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Autore: Neryssa    01/12/2013    11 recensioni
Sulla strada che dai Monti Azzurri porta al Decumano Ovest scorre un lungo fiume dalle acque limpide e vivaci, poco profonde ma difficili a guadarsi; e seguendone il corso verso Nord, si giunge ai Colli di Vesproscuro, un modesto gruppo di dolci declivi che si stende per appena un miglio e mezzo o poco più. Thorin non li ha mai visitati, né durante le sue lunghe traversate della Terra di Mezzo né durante la permanenza sui Monti Azzurri. E se fosse per lui una giornata di lavoro alla fucina non andrebbe di certo sprecata per una scampagnata sulle colline! Ma da qualche tempo Fíli ha cominciato a cogliere al volo ogni possibile scusa, anche la più futile, per sgattaiolare nei boschi, e Thorin sa che i passi di suo nipote sono inevitabilmente rivolti verso quei Colli misteriosi.
Gli ultimi anni sui Monti Azzurri prima della partenza di Thorin, Fíli e Kíli con il resto della Compagnia, in un vortice di incontri, fughe e sentimenti contrastanti vissuto all'ombra dei Colli di Vespruscuro, nel cuore dei quali sorge una bella casetta di pietre e legno, abitata da...
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Fili, Kili, Nuovo personaggio, Thorin Scudodiquercia
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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*Il primo paragrafo è più d'effetto se lo leggete ascoltando questa http://www.youtube.com/watch?v=5CgJInUF7-Y   A dopo :)


 

 

4 (quarta parte)- La pelliccia dell'orso in cambio del tuo cuore, Re sotto la Montagna

 

Thorin spalancò gli occhi nel buio e nell'esatto istante in cui realizzò di essere cosciente un pesante senso d'angoscia gli piombò addosso come una secchiata d'acqua gelida; con gli occhi che ancora faticavano ad abbandonare il sonno si issò a sedere e si scansò di dosso le coperte quasi con stizza. Un sottile cono di luce filtrava da sotto la porta intagliata della stanza, portando con sé il suono di una voce che cantava.
'Dwalin' pensò immediatamente, riconoscendo il timbro grave del suo migliore amico, e d'un tratto gli parve che quella canzone somigliasse a quella che aveva udito in sogno. Si diede immediatamente dello sciocco, ma lo sdegno per quel sentimentalismo improvviso non gli impedì di giudicarsi obiettivamente scosso, e con un grugnito si abbandonò contro la testiera del letto, chiudendo gli occhi.
Aveva rivisto il volto di sua madre, in sogno, e risentito la sua voce dopo così tanto tempo che non riusciva a capire se la fitta che avvertiva nel petto al rievocarne il ricordo fosse dolorosa oppure piacevole. Fino a qualche istante prima l'aveva guardata con gli occhi del ragazzino che era stato, e al suo fianco aveva avvertito la presenza di suo fratello; di fronte a loro, raggomitolata sul tappeto contro la gamba di colei che aveva dato loro la vita, Dís era apparsa come una bimba di appena qualche anno che cantava lasciando che la madre le intrecciasse i capelli. Le sue dita si erano mosse leggere e sicure sulle corde dell'arpa quanto quelle di sua madre tra i capelli corvini della piccola Dís, con la coda dell'occhio aveva intravisto Frerin suonare la viola e sulla porta, seminascosto, il volto tatuato e privo di un occhio di Thráin affacciarsi a contemplarli, ad ascoltare le voci della moglie e della figlia cantare una canzone vecchia quanto la Montagna Solitaria.
Thorin ricordò che era passato più di un secolo da quel giorno in cui aveva suonato l'arpa per sua madre. Un dolore sordo lo attanagliò al petto quando realizzò che di tutta la sua famiglia Dís era stata l'unica a non andarsene, a non sbiadire come un vecchio ricordo che credeva di aver dimenticato e che invece aveva soltanto relegato nel dimenticatoio, pronto a riemergere in qualsiasi momento come un pessimo scherzo della memoria. Gli mancavano indistintamente tutti: con gli occhi nuovamente chiusi riuscì a rivederli, e subito gli fu chiaro che continuare a tentare di aggrapparsi ad un vecchio ricordo non l'avrebbe di certo aiutato ad affrontare il presente. Il sorriso di suo fratello e il volto bello e algido della loro defunta madre, però, erano un richiamo troppo suadente da vincere, persino per la sua stoica caparbietà. Così se ne stette ancora un po' al buio, sdraiato su di un letto non suo ma che sembrava accoglierlo come un abbraccio confortante, perso nei ricordi e nella nostalgia; di sotto Dwalin continuava a cantare, con quella sua voce raschiante ma gradevole, e di colpo Thorin fu colto dalla necessità di riascoltare la canzone che aveva udito in sogno.
A tentoni nel buio cercò la casacca lisa e lacera che Lila aveva promesso di rammendargli e la infilò alla cieca, senza preoccuparsi di controllare il dritto e il rovescio; attraversò in fretta la stanza, prese la porta e imboccò le scale, accompagnato dalla voce di Dwalin che si faceva sempre più forte, cominciando a stonare con la melodia che ancora portava cucita ai timpani.
Seduti attorno al tavolo della cucina, ingombro di piatti vuoti, teglie, scodelle e grossi boccali di legno, Fíli e Kíli berciavano allegramente una canzone da taverna insieme a Dwalin, sotto lo sguardo bonario di Balin e ignorando i risolini divertiti e al contempo imbarazzati di Lila, che non appena scorse la sua figura in piedi sulla porta non mancò di salutarlo con il solito sorriso. Indeciso se mostrarsi o meno sconcertato dall'immagine dei propri congiunti intenti a cantare qualcosa di così volgare di fronte ad una fanciulla e ancora scosso dal sogno che l'aveva fatto svegliare in un bagno di sudori freddi, Thorin si limitò a scivolare silenziosamente al fianco della padrona di casa, davanti al camino, sperando che quelle due pesti di Fíli e Kíli non decidessero di coinvolgerlo nell'esibizione.
“Vi sentite bene? Siete molto pallido...” fece Lila sottovoce, continuando a guardare i quattro Nani seduti al tavolo; Thorin annuì.
“Non è niente” bofonchiò. “Piuttosto...vostra sorella è ancora nella stalla?”. Lila gli rivolse un sorrisetto insinuante e trionfante, che gli fece presagire di essersi cacciato nei guai. “Manca soltanto lei!” si affrettò a specificare fingendo un semplice e genuino moto di curiosità.
“É uscita stamattina presto, dopo appena due o tre ore di sonno” rispose lei, dandogli ad intendere di essersela bevuta ma in realtà giubilando interiormente. “La vacca e il suo piccolo stanno bene. Le nostre dispense, invece, un po' meno”.
“Sono mortificato...”. Lila scoppiò a ridere.
“Non che mi aspettassi diversamente, da degli ospiti che hanno preteso boccali da una pinta persino per fare colazione!”.
“Vi spedirò le loro paghe della prossima luna, dai Monti Azzurri” sentenziò lui, dissimulando l'imbarazzo con un atteggiamento burbero e inflessibile che Lila trovò tremendamente comico.
“Oh, non ce ne sarà bisogno, hanno già provveduto! Brid ha raccolto gli oboli prima di partire alla volta del mercato, i rifornimenti stavolta li offrite voi...o meglio, li offrono loro. Da voi che siete il suo preferito, mia sorella non ha voluto riscuotere...”.
Thorin la guardò smarrito, scontrandosi con quel suo sorriso sibillino che voleva intendere tutto e niente, e che ebbe il potere di confonderlo: del tutto dimentico delle canzonacce inappropriate che i suoi compagni seguitavano a cantare allegramente si costrinse a non lasciarsi ottenebrare dalla piacevole sensazione che il dubbio di aver colto quello che Lila non aveva espresso a parole gli stava instillando poco a poco nel cuore e nella mente, e si concesse di lasciar vagare i propri pensieri per i boschi innevati, domandandosi quanto avrebbe dovuto attendere per guardare nei grandi occhi scuri di Brid e scorgervi la verità.

