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Autore: Rosmary    30/11/2013    26 recensioni
{La storia è il seguito della oneshot "L'intraprendenza di Hermione"}
Un filtro, un sogno bizzarro rivelato alla persona sbagliata e la più brillante delle studentesse di Hogwarts si ritrova incastrata in un'imbarazzante situazione, che avrà risvolti più che inaspettati. Dopotutto, è noto, ogni esperimento ha in sé degli effetti collaterali, l'importante è riuscire a fronteggiarli!
Dal primo capitolo:
“Spiegami di nuovo come ha reagito Hermione, che quando me l’hai detto era l’alba e ho capito poco e niente.”
“Solite reazioni di ragazze cotte,” commentò vanesio e spiccio. “È arrossita, poi ha negato e mi ha tirato uno schiaffo quando ho tentato di baciarla.”

Dal quinto capitolo:
“Siamo tornati indietro?”
“Quindi, è una Giratempo!” concluse vittorioso e allegro il ragazzo.
Hermione inarcò un sopracciglio, portò le braccia conserte ed esibì un'espressione contrariata e saccente. “Ma l’hai mai vista, una Giratempo?”
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fred Weasley, Hermione Granger, I Malandrini, Lily Evans, Un po' tutti | Coppie: Fred Weasley/Hermione Granger, Hermione Granger/ Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'intraprendenza di Hermione'
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Quando Hermione schiuse gli occhi, venne travolta da una sensazione a dir poco meravigliosa, perché era a casa e consapevole d’esserlo. Persino il biancore dell’Infermeria e il tanfo di medicinale sembravano particolari stupendi e fu col sorriso sulle labbra che si volse in direzione del letto di Fred.
 
“Buongiorno,” esordì lui, che era sveglio da un bel po’ ormai.
 
“Credi che possiamo tornare nelle nostre stanze?” chiese titubante Hermione, cercando di non badare allo stomaco improvvisamente in subbuglio.
 
“Possiamo provare a chiedere!”
 
Un cucchiaio di ricostituente a testa, un paio di raccomandazioni e dieci minuti dopo, i due ragazzi erano effettivamente autorizzati a tornare nei loro dormitori. Indossando semplicemente il mantello della divisa, uscirono silenziosi dall’Infermeria. Non avevano bisogno di dirsi nulla in quel momento; al contrario, c’era in entrambi la voglia di godersi il rumore dei propri passi e dei propri respiri e il borbottio indisciplinato di qualche ritratto e quell’aria speciale che si respirava lì, a Hogwarts, a casa.
Il giorno precedente niente era sembrato così bello e così familiare, era anzi tutto confuso e imbruttito dai mille e più dubbi che impedivano a quei due adolescenti di ridere rincuorati. Quando giunsero dinanzi al ritratto, dovettero impegnarsi per svegliare la Signora Grassa e convincerla ad aprirgli il varco. Fred lasciò che fosse Hermione a entrare per prima e solo quando entrambi furono dentro degli applausi festosi giunsero alle loro orecchie.
 
“Siete riusciti a liberarvi della vecchia megera!” commentò allegro Lee, abbracciando prima Fred e poi Hermione, che si irrigidì dinanzi a tanto affetto. “Oh, Granger, non fare quella faccia! In fondo, ho sul serio temuto d’aver perso il Prefetto più rompi-bolidi della storia di Hogwarts!” scherzò ancora il mago, facendo ridacchiare un po’ tutti.
 
I tutti in questione si riducevano ai fratelli – e sorella, naturalmente – di Fred, Harry, Lee e Angelina, che non perse tempo a stritolare Fred in un abbraccio, sussurrandogli d’aver saputo quanto accaduto e d’essere indignata all’idea che il colpevole non sarebbe stato condannato neanche a una decina d’anni di reclusione. Il diciassettenne rise dell’aria imbronciata del Capitano di Quidditch e ricambiò la stretta, sussurrandole quanto fosse ‘deliziosa’ a preoccuparsi per lui. Hermione, a poca distanza dai due, non riuscì a soffermarsi sull’evidente sarcasmo di cui era impregnata la parola ‘deliziosa’, ma seppe solo incupirsi prima e fingere indifferenza poi: ‘deliziosa’ aveva scatenato nuovamente tutti i dubbi e le paure della strega, che ricordò d’aver messo fine al logorante rapporto con Fred già nella dimensione parallela. Distrattamente, ripeté per l’ennesima volta a Harry di stare bene e che né la Umbridge, né Voldemort fossero in qualche modo responsabili del grammofono.
 
“Te l’ho detto, è stato Grindelwald a crearlo.”
 
“Sì, me l’hai detto,” concesse Harry, “ma Voldemort o la Umbridge avrebbero potuto metterlo nelle mani di quel tizio!”
 
“Dai, Harry, ti pare che Tu-Sai-Chi perde tempo con un grammofono? E Faccia da Rospo è troppo affezionata a Caramell per mettere in giro un coso che fa passare per idiota il Ministero… al massimo, lo metteva nella scuola, così a passare per idiota era Silente,” disse Ron, che col suo solito modo di fare spiccio pose fine alla questione sollevata dall’amico di sempre.
 
“Sarà…” concluse poco convinto Harry, facendo affiorare un tenero sorriso sul volto di Hermione.
 
****
 
“Bisogna solo riempirli di botte,  a infami come quello lì.”
 
