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Autore: Ste Wittelsbach    25/11/2013    0 recensioni
La vita della signorina Rottenmeier cambia radicalmente non nel momento in cui diventa la governante di casa Sesemann, ma quando viene costretta a civilizzare una ignorante bambina proveniente dalle Alpi. Questa storia è narranta dal punto di vista di "Fräulein", dettato dai costumi e dalle regole sociali del secondo Reich, in pieno contrasto con quel sentimento di libertà e innocenza che Heidi, l'antagonista, vuole trasmettere in casa Sesemann.
Questa è la mia prima fanfiction. Siate il più critici possibile, ve ne prego.
Genere: Comico, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Heidi, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO TRE – Preludio alla tempesta

Punti lunghi e mal tirati / oggi cuciti, domani strappati
(Proverbio popolare)

 
Il giorno dopo non iniziò come Fräulein Rottenmeier aveva programmato nei suoi pensieri: a parte l’ardente desiderio che quanto era successo il giorno prima fosse stato solo un brutto incubo – ipotesi che abbandonò così come la pensò, in un istante, poiché non credeva in nulla che non fosse pratico ed oggettivo – sperava in qualche modo che la piccola selvaggia svizzera di nome Adelheid cominciasse a dimostrare di aver almeno ascoltato una parte della lunga predica fattale inutilmente l’altra sera. Questa speranza svanì poco dopo: nella sala da pranzo c’erano solo Klara e i domestici che aspettavano rispettivamente di essere serviti e di servire. Erano le sette precise: dove era la piccola svizzera? Fräulein Rottenmeier  si diresse senza pensare nella camera di Adelheid, dove poco prima, a detta di Tinette, la bambina era già stata avvertita che la colazione era pronta. Bussò: e ancora non una risposta. Alzò leggermente la voce:
«Adelheid, sei lì dentro vero?» e ancora nessuna risposta. Allora aprì la porta e vide la bambina seduta sul pavimento, completamente assente.
«Adelheid, ricominciamo da capo, misericordia!» sbuffò Fräulein Rottenmeier «Non ti bastano le sedie che hai nella stanza? Devi proprio sederti per terra come un animale? Non ti ha avvertito Tinette che la colazione è già pronta da un pezzo e che stiamo aspettando solo te?»
La piccola Adelheid si degnò almeno di voltare lo sguardo verso di lei, ma ancora una volta non rispose.
«Ti ho fatto una domanda Adelheid, e gradisco che tu mi risponda!» strillò di nuovo. La piccola rigirò lo sguardo altrove, al che Fräulein Rottenmeier la strattonò per un braccio costringendola a doversi alzare.
«Come te lo devo ripetere di stare in piedi e non per terra? Se non hai fame devi riferirlo o quanto meno presentarti in sala da pranzo! Hai intenzione di farci morire di fame? Misericordia, devo pure insegnarti come si deve camminare? Rispondimi! Adelheid, ho detto di rispondermi!»
«Basta chiamarmi Adelheid! Io mi chiamo Heidi!» urlò la bambina, liberandosi dalla morsa della governante con una violenza tale che sembrava volesse strapparsi il braccio.
Che tono volgare! Fräulein Rottenmeier non si scompose, la prese di nuovo per il braccio e se la trascinò dietro fino in sala da pranzo, ripetendole che il nome Adelheid era il suo nome di battesimo e perciò con tale nome verrà sempre chiamata. E finalmente si misero a fare colazione.

Erano quasi le nove, e il professore sarebbe arrivato a breve. Arrivò come sempre in anticipo, e prima che le bambine se ne accorgessero, Fräulein Rottenmeier chiamò a sé il professore, un uomo un po’ anzianotto, magro e calvo e dal viso cianotico e smunto, e dall’espressione pacifica, diverso dai tipici insegnanti tedeschi, alti e piazzati, con la pancia dell’età e lo sguardo severo, ma dotato di una pazienza e una calma tale da destare sempre ammirazione da parte delle governante; lo pregò di accomodarsi nel suo studio privato per metterlo a fronte della situazione sgradevole in cui si sarebbe trovato.
