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Autore: Cesca91    27/11/2013    3 recensioni
Dopo la fine della quinta stagione di Squadra Antimafia, ho pensato di ingannare l'attesa per la nuova stagione scrivendo un seguito della storia per chi, come me, sta immaginando e costruendo momenti e scene nella propria testa. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensate voi, premettendo che sono una fan della coppia Rosy - Domenico quindi la mia storia si concentra principalmente su loro due, MA NON SOLO ;) Buona lettura!
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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1. Tu come stai?

 
Il cielo è grigio su Catania. Le nuvole si accavallano in una tormenta, spinte dal vento di metà ottobre. Sembra che lassù si stia preparando il peggio, un acquazzone di quelli che cancella le strade, i ricordi, le carte stracce buttate a terra. Ma c’è una cosa che non si cancella mai da posti come questi ed è la mafia, che ha sporcato i sogni e le speranze dei cittadini più umili e puliti. Se cammini fra le vie di Catania, leggi sulla faccia della gente la paura di un nuovo attacco, una nuova guerra fra capi, un’altra sparatoria che lasci a terra nuovi cadaveri e nuove macchie di sangue, indelebili come le tracce di una moto che è fuggita via portandosi a bordo un altro latitante assassino. Per questo, quando piove, nel cuore degli abitanti di posti come questo si accende il desiderio che tutto se ne vada via, che dal cielo scenda giù così tanta acqua da portare via anche l’orrore che spezza sempre più vite.
Calcaterra cammina sicuro di sé fra i corridoi dell’ospedale psichiatrico giudiziario di Catania, la sua meta è l’ultima porta alla fine del muro bianco, che nasconde una stanza importante dietro una porta cancello. La pistola infilata nei jeans, il capello spettinato, una maglia bianca sotto un giubbotto di pelle marrone, Mimmo si prepara in mente il discorso da fare. È la prima volta che torna a far visita a Rosy, dopo tutto quello che li ha visti protagonisti, complici, genitori insieme di una stessa vita in frantumi. Per un attimo, Domenico rivede davanti a sé le speranze e le ansie che lo animavano alcuni mesi fa, quando entrava in quell’edificio carico di rabbia e rancore, perché i cattivi erano ancora là fuori e Leonardino nascosto chissà sotto quanti cumuli di terra. Entrava nella stanza di Rosy, un cubo nel mondo che osservava il silenzio e lo sguardo perso nel vuoto di una madre alla quale avevano ammazzato il figlio, e le raccontava gli sviluppi, le novità, sperando di sortire in lei qualche reazione. Ma Rosy non rispondeva, Rosy percepiva e covava. C’è una parte del suo corpo in cui ha raccolto tutte le emozioni e sensazioni successive a quel tragico giorno, alla sparatoria in spiaggia, dove è svenuta fra le braccia del suo sbirro preferito con la speranza di risvegliarsi da un brutto sogno.
Solo che il sogno si è trasformato in un incubo e Leonardino non c’è più. E una mamma che ha perso il proprio bambino non sa da dove ripartire, perché di lei è rimasto nient’altro che una donna ferita, colpita a morte e costretta a vivere con i ricordi e i rimorsi.
- Ciao Rosy… -, un energico Calcaterra entra dalla porta di ferro bianco e si fa strada verso il letto, sul quale è seduta Rosy con le spalle al muro.
- Calcaterra… Ancora qua sei?
- Si, mi sono trattenuto un po’.  
- E’ proprio che ti sei innamorato di questa città, non è vero?
- Può darsi.
- E’ che c’è qualcosa che ti trattiene, sbaglio? O qualcuno…  
- Il lavoro… -, annuisce il poliziotto di fronte ad una che sa sempre tutto, vede tutto oltre l’anima di chi ha di fronte.
- E questo lavoro c’ha pure un nome per caso?
- Filippo De Silva.
Rosy spalanca gli occhi e si rizza sulla schiena, lanciando a Mimmo uno sguardo incredulo e sbarrato, incorniciato dal sopracciglio inarcato. È un’espressione che lui ha visto così tante volte e ci ha letto dentro la paura di essere lanciata nella tana dei leoni senza la corazza protettiva ma anche la sua solita strafottenza, che la rende così forte, così sicura di qualsiasi cosa da sembrare quasi immortale.
- Com’è possibile? Non era con te nella botola?  
