Anime & Manga > Kuroko no Basket
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Autore: mughetto nella neve    28/11/2013    9 recensioni
" « Se è il ragazzo delle consegne, digli che deve andare nel retro! » parlò di nuovo l’uomo all’interno dell’edificio. Il rumore di scatoloni e di oggetti che venivano momentaneamente appoggiati a terra gli fece immediatamente capire come si stesse avvicinando all’ingresso dell’abitazione. « Oggi è avanzato un po’ di zuppa di miso, gli va bene? »
Prima che Kise potesse anche solo realizzare che quell’uomo a parlare era il tanto chiacchierato “sposo”, avvertì le mani di Kuroko allontanarlo dal suo corpo e spostarlo di qualche centimetro indietro; lo vide torcere il proprio busto verso l’interno della casa e assumere un’espressione che gli aveva mai visto in volto. Sembrava felice, ma allo stesso tempo preoccupato; i suoi occhi brillavano di una strana luce, completamente dipendente da quella misteriosa voce che sapeva ammaliarlo con poche e semplici parole.” 

[ Coppia Principale: KagaKuro | Coppie Secondarie: MidoTaka, KasaKise, AoKise, MuraMuro, AkaKuro ] 
[ AGGIORNAMENTO: 3 su 5 | INCOMPIUTA ]
Genere: Angst, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Taiga Kagami, Tetsuya Kuroko
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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« Sarà come se non fossi mai partito »
Occorre ripeterlo di nuovo.
Forse sarà la quinta volta che si ritrova a balbettare quelle parole, ma Kagami quasi si sente in dovere di farglielo presente. Kuroko alza lo sguardo dal pavimento e gli rivolge un sorriso fintamente rasserenato; sta chiaramente pensando a qualcosa, ma come al solito preferisce tenerla per sé. Le loro mani continuano a stringersi, come da mezz’ora a questa parte, nonostante la voce dell’hostess ha appena annunciato l’inizio dell’imbarco; Kagami le osserva di nuovo e stringe leggermente la presa, sperando che questo possa un po’ rassicurare lo stato d’animo dell’altro; questo sembra funzionare visto che  Kuroko sposta il suo viso dalla piccola fila di uomini, che si appresta a convalidare il proprio biglietto, a quelle mani che continuano a stringersi.
« Ti chiamo non appena arrivo »
La voce continua a tremargli – così come il resto del suo corpo – eppure cerca di mostrarsi il più sicuro possibile. Questa è “un’opportunità”, come ha detto suo padre. Essere selezionati da una squadra americana per professionisti non è una cosa che capita tutti i giorni. E Kagami non può certo lasciarsela sfuggire da sotto gli occhi con così tanta facilità. Tornare in America è senza dubbio la scelta migliore che possa mai fare, non se ne pentirà di certo.
« Kagami-kun, non devi preoccuparti per me. Sei tu quello che è una frana in inglese » proferisce piano Kuroko chiudendo piano gli occhi, probabilmente divertito da tutto quell’imbarazzo che trapela dalla faccia dell’altro.
« Cosa – Aspetta un attimo! Cosa c’entra adesso? Non si stava parlando di questo! »
« Ma è vero »
Kuroko continua a tenere i propri occhi chiusi. Sembra quasi volersi godere al meglio quegli ultimi istanti passati assieme: momenti in cui la voce di Kagami non è filtrata da un apparecchio telefonico e il suo corpo non è distante anni luce del suo. È pienamente cosciente che, appena Kagami varcherà quella porta, qualcosa immediatamente si scheggerà; eppure è riuscito a trattenersi fino all’ultimo: lo ha appoggiato in tutto, anzi lo ha addirittura incoraggiato a prendere la “giusta decisione”. E allora perché sta così male? Forse avrebbe dovuto dirgli che non gli andava bene che tornasse in America e che lo voleva al suo fianco per tutto il liceo; perché ha il presentimento che quel misterioso stato lo tirerà a sé e non lo lascerà mai più andare.
E lui resterà da solo. Di nuovo.
Trovarsi quindi dentro un abbraccio, è quindi inaspettato. Kuroko spalanca velocemente gli occhi e si trova stretto fra le sue calde braccia. Gli abbracci di Kagami sono quasi divertenti ai suoi occhi: così goffi ed impacciati, perennemente in ritardo e a volte fin troppo veloci – eppure così caldi e confortanti da renderlo improvvisamente più sereno e tranquillo. Contraccambia l’abbraccio dolcemente e si sente quasi sciogliere non appena sente il cuore dell’altro battere a pochi centimetri da lui. Trattiene il respiro e si accosta allo sterno, cercando di cogliere meglio quel suono.
Sembra quasi volergli dire che “andrà tutto bene”. Che “non succederà nulla”. E che “lui tornerà a qualsiasi costo”.
« I love you »
Kagami serra gli occhi con forza e respira l’odore dolciastro che il ragazzo più piccolo emana. Quest’ultimo si stringe con maggiore forza a lui, nascondendo la propria testa nel suo petto – quasi a voler scomparire dentro di esso ed avere quindi la certezza di poter essere con lui anche questa volta.
« Ti amo anch’io, Kagami-kun »
 
Kuroko rivolge all’uomo un ultimo sorriso e alza la mano per salutarlo un’ultima volta; dovrebbe essere un movimento semplice ma, al ragazzo, costa le ultime energia. Non è un caso che, non appena Kagami scompare oltre la porta, l’abbassa immediatamente. I suoi occhi sono fissi su quella porta scorrevole; non riescono a schiodarsi da lì, convinti che rivedranno il ragazzo tornare; questo pensiero gli fa tremare leggermente le labbra, ma cerca di trattenersi per quanto possibile – non può crollare a soli cinque minuti dall’addio! – serrando i denti e girandosi per tornare alla fermata dell’autobus che lo riporterà a casa.
Ma è proprio nel voltarsi che prende a sentire un profondo dolore al petto. Il ragazzo lascia, infine, che il suo sguardo scenda lentamente fino al pavimento, riempiendosi di lacrime.
Non emette un suono o anche solo un singhiozzo.
Lascia semplicemente che entrambe le mani, ancora pregne del calore di Kagami, si imprimano sulla bocca – lasciandogli per un attimo sognare che il ragazzo non se ne sia andato, scegliendo lui al posto del basket.
 