 

 

Kíli lasciò cadere l'ennesimo ciocco di legna nel grosso cesto, scuotendo la testa bruna in un ondeggiare di capelli lunghi nell'aria umida ma confortante del mezzogiorno; dall'altra parte della casa, suo fratello cavava patate dalla terra gelata dell'orto, canticchiando con la pipa appesa tra le labbra, e di tanto in tanto lanciava qualche occhiata guardinga al limitare del bosco, come in cerca di qualcosa che però non voleva farsi vedere. Per un po' se ne stettero divisi, ognuno preso dalle proprie occupazioni e concentrato sul proprio lavoro, ma non ci volle molto perché Fíli si stancasse di dividersi tra il sentiero nel bosco e le patate, e ben presto si rassegnò ad ignorare l'orto mettendosi a frugare il bosco con il suo sguardo azzurro, a braccia conserte e con la pipa che mandava sbuffi di fumo sempre più radi, sempre meno consistenti. Vedendolo tanto distratto Kíli non riuscì a trattenersi dall'assecondare l'impulso di scivolare silenzioso fino al recinto dell'orto per tormentarlo un poco.
“Pssst! Ehi, Fí!” sussurrò assicurandosi che Thorin o Dwalin non li stessero controllando dalle finestre della cucina; Fíli non diede segno di averlo udito. “Fíli?” ripeté con un po' più di convinzione, issandosi seduto sulla staccionata. Ancora una volta, però, suo fratello non rispose.
Frustrato e anche un tantino esasperato Kíli si concesse ancora un paio di tentativi che si rivelarono totalmente vani, e in preda alla stizza decise poi di chinarsi a raccogliere un pugno di neve gelata da terra, che spedì dritto dritto contro l'orecchio dell'altro.
“Ahia, porc...”. Fíli sobbalzò con violenza portandosi una mano all'orecchio colpito: guardò i residui della palla di neve cadere in terra mentre se li scrollava dai capelli, e quando si voltò verso il fratello lo vide reggersi alla staccionata su cui se ne stava seduto, scosso dalle risate. “Kíli ma che cavolo!”.
“Sapessi che faccia, Fí! Spessi che faccia c'hai!”.
Fíli non era mai stato tipo da portare rancore, per lui che era cresciuto come l'erede del Nano più intransigente di tutta la Terra di Mezzo e al contempo come il fratello maggiore della più pestifera ed incontenibile delle teste calde, risolvere gli screzi, i battibecchi e le provocazioni era cosa da poco. Uno dei suoi sorrisi contagiosi e si era sempre egregiamente cavato d'impiccio.
Sotto lo sguardo allusivo di Kíli e con quella sua risata sguaiata nelle orecchie, però, stavolta non gli riuscì di sorridere e dimenticare l'affronto con un'alzata di spalle: come sempre suo fratello l'aveva capito al volo, e si stava divertendo a farlo sentire nudo. Esposto, vulnerabile, senza possibilità di scampo. E inspiegabilmente la cosa lo urtò oltremodo. Così decise di fare come se il suo fratellino non ci fosse, e ricominciò a scavare patate in mezzo alla neve, borbottando infastidito.
“Eh? Hai detto qualcosa?” ansò Kíli reggendosi la pancia, tra una risata e l'altra. Fíli lo guardò male, e vederlo offeso dopo all'incirca una novantina d'anni che non lo fulminava a quel modo lo fece scoppiare nuovamente a ridere.
“Piccolo elfo imberbe...”. Con la precisione di un cecchino, Fíli colpì il fratello in fronte con una patata rachitica e livida che si era ritrovato a lanciare attraverso l'orto prima ancora di rendersene conto. Il colpo andò a segno e Kíli si ritrovò lungo disteso in terra, al di là della staccionata.
“Non sfidarmi, fratellino! Hai visto cosa succede a mettersi contro di me?”.
“AH!” sputò sprezzante il minore, balzando subito in piedi con una strana luce diabolica negli occhi scuri. “Intanto scommetto che non ce l'hai, il coraggio di dichiararti alla tua bella!”. Come se Kíli l'avesse appena accusato di aver rubato dalle tasche di Thorin, Fíli sbiancò.
“I...io non so...”.
“Certo, certo. E stavi guardando verso il bosco perché ti piace contare gli alberi, dico bene?”.
“Qualunque cosa stessi facendo non sono affari tuoi!” sbottò seccamente Fíli, voltandogli di scatto le spalle per non mostrarsi troppo imbarazzato; anche se spiazzato, però, Kíli non si diede per vinto.
“Come no?! Sei mio fratello, non ci sono mai stati segreti tra di noi!” protestò vivamente, e subito fu al suo fianco in mezzo all'orto. Cominciò a togliere le patate di mano al fratello ancor prima che questi riuscisse a lasciarle cadere nel secchio che Lila gli aveva consegnato sulla porta, e ben presto si ritrovarono ad azzuffarsi come bambini per aggiudicarsi la supremazia sul raccolto dei tuberi. Fu con supremo scorno che d'un tratto Fíli decise di gettare la spugna per il bene dei propri nervi: si scrollò Kíli di dosso e levandosi stancamente una treccia dal volto sbuffò, come a volersi sbarazzare di tutto il fastidio in un colpo solo.
“Insomma, fratello, cosa vuoi?” domandò stizzosamente, e Kíli non si fece sfuggire l'occasione di metterlo sotto torchio.
“Brid. Ti piace, non è vero?”. Fíli distolse lo sguardo.
