tra le cose che sua madre Cora aveva lasciato nella cripta. Non aveva mai visto quel libro, ma doveva essere davvero molto importante se sua madre non gliene aveva mai parlato.
La rilegatura in cuoio era molto pesante, in compenso le pagine di pergamena sembravano sul punto di sbriciolarsi tra le sue mani da un momento all’altro.
Regina aveva sfogliato una ad una quelle pagine leggere, studiandone i disegni. Ben presto, si era resa conto che si trattava di un antichissimo trattato di magia, che raccoglieva ogni singolo incantesimo conosciuto che avesse a che fare con il cuore, la sua conservazione o distruzione, dai più semplici, che lei conosceva e aveva usato varie volte, ai più complessi, di cui aveva solo sentito vagamente parlare.
Fu uno di questi incantesimi a catturare la sua attenzione. Un cuore rosso, morbido e innocente faceva bella mostra di sé al centro della pagina.
Cor Remittetur, recitava la pagina in alto.
Una speranza, ecco cosa era, la speranza di far tornare innocente il proprio cuore, la speranza di poter amare ancora, la speranza di poter vivere il proprio lieto fine.
 
Regina provava un dolore che mai, nella propria vita, aveva provato. Era il dolore che aveva provocato lei e che ora le veniva restituito, concentrato in pochi minuti.
Eppure Regina non accennava a fermarsi, la magia scorreva nel suo corpo, e si scatenava attorno a lei, facendo vorticare le candele e le loro fiamme.
Recitava un incantesimo, Regina, senza sosta, perché facesse tornare il suo cuore alla sua originaria innocenza. E per farlo, Regina sapeva che avrebbe provato su di sé tutto il dolore che aveva causato in anni e in anni di rancore e odio verso il mondo intero, verso ogni mondo, da quando Daniel le era stato strappato via.
Moriva ogni secondo e sapeva che sarebbe rinata, solo per morire un’altra volta, ogni volta.
Regina lo sapeva e non voleva fermarsi. Anche se Emma l’aveva perdonata, l’aveva accettata, lei non riusciva a perdonare sé stessa.
Emma e Henry, Henry e Emma, erano le ragioni incise nella sua anima.
 
Emma aveva seguito Regina, stando attenta che la donna non se ne accorgesse.
Il sindaco la condusse fino alla cripta dei Mills e Emma si chiese come avesse fatto a non pensarci prima. Decise di aspettare qualche minuto, prima di seguirla all’interno, per coglierla con le mani nel sacco. Qualsiasi cosa stesse facendo.
 
Regina sentiva il proprio cuore dilaniarsi e contorcersi, cercando una via d’uscita da tutto quel dolore, ma lei non glielo permise.
Prima o poi sarebbe finito tutto quanto e il suo cuore sarebbe tornato puro e innocente, solo che, lo sapeva, avrebbe anche smesso di battere.
Perché la Magia ha sempre un prezzo e in questo caso l’innocenza di Regina le sarebbe costata la vita.
 
Il terreno iniziò a tremare, prima lentamente, poi con violenza sempre maggiore. L’epicentro, Emma ne era sicura, era la cripta dei Mills. Senza perdere tempo corse in quella direzione.
Maledizione, Regina, cosa stai facendo?
 
Non hai capito che ti amo?
Le parole di Emma rimbombavano nella sua testa, all’infinito, senza tregua. Amata, da molto tempo non era stata amata.
Quelle parole aveva fatto scattare la scintilla della comprensione.
L’incantesimo del Cor Remittetur non avrebbe mai funzionato, non fino a quando Regina non sarebbe stata disposta a morire.
Henry si occuperà di Emma, e Emma di Henry, saranno felici.
 
Emma si ritrovò in un lungo corridoio spoglio, con un solo specchio davanti. Non trovava Regina, non capiva dove potesse essersi nascosta. La terra tremava, quel posto sembrava pronto a inghiottirla da un momento all’altro.
«Regina! Regina!» urlava al vuoto, senza nessuno che potesse risponderle.
«Regina!» provò ancora. E la terra smise di tremare.
Regina, dove sei?
La superficie dello specchio tremolò, Emma non perse tempo e si gettò all’interno.
 
Regina.
Una voce lontana che la chiamava.
Regina.
Sembrava la voce di Emma, ma no, non poteva essere.
Regina.
Distesa a terra, senza forze, Regina non osava sperare che Emma l’avesse trovata.
Regina.
Emma.
 
«Regina!»
Emma si chinò sul corpo del sindaco, il respiro allo stremo, il petto che si muoveva appena.
«Regina! Cosa è successo? Cosa hai fatto?»
«Volevo solo amarti, Emma. Ora posso, ti amo».
Regina chiuse gli occhi. E Emma capì che non la poteva proteggere, perché era stata Regina a proteggere lei e non poteva salvare Regina, perché si era già salvata da sola.
Ad Emma bastò uno sguardo al libro abbandonato accanto al corpo di Regina per capire cosa fosse successo. Baciò la donna, le labbra ancora calde, ma lo sapeva, dall’urlo silenzioso che si alzava dalla sua anima, che il cuore di Regina non avrebbe ripreso a battere.
Sacrificarsi volontariamente per la persona amata non è una maledizione, è una scelta, e il contro incantesimo del bacio del Vero Amore in questo caso non può funzionare.  
Emma non poté fare altro che accasciarsi sul petto di Regina e piangere la perdita del proprio amore, della propria anima.




 
 
NdA
 
Ed eccoci qui, alla fine.
Io… Io avrei in mente un seguito. Sarebbe un pochino più lungo e dal carattere più dinamico, non ambientandosi completamente a Storybrooke. Naturalmente, nonostante la fine di questo capitolo, si tratterebbe di una fan fiction SwanQueen. E, sì, insomma, se voi foste interessati, mi piacerebbe saperlo :D
 
Inoltre, avrete notato che ci sono punti della narrazione che sono stati “sacrificati” per far posto a scene interamente Swan Queen. Sono scene che ho già scritto e, anche in questo caso, credo che abbiamo solo bisogno di una revisione, prima di essere pubblicate ;D In definitiva, questi cinque capitoli diventerebbero parte di una serie. :D
 
Ma passiamo alle cose importanti, ovvero ringraziare tutti coloro che hanno lasciato un commento a questa storia, oltre ai lettori silenziosi : )
 
Allora, magari, ci becchiamo in giro per il fandom ;D
Trixie.
 
P.S. Ci sono andata giù troppo drasticamente con il finale? ^^”
   
 
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