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Autore: M i s h a    30/11/2013    1 recensioni
Come al solito non so scrivere una trama!
DALL'ULTIMO CAPITOLO:"Ho imparato che la vita è come uno zaino che si riempie a volte di cose belle e cose brutte, ma soprattutto ho imparato che non tutti gli angeli sono buoni."
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Vi racconterò una mia storia. La storia di quando una volta ero stanca di tutto, ero giù di morale.
Matthew mi aveva appena lasciata senza un motivo.
Dopo miliardi di maltrattamenti psicologici ero arrivata al culmine.
Ero stanca e il mio cuore era totalmente frantumato.
Per lui arrivai addirittura a graffiarmi la pelle con le sue iniziali. Voi direte “ Che comportamento infantile e senza senso” e io vi dirò che avete ragione. Non mi portava benessere, assolutamente; semplicemente volevo che lui mi notasse, che capisse che potevo amarlo e renderlo felice. Ero disposta a tutto per lui, ma lui mi aveva lasciato e dovevo farmene una ragione.
Quel giorno, stanca di piangermi addosso, decisi di uscire.
Ero piccola, avevo solo dodici anni, non sapevo dove andare e a chi rivolgermi.
Non mi fidavo dei miei amici; infondo non sempre ci si può fidare dei consigli degli altri. Le amicizie sono utili, ma spesso e volentieri i consigli non sono obiettivi.
Uscì di casa mettendomi in una piccola borsa il mio fidatissimo walkman del tempo.
Presi il mio biglietto del pullman e mi diressi verso il centro della mia città.
Come vi dicevo ero piccola e non uscivo molto e soprattutto non mi ero mai allontanata di casa da sola.
Mi ritrovai in mezzo a tantissima gente, tante macchine che correvano; mi sembrava tutto così nuovo.
Sapevo come districarmi in quelle strade anche se sembravano tutte uguali.
Imboccai una strada piena di negozietti carini dalle vetrine colorate ed invitanti. La gente non badava a me, ero forse una su un milione, e questo mi dava un senso di tranquillità.
Ad un tratto notai dei gradini che non avevo mai notato prima; vi giuro: sono passata miliardi di volte per questa strada e non avevo mai visto quei gradini.
Decisi di  salire. Ero dei gradini vecchi e sporchi; stavo passando nella zona vecchia della mia città e i muri erano tempestati di decorazioni antiche che mi rapivano.
Questi scalini sembravano infiniti fino a che non arrivai ad un parcheggio.
Pensavo mi portassero a qualche piazzetta dove potermi sedere, ma era solo un insignificante parcheggio. All’improvviso udì delle voci venire da dietro delle macchine. Decisi di camminare nella loro direzione e notai una piccola stradina.
Continuai a camminare e raggiunsi il punto di ritrovo di miliardi di persone. Era per lo più la meta degli “spostati” come diceva mia madre. Ci andavo sempre con la mia famiglia, ma non ero a conoscenza di questa “entrata”.
Metallari, punk, rastafariani, gente qualunque che occupava delle panchine per farsi i fatti loro ed ammirare lo splendido paesaggio. Questo posto era come una piazza gigante, ma in alto; da fuori sembrava per lo più un castello.
Decisi di occupare una panchina che stava affianco al bordo di questa “piazza” così da poter ammirare il mare e la città in miniatura sotto di me.
Mi misi le cuffie e presi ad osservare tutti come mio solito.
Mi piaceva osservare, ero curiosa di sapere. Leggevo tutti i cartelli, insegne, scritte su indumenti.. tutto quello che mi circondava e le persone mi incuriosivano.
Fui attratta da un gruppetto di ragazzi, tutti vestiti di nero e con capigliature stranissime, ma belle e particolari allo stesso tempo.
Stavano parlando animatamente, c’era chi ballava, suonava, cantava, sembravano felici e spensierati.
Ad un tratto un ragazzo si accorse che li fisso e prese a fissarmi anche lui così decisi di sdraiarmi velocemente sulla panchina e fare finta di nulla.
Chiusi gli occhi e mi concentrai sulla musica finchè qualcuno mi toccò il braccio. Il cuore iniziò a battermi forte dallo spavento. Non sapevo chi avevo davanti e sicuramente non potevo difendermi. Aprì gli occhi e mi trovai un ragazzo sorridente che mi guardava con i suoi occhi meravigliosamente grigi. Era alto e magro, indossava un jeans nero pieno di toppe, una maglietta che si intravedeva dal giubbotto nero di pelle. I capelli nerissimi erano tutti sparati in aria e la sua carnagione bianca quasi mi spaventava, e tantissimo trucco nero sugli occhi. Probabilmente se non avesse avuto quei lineamenti così perfettamente mascolini l’avrei scambiato per una donna. Mi tolsi le cuffie e presi a fissare ancora di più quel ragazzo.
<< Hei ciao! Ho visto che ci fissavi>> mi disse lui.
“Si si è decisamente un uomo” pensai
<< Ehm.. Scusami tanto, non volevo infastidirvi>> dissi timidamente e ancora leggermente spaventata.
<< Ma.. Quanti anni hai?>> mi chiese sempre sorridendo e sedendosi affianco a me.
<< H-ho quindici anni>> dissi sempre più imbarazzata e lui ridacchiò.
<< E che ci fai qui tutta sola? Non vorrai mica buttarti>> mi chiese e quella domanda fece sparire il sorriso dalla sua bocca.
Ah! Mi ero dimenticata di dirvi che quello era anche il punto di ritrovo per chi voleva suicidarsi. Essendo un punto molto in alto, molti andavano, e vanno tutt’ora, li per buttarsi.