 
 
 
Certi amori non finiscono.
Fanno dei giri immensi e poi ritornano.

 

1.
 
Erano circa le due di notte quando il cellulare di Aomine squillò, squarciando il sottile velo di silenzio che caratterizzava quel piccolo appartamento nella periferia di Tokyo. Ruggì con violenza e prese ad emettere una alquanto rumorosa vibrazione che fece grugnire indispettito il suo proprietario.
Aomine rantolò, emettendo qualche suono non ben definito, e si girò verso lo schienale del divano. Se avesse avuto abbastanza forza avrebbe sicuramente espresso il suo più totale dissenso verso quell’improvviso rumore; ma, in quel momento, gli risultò difficile perfino aprire gli occhi per capire cosa stesse succedendo. Non poteva essere già mattina. Aveva appena concluso il suo turno. Continuava a ripetersi irritato mentre cercava di mettersi seduto sperando con tutto sé stesso che non si trattasse della sveglia. Dopo un paio di tentativi rinunciò all’idea e si limitò a girare la testa verso l’origine di quel fastidioso rumore. Aprì lentamente gli occhi per prendere finalmente visione dell’ambiente circostante: si scoprì così sul divano del suo appartamento con ancora indosso la sua divisa. E il suo telefono stava squillando sul pavimento.
Sbuffò scocciato e si girò su un altro lato. Non poteva essere vero. Non potevano chiamarlo a quell’ora e sperare che rispondesse, era già tanto il non averli spediti malamente da qualche parte mentre scaraventava fuori dalla finestra il proprio cellulare. Levò per aria una mano e non faticò a prendere l’oggetto. Preferì non perder tempo nello studio della scritta luminosa che illustrava il sadico – o masochista – che aveva avuto il coraggio di chiamarlo a quell’ora, portandoselo direttamente all’orecchio pigiando un tasto.
« Cosa diamine c’è ora? » grugnì con rabbia massaggiandosi la fronte con movimenti lenti e precisi, riuscendo finalmente a mettersi seduto.
« Aominecchi! Aominecchi! È successo una cosa terribile! »
Kise.
In effetti, solo lui poteva chiamare ad un simile orario senza temere per la sua incolumità. I suoi occhi si spalancarono immediatamente e, anche se iniettati di sangue, dimostravano come l’uomo fosse definitivamente sveglio.
« Cosa?! Maledizione, Kise! Ma sei davvero tu? Cosa diavolo vuoi a quest’ora? Stavo dormendo, diamine! » ruggì fuori di sé Aomine stringendo con forza l’apparecchio telefonico, maledicendo mentalmente l’ex-compagno di squadra e sé stesso per avergli dato il suo nuovo numero di telefono.
Si passò una mano sulla faccia, cercando di farsi forza e di non riaddormentarsi di nuovo sul divano; ma si scoprì così esausto che dovette fare pressione su sé stesso per non lasciare che gli occhi si chiudessero di nuovo. Intanto Kise continuava a delirare per l’apparecchio telefonico costringendolo più volte ad allontanarlo dal proprio orecchio per evitare di perderci un timpano.
« Aominecchi, è successa una cosa terribile! »
«Non me ne frega nulla delle tue lagne d’amore! Stavo dormendo, diamine! » ripeté con maggiore foga l’altro, convinto che fosse quello il motivo della chiamata – anche se, in fondo, invidiava un po’ Kise per quella relazione così “splendidamente” avviata.
« Non c’entra il senpai questa volta »
La voce di Kise gli apparve improvvisamente seria – cosa strana, e sospetta.
Aomine alzò lievemente un sopracciglio ma preferì non aggiungere altro. Portò la testa sullo schienale del divano, prendendo ad osservare il soffitto della propria casa con improvvisa tranquillità.
« Kurokocchi … lui … lui  … » iniziò con voce tremante Kise, cercando di riprendere il controllo delle proprie emozioni « LUI SI SPOSA! »
 