“Anche se fosse?”.
“Devi farti avanti, Fí!” saltò subito su il minore, d'un tratto dimentico della baruffa appena conclusasi e traboccante d'entusiasmo. “Thorin potrebbe decidere di ripartire da un momento all'altro, non puoi più aspettare!”.
“E se io non intendessi fare niente?”. Kíli parve rimanere intontito dall'obiezione del fratello.
“Cos...niente? Ma sarebbe da stupidi, lei ti adora!”. Stavolta fu Fíli a rimanere stordito.
“...adora?” ripeté stolidamente e l'altro annuì.
“Ho visto come ti guarda, e come tu guardi lei”. Il giovane Nano bruno parve cercare le parole adatte per spiegarsi al meglio, risolvendosi poi a levare un sorriso verso il fratello. “Ti illumini come Thorin quando parla di Erebor” fece candidamente, senza curarsi di apparire sciocco o infantile agli occhi del fratello. E Fíli si ritrovò a sorridergli di rimando, istintivamente, un po' per il piccolo Nano arruffato e imbronciato che gli sembrava di rivedere dietro al volto dell'altro e un po' per la tentazione di ascoltare il suo consiglio di raggiungere Brid nei meandri del bosco e pregarla di tenerlo con sé per sempre. D'un tratto, però, rivide proprio Brid chinarsi sul volto dormiente di un Thorin ferito e febbricitante, intenta a scostargli i capelli dalla fronte, e sentì il cuore comprimersi, come accartocciarsi su se stesso mentre il sorriso gli sfioriva dalle labbra.
“É complicato, Kí” mormorò grave, privo di ogni minima traccia di entusiasmo. “Non...non so se...”. S'interruppe ancora e levò gli occhi al cielo, in cerca d'aria come se il respiro potesse infondergli la forza di costringersi al tentativo di spiegare al fratello il tumulto che dalla testa gli si propagava inesorabilmente nel petto. Kíli mosse istintivamente un passo verso di lui, confuso.
“Fí...”.
“Gli Uomini non amano una volta sola come i Nani” fece seccamente il maggiore ritraendosi di scatto, fuggendo la mano tesa verso di sé. “E nemmeno gli Hobbit. Non voglio...non voglio aprirmi con lei sapendo che potrebbe non appartenermi mai veramente...” ammise infine con un sospiro, chinando il capo.
Kíli rimase impietrito a guardarlo raccogliere da terra qualche patata che gli era maldestramente caduta fuori dal secchio, e per la prima volta in vita sua non seppe cosa dirgli: tra lui e Fíli non c'erano mai stati ostilità, imbarazzo o gelosia, erano cresciuti insieme e si conoscevano meglio di chiunque altro. Fíli non gli stava parlando a cuor leggero, e la sensazione tanto sconosciuta quanto frustrante di non poter dire una qualunque stupidaggine per tentare quantomeno di sdrammatizzare lo fece sentire inutile. Era una gran brutta situazione, pensò, in quel totale e sconcertante silenzio. Talmente brutta che soltanto il tempestivo sopraggiungere di un eventuale e sconosciuto marito di Brid avrebbe potuto peggiorarla. Ma l'unico che si affacciò sulla radura fu Dwalin, in piedi sulla porta spalancata in tutta la sua imponente stazza di guerriero, e Kíli si rifiutò categoricamente di consideralo come una minaccia per la stabilità sentimentale del proprio adorato fratello.
“Per l'ultima volta, ragazzina: con quella roba forse ci sfami quel passerotto di tua sorella, non cinque guerrieri adulti e in forze!” ruggì il Nano puntando dritto dritto verso la porta della stalla; da quella di casa provenne qualche protesta non troppo convinta da parte di due voci che Kíli identificò come quelle di Balin e Thorin, e poi Lila schizzò in mezzo alla neve come se avesse avuto un branco di Mannari affamati alle calcagna. Brandiva un cucchiaione di legno come una mazza ferrata, e Kíli si sentì mancare la terra sotto i piedi quando vide che invece Dwalin reggeva un grosso coltellaccio con una lunga lama lucente dall'aria minacciosa.
“Parola mia Mastro Dwalin, SE VI AZZARDATE ANCHE SOLO A TOCCARE UNA QUALUNQUE DI QUELLE BESTIE GIURO SU ERU CHE DISFO UNA CORDA E CON I FILI VI CI CUCIO INSIEME LE LABBRA!”.
“Aaaaah, ma sta' zitta!” grugnì Dwalin sull'ingresso della stalla, agitando per aria la mano vuota come a voler scacciare una mosca molesta. Oltre la staccionata dell'orto, Fíli si agitò irrequieto.
“Fratello, forse dovresti intervenire...” borbottò verso Kíli, teso. “Ho l'impressione che potrebbe andare a finire mooolto male...”.
Come se fosse riuscita a sentirlo, con un tempismo sconcertante Lila scelse proprio quel preciso istante per spiccare un balzo prodigioso e appendersi al collo taurino di Dwalin, cominciando a battergli il cucchiaio di legno sulla testa pelata.
“NO, HO DETTO DI NO! CATTIVO NANO!”.
Di fronte all'immagine di un Dwalin imbufalito, che mulinava alla rinfusa le braccia ululando improperi contro quella piccola Hobbit sfrontata che lo prendeva a cucchiaiate standosene comodamente appollaiata sulla sua schiena, Fíli e Kíli sembrarono decidere di comune e silenzioso accordo che fosse meglio smetterla di congetturare su come dividerli e passare ai fatti.

