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Autore: Chemical Lady    26/11/2013    2 recensioni
[Tratto dal Capitolo Terzo ]
La casacca del colore delle foglie vive, gli occhi grandi ed espressivi, il pugnale in cinta. Non poteva essere.
Mentre Felix si alzava in piedi, attendendo un qualsiasi cenno, quest’altro si abbassava, mettendosi in ginocchio davanti a lei. Sorrise, alzando un sopracciglio con una certa dose di soddisfazione, prima di sussurrarle “Coraggio, dillo.”
Wendy deglutì a vuoto un paio di volte, ipnotizzata “Tu…. Tu sei…”
“Chi sono, io?”
“… Tu sei Peter Pan.”
Il sorriso sul volto del ragazzo si allargò ancora di più. Con uno sguardo veloce e un piccolo cenno del capo congedò Felix, che sparì in un istante.
“E tu sei Wendy Darling.”
***
[Tratto dal Capitolo Quattro]
“Ora li chiami ‘affari’?”
Peter lo guardò per un istante “Come dovrei chiamarli?”
Il Capitano sorrise appena, smaliziato “Come dici sempre? Oh si…” attese un paio di secondi, prima di parlare “ I tuoi ‘Giochi da Bimbi Grandi’, ragazzo.”
Anche Pan si concesse un sorriso lascivo “Oh, quelli che posso fare solo con te, mh? Beh, avremo tempo anche per quelli, ma prima ho faccende serie di cui parlarti.”
Incuriosito, si sbrigò a seguirlo.
***
[LostBoys Centric]
[DarlingPan; CapitanPan]
Genere: Angst, Avventura, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Killian, Jones/Capitan, Uncino, Pan, Trilli, Wendy, Darling
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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~  The Price
to Pay.


Capitolo Primo.
The Lost Boys.
 



 
La nostra storia ha inizio molto tempo prima dell’arrivo di Wendy a Neverland…
Non riguarda semplicemente le avventure  di Peter Pan, ma di coloro che lo hanno aiutato a diventare ciò che era, che lo spalleggiavano e che hanno dato la vita per lui, in talumi casi.
I suoi Bambini Sperduti.
 
 
 
La solitudine pesa anche all’animo più nero.
Peter l’aveva appreso dopo i primi lustri di solitudine sull’Isola.
Era arrivato ad un punto in cui volare non gli era più bastato, così come le visite dei bambini durante il sonno. In un certo senso, si sentiva quasi invidioso verso di loro. Potevano recarsi in quel luogo magico il tempo di un sogno e realizzare così ogni loro desiderio, per poi tornarsene a casa loro, fra le loro lenzuola, che fossero di seta pregiata o di ruvidi stracci.
Fu così che decise di smetterla.
Neverland non sarebbe più stato un luogo di svago, non senza un prezzo.
Sarebbe diventata una casa per ragazzi come lui, in fuga da qualcosa o in cerca dell’eterna fanciullezza. Sarebbe diventata, a tutti gli effetti, la sua Isola. Un suo dominio e nessuna sirena, indiano o fata si sarebbe frapposta tra lui e questo ambizioso progetto.
Come ogni Re avrebbe avuto un esercito, qualcuno che, come lui, avrebbe amato Neverland sopra ogni cosa e che, forse sarebbe anche arrivato a capirlo.
Che non si sarebbe mai posto domande circa l’eticità delle sue azioni.
Che non lo avrebbe fatto più sentire solo, ma semplicemente più forte di quanto già non fosse.
Non aveva bisogno di nessuno, dal punto di vista del potere.
Aveva bisogno di qualcuno per colmare le lunghe giornate senza tempo di Neverland, e si sarebbe dato seriamente da fare per trovare dei degni candidati.
Così,  i Bambini Sperduti iniziarono ad arrivare sull’isola, chi per sua scelta, chi per divertimento, chi quasi per imposizione.
La sola cosa li contraddistingueva da ogni altro bambino che, al suo arrivo, veniva fatto prigioniero era la cieca lealtà nei confronti di Pan.
Come ogni esercito, avevano impegnato la loro vita a servirlo, ricevendo in cambio tutto ciò che un bambino avrebbe mai potuto desiderare: la certezza di non crescere mai e di non smettere mai di giocare…
 