I – I – I – I
 
A dir la verità, era stato per mera casualità che Kise era venuto a sapere delle nozze.
Era tornato a casa proprio quel pomeriggio – dopo un volo a Dubai, con scalo a Pechino – e dopo aver salutato affettuosamente Kasamatsu; si era ritrovato, senza un ben noto motivo, nel suo soggiorno, intento a canticchiare felicemente qualche strana canzoncina che aveva sentito risuonare nell’aeroporto mentre osservava qualche foto lasciata sulla piccola biblioteca.
Aveva preso fra le sue mani una vecchia fotografia risalente al periodo trascorso al Teiko e non era riuscito a trattenere un sorriso nel rivedersi così giovane e allegro. Il dolore alle gambe lo aveva costretto a mettersi seduto sul piccolo divano lì vicino e, continuando a tenere fra le sue mani quella vecchia fotografia, aveva preso a ragionare su come il tempo fosse passato più che velocemente. Aveva in mente di prendere anche quella del Liceo, dopo aver concluso quella lenta reminiscenza del passato; ma poi il suo sguardo era rimasto per pochi secondi in più su Kuroko, ed aveva  avuto la brillante idea di chiamarlo. Dopotutto era passato davvero molto tempo dall’ultima volta che si erano sentiti – probabilmente si andava a risalire ai rispettivi auguri di Buon Anno e di felici feste – e quasi era curioso di sapere cosa  gli stesse accadendo.
Non lo avesse mai fatto.
Kuroko non aveva risposto subito, ma sembrava star bene. Kise non sapeva come spiegarlo, ma quasi intuiva un qualcosa di diverso nella sua voce; forse dipendeva dal semplice utilizzo delle parole o da quel veloce respiro che sentiva vibrare ogni qual volta lo sentisse parlare. Non sapeva come poterlo dimostrare, ma Kuroko sembrava davvero felice di poterlo sentire di nuovo.
Kise gli aveva raccontato del suo lavoro, descrivendo i suoi ultimi viaggi e di come Kasamatsu avesse ottenuto una promozione; Kuroko aveva ascoltato tutto in silenzio e poi, dopo una sua domanda, gli aveva detto di essere un po’ stanco per via del lavoro. L’altro aveva riso un poco chiedendo come fosse stare in mezzo ai bambini per così tanto tempo e Kuroko, anche se per poco tempo, aveva descritto l’allegria dei bambini nel vedersi avvicinare sempre di più le vacanze invernali. Kise si era mostrato entusiasta di quelle notizie e non aveva esitato a proporre un possibile ricongiungimento per le feste dell’intera Generazione dei Miracoli. Era stato allora che aveva notato qualcosa di strano: Kuroko si era immediatamente dichiarato non disponibile, scusandosi per il disagio e proponendo di spostare il tutto per un’altra volta. Kise, allora, aveva insistito. Aveva proposto vari giorni, ma aveva sempre ricevuto il diniego di Kuroko; non si era reso nemmeno conto dell’arrivo di Kasamatsu nella stanza, leggermente incuriosito da tutto quell’improvviso baccano che veniva dal soggiorno, tanto era preso dal cercare di capire il perché l’altro lo tenesse così sulle spine. Alla fine si era innervosito e, con fare piccato, gli proposto di vedersi la settimana a venire.
“Kise-kun” lo aveva chiamato, allora, Kuroko con voce leggermente più incisiva – col chiaro intento di voler fermare l’imminente sproloquio dell’altro, “Non credo sia il caso di prendere impegni per la prossima settimana. Io fra cinque giorni mi sposo.”.
Panico. Puro panico.
In quel momento non aveva capito più nulla e si era ritrovato ad assecondare le frasi di chiusura della conversazione. Kuroko lo aveva salutato velocemente, dicendo che lo stavano chiamando, e non aveva approfondito oltre la questione del matrimonio.
 