 

 

“Intendo ripartire al più presto, tra uno o due giorni al massimo” fece Thorin quel pomeriggio mentre, seduto sulla porta di casa, fumava la pipa insieme a Balin e lasciava vagare lo sguardo azzurro sul cielo sereno e limpido oltre le cime degli alberi; il vecchio Nano gli aveva lanciato un'occhiata strana di sotto in su, una via di mezzo tra una muta domanda e un velato dissenso.
“Ti senti in colpa per le dispense vuote? Non ci pensare, Thorin! La piccola Brid è andata al mercato per fare rifornimento con i soldi che le abbiamo dato, il conto è già stato saldato!”.
“Per ripagare adeguatamente il nostro debito dovremmo trattenerci le paghe delle prossime due lune e farle recapitare qui. E ancora non basterebbe” borbottò severamente Thorin, con il volto contratto in una smorfia contrariata. Balin si lasciò sfuggire un sospiro mentre per l'ennesima volta rimpiangeva il Principe spensierato e baldanzoso che aveva visto crescere insieme a Dwalin nel ventre della Montagna Solitaria. Quel ragazzo assetato di allegria e di avventure si sarebbe fatto impensierire quanto bastava da questioni come il ripagare l'ospitalità di due anime generose con dell'oro sonante. Ora, invece, Thorin sembrava molto più materialista, molto più attaccato a tutto ciò che nel carattere di un Nano poteva divenire nefasto, e Balin si preoccupò nel rivedere in lui l'ombra folle del nonno.
“No, Balin, non è per una sciocchezza come questa che ho deciso di ripartire” disse poi Thorin, riscuotendolo dai propri pensieri. “Oramai sono abbastanza in forze da sopportare il viaggio di ritorno, e...Dís starà scalpitando dall'impazienza di rivedere i suoi figli per assicurasi che non abbia fatto loro rischiare l'osso del collo...”. Balin sbottò una risatina, alla quale si unì inaspettatamente anche lui.
“Spero che quei pochi graffi che si sono fatti siano guariti, oppure temo che tua sorella sarebbe capace di spedirti dal Fabbro!”.
“Lo temo anch'io” sorrise Thorin, per poi tornare subito serio. “Qualunque sia il destino che mi attende sui Monti Azzurri...non vi è più alcun motivo di restare qui, non intendo abusare oltre dell'ospitalità delle due ragazze. Lo capisci, vero?”.
“Certo” fece Balin in tono accondiscendente, picchiando ritmicamente la pipa contro la gamba dello sgabello su cui sedeva. “Devo avvisare gli altri?”.
“Me ne occupo io. Non appena Dwalin la smette di attaccar briga con Lila li avviso di tenersi pronti”.
Balin annuì in silenzio portandosi la pipa alle labbra: con lo sguardo che vagava verso il cielo pompò con decisione e sbuffò una manciata di pallidi cerchi di fumo, assaporando il silenzio del bosco.
“Mi mancherà questa pace, quando ce ne andremo” ammise. “Questa piccola radura sembra restare sospesa fuori dal mondo...silenziosa e pacifica come nessun altro luogo io abbia mai veduto nella Terra di Mezzo, eppure piena di cose così familiari da riportarmi alla mente tanti vecchi ricordi...”.
“Stai invecchiando, amico mio. É normale” fece Thorin, con una punta di bonario e affettuoso divertimento nella voce. Balin gli lanciò un'occhiata infastidita.
“Che Mahal conservi integro te e rispettosi i giovani fino a quando non avrai la mia età, Thorin Scudodiquercia, figlio di Thráin. Allora non farai troppo lo spiritoso, te lo posso garantire!”. Quello che un giorno sarebbe tornato ad essere a tutti gli effetti il suo Re scoppiò in una risata talmente sincera che tutta la voglia di continuare a fare l'offeso gli passò, così si risolse a tornare a guardare l'orizzonte e a fumare la pipa. Presto la risata di Thorin si spense, e con lei anche il suo eco.
“Il tramonto incombe. Mi chiedo dove sia finita la tua piccola Hobbit con i rifornimenti...”.
“E io mi chiedo dove sia finito il tuo rigido disinteresse per le donne, mio giovane ed irrispettoso amico” insinuò Balin, in un tono tanto eloquente che Thorin si sentì in imbarazzo.
“Ho...ho soltanto fame. Non fraintendermi” si affrettò a borbottare, e in un turbinio frettoloso di capelli scuri si voltò prendendo la porta, ansioso di sottrarsi allo sguardo furbo e lungimirante di quel vecchio Nano che lo conosceva fin troppo bene per poter sperare di essergli sembrato convincente.

 

 

