Storie originali > Storico
Ricorda la storia  |      
Autore: nefert70    27/11/2013    3 recensioni
La lettera di addio di Costanza d'Aragona a Federico II di Svevia
Genere: Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo
- Questa storia fa parte della serie 'Le donne di Federico II'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

FARO’ DI TE UN IMPERATORE

 
Catania, 20 giugno 1222

Mio amatissimo sposo e signore,
la malattia che mi ha colpito non mi dà più speranze, presto lascerò questo mondo.
Purtroppo chiuderò gli occhi senza più vedere ne Voi mio carissimo sposo Federico ne il mio amatissimo figlio Enrico.
Perdonatemi se ora ricordo il passato, ma in queste ore che precedono la mia morte non faccio altro. Tutta la vita mi si ripresenta davanti.
Nella mia mente scorrono le immagini della mia infanzia in Spagna. Mi sembra ancora di sentire il caldo sole spagnolo che mi riscalda la pelle. Lo stesso sole e calore che ho ritrovato qui in Sicilia.
Per cinque lunghi anni però ho dovuto vivere nella fredda terra d’Ungheria, come ho odiavo quei luoghi. La neve arrivava presto e sembrava non volersene andare mai.
Nel 1199, all’età di quindici anni fui sposata ad Emerico d’Ungheria, l’anno successivo ero già madre di una meravigliosa creatura che fu battezzato con il nome di Ladislao.
La mia permanenza in Ungheria non fu però infruttuosa, mi permise di imparare l’arte del governo, il mio sposo mi rendeva partecipe di ogni problema e di ogni decisione. Della mia competenza ne avete poi giovato voi, Federico.
Nel 1204 però mio marito morì e a nulla valsero i miei stratagemmi, non riuscii a salvaguardare il trono a mio figlio.
Mio cognato Andrea si proclamò re e reggente, costringendomi a fuggire con mio figlio e a rifugiarmi alla corte del duca Leopoldo d’Austria.
Lì rimasi fino alla morte del mio bambino, il 7 maggio 1205, quante lacrime. Pensavo che non avrei mai più smesso di piangere.
Il duca Leopoldo a quel punto, non avevo più motivo di rimanere vicino all’Ungheria, mi aiutò a ritornare in Spagna.
Gli anni successivi li trascorsi nel convento di Sijena, fatto edificare da mia madre che vi si era  già ritirata dopo la morte di mio padre.
Già durante la visita di mio fratello Pietro II a Roma, nel 1204, si cominciò a parlare di un’unione delle nostre casate attraverso un matrimonio. La prima sposa che vi era stata destinata era mia sorella Sancia, ma le trattative si prolungarono fino al 1208, al raggiungimento della vostra maggiore età. Con il mio rientro in patria, Sua Santità Innocenzo III spostò la sua preferenza su di me. Nel febbraio 1208 inviò il vescovo di Mazzara a Saragozza con l’incarico di condurmi nel regno, ma la missione si concluse con la sola definizione del contratto nuziale che venne confermato da Innocenzo II nell’agosto dello stesso anno.
Già dall’autunno del 1208 assunsi il titolo di regina di Sicilia.
Non ero felice della scelta di mio fratello, cercai di convincerlo in tutti i modi a lasciarmi in convento. Non desideravo un nuovo matrimonio e soprattutto uno sposo bambino.
Fu tutto inutile, Sua Santità aveva scelto me, dovevo sottomettermi alla sua volontà.
Verso la metà del 1209, lasciai l’Aragona, giungendo a Palermo ai primi di agosto.
Le nozze furono celebrate alcune settimane più tardi, il 15 agosto giorno dell’Assunta, perché voi vi trovavate a Messina al momento del mio arrivo.
Ci vollero diversi giorni pima che Vi incontrassi, non mi aspettavo certo che Voi foste felice di sposarmi ma speravo che almeno mi avreste accolta al mio arrivo in terra di Sicilia.
Nell’attesa presi possesso del dotario delle regine siciliane, alcuni feudi in Sicilia, tra cui Taormina, e il vasto territorio dell’onore del Monte di Sant’Angelo in Capitanata con Siponto e Vieste.
Nella mia nuova patria giunsi accompagnata da mio fratello Alfonso, conte di Provenza e da 500 cavalieri, uno dei tanti motivi del nostro matrimonio.
Al nostro primo incontro rimasi affascinata e sconcertata. Mi trovai di fronte un giovane uomo dalla bellezza virile, forse non particolarmente alto ma ben proporzionato e muscoloso. Solo il Vostro viso rivelava la giovane età, solo un lieve accenno della barba che oggi cinge il vostro viso. I capelli di un biondo fulvo incorniciavano il volto in cui spiccavano i vostri occhi, i più beli che avessi mai visto, verdazzurro come il mare di Sicilia.