« Kise! Questo è il quinto bicchiere! »
La voce irritata di Kasamatsu lo distrasse dai suoi pensieri. Non ebbe il tempo di capire cosa stesse succedendo che la bottiglia era già scivolata via dalla mano e finita in un luogo sicuro – a lui non meglio noto. Alzò la sua testa dal tavolo ed agitò il braccio con disperazione, quasi per dimostrare che non si era arreso ad una simile “angheria, ma questo non generò che un sonoro sbuffo rassegnato da parte dell’altro uomo. Kise avrebbe voluto pronunciare il suo dissenso, ma dalla sua bocca non uscirono che strani gorgoglii che convinsero il suo partner a lasciarsi andare ad un momento di tenerezza: sfiorò delicatamente i suoi capelli, osservandoli scivolare piano dalla sua mano, beandosi della loro morbidezza e del profumo che emanavano.
Kasamatsu si era sempre chiesto come fosse possibile per un uomo avere simili capelli, era convinto che Kise usasse un particolare prodotto – anche se non era mai riuscito ad individuare quale fosse – oppure fosse solito curarli molto. Col passare del tempo vissuto assieme, però, si era reso conto di come Kise curasse relativamente poco il suo aspetto, finendo per spendere i suoi risparmi in strani prodotti di dubbia utilità; quindi il dubbio continuava ad infestare la testa di Kasamatsu, rendendolo quasi geloso di una simile chioma fluente.
« Senpai, lascia annegare i miei problemi nell’alcool » riuscì finalmente a parlare Kise, continuando a tenere la sua testa appoggiare contro il tavolo. Se fosse stato in sé avrebbe di sicuro notato il profondo sforzo che l’uomo stava facendo nel mostrarsi così “dolce” nell’accarezzargli i capelli – era fin troppo ovvio che stesse cercando di consolarlo – ma, sfortunatamente, era già ubriaco.
«Stai scherzando, spero! Non voglio che vomiti di nuovo sul divano! » sbottò l’altro allontanando immediatamente la mano e tornando a sedersi composto sulla propria sedia. Emise un sospiro scocciato e prese a guardare davanti a sé, quasi stesse fingendosi offeso.
Nella cucina cadde un secondo silenzio – questa volta sprovvisto di quella punta di dolcezza e affettuosità che aveva avuto in precedenza. Kasamatsu prese a tambureggiare sul tavolo, ragionando su cosa gli fosse passato per la testa quando aveva accettato l’idea di condividere la casa con un individuo di tale risma: Kise era rimasto lo stesso ingenuo ragazzo del liceo, il suo sorriso non era mutato di una virgola e così anche quel lato di carattere così allegro e spensierato. Kasamatsu finiva sempre col chiedersi come fosse stato possibile per lui trovarsi un lavoro come pilota con così tanta facilità e riuscire a mantenerlo nel corso degli anni – forse era più per apprensione che per altro che iniziava a porsi tali quesiti.
Restava il fatto che Kasamatsu finiva sempre col preoccuparsi troppo per Kise; finendo col rimanervi accanto e ascoltarlo fino in fondo, sperando che risolvesse da solo i suoi problemi e non avesse mai bisogno di un suo ipotetico aiuto.
« Si può sapere che diavolo hai? » si azzardò finalmente a chiedere lanciando qualche veloce occhiata al corpo semi dormiente, accasciato malamente sul tavolo della cucina, dell’altro.
« Kurokocchi non può sposarsi con qualcuno che non conosco! » piagnucolò Kise, girando lentamente la testa verso il compagno per evitare che la testa riprendesse a girare con maggiore forza. In stato d’ebbrezza tendeva a confondere i colori: le pareti bianche della cucina cominciavano ad apparirgli magicamente grigie e così anche il volto di Kasamatsu cominciava ad assumere tratti diversi – improvvisamente la sua pelle gli appariva più scura, ricordandogli vagamente qualcun’altro. Serrò così gli occhi, cercando di scacciare quell’immagine dalla sua testa e tornare a ragionare su quello che era accaduto poco prima.
« Kise smettila di fare il bambino e, per una volta, prova ad usare il cervello! » lo rimproverò severamente l’altro incrociando le braccia al petto e serrando gli occhi in un’espressione concentrata, comprendendo finalmente la ragione di una così grande disperazione  « Non credo affatto che Kuroko sia tipo da intraprendere una relazione con un perfetto sconosciuto ed arrivare addirittura a sposarselo! Prova a ragionare! Ti sembra una cosa possibile? »
Dopo quello che è successo poi! avrebbe voluto aggiungere, ma riuscì a trattenersi; sapeva cosa significava toccare un simile argomento e francamente non voleva alzare inutilmente un gran polverone.
« Non mi importa se è una cosa possibile o meno! Kurokocchi non può sposarsi! » continuò a disperarsi Kise, passandosi una mano fra i capelli per togliersi da davanti gli occhi « Lui … Lui è Kurokocchi … Lui non si sposa … Non può …»
La telefonata di Aomine era stato un disastro. Dopo aver appreso anche lui la notizia, sembrava essere caduto in catalessi e non aveva più dato segno di voler seguire la conversazione che Kise stava cercando di iniziare. E, prima che quest’ultimo potesse dire qualcosa, l’altro aveva già riagganciato; lasciandolo solo con i suoi pensieri e la sua ansia. Come al solito. Oramai pensava di essersi abituato a quel modo di fare di Aomine; ma ogni volta finiva col starci male, ragionando con amarezza su come l’altro preferisse gestire da solo le sue emozioni senza confidarsi con qualcuno. Non che sperasse che tutto potesse tornare come un tempo ma, almeno, in una situazione simile, poteva mostrarsi più aperto ad un confronto.
« Voglio un altro bicchiere, senpai! » prese a lagnarsi con maggiore disperazione Kise, agitando di nuovo il braccio verso un punto non ben definito.
« Basta alcool! » sbraitò Kamasatsu dandogli un pugno sulla testa cercando quasi di farlo rinsavire. Il risultato fu però che Kise serrò le labbra dolorosamente e si trovò di nuovo ad appoggiare la testa contro il tavolo della cucina.
 