La lama sfuggì al controllo di Lila e inevitabilmente le si abbatté su di un dito: un'imprecazione sorda, un sobbalzo secco e con sommo disappunto di Ferumbras (che sfrecciò lontano dalle caviglie della padrona soffiando e facendo la coda grossa) il coltello volò in terra, accompagnato da un paio di tocchetti di patata spruzzati di rosso.
Maledizione!” ringhiò ancora Lila serrandosi il dito ferito nel grembiule. Kíli le volò accanto.
“Aspetta, Lila, aspetta...avvolgilo bene...” fece, aiutandola ad avvoltolare il dito ferito nella stoffa bianca; Lila tremava di rabbia tra le sue braccia, respirando affannosamente: lo lasciò fare mentre con lo sguardo frugava nervosamente la cucina, e non oppose resistenza quando Kíli la condusse piano verso la sedia più vicina.
“Kíli, che succede?” domandò suo fratello, distogliendo lo sguardo dal panorama al di là della finestra e finalmente voltandosi verso di loro. Kíli gli lanciò un'occhiata tesa.
“Niente di grave...Lila si è tagliata, ma non credo che sia un danno irrecuperabile...” rispose vago, premurandosi di far sedere la fanciulla. Lila, però, di mettersi tranquilla non ne volle sapere.
“Brid, Fíli! Ecco che succede!” strepitò nervosamente, agitandosi sulla sedia tanto forsennatamente che i due Nani temettero di vederla scivolare in terra. “É quasi buio e ancora non è tornata! Lungacque non è poi così vicina, è vero, ma il mercato dura fino a mezzogiorno...e io davvero, davvero non capisco perché ancora non sia tornata!”. 
D'un tratto Fíli avvertì il suo stesso terrore strisciante attanagliargli il cuore: intercettò rapidamente lo sguardo scuro del fratello e vide anch'esso cedere inesorabilmente alla preoccupazione. Ansioso di fare qualcosa per mantenersi lucido, Kíli scostò dal tavolo la sedia accanto a quella di Lila e le sedette di fronte, chinandosi in avanti per stringere le sue piccole mani avvolte nel grembiule tra le proprie.
“Adesso calmati, Lila. Vedrai che non è successo niente...”.
Niente?” rantolò lei con il mento che tremava e gli occhi chiari che le si riempivano di lacrime “Kíli, ti prego! Non fingere che vada tutto bene, se così fosse Brid sarebbe tornata ore fa!”.
“Cerca...cerca di riflettere, Lila” intervenne Fíli in tono brusco, con la gola improvvisamente secca. “Non conoscete nessuno, a Lungacque? Nessuno da cui Brid possa essersi fermata per un pomeriggio?”. Lila scosse silenziosamente la testa, e diverse lacrime le scivolarono giù dal mento infrangendosi sulle sue mani fasciate e strette tra quelle di Kíli.
“Quindi...proprio non è possibile che sia semplicemente in ritardo...” azzardò impacciato il Nano moro, guadagnandosi qualche singhiozzo più convinto da parte di Lila e un'occhiataccia dal fratello, che subito si fece venire un'idea.
“Ho perso fin troppo tempo a guardare dalla finestra senza fare niente. Io esco a cercarla, Kí!”.
Prima ancora che Kíli potesse dire o fare qualunque cosa, Fíli aveva recuperato dalla cassapanca le sue fedeli spade gemelle, e senza perdere tempo ad allacciarsele in vita si apprestava già ad aprire la porta per addentrarsi nel bosco semibuio dell'imbrunire.
“Aspetta, Fíli!” lo chiamò il fratello, ma se Fíli non lo sentì o non volle fermarsi ad ascoltarlo non lo seppe mai. Lo guardò sparire oltre la porta verde sbattendosela alle spalle, e per un momento rimase stordito dalla velocità con cui gli eventi erano precipitati; nemmeno si accorse che Lila non singhiozzava più.
“Io...” biascicò infine, costringendosi a distogliere lo sguardo dalla porta chiusa. Lo fissò sulle proprie mani che ancora stringevano il grembiule e quelle di lei, e vederle così unite in un momento tanto drammatico parve dargli la forza necessaria a reagire. “Vado con lui, Lila. Avviso Thorin, chiamo Dwalin e poi lo raggiungo” spiegò in tono gentile, carezzevole. Lila annuì a capo e occhi bassi stringendo appena le sue mani nelle proprie, attraverso la stoffa. “Sta' tranquilla, d'accordo? La troveremo”. Kíli si chinò a baciarle una guancia, e lei posò la fronte contro la sua, in un gesto che avrebbe potuto esprimere riconoscenza, una muta supplica di non abbandonarla o anche soltanto affetto, ma che ebbe comunque il potere di farlo sentire onnipotente.
Con un'ultima fuggevole carezza, Kíli si separò da lei e corse al piano di sopra ad avvertire gli altri.

 

 