 
 
 
 
 
 
Fra tutti i Bambini Sperduti- quando ancora non avevano questo nome-, il più fedele a Peter era Rufio.
Era stato il primo che, visitando Neverland, aveva deciso di fermarsi lì e restare.
Il primo, dopo Peter.
Non si sapeva esattamente da dove provenisse, ma i suoi tratti erano particolari, sottili, soprattutto gli occhi a mandorla. Aveva la pelle più abbronzata degli altri Bambini e i capelli di un nero così intenso da sembrare ricco di riflessi di un blu elettrizzante, intenso e bellissimo.
Sin dal suo arrivo a Neverland non si era mai posto molti problemi nei confronti di Pan, rischiando anche di contraddirlo e irritarlo se necessario, ma sempre e comunque nel suo interesse. Seppur covando un certo timore verso di lui, come tutti del resto, aveva più volte corso il rischio di provocarlo e aveva avuto la fortuna di vivere per andare a raccontarlo, ma senza presunzione. Non era nel suo carattere.
Aveva giurato di dare la sua vita per Peter, per quel ragazzino dagli occhi verdi ed indecifrabili, che dietro ad una maschera spietata sembrava celare una profonda tristezza.
Era stato il primo vero amico che aveva mai avuto sull’Isola, ed era in seguito diventato un vero e proprio punto di riferimento per i Bambini Sperduti. 
Peter, in fin dei conti, non era mai stato duro con loro. Manteneva il suo status di leader ostentando un po’ di distacco, ma dopotutto era stato lui a portarli tutti lì. A dar loro una casa, quando non sapevano nemmeno di cosa si trattasse. Li viziava in ogni modo possibile, faceva sì che ogni loro sono divenisse realtà. Se poi erano loro, a farsi traviare dal suo potere e dalle sue promesse, beh quello non lo toccava minimamente. 
Ciò nonostante, avere Rufio come tramite tra loro e il capo sembrava più che comodo a tutti. Tornando a lui, una cosa andava per forza detta:  era un autentico sognatore, sempre con la testa a galassie di distanza. Adorava passare le sue giornate steso sul ramo di un albero a fissare le stelle, o a rincorrere le fate sperando di rubare loro un po’ di polvere.
Il suo sogno più grande era volare e Peter aveva addirittura assecondato questo suo desiderio, più di una volta.
D’aspetto, era forse uno dei più appariscenti. I capelli gli stavano ritti sul capo come se avessero una vita loro, perennemente spettinati. Non soleva indossare gli stessi abiti degli altri; ai lunghi mantelli dai cappucci più ampi e strani prediligeva un semplice gilet di tessuto morbido, dei colori delle foglie degli alberi in primavera, brillati. Attaccate ad esso c’erano alcune foglie di edera e, qua e là, qualche fiorellino colorato. Indossava inoltre dei pantaloni di tela, di un verde ormai stinto, con i quali era arrivato sull’isola parecchio tempo prima e andava sempre in giro scalzo.
La sola cosa che sembrava turbare questo suo aspetto fiabesco, era il pugnale lungo che portava sempre fisso al fianco destro, pronto ad ogni evenienza. Sapeva farsi valere come spadaccino, anche se alla lama preferiva le parole.
Pocket, che tra loro era l’unico ad aver studiato qualcosa in vita, lo paragonava sempre al Mercuzio shakespeariano. Non sapeva nemmeno lui cosa significasse quella frase, ma quando lo ascoltava lanciarsi in discorsi contorti,  gli tornava alla mente la sua precettrice e il suo amore per Romeo e Giulietta, opera per lui senza alcun senso logico. Però quel personaggio gli era sempre piaciuto e Rufio lo incarnava alla perfezione.
 