Quelle parole erano state pronunciate dal ‘saggio’ Seamus durante il pranzo, che fu quello di bentornato per Fred e Hermione; invero, l’irlandese aveva riassunto un po’ il pensiero di tutti: bisogna solo riempirli di botte aveva molti più consensi di verrà processato; il signor Gaston non aveva mai goduto di tanto astio come in quel periodo! Fred, in particolare, aveva scalpitato per tutta la settimana successiva, cercando di convincere il gemello a fuggire dalla scuola, recarsi con i manici di scopa ad Azkaban, ridurre in brandelli tutti i Dissennatori e le eventuali guardie che si sarebbero frapposti tra loro due e la cella di Gaston, liberare il suddetto Gaston dalla cella e riempirlo di botte. George aveva dovuto fare appello a tutto il proprio autocontrollo per non cedere alla tentazione di zittire con un incantesimo il fratello: insomma, andava bene tutto, ma quel piano era troppo anche per loro. Hermione, diversamente dall’impulsivo e offeso Fred, aveva deciso di accantonare la brutta storia, sperare nella giustizia del Ministero e impegnarsi nello studio: in sostanza, nulla di nuovo.
Quella mattina, a distanza di ben otto giorni dal ritorno alla realtà, Fred si degnò di alzarsi dal letto un’oretta prima delle lezioni – in genere, si tirava su una quindicina di minuti prima –, così da recarsi in Sala Grande quando questa, fatta eccezione per pochi diligenti o insonni studenti, era decisamente vacante.
 
“Chi sa perché non sono sorpreso di vederti già qui!” scherzò Fred una volta arrivato al tavolo Grifondoro.
 
Hermione sollevò gli occhi dal libro di Rune e ingoiò veloce il boccone. “Spiacente di non poter dire lo stesso,” controbatté a tono, dando un altro morso al croissant.
 
“Che ci vuoi fare, c’è gente che dorme a questo mondo!” Così dicendo, sedette anche lui, prendendo posto accanto alla strega. “Come va?” domandò con finta noncuranza, scegliendo per la colazione del Succo di Zucca, un croissant alla crema e un sorta di ciambellina a cioccolata.
 
“Bene,” rispose Hermione con altrettanta finta noncuranza. “A te?”
 
Fred buttò giù il Succo di Zucca in un unico sorso e le rispose che andava tutto bene, certo. Andarono avanti così, con domande generiche, che si tenevano ben distanti da ciò che avrebbero voluto realmente dirsi e chiedersi. A nulla valse che il ragazzo si fosse alzato prima del solito proprio per avvicinarla, parlarle, capire perché continuasse a sfuggirgli ogni volta che si ritrovavano soli, cosa che, tra l’altro, succedeva sempre più di rado: tra lezioni, punizioni di lui e impegni di lei, amici, conoscenti e qualsiasi altra cosa o persona, erano ben otto giorni che non riuscivano a ritagliarsi un momento. Ed era strano, era molto strano: s’erano così abituati in quella dimensione fittizia a condividere le giornate, che era stato difficile ritornare alle proprie vite e ricordare che non esistevano loro due insieme.
 
“Arrivo io e va via lui, di cosa parlavate?” chiese d’istinto Harry, che, appena giunto in Sala Grande, non poté evitare di notare la fuga di Fred.
 
“Niente di che,” rispose ansiosa Hermione, che evitò lo sguardo dell’amico. “Perché?”
 
“Siete un po’ strani da quando siete tornati,” affermò cauto.
 
“Siamo solo un po’ confusi, Harry, niente di più.”
 
“Mah… però, io ho notato che lui ti gua…”
 
“Come va con Silente? Continua a evitarti?”
 
L’interruzione brusca di Hermione, com’era prevedibile, causò malumore nel Prescelto, che, ripensando alla spinosa faccenda di Silente, dimenticò la questione dell’amica, s’immusonì e consumò in silenzio il suo Succo. In Hermione s’affacciò un timido senso di colpa, non era certamente cattiva, ma non poteva permettere a Harry di entrare in quel campo minato che era il suo rapporto con Fred; lei, cercava di convincersi, non aveva un rapporto con Fred. Trascorsero il resto della colazione in silenzio, solo l’arrivo di Ron stemperò la tensione e Hermione ne profittò per sgattaiolare via dalla Sala Grande, inseguendo il filo dei propri pensieri: erano stati giorni così diversi, quasi spaventosi! Alle volte, aveva persino sentito la mancanza di quel mondo fittizio e sperato che il Sirius sedicenne sbucasse da un angolo e l’abbracciasse, facendo ingelosire Fred. Altre volte, invece, aveva guardato Harry e aveva rivisto in lui lo sguardo di Lily e i capelli ribelli di James e di nuovo un particolare di Lily e di nuovo un particolare di James. Per quanto fosse tornata alla realtà, la sensazione di poter impazzire da un momento all’altro le era rimasta appiccicata addosso.
 
“Ehi!”
 
“Ginny, buongiorno!” salutò stranita Hermione.
 
“Dove vai?”
 
“Pozioni,” spiegò con una smorfia.
 
“Ti accompagno, ho un’ora buca.”
 
“Come mai?”
 
“Sembra che la Sprite sia stata morsa da una delle sue strane piante…”
 
“Ma è orribile!”
 
Ginny si strinse nelle spalle, sogghignando. “Poco male, almeno non ho lezione! Ma lascia perdere la Sprite, come va con Fred?”
 
Come sempre accadeva, Hermione s’incupiva e ripeteva che ‘non poteva andare, perché non c’era niente tra loro’, affermazione a cui seguiva lo sbuffo spazientito di Ginny, che contrariamente al resto del mondo, fatta eccezione per George, era a conoscenza di cosa fosse realmente accaduto nell’universo del grammofono. Hermione aveva lottato con se stessa per ben quattro giorni prima di rivelarle tutto, non voleva venire meno all’ammonimento di Silente, ma il bisogno di sfogarsi era stato più forte e la scelta era ricaduta su Ginny; d’altronde, a Harry non poteva assolutamente raccontare nulla e lo stesso valeva per Ron, che non sarebbe stato in grado di tenere la bocca chiusa con l’amico.
 
“Dovresti fare qualcosa!” insistette Ginny, accalorandosi.
 
“Non devo fare niente, invece, non insistere!”
 