Mancava poco alla mezzanotte quando finalmente udirono delle voci familiari provenire dal bosco.
L'attesa era stata snervante, ma Lila era ugualmente riuscita a non lasciarla trascorrere infruttuosamente: grazie alle poche forze che la tensione e la paura le avevano concesso di conservare aveva arrangiato una zuppa calda con le verdure che le erano rimaste in casa dopo l'assalto famelico alle dispense da parte dei Nani, e insieme a uova e formaggio fresco di capra era riuscita a mettere insieme una cena raffazzonata ma ben più che dignitosa, in quantità persino tanto abbondanti che se soltanto fosse rimasto con loro, Dwalin non avrebbe avuto di che lamentarsi. Aveva persino abbozzato un sorriso, nell'immaginare il cipiglio severo di quel grosso Nano brontolone distendersi davanti ad una cena in quantità finalmente degne di lui, ma così com'era arrivato quell'accenno di allegria si era velocemente dissolto, e l'atmosfera cupa era tornata a regnare sovrana.
Balin l'aveva aiutata a sminuzzare le verdure, di tanto in tanto si era alzato a dare una rimestata al grosso paiolo che ribolliva sul fuoco, aveva apparecchiato la tavola per tre e si era congratulato con lei per le sue eccellenti doti culinarie; per il resto della serata, però, se n'era rimasto seduto a fumare sulla vecchia poltrona imbottita che un tempo era appartenuta a Camelia Boffin, con lo sguardo fisso sul fuoco che vivacemente scoppiettava nel camino.
Thorin, invece, non era riuscito in alcun modo a scendere a patti con la tensione: non appena Kíli e Dwalin si erano fiondati giù per le scale, determinati a raggiungere Fíli, aveva cominciato a sbraitare e ad agitarsi, tanto che Lila si era vista costretta a ricorrere al ben poco ortodosso metodo della minaccia con il cucchiaio di legno per farlo smettere, e anche se era riuscita a convincerlo che nelle sue condizioni di convalescente non fosse proprio il caso di lanciarsi in una spedizione di recupero in mezzo ai boschi, l'umore bellicoso e irrequieto del Nano non si era di certo placato del tutto. Guardandolo girovagare come un'anima in pena per l'ampia cucina, la giovane non era riuscita a decidersi tra il considerarlo in ansia per le sorti dei nipoti e del caro vecchio Dwalin o per l'eventualità che sua sorella si fosse cacciata nei guai. A dire il vero non ci si era nemmeno soffermata troppo, a domandarsi cosa stesse passando per la testa di Thorin, presa com'era da tutto quello che passava per la sua; si era limitata a guardarlo agitarsi, borbottare, mangiare a scatti e tentare di farsi capire quando avrebbe voluto farle i complimenti per la cena ma il nervosismo gli aveva impedito di esprimersi in maniera intelligibile. Ad un tratto era persino uscito, e Balin gli era subito corso appresso, terrorizzato dall'idea che potesse gettarsi in mezzo al bosco senza conoscerlo abbastanza bene, disarmato e decisamente troppo poco vestito per poter affrontare una notte invernale. Ma poi l'avevano trovato intento ad accendere con una candela le lanterne appese alle intelaiature delle finestre e della porta, e ogni timore che fosse sul punto di fare qualcosa di stupido e avventato si era dissolto in un sospiro di sollievo. Erano poi rientrati tutti e tre, e avevano ricominciato ad esorcizzare la tensione come meglio potevano, ognuno a proprio modo. Nel silenzio più totale, interrotto soltanto da qualche schiocco secco che di tanto in tanto proveniva dal ventre di pietra del camino. Fino a quel momento.
Fu Thorin ad udirli per primo: riscuotendosi di colpo dal proprio silenzio cupo e meditabondo levò il capo in direzione della porta d'ingresso e rimase immobile in ascolto, come un segugio che fiuta la preda.
“Cos...Thorin, cosa...?”. Ad un cenno imperioso del Nano, Lila tacque immediatamente. Rimasero come impietriti ancora per qualche secondo, e poi Thorin scattò verso la porta, spalancandola sulla notte; Lila e Balin lo seguirono a ruota, e subito il gelo li investì.
