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Autore: Fantasiiana    27/11/2013    12 recensioni
Se tenete alla vostra sanità mentale vi consiglio di NON LEGGERE questa storia.
Fatti e persone presenti all'interno di essa NON sono puramente casuali, purtroppo.
Se avete un po' di sale in zucca, CONTINUATE A SCORRERE LE STORIE, NON FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Se siete degli squilibrati, CONTINUATE A SCORRERE LE STORIE, NON FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Se siete ragazzi razionali, che non credono a forze sovrannaturali o che possano minimamente esistere altre creature al di fuori dei mortali, PERFETTO! Potete leggere quanto volete, sempre che lo vogliate, ma se la storia comincia a piacervi: FERMATEVI! (Per la vostra sicurezza).
Ah, dimenticavo, sono Adèl Raicemond e, purtroppo, non sono una persona normale. Non proprio...
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ade, Annabeth Chase, Nico di Angelo, Nuovo personaggio, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Divento una psicopatica-assassina-ammazza-cuccioli

 

 

 

Avete presente lo strano tipo di nome Percy Jackson che salvò il mondo dalla follia di Crono? Il dislessico con un grave problema da deficit dell'attenzione? Il mezzosangue figlio di Poseidone?
Ecco, io sono sua cugina. Da parte di padre, si intede.
Mi chiamo Adel Raicemond, e sono una mezzosangue.
Il problema è che, allora, non lo sapevo...

 

Erano passati più o meno sei anni dalla guerra contro Crono.
All'epoca credevo di essere una semplice mortale con gravi disturbi mentali, ma, ovviamente, non lo ero. 
Vivevo in America, in una piccola cittadella a pochi chilometri dal Lake Superior, e frequentavo una normalissima scuola privata -solo per ragazze-, seppur con qualche difficoltà.
Avevo quindici anni e non sapevo nulla dell'esistenza di mostri, dei e mezzosangue.
In teoria ero cresciuta con una zia amorevole, che non mi faceva mancare niente e che purtroppo, con suo grande rammarico, era sempre fuori per lavoro; in pratica ero cresciuta da sola. 
Non ero il tipo di ragazza circondata da amiche e super popolare, ma non ero neanche un lupo solitario che viveva per conto suo.
Avevo due migliori amiche: Jenny Stlaker, capello liscio, nero, sempre legato con una coda alta, occhi scuri e piuttosto vivace; Elinor Johanson, capelli ricci, biondi, occhi chiari e stratimidissima.
Eravamo uno strano trio, ma ci volevamo un mondo di bene, fin da piccole. 
Successe tutto alle medie, ai tempi in cui Jenny amava fare la bulletta nei corridoi. Aveva attaccato la povera e indifesa Elinor, e dato che io ero anche molto impulsiva, oltre che dislessica, mi ero fatta avanti per difenderla. Lottammo per circa dieci secondi, finchè io non spintonai Jenny, facendola cadere contro un ragazzo con una bottiglietta d'acqua aperta in mano. Avevo aiutato Elinor ad alzarsi e proprio quando credevo di dover cominciare il secondo round con una Jenny fradicia d'acqua, lei si era avvicinata a occhi sognanti, strafelice che l'avessi battuta. Insomma, la normalità!
Da quel giorno non ci eravamo più separate per più di qualche giorno.
Fino ad allora.

Era la settimana prima delle vacanze di Natale.
Stranamente il sole splendeva caldo sopra di noi e, se non fosse stato per quel venticello fresco che preannunciava pioggia, sarebbe quasi sembrato di essere a primavera inoltrata.
Comunque, stavamo giocando a pallavolo nella palestra esterna della scuola. Avevo appena finito il mio turno, e stavo tornando alle panchine quando notai una donna alta vestita interamente di nero che camminava con passo lento oltre i cancelli della scuola.
Non so bene perchè, ma rimasi lì a fissare il suo incedere lento, il vestito nero, il grosso cappello nero con la retina nera calata davanti agli occhi, e i suoi occhiali neri.
Ad un tratto, la donna si voltò di scatto verso di me e ricambiò lo sguardo attraverso le lentine scure degli occhiali. Mi sentii gelare il sangue nelle vene, ma poi il bagliore del sole riflesso nelle lenti mi costrinse a portarmi una mano agli occhi lacrimanti. Quando rialzai lo sguardo, la donna era sparita dalla strada.
-Ma cosa...
-Adel!
Lo sentii ancora prima di vederlo.
Mi abbassai veloce e avvertii un velocissimo spostamento d'aria sopra la testa. Davanti a me, un pallone cadde dopo aver perso potenza. Mi voltai, ancora confusa dalla vista della donna in nero.
-L'hai fatto a posta! Brutta...
-Jenny!- la interruppe Elinor. -Per favore!
-No, El! Poteva colpirla!- le urlò contro Jenny, facendola sobbalzare.
-E allora? Tanto è dislessica; ha già dei problemi- rise Georgina, la classica spocchiosa della scuola super popolare.