Sbuffò ancora la piccola di casa Weasley, sempre più contrariata. “Ma perché? Gli piaci, credimi, gli piaci! E poi non vedi come ti cerca? Ti guarda, tenta di parlarti… si vede che gli interessi, perché ti ostini a tenerlo lontano?”
 
Hermione deglutì, fissando un punto indistinto del Sotterraneo. “Perché a lui piaccio, ma io sono…”
 
“Sei?”
 
Scosse il capo, rifiutandosi di ripetere quell’innamorata a cui, tempo prima, era seguito solo il silenzio di Fred. “Io sono troppo coinvolta, la cosa migliore è stargli lontano.”
 
Così detto, Hermione si rifugiò nell’aula di Pozioni, constatando con sollievo d’essere ancora l’unica presente. Piton era l’ennesimo effetto collaterale dello stupido grammofono! Avvertiva un terribile imbarazzo in sua presenza, perché lo ricordava sedicenne e solo e ricordava anche d’aver sentito più volte Sirius e James chiamarlo ‘Mocciosus’, momenti in cui s’era sentita addirittura dispiaciuta per l’unticcio professore. Ad ogni modo, guardarlo in volto e non arrossire o ridacchiare – pensando a tutto ciò che le aveva raccontato Sirius – era diventato decisamente difficile.
Diligente come al solito, e soprattutto vogliosa di non pensare ai drammi sentimentali, sfilò il libro dalla borsa e lo poggiò sul banco, con delicatezza sfogliò le pagine sino al capitolo che Piton aveva assegnato e iniziò a rileggerlo dal principio… Iniziò, certo, perché qualcuno entrò nell’aula e le afferrò il braccio.
 
“Poche storie, ragazzina,” disse il qualcuno, “vieni con me.”
 
Hermione si voltò e, come s’era aspettata, si ritrovò Fred a un palmo di naso. “Questa non è la tua aula, Fred.”
 
Fred ghignò con evidente soddisfazione e non accennò ad allentare la presa. “Ormai, non fingi nemmeno di confondermi con George, ne sono lusingato!”
 
“Idiota,” l’apostrofò imbarazzata Hermione. “Dopo quello che abbiamo passato, è il minimo che ti riconosca,” ammise con un certo fastidio, consapevole d’aver appena nutrito l’orgoglio di quel Grifondoro da strapazzo. D’altronde, realmente non faticava più a distinguerlo dal gemello, si chiedeva anzi come avesse potuto confonderli in passato, erano così diversi! Ad esempio, la voce di Fred era perennemente corrotta dal sarcasmo e dalla provocazione, così come le sue labbra erano sempre increspate in sorrisetti maliziosi, George, diversamente, aveva l’abitudine di parlare con tono ingannevolmente amichevole, esibendo sorrisi che camuffavano il ghigno; anche nella postura erano diversi: Fred aveva quasi sempre le mani in tasca, mentre George aveva il vizio di grattarsi la nuca, scompigliarsi i capelli o accompagnare le parole con eloquenti gesti. Erano diversi e a lei ora sembrava assurdo che nessuno lo notasse.
 
“Ti sei incantata?!” chiese con sarcasmo Fred, strappandola al flusso di pensieri. “Dai, sbrighiamoci, prima che arrivino gli altri.”
 
Non le permise d’obiettare ancora, perché la trascinò via, impedendole anche di raccattare borsa e libro; Hermione puntò i piedi a terra, sbraitò contrariata, ma nulla servì contro la determinazione di Fred, che, giunti nel tratto meno popolato del Sotterraneo, la costrinse con la schiena a una colonna e si fermò davanti a lei, tenendole i polsi con le proprie mani. Braccata, ecco com’era Hermione, e lo sapeva lei, che avrebbe dovuto infuriarsi e rifilargli ogni epiteto di cui era a conoscenza, ma tutto ciò che riuscì a fare fu zittirsi e rendersi conto che la vicinanza di quel pazzo le era mancata terribilmente. Ciononostante, orgogliosa come e più di sempre, si limitò a fissare lo sguardo sul volto del ragazzo, sforzandosi d’apparire infastidita oltre ogni misura dall’atteggiamento prepotente. Fred, che era notoriamente uno spericolato, non badò affatto all’espressione irritata di lei, ma s’avvicinò sempre più, così che i loro corpi potessero sfiorarsi, e gli sembrava di sentirli, i muscoli tendersi elettrizzati all’incontro con il corpo di lei. Per un breve istante, lo spavaldo Weasley ebbe la salivazione azzerata e il timore di non poter articolare parola alcuna fu assurdamente reale.
 
“Vuoi tenermi qui tutto il giorno?” esordì sprezzante Hermione, disciplinando la strana eccitazione che s’era impossessata di lei. “Cosa vuoi?” chiese ancora, come se parlare potesse disintegrare le nuove sensazioni.
 
“Ti sembrerà strano, ma voglio capire,” rispose Fred, sforzandosi a sua volta d’apparire pacato e con pieno controllo di sé.
 
“Capire?” gli fece eco stranita. “E cosa?”
 
Te.”
 
“Me?”
 
Fred chiuse gli occhi, strinse i pugni intorno ai polsi di lei, provocandole una leggera dolenzia, e sbuffò. “Ne ho davvero abbastanza,” esordì d’un tratto, mandando al creatore la pacatezza e lo stentato autocontrollo. “È da quando siamo tornati che mi eviti, Hermione, da quanto siamo tornati! Io mi avvicino e tu sparisci, io ti parlo e tu non ascolti. Cosa diamine ti prende?”
 
Il tono s’era alzato più del dovuto e il volto di Fred, senza che la ragione potesse impedirlo, s’era avvicinato oltre ogni buon proposito a quello di lei, quasi come se volesse aggredirla e poi baciarla e di nuovo aggredirla e ancora baciarla. Hermione deglutì a vuoto, scossa dalle parole, dalla vicinanza, dal calore, da... No, non poteva permettergli di soggiogarla di nuovo.
 