“FÍLI, KÍLI!” ruggì Thorin nella notte, e Lila gli fece eco chiamando il nome della sorella. “FÍLI!” ripeté il Nano quando sul limitare del bosco apparvero delle figure che persino alla debole luce delle candele e avvolte dalla foschia della notte gli parvero familiari. Figure tozze, di altezza modesta, dal passo pesante.
La testa bionda di Fíli non tardò a farsi riconoscere.
“Fíli!” lo chiamò ancora Thorin, muovendo qualche passo verso di lui. “L'avete...”. I due fratelli varcarono il confine della radura entrando nell'alone di luce fioca delle lanterne, e Thorin sentì le parole morirgli in gola: tra le braccia di Fíli, rannicchiata contro il suo petto come una bambina impaurita, Brid affondava il volto nei suoi abiti caldi e dall'odore familiare, quasi come a volersi nascondere agli occhi altrui. Al petto reggeva qualcosa di grigiastro, apparentemente enorme e appallottolato, ma in un primo momento nessuno di loro riuscì a capire cosa fosse.
“BRID!” chiamò Lila con tutto il fiato che aveva in corpo per poi coprirsi di colpo la bocca con le mani, come se si fosse pentita di aver parlato; Kíli la raggiunse e la prese tra le braccia, stringendosela gentilmente contro.
“Aspetta qui. Calma” sussurrò accarezzandole i capelli.
Al suono della voce della sorella, Brid aveva voltato la testa di scatto, spalancando gli occhi scuri e terrorizzati su di loro, lasciandoli vagare come in cerca di qualcosa; quando infine intercettarono quelli di Thorin vi si piantarono fissi, senza più lasciarli nemmeno per un momento: con le piccole mani bianche si puntellò contro il petto di Fíli e lui colse l'antifona, posandola gentilmente in terra. Finalmente in piedi sulle proprie gambe la giovane mezzahobbit si mostrò lacera e insanguinata, inspiegabilmente scalza sulla neve gelida e con con un braccio che le pendeva come morto lungo il fianco, in un grumo di sangue rappreso e brandelli di stoffa. Balin si lasciò sfuggire un'esclamazione soffocata, e poco lontano da lui Kíli dovette compiere diversi sforzi per riuscire a trattenere Lila senza farle inavvertitamente del male.
“BRID, CHE TI É SUCCESSO?” ululò la maggiore, di nuovo in lacrime, ma fu Kíli a risponderle.
“Ssssh” le sussurrò gentilmente all'orecchio, continuando a trattenerla “É meno grave di quanto sembri. Guarda”.
Sotto gli occhi di tutti Brid mosse qualche passo incerto verso di Thorin, che istintivamente le andò incontro, e quando l'ebbe quasi raggiunto si fermò di colpo levando davanti a lui il pugno illeso in cui stringeva un lembo di quello che sembrava un lungo manto di pelliccia scuoiato di fresco, che aveva lasciato dietro di sé un'inquietante scia di sangue sulla neve candida: Thorin la guardò interrogativo, poi lasciò scivolare gli occhi chiari e increduli sulla pelliccia che gli tendeva. Per un attimo tacque. Poi un lampo parve attraversare i suoi occhi e fu come se il suo intero essere ne fosse stato percorso.
Si slanciò improvvisamente verso di lei e se la issò al petto come se fosse pesata meno di un gattino, cercando di isolarla dal freddo con il calore della propria pelle, dei propri abiti.
“Lila, ha urgente bisogno di cure, cibo e riposo” fece lapidario, guardando fisso negli occhi scuri di Brid che lo scrutavano così da vicino. Lila parve riscuotersi come da un incubo.
“S...sì...subito” rantolò, costringendosi a mettere da parte per un momento l'angoscia e a reagire; Kíli fece per lasciarla andare, ma lei gli si aggrappò al braccio, volgendo su di lui uno sguardo implorante. “Resta con me...ti prego...” fece in un sussurro, e Kíli dovette combattere con tutte le proprie forze contro l'istinto di prenderla in braccio come Thorin aveva appena fatto con Brid e stringerla forte; annuì con enfasi e le passò un braccio sulle spalle, guidandola verso casa.

