Anime & Manga > D.Gray Man
Ricorda la storia  |      
Autore: Shodaime    25/11/2013    1 recensioni
Sulla scia dei miei lavori (?) precedenti, non poteva mancare una one shot su D-Gray Man. Riusciranno Lavi, Allen, Kanda e i fratelli Lee a sopravvivere a uno scontro letale che li metterà l'uno contro l'altro?
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Yu Kanda
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Essere un esorcista non era propriamente tra le scelte di vita che una madre si augurerebbe per il proprio figlio, a meno che quella madre in particolare non avesse spiccate inclinazioni sadiche ed omicide.
Essere un esorcista non era generalmente nemmeno tra le scelte di vita che un esorcista si augurerebbe per se stesso, a meno che quell’esorcista in particolare non fosse particolarmente predisposto al masochismo o non fosse un personaggio di uno shonen.
Insomma, peggio che essere un esorcista c’era soltanto essere un esorcista scritturato per essere buono-caro-socievole-amicimieivivogliobbene-moriremotuttimamoriremoperilmerchandise.
La paga era magra, i rischi alti, la mensa affollata e la probabilità di non potercisi nemmeno accostare perché un sinistro Akuma randomico ti aveva spaccato tutti i denti con un altrettanto sinistro pugno in faccia nell’ultima missione nel Sahara ad agosto era quanto mai elevata.
E, ultimo ma non ultimo, il santo sistema previdenziale faceva acqua santa da tutte le parti, così che spesso e volentieri i valorosi esorcisti non venivano rimborsati di viaggi, spese mediche e terapie psicologiche post traumatiche. Se quindi la sezione scientifica era quella che si beccava tutta la gloria, i gingilli ipertecnologici e le sovvenzioni dal padre nostro che sta a Roma, il fulcro pulsante dell’Ordine oscuro, là dove le fila degli Apostoli erano tenute ordinate e compatte era un altro.
Solo pochi erano gli eletti destinati ad accedervi, e soltanto per una manciata di minuti all’anno. La competizione era grande,il mistero era fitto e l’alone di mistero che l’avvolgeva ancora più fitto, tanto che quel particolare corridoio dell’ordine assomigliava più alla campagna Padana una sera di novembre che ad un ambiente d’ufficio. Solo una cosa induceva, quell’altrimenti anonimo giovedì mattina, a differenziare l’ufficio 4 al piano terzo dell’Ordine Oscuro dal retrobottega di una stazione di Radio Padania.
La folla.
“Che diavolo ci fai tu qui?” Lavi fu decisamente sorpreso di veder sorgere sulla grossa insegna che indicava l’ufficio dell’assistenza previdenziale il grugno imbronciato di Kanda.
“Beh, non si vede? Io sono guercio, sono qui per ottenere la pensione d’invalidità!” Esclamò il Bookman, improvvisamente fiero e tronfio del titolo dispregiativo che per anni gli avevano affibbiato. Ma si sa, anche la grandine si può vederla come un buon inizio per un mojito, quindi se qualcosa di spiacevole poteva portare soldi era assolutamente benaccetta.
“Mettiti in fila…” Sentì qualcuno dire, seduto qualche sedia più in là. Lavi provò a individuare a chi appartenesse quella voce a metà tra lo stremato e il disperato, ma dovette attendere che due colleghi smettessero di scazzottarsi, che qualcuno portasse via una dell’infermeria che aveva avuto un attacco agorafobico e che riuscissero a spostare uno della scientifica che era stato attaccato dalla suddetta infermiera a colpi di distributore di numeri in preda al panico.
“….Moyashi?” Il Bookman era sorpreso. Pensava di essere stato furbo ad origliare la soffiata che quel giorno, per ben 10 minuti, allo sportello avrebbero accettato le richieste di risarcimento. Ma a quanto pareva il mondo era lì da prima di lui.
Alzando lo sguardo con l’espressione del fattore che si accinge a pulire il lato b delle sue vacche, Allen lo guardò vacuo. “Mi chiamo Allen. Ed è ovvio che io sia qui, ho una mano geneticamente modificata che farebbe spavento ai migliori fan di ‘malattie imbarazzanti’ e un curriculum di traumi infantili e abusi psichici kilometrico.” Poi, improvvisamente, la sua espressione cambiò. Il fattore sofferente si strappò via con un solo gesto la salopette in jeans e il cappello di paglia per assumere le sembianze del Dio del nuovo mondo, con tanto di occhi spiritati e patatina intimidatoria alla mano. “Perciò… Sarò io ad avere quei soldi, solo IO!” Concluse, con una risata spiritata.
Lavi fece un passo indietro, nascondendosi dietro i suoi moduli prestampati.
La situazione stava degenerando.
“Ehi fai attenzione! Non vedi che stavi per pestare i piedi alla mia dolce dolcissima sorellina?”. A quel punto Lavi non ebbe bisogno di girarsi. Nella sua testa, il suo io mentale si era girato chiedendo al supervisore Komui se la richiesta di invalidità era per lui o per quella sottospecie di reincarnazione di un salice piangente emo mentalmente disagiato di sua sorella. Invece si limitò a sorridere, salutando cordialmente Komui e facendo un complimento a caso a Leena Lee.
Giusto per evitare che continuasse a piangere.
Giusto per…
Emozionata, Lena attaccò a frignare.
Lo sportello si aprì.
Era l’alba della fine.