Secondo, sia per importanza che per astuzia, c’era Felix.
Chiunque lo conoscesse, poteva ben capire che Rufio doveva davvero aver qualcosa di speciale se Pan lo preferiva a lui.
Felix era, di fatto, sempre d’accordo con Peter. Qualsiasi cosa il loro capo dicesse o facesse, per lui era legge; non c’erano mai ne ‘se’ ne ‘ma’, possibili piani B o contrattazioni amichevoli.
Lui non era Rufio, ‘amichevole’  era un termine che mancava totalmente dal suo dizionario.
Si limitava ad eseguire gli ordini e lo faceva davvero bene; non aveva paura di niente e di nessuno, come se essere un Bambino Sperduto lo proteggesse da qualsivoglia male.
In effetti, per lui, essere al soldo di Pan era come essersi comprati l’immortalità in ogni senso: Peter avrebbe sempre sistemato tutto, se lui avesse fatto esattamente ciò che gli veniva chiesto.
Prediligere la violenza all’astuzia era però un suo difetto o un suo pregio, a seconda dell’interpretazione.
 
Ben lontano dal cuore di ghiaccio di Felix, o dall’animo avventuroso di Rufio, vi era Tootles. Preso a parte, non sembrava nemmeno far parte del gruppo dei Bambini Sperduti, come se la sua presenza stonasse fra loro.
Era goffo, per certi versi sciocco e parecchio stupido. O, almeno, era lui a sentirsi così a causa delle battute di scherno degli altri.
Pappamolla, era l’aggettivo che si sentiva ripetere più spesso nell’arco di una giornata.
La verità era che, semplicemente, aveva vissuto l’arrivo a Neverland in modo differente dagli altri. Non era rimasto solo perché abbandonato, ma a causa di una sciagura unica. Figlio di un pescatore, era rimasto orfano di madre e padre a causa di un nubifragio, dal quale si era salvato solo lui. Della sua storia, però, sentiremo parlare più avanti.
Quel che ci serve di sapere è che era rimasto solo a causa del destino, quindi non aveva nessuno da odiare, se non la sua cattiva stella.
Peter l’aveva accolto tra le sue fila perché, nel momento esatto in cui se l’era trovato davanti, Tootles aveva promesso di comportarsi bene se l’avesse fatto rimanere. Lui e Rufio avevano riso così tanto che l’avevano fatto portare all’accampamento senza nemmeno rifletterci troppo su.
Una volta arrivato, Tootles aveva capito. Neverland non era esattamente come nelle fiabe di sua mamma…
Era un posto più triste e spento, per chiunque non formasse le fila di Peter. Quindi non aveva di che lamentarsi e, anche se non la pensava sempre come lui, si faceva andare più che bene la situazione.
Era felice, in mezzo a quei ragazzi.
Erano una famiglia strana, ma lo erano, a prescindere dal loro modo di comportarsi verso gli altri.
Quando era arrivato a Neverland, Tootles non aveva nulla a parte i suoi vestiti e un vecchio cappellino, che suo padre gli aveva comprato quando erano andati a vedere un circo. Non ricordava quasi nulla di quel giorno, visto che come ben sapevano tutti l’arrivo sull’Isola inficiava di molto i ricordi, ma c’erano degli strani orsi, che a lui erano piaciuti tantissimo.
I panda.
Sul suo berretto, vi era il viso e le orecchiette di un panda.
Complice la fantasia, aveva preso a contornarsi solo l’occhio sinistro di nero e non si separava mai da quel suo unico collegamento con la sua vecchia vita.
 
