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Autore: nuvole_e_popcorn    26/11/2013    1 recensioni
Quando la incontrai lei aveva diciannove anni e io quasi trenta. Ma questo non la fermò e la devo ringraziare. Ha combattuto per me e io per lei ci sarò, sempre. Perché lei è sempre stata la mia donna quella che aspettavo da una vita.
***
La osservai. Aveva capelli color miele-oro arricciati e portati su un lato, indossava un abito da sera color panna di cui reggeva un estremità con una mano, nell'altra reggeva un paio di scarpe tacco a spillo spaventoso leopardate (ma non era quel leopardato volgare, era quello fine, o forse dipende dalle persona che lo indossa...?), le sue guance erano arrossate dalla corsa e aveva il fiato corto.
Notai il taglio dei suoi occhi pieni di vita e le labbra rosse incurvate in un sorriso.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Incontri

Aurora POV

11 Settembre 2012

Notai che mia madre aveva le lacrime agli occhi. La amai ancora di più per questo, lei sarebbe stata la persona che mi sarebbe mancata di più; ma sapeva che questa era la strada che mi ero scelta e ne era fiera.

«Oh, ma' -la apostrofai stringendola con il braccio libero -andrà tutto bene. Ci vedremo presto» l'altoparlante dell'aereporto di Caselle annunciò il check in dei passeggeri del volo diretto a Londra e sospirai. Abbracciai anche mio padre; sapevo che si sarebbero presi cura l'uno dell'altra, come avevano sempre fatto. Ogni tanto mi veniva da piangere guardandoli mentre si scambiavano occhiate innamorate quando pensavano che nessuno li stesse guardando. Mio padre passò un braccio attorno alle spalle di mia madre che coraggiosamente abbozzò un sorriso.

Ero la sua piccola, e già me ne andavo a studiare all'estero. Aveva paura per me, era ovvio, ma mi voleva abbastanza bene da non volermi tarpare le ali.

Mi diressi verso il check in con una strana sensazione addosso. Come quando hai mille inizi davanti e cominci con uno sperando che sia quello giusto.

 

 

Ben POV

24 Ottobre 2012

Passeggiavo tranquillo quel tardo pomeriggio uggioso per le strade della mia città. Amavo Londra, nonostante la nebbia, amavo Londra comunque. Indossavo un berretto e gli occhiali da sole per mascherare la mia presenza, per sembrare normale. Infatti le persone mi osservavano, ma non sicure di chi fossi non si fermavano e non mi infastidivano. Adoro i miei fan, però ogni tanto mi va di fuggire da tutto perché piacerebbe anche a me essere normale, non essere famoso, mettere radici in un posto, incontrare una donna che non ti voglia solo perché sei famoso e vuole il suo momento di gloria.

Sospirai ripensando che nonostante tutto, forse ero io che ero troppo esigente nel chiedere una donna così, una donna allegra, sensuale, dolce, raffinata... è vero forse ero io che chiedevo troppo.

Ero talmente immerso nei miei pensieri che non notai finché non l'ebbi davanti una persona che correva a piedi scalzi sul marciapiede.

La osservai. Aveva capelli color miele-oro arracciati e portati su un lato, indossava un abito da sera color panna di cui reggeva un estremità con una mano, nell'altra reggeva un paio di scarpe tacco a spillo spaventoso leopardate (ma non era quel leopardato volgare, era quello fine, o forse dipende dalle persona che lo indossa...?), le sue guance erano arrossate dalla corsa e aveva il fiato corto.

Notai il taglio dei suoi occhi pieni di vita e le labbra rosse incurvate in un sorriso.

Mi guardò e sorrise. Per un attimo rimasi fermo immobile davanti a quella ragazza, ma più la guardavo mentre si fissava alle spalle e prendeva fiato più mi sembrava una donna e con quei capelli un po' disordinati a causa della corsa mi ritrovai ad immaginarla stesa in un letto, con indosso una camicia mentre leggeva un libro; non so perché... ma non riuscii a spiccicare parola.

Lei mi sorrise ancora: «Benjamin, vero?» in genere non amavo farmi chiamare col mio nome intero, ma in quel momento non mi infastidì minimamente; lei lasciò andare il vestito e liberata la mano me la porse dicendo: «Aurora» aveva uno strano accento, che non riuscii, però, ad identificare subito.

«Perché corri?» le domandai lentamente immaginando che non fosse inglese, nonotante la pronuncia quasi perfetta.

«ECCOLA!» due tizi della security la indicarono e lei si voltò e guardatili riprese l'abito in mano imprecando: «Merda». Italiana.

«Che succede?» le domandai in un soffio, lei ghignò: «Imbucata alla festa sbagliata» mi disse in inglese.

«Pardon!» esclamò poi quando quelli si fecero vicini, le sorrisi e lei si alzò sulla punta dei piedi scoccandomi un bacio sulla guancia per poi correre via e voltare l'angolo.

Rimasi immobile per un attimo mentre quelli della security mi passavano accanto proseguendo lungo la strada e senza svoltare. Li aveva seminati davvero.

  
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