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Autore: Trick    28/11/2013    9 recensioni
E questa è Ninfadora...».
«Non chiamarmi Ninfadora, Remus» disse la giovane strega con un brivido. «Io sono Tonks».
«Ninfadora Tonks, che preferisce essere nota solo col cognome» concluse Lupin.

Da "Harry Potter e l'Ordine della Fenice".
Una raccolta di one-shot un po' casuali ambientate ancora più casualmente durante l'Ordine della Fenice.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nimphadora Tonks, Ordine della Fenice, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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È a questo che servono gli amici



Tonks era talmente concentrata nel tentativo di far Levitare il vassoio con il brodo di pollo che Molly aveva preparato per Remus – e di non inciampare, di non cadere, di non rovesciare niente – che finì per non accorgersi di avere un laccio dell'anfibio slacciato e caracollò sul pavimento a pochi passi dalla sua stanza.
Riuscì a tenere la bacchetta alzata per un soffio e il brodo rimase a mezz'aria, traballante ma tutto sommato integro.
«Porca vacca...» brontolò mentre si rialzava piano. «Ce l'avevo quasi fatta».
«Tonks?» la chiamò la voce preoccupata di Molly. «Hai lasciato cadere il mio brodo?».
La ragazza chiuse le palpebre e sospirò. “Tonks, stai bene?” era una domanda che la gente smetteva di porle dopo poco più di un'ora. All'incorreggibile spirito materno di Molly erano serviti tre giorni prima di capire che lei se la sarebbe sempre cavata – le vittime era sempre l'universo sventurato che la circondava.
«No, Molly» la rassicurò. «Il tuo brodo respira ancora».
Si avvicinò alla stanza di Remus e bussò cauta un paio di volte. Non ottenne alcuna risposta, così bussò più decisa. Ancora niente. Sirius l'aveva avvisata che Remus tendeva ad avere un sonno particolarmente pesante. La mattina successiva ai pleniluni, poi, avrebbe potuto dormire anche sotto un bombardamento dell'Aeronautica Babbana. Abbassò la maniglia e infilò la testa.
La luce che filtrava dalle imposte semiaperte era a malapena sufficiente a farle distinguere i profili del letto e della mobilia. Considerò attentamente le possibilità che aveva di servire il pranzo a Remus senza rischiare di uccidersi: poche. Nella migliore delle ipotesi, avrebbe ucciso lui.
«Ehm... Remus?».
L'uomo continuò a dormire.
«Oh, accidenti» si lamentò. «Tipico di voi uomini dormire quando una donna ha bisogno di supporto morale...».
Entrò con estrema lentezza nella stanza, muovendo un piede dopo l'altro come se temesse di sprofondare nelle assi del pavimento e stando molto attenta a far Levitare per bene il brodo. Fu questione di un secondo prima che sbattesse il ginocchio contro una pericolante pila di libri e cadesse al suolo. Questa volta non ci fu proprio niente da fare: la ciotola del brodo decollò dall'altra parte della stanza e si infranse a terra con uno schianto secco.
«Porca vacca!» imprecò a gran voce.
Dal letto di Remus si sollevò un mormorio infastidito. Tonks gemette sconsolata, si rialzò, agitò la bacchetta in direzione della finestra e fece entrare un po' più luce. Rivolse un'occhiata arrabbiata al brodo che si stava spandendo sul pavimento e ai cocci rotti, poi fulminò i libri su cui era inciampata. Ne sollevò uno con aria curiosa. “Evoluzione della Demonologia Difensiva, volume XV” pesava quanto un Gigante ed era largo almeno il doppio. Poi si azzardò a scrutare Remus e si accorse con grande stupore che era ancora addormentato.
Per qualche strana ragione, si accorse solo dopo diversi secondi che l'uomo era completamente nudo e che la coperta era scivolata molto in basso – pericolosamente in basso, dovette ammettere. Si sentì avvampare e serrò d'istinto le palpebre.
«Porca vacca. Ancora porca vacca, cento volte porca vacca...».
Riaprì lentamente un solo occhio, molto piano, molto cautamente. Poi aprì anche l'altro, arricciò le labbra e piegò il capo interessata. Remus era davvero magro (non quanto sosteneva Molly, certo, perché le costole non parevano in procinto di schizzargli via dal torace), ma non pareva deperito come si ostinava tanto a ribadire. Più che di muscoli, Remus sembrava fatto di nervi. Non era nemmeno lontanamente villoso come lei si era aspettata. Probabilmente si era lasciata influenzare un po' troppo da tutta quella nenia della licantropia che lui continuava a ripetere. Aveva una sottile linea di peli biondicci che scendeva dal petto e attraversava lo stomaco e Tonks si sforzò di distogliere lo sguardo dal punto in cui conducevano. Nel complesso, non era affatto la visione mostruosa che l'Ufficio per il Controllo e la Regolazione delle Creature Magiche sbandierava con tanto impegno. Notò solo in quell'istante il considerevole numero di cicatrici che gli ricoprivano il corpo – e si domandò come avesse potuto non vederle prima. Ne aveva davvero tante. Alcune sembravano piuttosto vecchie, tetre e ancora più pallide del suo colorito cereo, mentre altre erano vivide e intense, e gli deturpavano grandi zone di pelle. Quella sul suo fianco sinistro era indubbiamente la più raccapricciante: la carne si era rimarginata in piccole pieghe frastagliate, bianca come il lenzuolo che non riusciva a coprirla. “È strana” pensò Tonks. “È come se...”. Riconobbe l'evidente segno di un gigantesco morso e si diede della stupida. “Come se fosse cresciuta insieme a lui”.