Eravate un ragazzaccio, non un re. Quando ci presentarono non foste capace neppure di inchinarvi a dovere.
“Il mio compito non sarà facile. Non dovrò solo essere una moglie, una regina ma anche una madre e una mentore per questo giovane uomo” questi furono i miei primi pensieri.
Nel corso della nostra vita matrimoniale ho cercato di adempiere a tutti questi compiti. Ho sposato un ragazzo, lascio un imperatore.
Ma anche io ho ricevuto molto da voi. Mi vergogno quasi a confessarlo. Solo Voi mi avete fatto sentire finalmente donna.
Avevo venticinque anni e  non ero più vergine, ma quando entraste nel mio letto scoprii il piacere.
Il compito di una regina però non è solo nel letto del re e come tale vi fui accanto nelle difficili settimane della rivolta calabro-siciliana guidata da Anfuso de Roto.
Alla fine del 1209 Vi accompagnai a Catania dove fu proclamato il bando nei confronti di Pagano de Parisio, un altro nobile che si ribellava alla vostra autorità.
La vostra fiducia nei miei confronti cresceva di giorno in giorno, non credo che alla fine vi siate pentito del nostro matrimonio.
La gran parte dei 500 cavalieri che mi avevano accompagnato caddero vittima di un’epidemia nell’autunno del 1209 ma la mia esperienza politica controbilanciò questa perdita. Non è vero Federico?
Non nego che influii nell’allontanamento del cancelliere Gualtieri di Palearia, nel 1210. A quel tempo ritenevo, con la sua netta opposizione alla politica di revoca dei feudi,  fosse di intralcio al Vostro potere. Dovetti ricredermi.
Dopo neppure due anni di matrimonio, nel 1211 misi al mondo nostro figlio Enrico. Che felicità finalmente potevo ristringere al cuore un bambino.
Quando alcuni ministeriali tedeschi vi  offrirono la corona tedesca io non fui d’accordo, non ritenevo opportuno tentare l’avventura tedesca quando ancora non era consolidato il vostro dominio in Sicilia.  Ogni mio tentativo di opposizione fu vano, la vostra sete di conquista, la voglia di ricreare l’impero di vostro nonno era più forte i tutto.
Sordo alle mie suppliche partiste per la Germania, lasciandomi sola a governare la Sicilia in nome di Enrico che voleste far incoronare re.
Negli anni della mia reggenza fui affiancata come consigliere da Gualtieri di Palearia che, per intervento di Sua Santità Innocenzo III, era stato reintegrato nel suo ruolo.
Finalmente dopo quattro anni il conflitto tedesco si concluse con la deposizione di Ottone IV e voi voleste ricongiungervi con vostro figlio e me.
Mi misi in viaggio a luglio 1216 da Messina, passando da San’Eufemia, Capua, Bologna e Verone, pe giungere nel dicembre 1216 a Norimberga. Finalmente eravamo di nuovo insieme.
La felicità fu offuscata solo dalla presenza della Vostra amante, Adelaide di Urslingen.
Già durante la nostra separazione mi erano giunte le voce della vostra relazione ma il doverci convivere fu molto doloroso anche se feci tutto il possibile per non farvelo pesare.
Da quel momento non ebbi più parte attiva nel governo anche se molte volte ancora chiedeste il mio consiglio su molte questioni.
Nell’agosto 1220, dopo la nascita del secondo figlio di Adelaide iniziammo il viaggio di ritorno in Sicilia.
Durante il viaggio ci fermammo a Roma dove fummo incoronati Imperatore e Imperatrice.
Mi avete fatto Imperatrice, ma l’unica cosa di cui sono sempre stato orgogliosa è quella di essere Vostra moglie.
Ricordatelo sempre… ricordatemi sempre, Federico.
Sono stata orgogliosa di essere Vostra moglie e di avervi aiutato a governare.
Dalla Vostra ultima lettera ora siete a Iato, spero che l’assedio sei Saraceni non vi tenga ancora troppo lontano da me…
Raggiungetemi Federico, Vi prego, desidero rivedervi prima di morire.
Se così non potrà essere… Vi prego, amate nostro figlio e non tenetelo troppo lontano da Voi, in Germania.
Vi scongiuro fatelo tonare presto al sole caldo di Sicilia e al Vostro affetto.
 
Vostra per sempre
Costanza
 
 
 
 
 
 
Costanza morì il 23 giugno 1222 a Catania, sola.
Enrico fu cresciuto in Germania, sempre lontano dal padre.
 
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Storico / Vai alla pagina dell'autore: nefert70