- In teoria si, in pratica non so darmi una risposta. C’è un video filmato ripreso da una telecamera che lo ritrae chiaramente, è impossibile negare che sia lui.
- Ma tu ne sei proprio sicuro?
- Al mille per mille. Credo c’entri qualcosa con Africanetz, la punta di diamante dei russi, quello che… 
- Quello che vi è scappato?
- Proprio lui…
- E col quale Veronica Colombo aveva qualche affare in atto.
- E’ che non capisco come abbia fatto De Silva ad arrivare a lui, che cosa lo tiene ancora in vita? Era malato, in quella botola ci aveva lasciato le penne, ne sono sicuro.
- E’ più forte di te sbirro, se non ti salvavano la vita eri tu a lasciarci le penne là dentro.
- Invece sono qua, per il dispiacere di tanta gente che mi vorrebbe morto.
Domenico accantona i suoi problemi di lavoro per concentrarsi su Rosy, che abbassa lo testa fin quasi a toccare con la punta del naso le ginocchia strette fra le braccia.
- Tu, piuttosto, come stai?
- Viva.
- Questo lo vedo…  
- Come vuoi che stia, Domenico?-, dice col suo accento siciliano che raddoppia l’iniziale del nome di lui, - Come una a cui hanno ammazzato il figlio senza pietà, senza… Senza un briciolo di buon senso -
- Stanno pagando tutti per quello che hanno fatto
- Sì, ma Leo non me lo ridà nessuno, cosa vuoi che me ne importi che tutti stanno pagando?
- Ci capitano le vite che ci scegliamo, Rosy…
- Mi stai dicendo che se avessi lasciato Leo con te tutto questo non sarebbe successo? Lo so, me lo ripeto tutti i giorni.
- Non dico questo… Domani ti trasferiscono nel carcere di Catania, lo sai vero?
- Che bello, passo da una galera all’altra.
- Sarai messa in una cella di isolamento per evitare che qualcuno ti faccia del male.
- Anche sola come un cane devo stare. Morirò sola in carcere, che vita di merda.
- Potresti collaborare…
- No Domenico, non esiste. E poi che senso avrebbe? Collaborare per uscire prima di galera e fuori che faccio? Fuori che ci faccio, se non ho un figlio da crescere e coccolare?
- Puoi ricominciare una nuova vita, da zero.
- Ci ho provato e hai visto anche tu come è andata a finire.
- Non era quello il modo migliore per farlo, non salendo su un aereo con tuo figlio e scappando da tutti.
- Era il solo modo che mi permettesse di vivermi mio figlio. Adesso non ho nemmeno più lui…
Rosy abbassa di nuovo il capo, come se nello spazio di universo fra il suo petto e le ginocchia ci fosse un’atmosfera paralizzante, che cancella i pensieri, i ricordi, le sensazioni, come se in quell’angolo del suo corpo lei fosse ancora una brava persona e suo figlio fosse ancora vivo. Domenico riesce a vivere in quello spazio, riceve i suoi pensieri quasi per empatia e semplicemente da uno sguardo, quindi cambia discorso.
- Domani ti mando due della mia squadra durante il trasferimento, per controllare che vada tutto bene. Torno al mio lavoro.
Domenico accarezza delicatamente la guancia di Rosy, lei gli sorride a malapena. Poi gli guarda le spalle forti e coraggiose mentre si allontana verso la porta e pensa fra sé e sé che è un grande uomo, una grande persona che ha sacrificato qualsiasi cosa per suo figlio, spezzando ogni regola, ogni grado superiore.
- Mimmo? -, gli dice lei, è così che lo chiama quando parlano di qualcosa di leggero che non abbia a che fare con la mafia né con la morte. - Sono contenta che sei felice… Te lo meriti.
- E tu cosa ne sai di come sto?
- Ho imparato a conoscerti, ce l’hai scritto in viso… E’ una donna, vero?
Domenico abbozza un sorriso di imbarazzo, di chi si sente in colpa a provare sensazioni di benessere e tranquillità mentre Rosy viene sbattuta fra carceri e manicomi, nell’attesa che il tempo passi e che la morte di Leonardino si faccia sempre più lontana. Poi torna a darle le spalle e si chiude la porta dietro di sé. Forse, se lei avesse cambiato vita così come lui le aveva chiesto, sarebbe stata lei la donna a renderlo felice. 
 
  
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