I – I – I – I
 
« E allora qual è il problema? Si sposa! Dovresti essere felice! »
Aomine alzò la testa dal bancone del bar e la spostò verso la figura che continuava a lavorare davanti ai suoi occhi con un sorriso placido sulle labbra; questa, notando immediatamente il suo sguardo, gli dedicò un breve sorriso divertito e tornò a pulire i piatti sporchi con una certa flemma. Natsumi Oda era una donna sui trent’anni, non particolarmente bella o prestante, che vantava un carattere veramente gentile e affidabile, famoso oramai in tutto il quartiere. La sua pelle era così bianca da essere facilmente associata a quella di un fantasma o qualche entità soprannaturale – e i capelli neri, così lisci e lunghi non avevano fatto altro che confermare il soprannome di “Barista Fantasma” che Aomine le aveva presto affibbiato.
« Natsumi, tu non puoi capire » borbottò con sufficienza, prendendo ad osservare i passanti fuori dal locale con noia. Aomine si passò il berretto di poliziotto fra le mani e si ritrovò a ragionare su come, quella fuga nel bar durante la notte, si fosse rivelata alquanto inutile ed errata. La notte non si era ancora conclusa a Tokyo: i lampioni mostravano una strada quasi del tutto deserta, scandita però dal ritorno di qualche coppietta alla propria casa e da un’aria così fredda a secca da farlo ancora rabbrividire. Questa volta, invece che riprendere a riposare sul suo amato divano, Aomine aveva preferito recarsi nel suo bar di fiducia per sfogare i suoi dolori – versione adottata dalla gestrice del locale, ma che lui non condivideva affatto.
Dopo la sconvolgente notizia di Kise, il poliziotto si era ritrovato guardare la parete davanti a sé per diversi minuti in evidente stato di shock. Tetsu si sposava. Gli ci era voluta mezz’ora per riuscire a rielaborare una simile informazione e, quando questo era avvenuto, non era più riuscito a rimanere dentro casa; animato da un’improvvisa rabbia e frustrazione, era così uscito e si era ritrovato a vagare senza meta per la strada, cercando di pensare a tutto fuorché al suo ex-compagno di squadra. L’idea di rifugiarsi in quel bar gli era sembrata la più ragionevole al momento e così, dopo essersi seduto davanti al bancone aveva ordinato qualcosa da bere – qualcosa di forte se vogliamo essere precisi. La proprietaria, tuttavia, notando subito che c’era qualcosa che non andava, gli aveva rifilato solo strani succhi di frutti; Aomine non aveva avuto la forza per ribattere. probabilmente troppo stanco ed amareggiato per mettersi a sindacare sulle strane bibite colorate.
« Aomine-san, sei ancora un ragazzino » parlò ancora la donna, senza dissimulare quel sorriso affabile e cordiale che era solita offrirgli ogni qual volta si presentasse nel suo locale. L’uomo sbuffò sconsolato, quasi si trovasse a che fare con qualche sciocco marmocchietto che cercava di fargli perdere le staffe, ma lei sembrò non farci caso « Provare gelosia per un simile evento dimostra che sei ancora lontano dall’essere un adulto maturo e ragionevole … »
« Figurati se sono geloso! »
« Non lo sei? »
« Ho solo detto che non mi garba che Tetsu si sposi senza dire niente a nessuno! » sbottò con indignazione Aomine, incrociando le braccia al petto e osservando con sfrontatezza la donna; questo perché, pur avendo ormai trent’anni, aveva conservato quell’atteggiamento aggressivo e provocatorio che lo aveva caratterizzato per tutto il liceo. Inutile dire che, i primi tempi in caserma erano stati difficili – anche se, a sentire i racconti di Momoi, non si poteva non considerarli esilaranti – e si era visto costretto a tirare fuori tutta la sua determinazione e compostezza. Il suo capo era un uomo molto severo e ligio al protocollo, non faceva che riprenderlo e lo obbligava a rimanere di pattuglia anche quando i turni terminavano; Aomine non lo poteva sopportare ma, lo sguardo truce che lo puntava non appena tentava di ribattere, lo convinceva a rimanere ogni volta in silenzio. Col tempo si era abituato a quel ritmo di vita e, anche se con qualche difficoltà, si era lentamente avvicinato ai suoi colleghi finendo con l’andarci d’accordo – questo lo diceva Momoi, a suo parere, lui li sopportava e basta.
« E allora, se non hai questo problema, chiama il tuo Tetsu e digli “Scusa Tetsu, perché non mi hai detto che ti sposi? Cos’è? Ti vergogni di me? Cosa c’è che non va? Ti prego, chiariamo! Tu sei importante per me!” » pronunciò con dolcezza Natsumi, chiudendo delicatamente gli occhi nel teorizzare una simile frase d’esordio. Pulì delicatamente l’ultimo piatto che aveva fra le mani e dedicò una rapida occhiata al giovane che continuava a sedere davanti a sé per poi ridacchiare: quanto era divertente parlare con lui!
« Non dirò mai una cosa del genere! »
« Mai dire “mai” nella vita, Aomine-san »
« Mi rifiuto di dire una cosa simile! Ho un onore da difendere, non sono mica come Kise io! »
« Kise-san, però, ha saputo del matrimonio prima di te »
Aomine si passò una mano fra i capelli e quasi si trovò ad urlare. Non sapeva come spiegarlo ma, appena Kise gli aveva riferito del “lieto progetto” di Kuroko si era sentito come svuotato: non poteva credere ad una simile notizia e quasi aveva valutato l’idea che l’uomo avesse potuto mentirgli, giusto che riderci su. Sbatté con violenza la testa sul tavolo del locale, dando immediatamente la colpa a Kuroko per il dolore che subito dopo prova: se si stava deprimendo davanti ad una donna, era tutta colpa sua. Tetsu non poteva sposarsi. Non così. Su due piedi. Non sapeva nemmeno avesse una relazione! Chi diavolo era questo tipo? Da quanto tempo si frequentavano? Dove avevano intenzione di sposarsi? E, soprattutto, perché Kuroko non gli aveva detto nulla? Cos’è? Non lo aveva invitato perché improvvisamente gli era tornato sulle palle? Non voleva un “Passato Imbarazzante” vicino all’altare? E allora perché lo aveva detto a Kise?
« E poi perché date tutti e due per scontato che non è una ragazza? »
La voce di Natsumi lo distrasse di nuovo dai suoi pensieri, fin troppo simili a quelli di Kise, e lo portò di nuovo ad osservarla.
« Perché non può essere. A Tetsu non fanno né caldo né freddo le donne » mormorò monocorde Aomine dondolandosi con la propria sedia, un po’ a destra e un po’ a sinistra, quasi fosse un bambino annoiato – e in effetti lo era, visto che non era la prima volta che si trovava a raccontare a qualcuno degli “appetiti sessuali” di Kuroko. « Lo ha detto chiaramente quando ha rifiutato Satsuki »
La donna annuì e prese ad asciugarsi le mani con il proprio grembiule; quasi invidiava Aomine per la facilità con cui aveva accettato l’orientamento sessuale del ragazzo, lei aveva avuto diversi problemi in passato. Certo, erano tempi diversi, ma ricordava con tristezza il volto amareggiato delle sue amiche quando affermava che “era un po’ strano” avere come fidanzato la propria migliore amica.
« Cos’è che ti preoccupa allora, Aomine-san? »
« Io credevo che, dopo quello che è successo, avesse smesso »
« … Con gli uomini? »
« Di amare. » Aomine chiuse gli occhi stanco, cercando di rimuovere le ultime immagini che il suo cervello gli aveva ripresentato davanti col parlare di quel periodo facendo forza su sé stesso. Il volto di Kuroko durante quei giorni era un qualcosa di terribile, il solo ricordarlo gli faceva contorcere lo stomaco dal dolore e francamente, l’idea di vomitare davanti al sorriso loquace di Natsumi, non l’intrigava affatto. « Ero convinto che ne avesse avuto abbastanza e che, prima di provarci ancora, avrebbe fatto passare un altro po’ di tempo »
 