E se vi state chiedendo se io ero tra quelle persone vi rispondo di no. Non ero così disperata e che diamine!
<< Oh no no, volevo solo evadere un pochino>> dissi sorridendo per tranquillizzarlo e lui mi sorrise di nuovo.
<< Io sono Andrew, ma puoi chiamarmi Marilyn>>  mi disse porgendomi la mano.
<< Come Manson? Io mi chiamo Cindy>> dissi stringendo la sua mano piena di anelli.
<< Si si esatto! I miei amici dicono che gli assomiglio>> disse illuminandosi
<< Mm.. Tu sembri meno aggressivo e poi sei molto più bello di lui>> dissi per poi diventare immediatamente rossa dalla vergogna. Questo era uno dei miei difetti, o pregi dipende dai punti di vista. Sono molto socievole e spesso qualcuno ne approfitta per prendersi troppa confidenza.
<< Oh grazie! Sei molto gentile>> mi disse sorridendomi. Mi piaceva molto il suo sorriso. Era un ragazzo molto affascinante se pure particolare.
<< Ti va di unirti a noi?>> mi chiese e io indietreggiai lentamente.
“ Che diavolo di intenzioni hai? Non ti conosco” pensai spaventata.
<< Non mi va che tu resti da sola. Se sei di qui sai benissimo che non è un posto raccomandabile. Te ne puoi andare quando vuoi, non ti terremo prigioniera>> mi disse ridacchiando vista la mia reazione. Diedi uno sguardo al suo gruppetto e poi annuì.
“ Che diavolo sto combinando? Questa è la volta buona  che non torno a casa..” pensai maledicendomi.
<< Ragazzi questa è Cindy>> disse Marilyn e poi mi presentò tutti i suoi amici.
<< Ciao Blue Spirit, io sono Madison>> mi disse una ragazza dai capelli verdi. Guardai confusa Marilyn che iniziò a ridere assieme agli altri.
<< Maddie da soprannomi a tutti; è lei che mi ha dato il nome Marilyn>> mi disse lui.
<< Perché Blue Spirit?>> chiesi allora curiosa.
<< Il colore blu è simbolo di tenerezza oltre ad altri significati>> mi spiegò lei sorridente.
Mi sedetti con loro, esattamente vicino a Marilyn che non mi levava gli occhi di dosso.
Iniziammo a canticchiare accompagnati dalla chitarra suonata da un ragazzo con un crestone davvero enorme.
Passai la serata in spensieratezza, tanto da dimenticarmi di Matthew. Come si fece buio salutai tutti e Marilyn mi accompagnò alla fermata del pullman.
<< Tornerai domani?>> mi chiese lui
<< Ehm.. Si può fare>> dissi sorridente
<< Ti lascio il mio numero.. Così.. Nel caso in cui avessi bisogno di qualcuno con cui parlare>> mi disse lui prendendo il mio telefono e segnandomi il numero.
<< Grazie mille! Beh allora a domani>> dissi “leggermente” imbarazzata
<< Domani ti aspetto alle scalette allora>> mi disse. Mi baciò una guancia e se ne andò non appena arrivò il mio pullman.
Salì e mi sedetti. Passai tutto il viaggio a pensare a quel ragazzo tanto che mi spuntò un sorriso ebete sul volto.
Il giorno dopo mi svegliai contando le ore che mancavano dal nostro incontro. Arrivarono finalmente le cinque e uscì velocemente di casa. Ad un tratto mi vibrò il telefono.
“A: Cindy
Da: Matthew
Ieri non ti ho sentito urlare il mio nome per le strade”
 “Quell’idiota” pensai. Matthew aveva un scooter ed era sempre in giro con gli amici. Passava apposta nei posti dove sapeva benissimo di incontrarmi e all’inizio che ci eravamo lasciati gridavo il suo nome non appena passata. Sembravo indemoniata, ma urlare mi faceva sfogare.
Ignorai il messaggio e presi il pullman. Pochi chilometri dividevano me e Marilyn.
“ Ma che sto dicendo? Mi sto invaghendo di quello strano ragazzo?!” pensai scuotendo la testa.
Arrivai alle scalette e Marilyn era li come promesso.  Oggi il trucco era più leggero e indossava dei pantaloni di pelle che lasciavano ben poco spazio all’immaginazione.
<< Non mi hai ancora detto quanti anni hai>> chiesi io
<< Oh! Diciotto>> mi rispose lui sorridente.  Arrivammo dagli altri che mi accolsero con un abbraccio di gruppo.
“ Che strani ragazzi” pensai e ricambiai l’abbraccio collettivo.
Ad un tratto Marilyn mi prese per un braccio e ci spostammo.
<< Hai visto che bello il tramonto?>> mi chiese lui appoggiandosi sul bordo e io gli sorrisi.
<< Si è davvero bellissimo>> dissi avvicinandomi anche io al bordo.
<< Come mai ieri volevi evadere?>> mi chiese. Era stato sfacciato, ma infondo il nostro legame era nato in modo bizzarro.
<< Due settimane fa mi sono lasciata con un ragazzo, Matthew, che mi maltrattava psicologicamente>> dissi sospirando sonoramente
<< Che intendi dire?>> mi chiese lui
<< Ha vent’anni. Non era il ragazzo adatto a me. Cercava di farmi diventare una sorta di suo clone. Quello che pensava lui dovevo pensare io. In più non era dolce per niente e mi ha frantumato il cuore in miliardi di pezzi>>  dissi e mi spostai leggermente il maglioncino per mostrargli le cicatrici che mostravano una “M” nel braccio. Lui passò un dito sul mio braccio percorrendo il graffio e poi mi guardò dritto negli occhi.

 
   
 
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