Gli altri bambini non erano mai giunti a Neverland per rimanere in modo autonomo, ma al massimo nei loro sogni; Li aveva chiamati a sé Peter, suonando il suo Piffero Magico nelle sue visite alla Foresta Incantata o erano arrivati con Ombra, ad ondate diverse.
Tra coloro che Pan era andato personalmente a pescare, vi era Nibbs.
Se si dovesse arrivare a descriverlo con un solo aggettivo, ‘schizzato’ sarebbe quello ideale.
Che non fosse del tutto normale era chiaro a tutti. Parlava spesso da solo e, se lo faceva con gli altri, arrivava a discorsi che non avevano ne capo ne coda.
Era uno dei pochi ragazzi ad avere qualche ricordo della sua vita precedente, seppur parecchio confuso, forse anche perché non aveva avuto una vita facile o lineare. Peter lo aveva raccolto da un orfanotrofio, insieme a No Nap e a Prentiss, dove la madre lo aveva scaricato a dieci anni. tutto ciò che ricordava di lei era il suo essere schifosamente attaccata ai soldi. Desiderava più avere un sacchetto colmo di monete d’oro che dei figli nutriti e con vestiti decenti a coprirli dal freddo della notte.
La sua nomea era però dovuta ad altro.  Peter adorava raccontare a tutte le nuove reclute di quella volta che Nibbs era stato inseguito da un branco di lupi, al limitare del corso del Fiume del Coccodrillo. Lo avevano inseguito per quasi tutti la notte, facendolo correre nei peggiori anfratti, tra le radici dei monti. Dopo molte ore, quando finalmente Pan e i suoi l’avevano trovato, non era messo poi così male.
Aveva ucciso un lupo usando semplicemente un coltellino da tasca e lo aveva in qualche modo decapitato, aveva svuotato la sua testa e aveva preso a saltellare attorno al cadavere ballando una strana danza della vittoria. Quando dovevano affrontare una missione particolarmente importante, tirava ancora fuori quel copricapo maleodorante ma in perfette condizioni, manco fosse riuscito ad imbalsamarlo.
Dopotutto ne valeva la pena. Ci aveva perso tre dita di una mano quella notte, ma non era morto.
 
Sligthly, detto Sly, non era il più amato o simpatico della compagnia.
Era famoso per essere particolarmente presuntuoso, ironico in modo poco consono alla sua posizione. Alle volte tentava di sfidare Peter, ma alla prima occhiata di ammonimento fuggiva con la coda fra le gambe. Non aveva il coraggio di risponder male a Rufio, figurarsi al grande capo.
Questa sua presunzione nasceva però dal fatto che aveva deciso di sua iniziativa di lasciare casa sua per seguire Pan, nonostante avesse un padre amorevole che faceva di tutto per farlo felice. La sua voglia di soddisfare ogni suo capriccio l’aveva portato a spezzare quel vincolo, ma aveva portato con sé un paio di cose, prima di partire: un orologio da taschino che però segnava sempre le undici di sera e il suo vecchio flauto a canne, regalo di quel padre che aveva abbandonato, con inciso sopra il suo vero nome.
Edward.
Conoscere il proprio nome di battesimo, a Neverland, era un lusso unicamente suo.
 
A far compagnia a Felix e Nibbs, nel girone dei più ‘pratici’ c’era Curly, detto anche Cubby. Per quanto potesse sembrare gentile e altruista nei confronti degli altri ragazzi, era un autentico sadico.
Quando Peter dava loro il permesso di ‘giocare’ con gli Indiani, era il più bravo nel tiro al bersaglio: riusciva a centrarne uno con una sola lancia da distanze considerevoli.
Adorava le scommesse.
Da sotto a quel cesto di foltissimi ricci neri che si ritrovava, un paio di vispi occhietti neri controllavano  e calcolavano le probabilità di vittoria o meno che aveva.  Non era il più intelligente, ma in fatto di astuzia lo superavano ben in pochi.
Non riusciva a starsene con le mani in mano per più di dieci minuti.
Seppur ai bambini bastasse desiderare qualcosa per ottenerlo, lui preferiva costruirsi da solo ogni cosa.
Aveva legato fra loro delle canne di bambù per giorni, prima di iniziare a costruirsi un giaciglio per la notte che fosse sollevato rispetto alle tende degli altri, al fine di evitare agguati notturni da qualche altro Bambino Sperduto.
Se ne stava spesso sulle sue, se non per timidezza, a causa di un carattere particolarmente introverso.
 