«Cercherò di essere breve, Herr Höchsteiß. Come ben sa, il padrone di casa, Herr Sesemann, mi ha pregata, di trovare una compagna di giochi e di studi per sua figlia Klara. Per quanto all’inizio non fossi entusiasta all’idea di dovermi addossare la responsabilità di mantenere una estranea in casa Sesemann, mi dovetti ricredere, ragionando che una buona compagnia sarebbe stato un beneficio per la piccola Klara.»
«Naturalmente approvo questa decisione, Fräulein, e ritengo che sia un buon gesto di saggezza e di carità permettere a una giovane studente sola come Klara di poter avere una sua coetanea nella sua stessa casa.»
«Questa ragazzina» proseguì Fräulein Rottenmeier, che non sopportava di venire interrotta, soprattutto in quel caso in cui il professore lusingava azioni da lei profondamente odiate «è arrivata giusto ieri sera..»
«Meraviglioso» interruppe di nuovo il professore «Posso valutare così il suo livello di apprendimento..»
«Appunto per questo l’ho presa in disparte, Herr Professor, per avvertirla di una spiacevole situazione.» ribatté seccata “La Fräulein”, termine dispregiativo con cui la servitù chiamava spesso Fräulein Rottenmeier, ovviamente non in sua presenza. «Vede, il caso ha voluto che mi piombasse in casa una strana bambina proveniente dalle Alpi Svizzere: una montanara incosciente, insolente e ignorante. E non è solo un problema per me, ma anche per Lei, Herr Professor: questa bambina non solo non conosce un minimo di galateo, non sa né leggere né scrivere! Non ha mai imparato l’alfabeto e non sa contare da uno a due!»
Sulla faccia del professore si dipinse un’espressione stupita e quasi amareggiata, e Fräulein Rottenmeier pensò bene di calcare la mano sperando in un giudizio negativo da parte dell’uomo:
«Purtroppo non ho avuto l’occasione di scrivere a Herr Sesemann riguardo a questo incidente, e il padrone ha espressamente richiesto che l’ospite venga trattata con il dovuto riguardo e alla pari di sua figlia. Capisce adesso in che guaio mi trovo, vero, Herr Professor? Come si può trattare alla pari di Fräulein Klara una selvaggia? Ecco che avrei bisogno del Suo parere: ritiene sia il caso far studiare daccapo la bambina o risulterebbe un intralcio nel piano di studi di Fräulein Klara? In questo caso, ho tutto il diritto di rispedire a casa sua quella montanara di nome Adelheid. Ecco devo avvertirla che la bambina insiste di chiamarsi Heidi perché l’hanno sempre chiamata con questo volgare vezzeggiativo, ma lei è stata battezzata Adelheid ed è così che deve essere chiamata in questa casa.. Comunque, se Adelheid dovesse intralciare gravemente gli studi di Fräulein Klara, posso rispedirla indietro. Prima di agire tuttavia gradirei poter avere un suo consiglio in merito.»
Mentre gli parlava, Fräulein Rottenmeier guardava il vecchio professore passarsi un fazzoletto di panno sulla fronte e pulire gli occhiali; dopodiché, seduto sulla sedia di fronte alla scrivania di Fräulein, l’uomo accavallò le gambe una sopra l’altra e incrociò le braccia, socchiudendo gli occhi in modo da ordinare i suoi pensieri e poter dare, una volta concluso il ciclo lavorativo della sua mente, la seguente risposta:
«Vede, Fräulein Rottenmeier, se la bambina è davvero così arretrata negli studi da non sapere nemmeno l’alfabeto, e Le credo in parola, ritengo doveroso, in qualità di professore, insegnarle finalmente, data la sua tarda età, a leggere, scrivere e far di conto. Inoltre, senza aver osservato almeno per qualche lezione la bambina, non possiamo affermare che sia così stupida e ignorante: magari ha una apprensione e un’intelligenza a lei nascoste, non avendo mai provato a studiare. In caso contrario, non ricoprendo il Suo stesso ruolo di comando in questa casa, lascio a Lei, Fräulein, ogni decisione.»
