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Autore: King_Peter    29/11/2013    3 recensioni
Percy sta guardando il tramonto.
Mentre il sole si getta amabilmente tra il dolce cullare delle onde, l'Argo II sta volando verso Roma, verso l'Italia.
Pensieri, torture silenziose, ronzano nella mente confusa del figlio di Poseidone che si lascia andare, lascia uscire tutte le sue preoccupazioni, tutte le sue paure più profonde.
[Ambientato in The Mark of Athena.]
Genere: Fluff, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annabeth Chase, Jason Grace, Percy Jackson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Mentre il Sole muore

L'odore della brezza marina mi riporta alla mente vecchi ricordi, pensieri, volti che non ci sono più, purtroppo, marcando il grado di tristezza che già mi tormenta, da qualche tempo. Li vedo riaffiorare, come plasmati da danze di fumo ombroso, senza peso.
E fanno male.
Anche se so che se ne sono andati in pace, le lacrime mi salgono agli occhi, amare come un bicchiere di acqua dell'oceano.
Guardo il sole morente, mentre sferraglia, con gli ultimi raggi infuocati, nel cielo, tingendo le acque che si stagliano al di sotto dell'Argo II. Già, l'Argo.
A volte non posso far altro che chiedermi se ho fatto veramente bene ad imbarcarmi per questa spedizione, per Roma, per la Grecia.
Non posso non domandarmi se sia davvero io uno dei sette semidei della Grande Profezia o, come la chiamano i Romani, della profezia dei Sette.
Mi sento fragile, debole, estremamente vulnerabile. Non solo perché ho perso il Marchio di Achille e stiamo andando verso le terre antiche dove, secondo tutti, ci aspetta qualcosa di molto più pericoloso di tutto ciò che abbiamo affrontato fino ad ora messo insieme, ma anche, e soprattutto, perché non mi sento amato.
Si, amato.
È difficile immaginare quanti concetti possano essere racchiusi in questa parola di sole cinque lettere, così piccola, eppure, così importante.
Tutti vogliamo essere amati, ma è difficile conquistarsi le persone: tendono a non amare facilmente, forse solo per paura di non essere amate a loro volta.
Inutile, ecco.
La parola mi descriverebbe alla perfezione, in questo momento, mentre me ne sto qui, sul ponte, ad osservare il tramonto come un vecchio sentimentale.
Pura e semplice verità.
Sono fuggito da Atlanta, con Frank, per miracolo e con l'aiuto (non lo avrei mai immaginato) del Coach Hedge.
Vedere tutte quelle creature marine rinchiuse in gabbia e non poter far niente, mi ha scosso.
Odio essere limitato, per via della natura di mio padre e, credo, sia lo stesso per tutte quelle creature, proprie del mare. Io non avevo avuto la pazienza di sopportare quell'acquario per più cinque minuti, quindi potevano riuscirci loro? Era stato umiliante, scappare.
Per di più da quando ero caduto in quella fossa di fango, il muskbet, come lo aveva chiamato Hazel, in Alaska, avevo paura dell'acqua.
Si, è una cosa sciocca, ma da allora ho sempre avuto la brutta sensazione di affogare ogni volta che metto piede dentro essa.
Devo superare questa stupida fobia.
Codardo.
Non ero riuscito a salvare né i miei amici, né l'Argo, da quella stupida bestia marina, il gamberetto gigante. Non ero riuscito ad incontrare i cugini di Chirone, gli ichthyocentauri che non avevano voluto vedermi, come se non fossi altro che una ruota di scorta.
Ehi, sto scoprendo un sacco di nuovi aggettivi su di me.
Non si direbbe, ma guardare il tramonto fa bene, anche se la sua luce, seducente, ti spinge a pensare, a riflettere sulle tue azioni, pugnalandoti lentamente.
Il sole brilla con un ultimo scintillio, prima di gettarsi completamente in mare, cedendo il posto alla sua sorella celeste.
Annabeth è sempre più distante, in questo periodo.
Da quando ha trovato quella mappa a Fort Sumter, passa tutto il suo tempo nella sua cabina, a cercare di capirci qualcosa sul Marchio che deve seguire. Il Marchio di Atena.
Il fatto è che devo lasciarla andare, da sola, alla ricerca della statua di sua madre, rubata dai Romani, e la cosa non mi va giù, sinceramente.
A volte mi chiedo come sarebbe stata la mia vita se nelle mie vene non scorresse sangue semidivino.
Nessuna battaglia, mortale.
Nessun dio, egocentrico.
Nessun mostro, ripugnante.
La brezza mi scompiglia i capelli neri. Jason mi dice qualcosa, ma non lo ascolto veramente, mi limito ad annuire, qualsiasi cosa abbia detto.
Rido.
Riflettendoci, non so perché, guardando il sole morente, divento così filosofico, così sensibile nei confronti di me stesso e delle persone che mi stanno intorno.
Credo che sia un effetto collaterale dell'essere fidanzato con una figlia di Atena. Rido, ancora. No, non posso chiamarlo così.
Primo, Annabeth mi ucciderebbe se lo sapesse, ma soprattutto perché non ci può essere nulla di controproducente nello stare con lei.
Mi conforta quando ho paura, mi sorride quando mi sento un fallito, quando mi sento inutile, come adesso.
Vorrei tanto averla a fianco, in questo momento. Jason mi posa una mano sulla spalla, richiamando la mia attenzione, affogata assieme a quel sole morente.
Gli sorrido, mentre mi dice di andare a riposare, fingendo che vada tutto bene. Mi dirigo verso la mia cabina, muovendo un passo dopo l'altro, con un peso che mi schiaccia il cuore, che lo costringe a sottostare.
Mi sento vulnerabile.
Mi sento inutile.
Mi sento fragile, mentre il sole muore.

*Angolino dell'autore*
Ed ecco la mia One Shot su Percy :) Sono molto orgoglioso di averla scritta perchè mi piace davvero ^^ 
Come ho detto nella breve trama, è una FF ambientata nel libro di The Mark of Athena, quindi il libro dopo il Figlio di Nettuno *-*
Perciò non so se qualcuno leggerà, per non rovinarsi la sorpresa ^^""" Comunque sia, se volete, fatemi sapere con una recensione :D
Grazie **

King
  
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