Natsumi lasciò che un sospiro preoccupato solcasse le sue labbra, non appena la figura cupa di Aomine scomparve fuori dal suo locale. A volte non comprendeva affatto i comportamenti di quel giovane, tuttavia non poteva fare a meno di nutrire un certo affetto nei suoi confronti. Era chiaramente un bambino troppo cresciuto. Forse era un po’ troppo sgarbato e irrispettoso, alle volte; ma rimaneva pur sempre un caro ragazzo che finiva sempre col piangersi addosso un po’ troppo. Questa storia del matrimonio ne era un esempio lampante: era fin troppo chiaro che Aomine volesse sapere chi fosse la dolce metà del suo amico, ma uno strano imbarazzo gli impediva il primo passo. Probabilmente voleva che fosse questo “Tetsu” a chiamare per primo, ma Natsumi stava cominciando a nutrire il sospetto che questi non si sarebbe di certo fatto avanti.
« Che cosa aveva che non andava? »
« Il suo amico “Tetsu” si sposa e lui non riesce a -- Hm? Mayuzumi-san! Che ci fai qui? Non dovresti essere a casa? » chiese leggermente sorpresa la donna girandosi verso il giovane assistente, il quale si limitò ad alzare un sopracciglio e compiere qualche passo indietro per permettere alla donna di passare.
« Il mio turno finisce quando il locale chiude. » ci tenne a specificare l’altro alzando lievemente un sopracciglio, infilando le proprie mani nel giaccone. Il freddo cominciava lentamente ad insinuarsi fin dentro il locale, segno che ormai era venuto il momento di chiudere e tornare ognuno nelle proprie case.
« Ah, mi dispiace! Per parlare con Aomine-san ho finito col dimenticarmene! » si giustificò Natsumi portandosi una mano davanti alla bocca, come a mimare un certo imbarazzo; anche se, nel vedere il suo giovane assistente coperto da un fitto strato di sciarpa, ebbe quasi l’istinto di passargli delicatamente una mano fra i capelli, quasi fosse un bambino, e offrirgli un passaggio fino a casa.
Mayuzumi respirò profondamente e prese a guardare fuori dal locale, non particolarmente colpito dagli strani movimenti della donna più grande.
« “Aomine-san”, eh? »
 
I – I – I – I
 
From: Kise
Object: Scusa!  ( > w < ) /
Text:  Midorimacchi, scusa! Non credo che potrò venire oggi! Ho bevuto troppo ieri sera e ora non riesco ad alzarmi dal letto! Facciamo un’altra volta, ok? ( O w O ) /
 
From: Midorimacchi ~
Object: Scusa! ( > w < ) /
Text: Muori.
 
From: Kise
Object: Re; Scusa! ( > w < ) /
Text: Ma non è colpa mia se non reggo l’alcool! φ(.. )
E poi ieri sera ero davvero depresso, il senpai ha dovuto faticare un sacco per portarmi a letto! ( >3< )/
 
From: Midorimacchi ~
Object: Re; Scusa! ( > w < ) /
Text: Non mi interessa nulla delle tue scaramucce d’amore. Non puoi farmi disdire tutti gli appuntamenti dello studio per una tua visita, per poi avvisarmi la mattina successiva che non puoi venire. Voglio un risarcimento.
 
From: Kise
Object: Re; Re; Scusa! ( > w < ) /
Text: Ti dico che non è colpa mia! La colpa è di Kurokocchi! È lui quello che decide di sposarsi all’improvviso, senza dire niente a nessuno! (´)
 