Prima di continuare è bene che sappiate due cose:
Prima, lei mi odia (senza motivo).
Seconda, il sentimeno è reciproco.

Jenny le si fece contro, ma io scattai a fermarla.
-No, Jenny! Ti farai sospendere di nuovo!
In effetti era già successo che Jenny avesse procurato più di un occhio nero a Georgina, e un'altra sospensione l'avrebbe potuta far espellere.
-Ascolta la tua amichetta squilibrata, Stlaker. Oppure no: mi spiacerebbe dover rivedere la tua brutta faccia dopo le vacanze.
Okay, il fatto è questo: Jenny rischiava l'espulsione... ma io no.
Strinsi le mani a pugno fino a farmi sbiancare le nocche.
-Basta così Georgina- sibilai a denti stretti.
-Altrimenti, squilibrata?
Il mio pugno destro si sollevò e andò a cozzare contro la sua faccia, quasi come attratto da una calamita. La cosa strana fu che lei cadde a parecchi metri di distanza da dove si trovava prima.
Mentre si alzava dolorante notai uno strano fumo nero sollevarsi dal suo viso e sparire.
-Adel Raicemond, che diavolo credevi di...- sbraitò la professoreassa Leark ricomparendo dalla porta che dava in corridoio, ma si interruppe.
Notai che stava guardando oltre di me, verso i cancelli.
Feci per voltarmi, ma Elinor fu più veloce. Emise uno strano gridolino acuto, come di sorpresa.
Un grosso cane -ma proprio grosso- ringhiava vicino a un buco nelle grate di ferro del cancello, mostrando una chiostra di denti grondante di bava. Troppo tardi mi resi conto che era me che stava guardando. Si lanciò su di me, pronto a balzarmi addosso, ma proprio quando le sue zampe si staccarono da terra, io alzai il braccio per ripararmi e... niente. 
Aspettai qualche secondo a occhi chiusi, ma più il tempo passava, più mi rendevo conto di non essere morta. Guardai oltre il mio braccio, e vidi un grosso solco nel suolo in terra battuta del campetto, lungo sei metri circa e poco discosto da me.
Sembrava che qualcosa di pesante fosse stato trascinato via, e infati era così: il cagnone di poco prima giaceva inerme al termine del solco, poggiato su un grosso cumolo di terra.
La creatura, notai, esalava uno strano fumo nero da tutto il corpo, lo stesso di Georgina.
-Ma che diavolo hai combinato, Adel?- mi chiese Jenny.
-Io non...- Avevo il fiatone senza un motivo ben preciso. -Quel cane enorme mi è... saltato addosso... all'improvviso!- esclamai con i polmoni che scoppiavano.
-Come enorme? Adel... era un cagnetto innoquo!- ribattè una mia compagna, Elizabeth.
-Che?!- chiesi sbalordita. -Ma se quel coso era più alto di me!
-Adel... Era solo un chiuaua...- disse timorosa Elinor.
La fissai incredula. -Ma se hai urlato!
Elinor impallidì. -Ero solo... sorpresa... Era talmente piccolo da sembrarmi un topo...
Stavo per dire che erano tutte quante cieche e che avevano bisogno di una seria visita oculistica, quando dietro di me sentii un lungo fischio, seguito da uno strano rumore, come di pietre che crollano. E capii. 
Mi voltai giusto in tempo per vedere il cane correre via a orecchie basse e con la coda fra le gambe.
-Ecco, lo hai fatto scappare- si lamentò Elizabeth.
-Sei proprio pazza, squilibrata. Hai quasi ucciso quel povero cucciolo!- urlò Georgina.
-Ma non era un cucciolo! Era un... un mostro!
Mi guardarono come fossi davvero pazza.
Per fortuna la campanella suonò. Feci per correre a prendere la borsa, per chiudere la questione, ma la professoressa Leark mi trattenne.
-Non così presto, Raicemond. Devi andare dal preside: sei sospesa!
Sbuffai e mi diressi a prendere la borsa, sfuggendo alla presa ferrea della professoressa Leark.
Quella donna era grossa quasi come un camion e insegnava Educazione Fisica.
Vai a capire la gente!
Mentre mi infilavo la borsa a tracolla verde, mi raggiunsero Jenny ed Elinor, con le rispettive borse rossa e azzurra.
-Adel, ci vediamo dopo?- mi chiese timorosa Elinor.
-Sì, credo di sì...- borbottai e mi diressi in vice presidenza, arrabiata con loro perchè non mi avevano difesa.

