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Autore: Atarassia_    01/12/2013    4 recensioni
Clarice sorride mestamente e ricorda, ma più ricorda e più aumentano lo sconforto e l’amarezza. Non può fare a meno di rammaricarsi, di operare un confronto tra il passato e il presente, tra l’essere tutto e il niente.
Genere: Drammatico, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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One Shot partecipante al concorso del gruppo Facebook "Pagine di vento – EFP"

 


*Per questo banner devo ringraziare 
Gileky
 
E' proibito piangere senza imparare,
svegliarti la mattina senza sapere che fare
avere paura dei tuoi ricordi.
(Pablo Neruda)


 
I ricordi sono la cosa più ambigua che esista. Sono dolorosi ma non vi si può fare a meno, sono dolci ma poi feriscono, sono folli ma nascondono una verità. I ricordi sono un tutt’uno con la persona a cui appartengono. Rappresentano quello che era in un determinato periodo, in un determinato luogo, con determinate persone. 
Clarice tutto questo lo sa, capisce cosa significa perché lo ha sperimentato sulla sua stessa pelle.
Lei. Lei che è nata in una notte gelida, la seconda di cinque figli maschi. Lei che il padre aveva strappato bramoso dalle braccia della vecchia levatrice, lei il cui primo vestitino era stato cucito a mano dalla madre con vecchie stoffe. Lei nata in un’epoca completamente diversa, in cui c’era un paese distrutto dalla guerra, la miseria dietro ogni angolo, la fame. Nonostante ciò, erano forti il senso della famiglia, il rispetto per i membri più anziani e la solidarietà. C’erano valori sani.
Clarice sorride mestamente e ricorda, ma più ricorda e più aumentano lo sconforto e l’amarezza. Non può fare a meno di rammaricarsi, di operare un confronto tra il passato e il presente, tra l’essere tutto e il niente. Era stata una figlia, un’amica, una moglie, una madre, una collega. Ora è niente, un’anima solitaria dimenticata da tutto e da tutti.
È passata dall’essere importante per gli altri, a non venir più presa in considerazione. E lei sta lì, in bilico tra due mondi, con il cuore ora sano ora a pezzi. Ci sono momenti in cui la sua mente crolla, l’immaginazione prende il sopravvento e lei torna giovane, quasi bambina e la realtà si fa rosea. Ed è in questi momenti che guarda il mondo da un’altra prospettiva e molte preoccupazioni svaniscono.
Ma il viaggio della fantasia non dura in eterno e primo o poi il presente torna a riscuotere la sua parte. E con lui tornano i ricordi e i dolori, la nostalgia e la rabbia. I momenti di lucidità sono, forse, i peggiori perché non ci si può più nascondere al mondo. E la realtà torna a gravare sulle sue gracili spalle e il peso degli anni passati diventa quasi insostenibile. Basta una frazione di secondo per ritrovarsi, dall’avere la pelle candida, le gote arrossate dal freddo e le ginocchia sbucciate per tutte le volte in cui, saltando con la corda, era inciampata, all’avere il volto solcato dalle rughe, gli arti doloranti e le ossa fragili. Un secondo prima stringe tra le mani le stoffe sporche che la madre le ha chiesto di portare giù al fiume, un attimo dopo ha le dita strette intorno alla vestaglia di pile che la tiene calda.
Una risata amara le graffia la gola e le mani artigliano la copertina ruvida e consumata dell’album posto sulle sue gambe. Segue con un dito le venature che lo ricoprono e chiude gli occhi affidando tutte le sue sensazioni al solo tatto. Poi li riapre e si incanta a guardare il tramonto che, da qualche anno a quella parte, è diventato la sua unica consolazione. Ama starsene lì, rannicchiata sul vecchio schienale della panchina, mentre gli ultimi raggi del sole si riflettono sulla sua parte di mondo. Alla sua sinistra un salice piangente che sembra condividere con lei tutte le sue pene, alle sue spalle la casa di riposo che le ricorda costantemente la sua situazione e in alto, verso l’orizzonte infinito, uno stormo di uccelli che vola lontano, inafferrabile, invincibile come i suoi ricordi. Distratta, confusa e addolorata, riporta l’attenzione su quel tomo che le sta tanto a cuore.
Lo apre delicatamente mettendoci tutto l’amore possibile e basta la prima pagina per farle trattenere il fiato. Una foto in bianco e nero con lui. Sono loro, lui con un gilet nero e lei con un semplice abito che sembra bianco ma che, in realtà, tendeva al rosa pallido. Sono loro, lui e lei, il giorno del loro matrimonio. Ricorda ancora l’emozione che le impediva di costruire un discorso sensato, il tremolio inarrestabile delle mani e delle ginocchia, le palpitazioni del cuore. Le sembra di avere ancora tra le mani il bouquet con i fiori di campo che il fratello di lui aveva raccolto quella mattina. Nelle narici ancora sono forti gli odori del pranzo che, le  loro madri, avevano realizzato in quel giorno di festa durante il quale la dura realtà sociale che, in quei tempi, sconvolgeva il mondo poteva anche essere messa da parte. Sorride nostalgica e lascia che le emozioni e i ricordi la scuotano tutta.