Midorima alzò un sopracciglio nel rileggere quell’ultimo messaggio inviatogli. Aveva letto bene? No. Assolutamente no. Si sistemò gli occhiali sul viso e, abbandonando la propria scrivania, si spostò sotto la luce per rileggere il messaggio. Storse leggermente le labbra nel rendersi conto di come quelle parole fossero fin troppo chiare e prive di un possibile contenuto nascosto. Che storia era questa? Kuroko si sposava? Ma per favore! Kise doveva essere sicuramente ubriaco in quel momento, altro che smaltire la sbornia! Si ritrovò a sbuffare rassegnato – ragionando su come, a volte, l’infantilità di Kise lo lasciasse senza parole – e, dopo aver compiuti diversi passi ed essere giunto alla porta, tossì delicatamente per attirare l’attenzione del segretario. Questo sussultò, visibilmente turbato di vederlo in giro per il corridoio e si mosse velocemente verso di sé. Midorima si sistemò con eleganza gli occhiali e, non appena l’uomo gli fu vicino, gli chiese con discrezione di non far passare nessuno – Non era il caso che lo si disturbasse in un simile momento avrebbe voluto dirgli, ma preferì mantenersi vago. Questo si limitò ad annuire, leggermente sorpresa da una simile richiesta, e si precipitò a chiudere la porta dello studio non appena Midorima vi tornò dentro.
L’ospedale presso cui aveva trovato lavoro, era un posto molto tranquillo; lavorava lì da ormai quattro anni e non aveva avuto difficoltà ad adattarsi alla struttura e al personale, benché meno con le macchine messe a disposizione o con l’utenza. Amante della sobrietà e serietà, quale era, aveva davvero apprezzato l’ordine e la discrezione che vigeva lì dentro; inoltre, sebbene non lo desse a vedere, aveva finito per stringere una sottile affinità con il segretario del reparto. Quest’uomo, piccolo e pallido, si aggirava nervosamente per i corridoi per accertarsi che fosse tutto apposto e non esitava mai ad accorrere quando veniva chiamato; digitava velocemente al computer e sgusciava lentamente fra i pazienti affacciandosi ad ogni stanza per trasmettere novità o avvenimenti particolarmente importanti. All’inizio Midorima aveva stentato un po’ a porre fiducia nelle sue capacità – non che fosse una novità per un tipo come lui – ma, ben presto, difronte a quel prodigioso talento di riordinare appuntamenti e visite, aveva dovuto ricredersi. Per non parlare del fatto che, non si sapeva come, aveva scoperto la sua … ehm, relazione? Massì, chiamiamola pure così, visto che Midorima non sapeva proprio che altro nome dargli, con Takao; quando riceveva una telefonata da quest’ultimo, prendeva a guardarlo lietamente dedicandogli un sorriso sciocco e anche abbastanza irritante, per poi – a telefonata conclusa uscirsene con frasi come “bello l’amore, eh?”.
Midorima era convinto che, un giorno all’altro, quei due nani da giardino con cui si trovava a che fare, lo avrebbero portato alla follia.
Ma ora, tornando alla nostra storia, possiamo dire che Midorima era chiaramente impaziente di maggiori chiarimenti riguardo queste “nozze”; compose il numero velocemente e, portato il telefono all’orecchio, aspettò che l’altro interlocutore rispondesse.
Si avvicinò poi alla finestra dello studio e lanciò una veloce occhiata fuori. La giornata era appena iniziata: il sole, destreggiandosi abilmente fra qualche nuvola, brillava sereno sui tetti di Tokyo mostrando il suo profilo migliore. Tirava un vento freddo, segno ormai che l’inverno era arrivato e che si era concluso il tempo delle castagne – con grande dolore di Takao che più volte aveva cercato di potarlo fuori città per una giornata all’insegna di una qualche strana raccolta, fallendo ogni volta degli entrambi lavorativi di entrambi – e perfino i bambini avevano preso ad indossare giacche pesanti, munite di guanti e cappelli.
Midorima si distrasse dai quei pensieri non appena sentì che la chiamata era stata accettata dall’altro.
« Sì? »
« Si sposa? » domandò immediatamente non badando alla voce roca e chiaramente assonnata dell’altro.
« Midorimacchi! Non urlare così! Mi scoppia la testa! »
Il medico sbuffò, visibilmente disturbato da quel tono di voce stridulo e lagnoso, ed accostò il proprio petto contro la finestra del proprio studio. Sebbene Kise avesse trent’anni e lavorasse a ritmi serrati ben peggiori dei suoi, aveva mantenuto quel comportamento allegro e quella voce lagnosa che tanto lo disturbava; a volte si chiedeva come facesse Kasamatsu a sopportarlo ventiquattr’ore su ventiquattro.
« Idiota. Sei tu quello che sta urlando » gli fece notare con voce scocciata, contraendo il proprio volto in un’espressione irritata.
« Soffro, Midorimacchi! Kurokocchi si sposa! E io non so nemmeno con chi! »
« Kise, se sei ancora ubriaco o questo è uno scherzo … »
« Midorimacchi, non sto scherzando »
L’improvviso cambio di voce dell’altro gli fece capire quanto fosse vera – e disastrosa – la notizia appena ricevuta.
Midorima rimase in silenzio per un paio di secondi. Chinò la testa in avanti, prendendo a guardare il pavimento e cercando di trovare anche un solo pensiero che potesse sintetizzare quello che stava provando in quel momento. Si ricordò immediatamente dell’ultimo incontro avuto con … lo sposo? Massì, chiamiamo anche lui così!, avuto luogo alla stazione di Tokyo: Kuroko che si lascia abbracciare da Kise, Kuroko che ascolta gli ultimi commenti di Aomine ( questo misteriosamente più minaccioso e irritato del solito ), Kuroko che dedica un sorriso leggero ad Akashi, Kuroko che allontana la mano di Murasakibara dai suoi capelli, Kuroko che lo saluta con un “arrivederci”, Kuroko che si allontana con discrezione gli altri membri e che poi scompare lentamente dentro il treno.
Il medico chiuse piano i suoi occhi, ragionando su quanti anni fossero passati da allora; la sua vita era gradualmente cambiata in quei cinque anni: aveva trovato lavoro presso quell’ospedale, i suoi avevano accettato la sua omosessualità, sua sorella aveva trovato un fidanzato (che a lui non sarebbe mai piaciuto) e, soprattutto, Takao era tornato nella sua vita
Il respiro di Kise, così flebile e veloce, per un attimo gli apparì la cosa più rumorosa che avesse mai percepito. Strinse gli occhi e cercò di riprendere a parlare con l’altro uomo; quando in realtà, l’unica cosa che aveva voglia di fare era chiudere la conversazione e prendersi qualche minuto per pensare a cosa fare. Avrebbe dovuto mandargli dei fiori? Chiamarlo? Offendersi per non essere stato invitato? O, semplicemente, fare finta di non sapere niente? L’ultima opzione lo ispirava davvero molto; ma era convinto che, in qualche modo, Takao ne sarebbe venuto a conoscenza e avrebbe mandato tutto a schifio come al solito.
« Ha trent’anni, Kise. È abbastanza grande per fare quel che gli pare. Se si vuole sposare, libero di farlo. Non deve chiederti il permesso. » si decise a parlare, allontanandosi dalla finestra con passo veloce, studiando con attenzione il proprio ambiente circostante quasi avesse paura che qualcuno stesse ascoltando la sua conversazione.
« Ma Kurokocchi è nostro amico! »
« Kise, ti ho detto di non urlare »  lo rimproverò di nuovo l’uomo, spostando velocemente qualche ciocca dei propri capelli da davanti il volto. Nonostante il suo taglio di capelli fosse rimasto invariato nel corso degli anni, cominciava a mostrarsi leggermente insofferente nei confronti di quella frangetta – che tra l’altro Takao non faceva che toccargli con aria divertita, quasi fosse un gatto con un gomitolo di lana.
« Comunque sia, Aomine lo sa? »
« Certo che lo sa! È il primo a cui l’ho detto! »
« E che ha detto? » si informò, cercando tuttavia di celare quella curiosità che stava provando. Quella conversazione stava prendendo una strana piega; Midorima cominciava a rivedersi in sua madre mentre era intenta a spettegolare sui vicini. E la cosa non gli piaceva affatto.
« Ha detto che lui voleva dormire. E che io ero uno stupido »
« E poi? »
« Poi non ha detto più nulla »
Midorima sospirò spazientito. Non che si aspettasse una qualche reazione positiva da parte di Aomine – dopotutto lo conosceva abbastanza bene ormai – ma sperava almeno che si esprimesse in merito, rivelando i suoi pensieri e come aveva in mente di agire in merito. Perché, sì, Midorima cominciava a temere un possibile colpo di testa dell’altro e non riteneva il caso che fosse di nuovo Momoi ad occuparsene. Da parte sua, poi, non gli andava per niente di ascoltare i deliri telefonici di Kise – o peggio di Akashi (perché sicuramente questi l’avrebbe saputo delle nozze. Presto o tardi, lui veniva a sapere ogni cosa. Anche se Midorima non capiva né come né perché).
« Midorimacchi, cosa facciamo? »
« Ti dico e ti ripeto che questa faccenda non mi interessa. Kuroko è libero di far quel che gli pare, a mio modo di vedere »
« E allora perché mi hai chiamato? »
Ne seguì un rapido silenzio.
Midorima spalancò gli occhi e lasciò che lo stupore prendesse per un attimo il sopravvento.
« … Cosa? »
« Se non ti avesse interessato, non mi avresti chiamato. Ti conosco: se una cosa non ti garba, non dici nulla e ti allontani. Se hai deciso di chiamarti è perché, anche tu, come me, non puoi credere che sia vero che, dopo tutto quello che è successo con Kagamicchi, Kurokocchi abbia deciso di sposarsi all’improvviso. » lo sentì prendere un bel respiro, probabilmente il mal di testa dovuto la sbornia lo stava lentamente distruggendo « So anche che tieni a Kurokocchi, quante me e Aominecchi. Non devi per forza fare il distaccato, siamo tutti preoccupati. »
« Kise, smettila di dire stupidaggini »
« Non sono stupidaggini e tu lo sai, Midorimacchi. Non siamo più ragazzini, lo hai detto tu stesso: se vuoi essere onesto con te stesso, sai benissimo cosa stai provando in questo momento »
Quello era un bel guaio. Se Kise riusciva a metterlo così in difficoltà voleva dire che la sua reazione era stato fin troppo lenta e che nemmeno le sue risposte riuscivano a sembrare convincenti; Takao lo stava contagiando, non c’erano altre spiegazioni.
« Cosa conti di fare allora? »
« Lo chiamiamo, ovvio! »
 