Venne colta dall'irrefrenabile impulso di abbracciare quel moribondo disgraziato.
«M-Molly?» biascicò improvvisamente Remus. Aprì debole gli occhi e ruotò la testa sul cuscino.
«No, sono Tonks». Si avvicinò al letto e gli tirò la coperta fino al petto. «Sei sfortunato: Molly non avrebbe mai permesso al tuo brodo di schiantarsi sul pavimento. Adesso torno in cucina, ne prendo dell'altro e ci riprovo».
Remus sembrava confuso.
«N-Ninfadora? Che c-ci fai qui?».
«Ehi» protestò lei con tono vivace, appoggiandogli una mano sulla spalla. «Ho capito che preferisci Molly come crocerossina, ma potresti anche accontentarti».
Lo vide arrangiare un sorriso timido. Era talmente debole che Tonks non ebbe la forza di rimproverargli l'uso del suo nome di battesimo.
«Vado a prenderti dell'altro brodo. Indovina? Sono caduta».
«N-non importa. Non ho molta fame».
Tonks fece una smorfia severa.
«Scordatelo, devi mangiare. Sei così pallido che avrei potuto confonderti con il lenzuolo».
Lui si umettò le labbra secche e scosse spossato la testa.
«M-Molly?» ripeté di nuovo. Questa volta la sua voce aveva una punta di vaga ironia. «Hai f-fatto qualcosa ai capelli? Sono viola».
Tonks rimase in silenzio qualche secondo, poi roteò gli occhi al cielo con finta esasperazione.
«Sei a un passo dalla morte e trovi ancora il tempo di fare battute stupide» commentò divertita. «Voi audaci Grifondoro non smetterete mai di stupirmi».
«Cosa fate voi Tassorosso quando s-state male?».
Tonks sorrise.
«C'è sempre un audace Grifondoro che ci porta a letto il brodo di pollo e non inciampa nei suoi stessi piedi».
La risata di Remus si trasformò in fretta in un vago colpo di tosse.
«Forse dovresti riposare un altro po'» propose lei.
«No, sto bene».
«Come non crederti? Ti potrei raccogliere con il cucchiaio, se solo non fosse finito da qualche parte sotto il letto».
Lui esalò un soffio doloroso.
«Dico davvero. Sono a-abituato. Entro questo p-pomeriggio sarò di nuovo in piedi».
Tonks fece una smorfia incerta.
«Non credo».
«Non dubitarlo».
«Dubito, invece: è già pomeriggio. Hai dormito tredici ore» commentò divertita. «Il prossimo mese non bere Whisky Incendiario la sera prima della luna piena».
Remus parve un po' risentito.
«Sei stata tu a convincermi».
«Allora non lasciarti convincere più» replicò maliziosa. «Non devi sempre fare tutto quello che ti dico, sai?».
«Diventi insopportabile quando mi rifiuto».
Tonks spalancò oltraggiata la bocca e si portò una mano al petto, ma sul suo viso c'era una smorfia allegra.
«Che ingrato! E io che ero venuta qui con l'intenzione di farti stare un po' meglio».
Negli occhi di Remus comparve una luce di sincera riconoscenza.
«Grazie, Ninfadora».
Non c'era più alcun sarcasmo, non c'era più niente del tono affabile con cui di solito si divertiva a reagire alle sue canzonature. Tonks ne rimase profondamente colpita, e tutto d'un tratto non aveva più voglia di prenderlo in giro. C'erano un sacco di battute che avrebbe potuto fare. Avrebbe potuto dirgli che stava solo cercando di circuirlo perché aveva sentito eccitanti storielle su certe caratteristiche dei Lupi Mannari che avrebbero fatto rizzare i peli della nuca di Molly; avrebbe potuto accennare al fatto di essere stata pagata da Malocchio per non far morire di stenti l'unico membro dell'Ordine della Fenice con un po' di sale in zucca; o magari avrebbe potuto fingere che in realtà fosse davvero morto e che Grimmauld Place fosse l'inferno eterno che gli era toccato, pieno di adolescenti in crisi ormonale di cui Sirius era il capo indiscusso e di demoni e elfi domestici che cercavano di mordere i polpacci dei dannati a ogni passo.
Alla fine non disse niente del genere - non disse proprio nulla. Non si era nemmeno resa conto che lui l'aveva chiamata “Ninfadora” per l'ennesima volta, e se di solito reagiva alla provocazione colpendolo con qualsiasi oggetto potenzialmente contundente, quella volta sorrise appena e appoggiò la propria mano sulla sua. Era gelida, così iniziò ad accarezzargli la pelle nella speranza di scaldarlo.
«Stronzate» lo schernì con affetto. «A che altro servirebbero gli amici?».

   
 
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