Fräulein Rottenmeier rimase un po’ delusa da questa risposta positiva del vecchio insegnante: come poteva illudersi che un emerito uomo dedito alle materie di studio comprendesse questi problemi nel campo del governo privato? Accorgendosi che dal professore non poteva aspettarsi nessun aiuto, Fräulein Rottenmeier accompagnò l’insegnante nello studio dove le due bambine lo stavano attendendo e dove, stranamente, la piccola selvaggia era seduta educatamente su un cuscino messo sopra la poltrona in modo tale che potesse raggiungere l’altezza del tavolo. Lasciato il professore nelle mani delle bambine, Fräulein Rottenmeier cominciò a girare su e giù per il suo salotto privato, annesso alla sua stanza da letto, riflettendo su un sacco di problematiche cui presto o tardi avrebbe dovuto venirne a capo. Riuscì a malapena a riordinare tutti questi pensieri nella sua mente e a trovare qualche risposta – per esempio, si pose il problema dei vestiti di Adelheid, di come la servitù doveva appellarsi a quella bambina, poiché deve essere trattata alla pari della giovane Klara, decidendo che dovranno chiamarla Mamsell – che dalla stanza in parte, ovvero la stanza da studio, si levò un rumore sommesso e un gran fracasso. Intirizzita da quel fracasso, Fräulein Rottenmeier levò a grandi passi nella zona interessata, dove temeva chissà quale catastrofe, e vide solo con la coda dell’occhio una testolina nera scendere di fretta e furia la scalinata, ma non ci fece caso: la vita della giovane Sesemann poteva essere stata compromessa, e la sua sicurezza veniva prima di tutto! Lo spettacolo che  si presentò ai suoi occhi fu devastante: una boccetta d’inchiostro nero, rotta, aveva macchiato il tappeto e il pavimento, la tovaglia era stata quasi completamente tolta dal suo legittimo luogo, e una serie di libri, una lavagnetta e la costosa abat-jour che un tempo doveva governare quel tavolo si trovavano riversi a terra. Opera di quella selvaggia, non c’era dubbio!
«La prego, Fräulein, non bisogna punire Heidi» supplicò Klara nel vano tentativo di difendere la sua nuova compagna «Non ha combinato questo disastro intenzionalmente. Deve aver confuso il rumore di una carrozza per il rumore dei suoi alberi.. credo. E dalla fretta è inciampata nella tovaglia e ha rovesciato tutto..»
«Alberi .. carrozze!! Che le dicevo, Herr Professor?» strillò la povera governante i cui nervi ricominciavano a pulsare nelle esili e giovani tempie «Quella bambina è una selvaggia! Non sa nemmeno stare seduta su una sedia! Adesso la riprendo io, quella montanara, vedrete se non lo faccio!» e con fare alquanto indispettito, per non dire furibondo, urlò dabbasso ai camerieri di venire a riparare quell’obbrobrioso disastro, mente scendeva di fretta le scale, rischiando un bell’incidente, per prendere Adelheid per le orecchie. E non ebbe difficoltà a trovarla: stava in piedi davanti al portone principale, guardandosi intorno come una stupida.
«Adelheid! Che ti prende? Non sai che bisogna stare seduti in silenzio a lezione?»
«Avevo sentito la voce dei miei abeti.. ora non più.. e nemmeno li vedo..» rispose la bambina
Fräulein Rottenmeier si portò una mano alla fronte e sbuffò.. questa era peggio di quanto aveva pensato fino a quel momento.. Degli alberi che parlano.. Prese di nuovo Adelheid per lo stesso braccio di quella mattina e se la trascinò dietro, sgridandola per l’ennesima volta:
«Qui non siamo nei tuoi boschi, Adelheid! Basta con queste tue sciocchezze, vieni piuttosto a vedere il disastro che hai appena combinato, impertinente!» e piantò in asso la bambina davanti alla stanza da studio a vedere con i suoi occhi una bella macchia d’inchiostro nero impressa nell’arredo; la bambina se ne dispiacque molto al punto da chiedere scusa educatamente, ma questo non la salvava certo da una predica:
«Se la prossima volta non imparerai a stare seduta a lezione ti legherò alla sedia, intesi?»
E, seccata e con la testa pulsante, Fräulein Rottenmeier si diresse nel suo salotto per prendere un calmante come balsamo di queste prime sconfitte sul suo piano educativo: le prime di una lunga serie di disfatte che trascinerebbero una qualsiasi povera governante nella disperazione. Ma non lei. No di certo! Tuttavia, in quel preciso momento non si rendeva conto di cosa sarebbe presto andata incontro.
  
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