 
 
~Il Mughetto dice~

Ebbene sì, questa è una long. La mia prima long in Kuroko No Basket. E la coppia principale sarà la KagaKuro (anche se da questo primo capitolo non sembrerebbe affatto).
È ambientata 14 anni dopo le vicende del manga abbiamo quindi una Generazione dei Miracoli che svolge serenamente la propria vita quotidiana con un Aomine che corre dietro ai teppistelli in divisa, un Kise che vola spensierato e Midorima che gioca a fare il dottore (non sono apparsi ancora Murasakibara e Akashi a anche loro non se la passano male). Di Kagami non abbiamo ancora saputo nulla, si sa solo che se ne è andato in America e che non è ancora tornato – trasformando in realtà il triste presagio di Kuroko.
Parlando di lui, Ta ta taaan, si sposa. E già. Ma con chi? Ma dove? E soprattutto perché?
La Generazione dei Miracoli questo non se lo sa spiegare. E forse solo Kise potrà infrangere il muro della discrezione e chiedere maggiori informazioni.
Non ho la minima idea di quel che ho appena fatto. Non posso fare a meno di essere leggermente spaventata da quello che ho appena finito di scrivere; non sono solita trattare una long, mi diletto in shot e le trovo fantastiche per il mio modo di scrivere.
Tuttavia questa storia mi balenava nel cervello già da un po’ e purtroppo non poteva ridursi in un solo capitolo. Comunque, non sarà molto lunga. Cinque capitoli al massimo.
In compenso saranno capitoli lunghi più o meno come questo e non ho la minima idea di come e quando aggiornerò. tutto dipenderà da come verrà trattata la storia. Se non riceverà consensi, non esiterò a cancellarla e rielaborarla in seguito ( oppure a cestinarla ); perciò, se siete intenzioni a saperne il continuo, vi propongo di farvi sentire tramite una recensione.
Mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate.
Grazie perciò per aver letto!
E lasciate una recensione!
  
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