“Cosa ti aspettavi, Fred?” chiese dura, come se lui non avesse alcuno effetto su di lei. “Io ti ho detto una cosa quando eravamo in quella dimensione e tu sei rimasto zitto e sei andato via… Cosa ti aspettavi?” ripeté con voce flebile. “Cosa ti aspetti?” domandò ancora, ponendo enfasi sul tempo presente del verbo. Inevitabilmente, il ricordo della Guferia non tardò ad aggredirla, e lei arrossì e maledisse se stessa per essersi esposta tanto. Ma cosa le era saltato in mente? Dirgli addirittura sono innamorata di te! Troppo, gli aveva detto troppo.
 
Fred tacque. Per la prima volta, Fred Weasley non sapeva veramente cosa dire e la tensione che si dipinse sul suo volto espresse con chiarezza quanto le parole di Hermione lo avessero turbato. Nonostante non fosse esattamente nella sua indole, più volte i pensieri del ragazzo erano tornati a quella Guferia e a ciò che era accaduto, e lo ricordava molto bene, quanto l’avesse destabilizzato la schiettezza di lei: sono innamorata di te era sincero, era inequivocabile, era reale, ma era anche impegnativo, a tratti terrificante: innamorata era una parola grossa. Quella fu l’ennesima volta in cui Fred si ritrovò a chiedersi se lui fosse innamorato di lei così come lei era innamorata di lui. Deglutì. Non ci riusciva, non sapeva cosa dire e neanche come dire! Gli sembrava d’essersi tramutato in uno stupidissimo Troll e solo un dettaglio gli era evidente: era emozionato come mai prima d’allora. Neanche avrebbe saputo catalogarla, quell’adrenalina che gli infuocava pelle e muscoli e ossa… Non avrebbe proprio saputo catalogarla, ma non gli importò affatto il catalogare, gli importò esclusivamente di lasciarle i polsi, così da poter incastrare le proprie dita in quelle di lei e gli importò ancora ed esclusivamente di inclinare il viso e avvicinarlo al punto da disintegrare l’aria che si frapponeva tra le loro labbra e solo a quel punto gli importò anche di indirizzarle uno sguardo che chiedeva una sorta di goffa autorizzazione a procedere, e lei si limitò a schiuderle, le proprie labbra, e a calare le palpebre, cercando nel corpo di Fred il calore e sulla sua bocca una risposta. E se i secondi scorrevano rapidamente, era la lentezza estenuante che accompagnava quei due ragazzi nel consumarsi a vicenda; senza avvedersene, si ritrovarono l’uno schiacciato contro l’altra, le mani dell’una sulle spalle dell’altro e le mani dell’altro sulla schiena dell’una, così vicini, cosi insieme, che sembravano far parte sul serio di una realtà parallela, ma una realtà che apparteneva soltanto a loro due e che in loro due nasceva. D’improvviso, come se si fosse udito lo squillo di un campanello d’allarme, Hermione si irrigidì tra le braccia di Fred, al punto da smettere di baciarlo e da costringere lui ad allontanarsi confuso, scosso e inappagato.
 
“Cos’hai?” sussurrò a fatica, col respiro che mancava.
 
“È solo questo che vuoi?”
 
“Di cosa stai parlando?”
 
“È solo questo che vuoi?” ripeté lei, che aveva il respiro mozzato esattamente come lui. “Fred, rispondimi.”
 
“Non capisco.”
 
Un sorriso amaro corruppe l’espressione di Hermione, che spinse via Fred con i palmi delle mani e si liberò dalla sua morsa, accorgendosi solo in quel momento d’avere poca stabilità sulle gambe, uno strano tremore e molto freddo. Scioccamente, chiese a se stessa se fosse lui a renderla così debole e vulnerabile o fosse la sua assenza. “A me non basta.”
 
“Ma cosa?” chiese alterandosi. Era esasperato.
 
Questo,” dichiarò con ovvietà, indicandosi e indicando lui. “Non mi basta piacerti, Fred, non mi basta rintanarmi in un angolo quando ne hai voglia… Non mi basta.”
 
“E cosa ti basta?”
 
Hermione lo guardò con eloquenza e lui ricambiò con fierezza quell’espressione. Era chiaro cosa intendesse lei, com’era chiaro che lui potesse darle quello che le sarebbe ‘bastato’, perché era ormai evidente che fosse innamorato di lei così come lei era innamorata di lui, ma tra il saperlo e l’ammetterlo c’era di mezzo, non il mare, ma l’intera galassia, almeno per Fred Weasley.
 
“Se ti organizzo un appuntamento?” azzardò lui con tono a metà tra il serio e il sarcastico. Hermione neanche rispose, si limitò ad andare via, cercando di concentrarsi sul sicuro rimprovero – con annessa punizione e detrazione di punti – di Piton, quando sarebbe entrata in aula in ritardo. Fred la osservò allontanarsi e non la fermò, di nuovo. Dopotutto, avrebbe dovuto saperlo lui, che prima o poi la saggia Wendy avrebbe ritenuto che l’addio all’intrigante Peter Pan fosse l’unica soluzione possibile e soprattutto logica.
 
 
26 dicembre 1995 – Grimmauld Place
 
 
“Ehi, George, guarda un po’ cos’ha Ron, non è forse una foto della Umbridge?!”
 
“Smettetela! Non è mia!”
 
“Sì, come no! Ma non devi vergognarti con noi, ognuno ha i suoi gusti, anche se i tuoi fanno un po’ schifo!” esclamò pungente George, che spalleggiava allegro il gemello.
 
“Siete due idioti! Neanche per scherzo dovete dire che a me piace questa qui!” sbottò Ron, continuando ad apparecchiare.
 
Fred ghignò. “Hai ragione, fratellino, lei è troppo anche per te! Allora, te la fai con la Chips? Sembra un tipo focoso!”
 
“Ma non avete di meglio da fare?” sbraitò ancora il più piccolo, facendo ridacchiare gli altri due.
 