La fotografia successiva è un altro colpo al cuore e le sue dita accarezzano delicatamente l’immagine. C’è raffigurata di nuovo lei, su un cavallo, con il marito accanto, mentre si trovano in campagna per lavorare i campi. Ricorda ancora i motivetti delle canzoni che erano soliti intonare per alleggerire la pesantezza delle ore lavorative, e come dimenticarsi dei momenti trascorsi all’ombra di un albero, quando il sole era alto in cielo, per sgranocchiare le ultime fette di pane duro e la frutta raccolta all’angolo della strada. Sono ricordi, quelli, che le fanno venir voglia di piangere. Ha passato tutta la sua vita a dedicarsi alla cura della casa e della famiglia. Una vita trascorsa accanto a quel “bonaccione” di suo marito che sapeva come farsi amare e lei, senza fare molte storie e senza alcun freno, si era gettata con tutta l’anima in quell’amore. Un amore che l’aveva appagata a pieno per poi lasciarla sola ed abbandonata quando un brutto malanno le aveva portato via il marito.
Reprime un singhiozzo e asciuga la lacrima che solca la sua guancia. E continua a sfogliare le pagine della sua vita mentre, impotente, diviene sempre più vittima dei suoi sentimenti.
Sorride dinanzi alle immagini della loro prima gita al mare, della visita in città e quella a casa di vecchi parenti. Si emoziona davanti alle foto dei suoi tre bambini e le loro espressioni buffe. I loro primi giorni di scuola e le loro prime comunioni, la festa di Halloween e quella del paese. E ricorda le loro voci tenere che la imploravano di far loro le coccole, di stringerseli al petto e cullarli fino allo sfinimento. Ricorda quando persero i primi dentini e l’ansia che la assaliva quando, oramai adolescenti, uscivano con gli amici. Ricorda la ninna nanna che cantava loro per scacciare i brutti sogni e le prime sgridate per delle marachelle.
Poi c’è l’immagine del cane di famiglia, il primo e l’ultimo che abbiano mai avuto e che non perdeva occasione per farle le feste quando si alzava la mattina.
Ricorda quei momenti di una vita che le sembra, ora, essere appartenuta ad una persona estranea. Si tratta di un passato che le sembra di non aver mai vissuto, un passato che è stato completamente stravolto dal presente.
Un presente in cui è sola e tutto quello che ha fatto per i suoi figli durante la loro vita non è mai esistito. Non c’è voluto molto prima che loro si distaccassero completamente da lei, prima che la convincessero ad andare in quella casa di riposo e prima che lei, volendo loro troppo bene, accettasse rassegnata. E da lì, la sua vita solitaria ha intrapreso una strada tutta in discesa. Le visite si sono fatte sempre più rade e con esse le telefonate, fino a scomparire del tutto. I nipoti, negli ultimi tempi, non facevano altro che deriderla: “la vecchia matta”. Vecchia lo era di sicuro, ma matta non ancora, o almeno non completamente. E lucida o folle che fosse, rimaneva ferita dalle loro battutine taglienti e le risate sguainate mal soffocate dietro alle calde sciarpe.
E Clarice non riesce a capacitarsi del perché le riservino quel comportamento. Lei aveva sempre voluto il meglio per loro e nonostante tutto, continua a volerlo e non riesce a prendersela per il loro comportamento, solo che non capisce. In fondo, si dice, è la società intera ad essere cambiata quindi, secondo lei, è sbagliato arrabbiarsi e odiarli.
A lei non resta nient’altro che il ricordo di quella parentesi felice della sua vita.
-Clarice!- la voce dell’infermiera la strappò dal torpore e volse il capo verso l’entrata della struttura alle sue spalle. Una donna giovane e paffuta che, con il sorriso sulle labbra, si prendeva cura di lei e gli altri pazienti. Era arrivata da poco ma già si era ambientata diversamente dalla vecchia infermiera acida che non perdeva occasione per criticare ogni cosa.
Una ragazza gioiosa e simpatica che con piacere ascoltava i suoi racconti e le teneva compagnia ma che, sfortunatamente, non poteva riempire il vuoto che aveva nel petto. Con uno sforzo immane, aiutandosi con il bastone, si mette in piedi, incastra l’album di fotografie sotto il braccio e dà le spalle al tramonto.
Gli ultimi raggi rossicci del sole si riflettono sui suoi capelli bianchi, mentre gli occhi piccoli e acquosi si socchiudono nello sforzo di focalizzare l’orologio al polso. Muove i primi passi molto lentamente e china il capo mentre un’ultima lacrima riga la sua guancia scavata.
Le ultime immagini scorrono davanti ai suoi occhi: il marito che le chiede di ballare, i figli che ridono felici, la vicina che le porge una lettera. Abbozza un sorriso e incespicando si aggrappa al braccio dell’infermiera. Attraversano il portico e un fischio le invade le orecchie mentre tutti i ricordi e le voci si fanno sfocati, distanti.
Basta un attimo e l’album di fotografie diventa un mazzo di fiori.
Basta un attimo e il dolore svanisce.
Basta un attimo e Clarice ha dodici anni.
Basta un solo attimo e Clarice torna a vivere.
 
 
 
SPAZIO AUTRICE
Salve gente! ^_^
Ecco il mio ennesimo esperimento malato. Ho scritto questa one-shot per l'iniziativa del gruppo di facebook ma mi sono ritrovata a lasciar spazio ai miei ricordi e infatti, Clarice è liberamente ispirata alle mie nonne. 
Sinceramente non sono molto soddisfatta del risultato finale, temo di non essere riuscita a far passare tutto quello che voleva. Ho cercato di trattare la commemorazione da un altro punto di vista, attraverso i ricordi di Clarice e la sua nostalgia del passato. Il tema di base, a mio avviso, è molto importante: un'anziana signora che, dopo aver faticato per tutta una vita, si ritrova ad essere sola, abbandonata dai suoi stessi figli per i quali ha dato tutto.

Spero che, nonostante tutto, il racconto vi sia piaciuto.
Fatemi sapere.
Con affetto,
Atarassia_
   
 
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