Ancora non ci credevo: quel coso aveva tentato di uccidermi, io mi ero difesa -quasi uccidendolo, ma questo era un dettaglio irrilevante-, e tutti incolpavano me di essere una psicopatica-assassina-ammazza-cuccioli indifesi?!
Bah! Il mondo stava andando sottosopra!
Ma nel vero senso letterale.
Prima un dolore alla caviglia sinistra, poi sbattei la schiena e la testa contro il pavimento in marmo e mi ritrovai a fissare il soffitto con la vista annebiata.
Mi sollevai dolorante.
-Così impari a picchiare i cagnetti, squilibrata!- mi schernì Georgina.
Ora basta. 
Mi alzai lentamente. -Vuoi che ti faccia un altro occhio nero, Georgina? Non mi costa nulla- scandii, e probabilmente feci anche effetto. Ero pur sempre pazza, no?
-Provaci, squilibrata...- disse lei, ma sentii l'incrinarsi della sua voce.
Un vento gelido mi percorse da capo a piedi e rabbrividii... di piacere.
Mi era sempre piaciuto il freddo, così come l'ombra e la notte. Persino al buio mi sentivo protetto, forte, tranquilla.
Lo so cosa state pensando: "questa è matta sul serio!"
Ma comunque, socchiusi gli occhi e feci un passo avanti.
-E' tardi, Georgina. Dobbiamo andare a... a fare quella cosa!- disse una ragazza, amica di Georgina, indietreggiando.
-Già... Quella cosa molto importante, ricordi?- chiese un'altra imitandola.
-Vero- concordò fermamente Georgina, ma le mani, notai, le tremavano. -Ci vediamo dopo le vacanze, squilibrata- mi salutò, e si dileguò in fretta, superandomi.

Fu una spiacevole sorpresa per il preside avermi lì.
Io intaccavo la sua splendida idea di perfezione all'interno della scuola, perchè dislessica, e quando mi ero presentata per iscrivermi, l'anno prima, si era opposto.
Ma mia zia aveva uscito il portafoglio straripante di soldi, perciò ero stata ammessa, seppur il preside si impegnasse ad ignorarmi. Ma mi era sempre andato bene, in fondo.
Quando bussai alla porta, mi rispose un annoiato "avanti", quindi entrai.
La presidenza era una stanza non molto grande, piena di scaffali contenenti trofei, libri, ancora trofei e quant'altro. La parete di fronte alla porta era stata sostituita da en'enorme vetrata che dava su una vasta distesa di colline verdi.
Nel pavimento in ciliegio, era stato sistemato un lindo tappeto persiano, sopra il quale giacevano due poltrone in pelle nera, usate esclusivamente dai genitori venuti là a pagare e dalla mia amica Jenny per ricevere le punizioni.
Il preside, seduto dietro la scrivania in legno pregiato, alzò gli occhi dalle sue scartoffie, e rimase di sasso.
-Salve...- esordii in imbarazzo.
-Ehm... Sì, certo... Salve- rispose l'uomo sistemandosi gli occhialetti a mezzaluna e lisciandosi il completo grigio.
-Cosa ci fa qui, signorina...
-Raicemond.
-Già, sì... Quello.
-Sono... ecco... stata sospesa- risposi nervosa spostando il peso da un piede all'altro.
-Oh.
Silenzio.
-Bè, si... si sieda.
Mi accomodai e, passando accanto a una vetrina di trofei ben lucidati, notai il mio aspetto: i capelli riccissimi, rossi, legati in una coda alta ormai sfatta; la canottiera bianca e i pantaloncini grigi, che costituivano la divisa sportiva della scuola, madidi di sudore.
Non mi ero neanche cambiata, nervosa com'ero.
Mi sedetti su una poltrona, cercando di sistemarmi almeno i capelli, ma peggiorai solo le cose, e fui costretta a scioglierli.
-Dunque, signorina Recdan...- cominciò il preside.
-Raicemond- lo corressi io.
-Raicemond...- ripetè lui. -Perchè...- Si schiarì la voce. -perchè è stata sospesa?
Ho mollato un pugno a quella brava ragazza di Georgina.
-Ho colpito una mia compagna... sul viso. 
-Oh- si lasciò sfuggire lui.
-Già. 
-E la professoressa ha deciso... 
-Di sospendermi, sì. Ma non ha detto per quanti giorni... Forse una settimana.
-Bè, siamo quasi alle vacanze di Natale. Perderebbe le ultime spiegazioni.
-Non ci capirei niente comunque.
Dove trovò il coraggio di lanciarmi un'occhiataccia, me lo chiedo tuttora.
-Penso sia la punizione che mi merito- convenni infine.
-Molto maturo da parte sua.
O forse voglio solo evitare di rivedere la brutta faccia ricoperta di trucco di Georgina! 
-Bene. Allora è deciso.- Si mise a scribacchiare qualcosa su un foglio.
-Ci vediamo dopo le vacanze, signorina Raicemond.
-Come si dice: "anno nuovo, vita nuova"- dissi. (Perchè non mi stavo zitta? Dico io!)
L'ombra di un sorriso attraverò il volto stanco dell'uomo.
Quasi quasi mi stava simpatico.
-Buone vacanze, signorina.
E uscii.