In realtà, i due gemelli avrebbero avuto tanto altro da fare, ma la tentazione di far innervosire Ron al punto da fargli combinare qualche disastro con i piatti e le posate era più grande: vedere Molly Weasley infuriarsi con un figlio che non fosse uno di loro due era uno spettacolo assolutamente impagabile e, dopo di loro, nessuno riusciva a far arrabbiare Molly come Ron. Dall’altro lato del salone, Ginny e Hermione ascoltavano la radio assieme a Sirius, che decantava la bravura di una band in voga quando lui era a scuola.
In quei giorni, come per magia, l’atmosfera natalizia e l’essere riuniti sotto lo stesso tetto avevano smussato i toni tetri del difficile periodo e, in alcuni momenti, si riusciva a strappare una risata persino a Harry, che quella sera era in soffitta con Fierobecco e Bill.
 
“Questa non è musica che si balla! Assolutamente no!” stava dicendo Hermione a Sirius, e Ginny annuiva concorde.
 
“Bimba, non sai di cosa parli! Ai miei tempi, ballare questa canzone era la strategia perfetta per conquistare le ragazze!” ribatté sicuro Black.
 
Hermione dovette mordersi le labbra per evitare di svelare a Sirius una grande verità: bello com’era da ragazzo – almeno da sedicenne! – non aveva certo bisogno di una canzone e di un ballo per conquistare una ragazza. “Sciocchezze,” disse infine, stemperando il proprio imbarazzo. Sirius ghignò apertamente e d’impulso afferrò la ribelle strega in vita e l’avvicinò a sé. Hermione avvampò in modo indecente. “Sirius, lasciami, che fai!” biascicò, tentando d’allontanarlo.
 
“Ti dimostro quello che dico! Alla fine del ballo, dovrò chiuderti a chiave in bagno per tenerti lontana da me!”
 
Così dicendo, Sirius la costrinse realmente a ballare, seguendo la musica che imponeva un ritmo lento e intimo. Naturalmente, sul volto dell’adulto Black non v’era traccia alcuna di malizia, ma solo di infantile sfida, che fece sogghignare Ginny, ridacchiare Ron e George e scricchiolare la mascella di Fred. Quest’ultimo, difatti, sembrava essersi ‘incantato’, disinteressandosi completamente dei fratelli, aveva occhi soltanto per Hermione, la sua Hermione, e le braccia del pallone gonfiato che la stringevano. Era di nuovo nel grammofono o cosa?
Non l’aveva calcolato Fred, ma lo fece: strappò letteralmente la ragazza dalle braccia di Sirius, gli rifilò uno o due epiteti, che se fossero giunti alle orecchie di Molly gli avrebbero procurato punizioni e batoste per un anno intero, e lo fronteggiò anche, il ‘rivale’, osservandolo con crescente rabbia.
 
“Ma sei impazzito?” urlò Ron, che capiva ben poco, essendo all’oscuro dei trascorsi tra il fratello, Hermione e il ‘finto’ Sirius.
 
“Ben detto, Ron. Sei impazzito?” s’accodò perplesso Felpato.
 
“Devi starle alla larga,” ribadì Fred, “e non sono impazzito!”
 
 
“Non sono impazzita, Fred!”
 
“Io dico di sì, perché, sai, non mi risulta che vai in giro a detrarre punti ai Grifondoro.”
 
“Angelina era fuori dalla sua stanza oltre l’orario,” specificò saccente lei, senza sollevare lo sguardo dagli appunti. “Le regole non le ho fatte io.”
 
“Le regole dicono che un poveraccio non può stare nella sua Sala Comune oltre l’orario?” domandò lui spazientito.
 
“Esatto.”
 
“Ma fammi il piacere! Lo conosco bene, il regolamento, altrimenti non saprei cosa posso e cosa non posso fare per non essere sbattuto fuori,” precisò. “Ce l’hai con Angelina?”
 
“Neanche la conosco,” commentò lei distrattamente. “Lei è amica tua, non mia,” aggiunse gelida, marcando particolarmente la parola ‘amica’, così da darle enfasi e caricarla di ‘significati nascosti’.
 
Fred le sollevò il mento con poco garbo, costringendo Hermione a guardarlo. “Hai detto bene: amica. Se non mi credi, chiedi a Lee, visto che è la sua ragazza. Ora chi è l’infantile?”
 
 
“Ora chi è l’infantile?” sbottò Hermione, impedendo a Sirius di ottenere una spiegazione plausibile.
 
Fred infilò le mani in tasca, sollevò le sopracciglia e tacque per un breve istante, concedendosi il lusso di osservare una Hermione inviperita, che aveva le braccia conserte, il cipiglio severo e tutta la treccia in disordine. “Non devi ballare con lui.”
 
“Questa è bella!” concesse sarcastica Hermione, infischiandosene di star dando spettacolo. “Questa è davvero bella! Tu che dici a me cosa fare.”
 
“Ecco, brava, hai capito il concetto.”
 
Neanche s’accorsero i due litiganti che George e Ginny s’erano impegnati al fine di lasciarli soli nel salotto, convincendo Ron e Sirius – ovviamente, in cambio di ‘notizie’ – ad uscire senza sbraitare troppo.
Erano stati molto, molto lunghi i mesi che avevano visto Hermione e Fred distanti; in seguito alla discussione nei Sotterranei, avevano dignitosamente smesso di cercarsi, preferendo ignorarsi e fingendo che nulla fosse accaduto. Così, almeno in apparenza, lei aveva ripreso la sua vita e lui la sua; a distruggere il precario equilibrio erano stati tanti piccoli episodi, che avevano portato i due ragazzi a scontrarsi più volte, lasciando sempre qualcosa di irrisolto tra loro, qualcosa che li obbligava a cercarsi nonostante si ignorassero e a discutere nonostante non volessero. Non in pochi a scuola s’erano accorti che il rapporto tra lo scherzoso Weasley e la studiosa Granger era cambiato, peccato che i due interessati si rifiutassero d’affrontarlo, il cambiamento.
 