Marmaduke e Binky non erano solo inseparabili nella vita, ma anche nella nascita. Erano, di fatto, gemelli.
Identici in praticamente ogni cosa, era quasi del tutto impossibile distinguerli a colpo d’occhio.
Biondissimi, alti e magri come delle asce, avevano entrambi gli occhi  azzurri e furbetti.
Venivano chiamati anche First e Second Twin, ma visto che era difficile chiamarli così a causa della difficoltà nel distinguerli, questi soprannomi erano una priorità di Peter e degli stessi.
Nonostante la loro unità, tendevano a litigare di frequente. In quei casi, era quasi impossibile rimanere all’accampamento, tanto l’atmosfera si tingeva di nero attorno ai due litiganti. Solo quando facevano pace, l’aria tornava ad essere respirabile.
Come tutti i gemelli, erano molto in sintonia fra loro seppure nel profondo avessero due caratteri molto diversi. Completavano uno la frase dell’altro ed erano molto bravi a fare scherzetti al resto dei Bambini Sperduti.
E a commettere omicidi.
Così bravi che, se serviva un lavoretto pulito, loro erano i prescelti . Silenziosi come il vento e veloci come i fulmini.
Venivano poi tutti gli altri, meno interessanti di questa manciata di ragazzini che vi ho ora introdotto, ma ugualmente fedeli alla causa di Pan.
Pocket e la sua intelligenza sopra alla media;  Ace, insieme alla sua nomea di spione, tanto grande da far pensare agli altri che potesse avere orecchie per tutta l’isola; No Nap e il suo pessimo caratteraccio, sempre pronto ad attaccare briga; Small, che fra tutti sembrava il più piccolo, ma non si tirava mai indietro davanti a nulla; Tubby Ted e la sua mania per i dolci,  Prentiss,Thudd Butt. …
 
Ognuno di loro aveva un compito e si sforzava al massimo per eseguirlo alla perfezione.
Ognuno di loro avrà un ruolo nella storia, un posto unico e, per una volta, da protagonista….
 
 
 
 
 
 
 
 
Nda.
Approdo finalmente anche in questo fandom, dopo molti tentennamenti!
Dopo un brainstorming anche relativamente veloce riguardo i protagonisti della mia prima ff su OUAT, la scelta è caduta su quello che –mi dicono- so fare meglio: dare la voce a tutti quei personaggi che vengono quasi sempre ignorati.
Beh, io adoro Peter Pan, adori i Lost Boys e adoro la loro cattiveria. Sono adorabili, non trovate?
 
Questa è solo un’infarinatura veloce dei nostri protagonisti, dal prossimo capitolo approfondirò maggiormente ciascuno di loro e laverò anche molto su una trama che comprenderà Wendy, Tiger Lily, Hook e altra gente che non voglio rivelarvi….
Se no che gusto c’è?
 
Grazie a chi è arrivato a leggere sino a qui, lo so che i miei sproloqui sono noiosi, quindi vi segnalo solo la mia pagina da autrice, dove scrivo ‘l’avanzamento dei lavori’ e posto cavolate come se piovesse:

https://www.facebook.com/pages/Chemical-Lady-EFP/212620025460195
 
Per qualsiasi cosa, potete scrivermi in pv o invocare il mio nome la notte, davanti ad uno specchio.
Apparirò nella vostra stanza, promesso. U.u
 
Grazie a chi ha letto sino a qui, anche se l’ho già detto.
Ogni recensione sarà molto amata e apprezzata! Donate l’otto per mille del vostro tempo alla causa ‘salviamo l’autostima delle attrici, scriviamo qualcosa in sincerità’.
Per incoraggiarvi/aiutarvi, vi lascio con  una domanda: a colpo d’occhio, quale è il personaggio introdotto che ha maggiormente catalizzato la vostra attenzione?
 
Spero di postare il prima possibile il seguito,
A presto!
 
Jessy.

 
  
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