Andai a cambiarmi negli spogliatoi della scuola con tutta la calma possibile. Mi feci anche una doccia fredda per calmarmi i bollenti spiriti, ma funzionò solo in parte.
Indossai i miei pantaloni neri e la maglietta, anch'essa nera, con un occhio da rettile dalla pupilla verde al centro. Elinor diceva che era inquietante, ma io l'adoravo.
Uscii dalla scuola e fui investita da un vento troppo freddo, persino per me.
Mi strinsi il cappotto nero al corpo e scesi i gradini.
Appena varcai il cancello, però, mi sentii fischiare l'orecchio sinistro. Mi voltai appena in tempo per vedere il cane di qualche ora prima saltarmi addosso. Caddi e picchiai la testa, e per un attimo la vista mi si appannò.
Il cane mi impediva di respirare e cercava di arrivare al mio viso. Mi riparai con le braccia e presi a scalciare, ma niente. Allora feci l'unica cosa che mi veenne in mente: urlai, e forte. Un urlo che mi fece male alla gola, ma non importava. Ben presto sentii la terra tremare, ma credetti che fosse frutto della mia immaginazione.
Mi sbagliavo.
Il cane sollevò le orecchie e il corpo, guardandosi freneticamente in giro. Io continuai ad urlare, finchè non mi sentii mancare il suolo sotto la schiena. Caddi nel vuoto insieme al cane che guaiva agitando le zampe.
Poi un terribile dolore in tutto il corpo, ed infine il buio.





Angolo Autrice
Ciaaaoo! Se siete arrivati fin qui significa che avete sopportato le 2270 parole di sclero nate dalla depressione per aver finito di leggere Percy Jackson. CONGRATULAZIONI!
Coomunque, spero vi sia piaciuta^^
Se volete lasciare un commento o una recensione negativa o positiva fate pure. Potete scrivermi tutto quello che volete tipo: "Wow mi piace troppo la tua storia!" o "Questa storia fa schifo, e anche tu fai schifo, ti odio!" o "Bah, niente di che." eccetera... Qualsiasi cosa! Sono una spugna u.u

No, sei scema.

Taci tu.

No.

Sì.

No.

Sì! Oh, lascia perdere!

Infatti.

Comuqnue, carissimi lettori amanti di Percy Jackson, solo un appunto:
il nome Adel va letto Adèl (l'accento sulla e) per motivi che spiegherò nel prossimo capitolo... credo (sono piuttosto evidenti in effetti). Per il resto... NIENTE! Davvero. Strano...

Hai finito?

Quasi.

Sbrigati.

Ok, ok... Emh... Niente. Vi adoro perchè avete letto questo capitolo; perchè non recensirete o perchè magari lo farete; perchè passerete avanti con le storie con una semplice alzata di spalle o perchè non vedrete l'ora del prossimo capitolo; perchè non vi importerà nulla della mia storia e non sprecherete più il vostro tempo a leggerla o perchè la metterete fra le seguite, ricordate o addirittura preferite; e perchè continuerete a leggere in silenzio amando, o odiando, questa storia. Insomma, vi adoro comunque!

Che sentimentale...

Sei ancora qui?

Già.

Ok... Bè, alla prossima! E ricordatevi che conosco la metà di voi solo a metà e nutro per meno della metà di voi metà dell'affetto che meritate!

*Si smaterializza*

  
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