“Nessuno mi dice cosa devo fare, mettitelo in testa, Weasley.”
 
“No, Granger, sei tu che devi metterti in testa che non voglio vedere deficienti ronzarti intorno.”
 
 
“Mi spieghi cosa ti è saltato in mente? Aggredire un membro dell’ES è troppo anche per te!” rimproverò Hermione.
 
“Non è un membro dell’ES, è un deficiente che ti ronza intorno.”
 
“Ernie non è un deficiente,” precisò offesa lei, “e non mi ronza intorno.”
 
“Beh, nel dubbio, digli che non voglio vedere deficienti ronzarti intorno.”
 
“Non sei il mio ragazzo.”
 
 
“Non sei il mio ragazzo.”
 
“E se lo fossi?”
 
“Oh, eccovi qui, ma perché ci siete solo voi? La tavola! Ron, perché non hai finito di apparecchiare?”
 
L’intrusione della signora Weasley spezzò sia la tensione, che quella stranissima atmosfera instauratasi tra i due ragazzi. Hermione aveva perso contatto con la realtà, i suoi pensieri erano tutti proiettati sull’ultima frase di Fred: e se lo fossi? era una domanda che aspettava da mesi.
In poco più di qualche minuto, l’intero salotto fu riempito da tutti gli ospiti della dimora Black. Sirius, a cui Ginny aveva spiegato molto sommariamente la situazione – ‘devi scusarlo, è solo geloso di Hermione, loro stavano insieme’ – non proferì parola sull’accaduto, ma si comportò come se nulla fosse. Ai lati opposti del tavolo, invece, Fred e Hermione mangiavano in modo tale da non doversi guardare neanche per sbaglio, ma avevano entrambi una strana espressione in viso, che somigliava tanto a consapevolezza.
 
*
 
Era notte inoltrata e Fred non aveva affatto sonno, se ne stava lì, in cucina, a rigirarsi un cappello di lana tra le mani; quando l’orologio rintoccò per l’ennesima volta, ricordandogli che erano ormai le due, s’alzò, gettò sul tavolo il cappello, e salì controvoglia le scale, infastidito dal troppo silenzio. Cauto, aprì la porta della piccola stanza che condivideva col gemello, ma gli fu presto chiaro che qualcosa non andava: il letto di George era perfettamente in ordine e, particolare più importante, era vuoto. S’accigliò Fred, era sicuro che George fosse a letto come era sicuro di non aver visto nessuno per casa mentre raggiungeva la stanza. Con sua sorpresa, s’accorse finalmente che il suo letto, contrariamente a quello del fratello, ospitava qualcuno che sembrava dormire tranquillamente. Scosse il capo sorridendo e s’avvicinò al proprio materasso e senza tatto alcuno tirò via le coperte.
 
“Hai sbagliato tana, fratello!” esclamò allegro, ma il sorriso si smorzò in gola, perché la persona nel letto non somigliava per niente a George.
 
“Ma che modi…” affermò stizzita la persona, stropicciandosi gli occhi e tirandosi su con aria imbronciata. “Che ora è?” chiese sbadigliando.
 
“Ehm… le due… sì, le due… ma… ma cosa…?”
 
“Cosa ci faccio qui?” lo precedette, e Fred annuì sgomento. “Quello che non fai tu, ecco cosa faccio! Dobbiamo risolvere questa situazione, Fred, e ora mettiti seduto,” disse spiccia Hermione, e il ragazzo, che era ancora in trance, obbedì. “Volevo aspettarti sveglia, ma non salivi più e mi sono addormentata. George è stato molto gentile ad accettare di dormire con Ginny,” spiegò lei, che sembrava improvvisamente imbarazzata, particolare che risvegliò Fred.
 
“Hai avuto proprio una bella idea, Prefetto,” la canzonò ghignando. “Sei consapevole che mi stai provocando apertamente?” chiese retorico, facendo illuminare di timida malizia il volto della ragazza. “Sei in pigiama nel mio letto e in piena notte, se smetto di fare il bravo ragazzo è solo colpa tua.”
 
Quelle parole, Fred le sussurrò contro labbra di lei. Soggiogato dall’attrazione, la teneva così stretta che fuggire sarebbe stata un’impresa più che impossibile; ma Hermione non aveva nessuna intenzione di andare via: rispose ai sussurri di Fred con una risata gioiosa e s’avventò famelica su di lui, baciandolo con irruenza. La reazione del mago non si fece attendere, nel giro di pochi istanti, infatti, era chino su Hermione, che a sua volta si stese sul letto, fingendo che quel ragazzo che sembrava volerla divorare fosse una coperta.
 
*
 
“Fred! Fred! Fred, diamine, Fred!”
 
“No… aspetta… perché fai così…” biascicò con voce impastata Fred, rigirandosi nel letto.
 
George portò gli occhi al cielo e, stanco delle buone maniere, privò il gemello di coperta e cuscino in un solo colpo. Fred, colpito con violenza dal gelo di dicembre, spalancò gli occhi e li fissò con un misto di ansia e furia sul fratello colpevole. Aprì la bocca come a voler parlare, ma la richiuse un istante dopo, guardandosi intorno stranito e di colpo l’ansia e la furia lasciarono posto all’amara delusione. Era solo un sogno. Tastò scioccamente il materasso, quasi come se sperasse di trovarci Hermione.
 
“Ti dimenavi, per questo ti ho svegliato,” spiegò George, che sembrava alquanto preoccupato circa la salute mentale del fratello.
 
“Ho sognato lei, stava qui,” rivelò Fred, indicando il letto.
 
“Beh, almeno il Fred dei sogni si dà una mossa, non come la sua controparte sveglia!” scherzò malizioso George, tornando a stendersi sul proprio letto. “Però…” riprese con tono di rimprovero, “certe cose evita di farle in presenza mia, anche se è un sogno!” Fred rise complice, alzandosi e dirigendosi alla porta. “E adesso dove vai?”
 