Due ore dopo, il peggiore dei tornado si sarebbe levato il cappello davanti alla devastazione che regnava sovrana al piano terzo.
La proverbiale nebbia si era diradata, portandosi via l’alone di mistero, quello di sudore e il sangue di parecchi esorcisti ancora rantolanti per terra.
Per i vincitori si aprivano le porte del Valhalla, dove un sontuoso banchetto imbandito per onorarne la vittoria era stato allestito nel tripudio e nella gioia. Per quelli che non erano riusciti a ottenere l’indennità, la sala mensa era comunque troppo lontana, anche senza l’aurea di gaudio celeste che si erano auto fabbricati quei raccomandati che ce l’avevano fatta.
Lavi si guardò attorno, stordito. Aveva un numero infilato nella benda, un piede bloccato sotto un plico di pratiche e quello che sospettava essere un cadavere sotto il suo sterno.
Il cadavere si mosse.
“Allen! Ma allora non ce l’hai fatta nemmeno tu?” Domandò, perplesso.
Allen scosse la testa. “Di questi tempi nemmeno essere il protagonista basta più. Non ha abbastanza certificazioni, mi hanno detto. Certo. Come se servissero delle certificazioni per vedere che la mia mano è più purulenta della faccia di un tredicenne amante del cioccolato.” Disse, mesto.
Lavi a quel punto era dubbioso. Aveva già visto Komui scappare portando in salvo la sorella per evitarle il linciaggio, quindi era certo che nemmeno loro avessero ottenuto i soldi. Ma allora, se loro erano lì e gli psicotici dei piani alti si erano dati alla macchia, chi…

La porta dell’ufficio si aprì e si richiuse, lasciando passare un Kanda con una poker face gigantesca stampata in faccia.
Attraversò il corridoio evitando morti e feriti, portando sottobraccio un plico di fogli con su stampato un bel timbrino verde campeggiante la scritta ‘’Approvato’’.
Il gelo scese sui nostri eroi. “Beh, voi non venite a mangiare?” Domandò Kanda, senza aspettare che gli rispondessero. Sparì verso il Valhalla.
“Ma…” Balbettò Lavi.
“Pare che sia stato assalito da un’orda di akuma transessuali e scatenati.” Disse Allen. “Nessuno ha mai saputo cosa sia successo durante quella missione, ma dev’essere stato decisamente qualcosa di grosso.”
   
 
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > D.Gray Man / Vai alla pagina dell'autore: Shodaime