“A farmi una doccia,” biascicò deluso, spalmandosi la mano sul viso. Un sogno, solo un sogno, che razza di idiota che era!
 
Una volta fuori, si diresse alla volta del bagno, ma non fece più di due o tre falcate che un rumore di passi attirò la sua attenzione. Guardò l’orologio del corridoio e notò che la mezzanotte era passata da un pezzo; era strano che ci fosse qualcuno in giro, sua madre non permetteva a nessuno di trattenersi oltre le ventiquattro. Incuriosito e desideroso di dimenticare il sadico sogno, scese le scale e seguì il suono dei passi e, ironia della sorte, si ritrovò proprio in cucina, davanti a una Hermione in pigiama, che beveva qualcosa di caldo in una tazza e faceva su e giù lungo il perimetro dell’ambiente.
 
“Ciao…” biascicò roco lui.
 
Hermione si destò dai suoi pensieri e, con una strana espressione compiaciuta, guardò Fred. “Ciao, Fred. Non dormi?”
 
“Ho fatto un sogno,” spiegò lui, impalato sull’uscio. Non aveva nessuna intenzione di avvicinarsi a lei, perché non le avrebbe resistito. Tutte le immagini del sogno, infatti, scorrevano impertinenti dinanzi ai suoi occhi, tormentando lui e il desiderio che aveva di lei.
 
“Un sogno compromettente?” chiese ambigua Hermione, abbandonando la tazza su un mobiletto. Si avvicinò poi con braccia conserte e aria soddisfatta a Fred. “Oppure, assurdo e improbabile?”
 
Quelle domande furono per Fred uno schiaffo in pieno volto – erano troppo familiari –, sgranò gli occhi allibito e boccheggiò più di una volta: non era possibile, gliel’aveva rifilato! A lui! Aveva rifilato lo stupido filtro a lui! Lo sguardo allibito divenne per un frazione di istanti offeso, ma presto anche l’offesa sfumò, lasciando spazio alla soddisfazione e al divertimento. “Tu! Tu!”
 
“Sì, io!” lo canzonò lei, sorridendo apertamente. I ruoli sembravano essersi invertiti, era la realtà, ma loro due erano paradossalmente al contrario. “Allora, signor re degli scherzi, chi hai sognato? La tua bella Angelina? O magari l’affascinante Cho?” chiese retorica.
 
Anche Fred portò le braccia conserte e fece un passo verso di lei. “Può darsi, però posso dirti che la ragazza del sogno era molto passionale!”
 
“Buon per te, allora, sarà stato un sogno appagante,” ribatté lei, che non era affatto intenzionata a farsi mettere in difficoltà. Aveva il suo obiettivo da raggiungere ed era giunto il momento di agguantarlo, a ogni costo.
 
“Sì, ma un sogno è sempre un sogno, se fosse reale…” affermò con tono allusivo, avvicinandosi ancora di più a lei, divertendosi nel vederla indietreggiare: un passo avanti di lui, un passo indietro di lei, e fu così che Hermione si ritrovò a cozzare contro il tavolo. “Non hai più vie di fuga,” disse lui a quel punto.
 
“Potrei sempre salire sul tavolo!”
 
Un’affermazione capace di scatenare l’irriverenza di Fred, che con aria di sfida le cinse la vita e la sollevò quanto era sufficiente per farla sedere sul tavolo. Hermione assistette divertita all’esibizione di lui e lo lasciò fare, inarcando poi le sopracciglia.
 
“Ecco, ora non hai neanche il tavolo come via di fuga,” completò il mago, che non accennava a scostare le proprie mani dai fianchi di lei.
 
“Non sono io a scappare, Fred.”
 
“Dici? Strano. Io ricordo che sei stata tu a mettere fine a quello che c’era tra noi,” ribatté serio, sfidandola a contraddirlo, perché una parte di lui non l’aveva mai capita davvero, la decisione di Hermione. Non capiva perché avesse tanta importanza che lui fosse o meno innamorato, era attratto sicuramente, questo non era sufficiente?
 
“No, Fred, non io. Io sono stata sincera.”
 
Calò un silenzio imbarazzato e turbato. Dopo mesi, era giunto il momento della resa dei conti, quella notte avrebbe messo fine alle incertezze: o insieme o ognuno per la propria strada, il tempo dei se e dei ma era scaduto.
Hermione aveva un insopportabile tremolio alle mani e alle gambe e alle braccia e in tutto ciò che poteva definirsi ‘corpo’, e il tremolio s’accompagnava a brividi che, nonostante la bassa temperatura, non erano causati dal freddo, ma da un misto di eccitazione, vergogna e paura; da settimane rifletteva sulla possibilità di ‘incastrare’ Fred in un confronto a cui non sarebbe potuto fuggire, ma aveva paura, paura che non sognasse lei, e aveva vergogna, vergogna di reinventarsi tanto intraprendente, e si sentiva disonesta, disonesta perché lo stupido filtro era un inganno, una trappola. Ma a vincere era stato il suo cuore quella volta, un cuore che, pressante, le suggeriva d’agire e di rischiare e di pretendere che l’insostenibile situazione si risolvesse in un modo o nell’altro. E ora, che tutto stava andando come aveva sperato, non riusciva a dirgli né più, né meno del necessario, a tratti non riusciva neanche a sostenerne lo sguardo.
 
“Ho sognato te,” affermò lui dopo un lungo intervallo. “Ho sognato te,” ripeté, poggiando la propria fronte contro quella di lei. “Mi hai rifilato il filtro davvero?” chiese, curvando le labbra nell’immancabile sorriso sghembo.
 
“Sì,” rispose lei, deglutendo a vuoto più di una volta, mentre i brividi e il tremolio aumentavano.
 
“Molto brava, Granger,” si complimentò ironico, “hai fregato persino me! Sei proprio la mia degna ragazza!”
 
Alzò lo sguardo a quelle ultime parole, accorgendosi d’avere gli occhi di Fred su di sé, vicinissimi. “Lo sai, questo cosa significa. Voglio sentirtelo dire,” insistette lei, seppure l’espressione tesa andava dissolvendosi in favore di un sorriso.
 
“Perché? Vuoi compromettermi come ti sei compromessa tu?! Non è colpa mia se sei innamorata di me!”
 
“Sei proprio un gran…”
 
“Bastardo. Sì, lo so!” completò lui con finta noia, e Hermione finse d’imbronciarsi. “Non me lo sentirai dire, ragazzina.”
 
“Allora, trovati un’altra ragazza,” disse con evidente sarcasmo.
 
“Non posso.”
 
“Perché?”
 
“Non lo sai? Il filtro ha degli effetti collaterali,” affermò. “Si impazzisce, se la realtà non imita il sogno!” aggiunse immediatamente, prima che Hermione potesse allarmarsi.
 
“Mi stai dicendo che sei il mio effetto collaterale?!”
 
“Sto dicendo che tu sei il mio.”
 
“Bella teo…”
 
Dovette zittirsi, perché l’indice di Fred s’era posato sulle sue labbra. “Zitta un po’, Granger, che ho altro in mente! Se permetti, sono mesi che aspetto…”
 
Non le diede tempo di registrare quanto appena detto, perché, imitando l’Hermione del suo sogno, s’avventò sulle labbra della ragazza, insinuando l’indice e le altre dita della sinistra tra i capelli di lei. Hermione, nonostante la sorpresa, non gli rifiutò quel bacio e anzi si abbandonò completamente a lui. Lo sapeva lei, che ‘sono innamorato di te’ non gliel’avrebbe mai detto, e per questo aveva preteso che uno stupido sogno frutto di uno stupido filtro parlasse per lui. A quel pensiero, rise contro le labbra di Fred, e lui dovette intuire il motivo della risata, perché la strinse ancora di più, infischiandosene di essere sul serio in una cucina dove chiunque avrebbe potuto entrare.
 
 
Qualche mese dopo – Hogwarts
 
 
“Fred… dai… Fred, devo andare in biblioteca…” si lagnò Hermione, allontanando il ragazzo che la stringeva nel bel mezzo del corridoio.
 
“Vacci dopo,” ribatté lui, avvicinandola di nuovo a sé.
 
“Non posso, perché dopo mi dirai di nuovo vacci dopo!”
 
“E va bene,” disse contrariato lui, lasciandola andare con un ultimo bacio.
 
Hermione agguantò la borsa con i libri lasciata a terra, sistemò una ciocca sfuggita alla treccia dietro l’orecchio e salutò con un sorriso di scuse Fred. La scena si ripeteva ormai da mesi: ogni giorno, Fred insisteva perché lei trascurasse gli studi per lui e Hermione insisteva perché fosse lui a trascurare i suoi ‘commerci’ per lei, un circolo senza fine, ma che faceva parte del loro equilibrio, fatto di giorni in cui era lui a sottrarre un po’ di tempo a George e Lee, e giorni in cui era lei a rinunciare a qualche ora di studio.
 
“Cosa fai ancora lì impalato?”
 
Fred sobbalzò prima e gemette affranto poi, quando s’accorse che la voce proveniva dall’insopportabile ritratto di quel sir qualcosa Keats. “Ma non hai mai niente da fare?” sbottò infastidito: quello lo insultava sempre.
 
“Certo che ho da fare!” ribatté offeso il ritratto. “Ma non posso fingere indifferenza dinanzi a tanta stupidità! Sei proprio un pezzo di manzo avariato!”
 
“Sentiamo, cosa dovrei fare questa volta?!”
 
“Seguirla, stoccafisso, seguirla!”
 
“Deve studiare,” precisò Fred, “non l’hai sentita?”
 
“Ah, meglio una dignitosa e onesta Maledizione, che tanta idiozia! Quando una signorina fa a quel modo, vuole essere seguita!”
 
Fred tentennò: ogni volta che il sir qualcosa Keats – come l’aveva ribattezzato lui – diceva qualcosa, si rivelava essere vera. “Dici che oggi la spunto io?!”
 
L’uomo del ritratto arricciò il naso e, così facendo, smosse i baffetti. “Certo che dico! Va’, stoccafisso, va’, che la signorina, per una ragione che mi è ancora sconosciuta, preferisce te alla biblioteca!”
 
 


 
Fine.












 
Angolo Autrice:
Salve! Questa volta, la storia è finita veramente. Avevo tanti finali tra cui scegliere, ma ho preferito non toccare la morte di Fred, ed ecco questo finale, in cui torna Keats e tornano tanti elementi dei capitoli precedenti, è un po' un 'tornare alle origini, andando avanti'.
Le parti scritte interamente in corsivo sono dei flashback, che rimandano a situazioni vissute nei mesi precedenti a Natale da Fred e Hermione. La parte racchiusa tra asterischi singoli è il sogno di Fred (so che sono precisazioni piuttosto inutili, ma reputo comunque doveroso farle).
Sino alla fine, sono stata indecisa tra il pubblicare il capitolo finale oppure dividerlo in due capitoli; ho preferito la prima soluzione perché dei due capitoli uno sarebbe stato di transizione, a suo modo anche scialbo; non posso che augurarmi d'aver fatto la scelta giusta e che il finale vi sia piaciuto!
Mi ha molto divertita scrivere questa storia e spero che vi siate divertiti anche voi nel leggerla, che vi abbia regalato qualche istante di svago. Concludo come mio solito, ossia ringraziando tutti coloro che mi hanno accompagnata con le recensioni, coloro che hanno preferito/ricordato/seguito e tutti coloro che hanno letto in silenzio. Grazie infinite! Alla prossima!
   
 
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