 

 

“...e quell'ascia se ne stava piantata in mezzo agli occhi, ti dico! In mezzo agli occhi di quel bestione, fratello!”.
Quando Thorin scese le scale e si affacciò in cucina Dwalin era appena rientrato: reggeva una piccola ascia insanguinata e stava raccontando qualcosa di estremamente avvincente a Balin, con l'aiuto entusiastico di Kíli che non mancava di aggiungere particolari o di sottolineare i passaggi più entusiasmanti battendo un pugno sul tavolo di legno. In disparte, seduto sulla poltrona accanto al camino e perso tra le fiamme, Fíli attendeva; quando lo vide arrivare volse su di lui uno sguardo carico di aspettativa e subito gli si fiondò incontro.
“Thorin, come sta? Come sta Brid?” fece trafelato e Thorin fu quasi sul punto di incitarlo a raggiungerla al piano di sopra per chiederglielo di persona.
“Meglio di quanto credessi” fece severamente, senza cedere ad alcun sentimentalismo “Qualche brutto graffio qua e là e un paio di lividi. Le ferite peggiori le ha subite il braccio sinistro”. Fíli annuì, abbassando lo sguardo.
“Posso andare da lei?”.
“Non è il caso” negò seccamente Thorin, avvertendo una potente fitta di rimorso quando gli occhi celesti e mortificati di suo nipote tornarono a guardarlo; si passò una mano sul volto stanco e si costrinse a mostrarsi un po' più comprensivo. “No, Fíli, sei già fin troppo sconvolto. E di certo non ti accorderò il permesso di entrare nella stanza di una fanciulla ferita che giace nuda a letto!”. Fíli avvampò di botto, e dall'altra parte della stanza Kíli trattenne rumorosamente il respiro, spalancando gli occhi.
“Nu...nuda?” tartagliò attirando l'attenzione di tutti su di sé “E tu l'hai vista?”. La mano libera di Dwalin gli si abbatté fulminea sulla nuca strappandogli un gemito, e l'imbarazzo bruciante che di colpo aveva assalito tutti parve scemare poco a poco.
“Grazie” fece Thorin all'amico, con la voce che grondava approvazione, per poi volgere uno sguardo schifato sul nipote. “No, non l'ho vista!” sibilò come se il solo pensiero di fare una cosa tanto indecorosa l'avesse disgustato “Sono uscito prima che Lila cominciasse a spogliarla!”. Per qualche strano motivo Kíli parve quasi deluso da quella rivelazione, ma qualunque ne fosse la ragione suo zio decise di non indagare.
“Esigo delle spiegazioni. A cominciare da quella”. Thorin accennò imperiosamente all'ascia che Dwalin teneva in mano, scrutandola con fare inquisitore; il possente Nano scoppiò in una risata trionfante e come se quell'ascia fosse stata un trofeo raccolto su campo di battaglia, levò il braccio e la conficcò con forza nell'asse di legno poggiata sull'estremità del tavolo.
Questa, amico mio, intendo quest'ascia e tutta la poltiglia rossastra che si porta appresso, è quanto rimane di cosa c'era nella testa di quel maledetto orso che ci ha attaccati giorni fa!” spiegò orgoglioso, mentre un sorriso estremamente compiaciuto gli faceva capolino da sotto i baffoni scuri.
E tu l'hai piantata sull'asse per impastare il pane?” saltò su Balin, disgustato e furibondo. Nell'insondabilità della propria mente Thorin convenne che l'idea di imbrattare l'asse per il pane con i residui delle cervella di un orso non era stata una delle migliori che Dwalin si fosse dimostrato capace di partorire in vita sua, ma l'unica cosa che in quel momento veramente gli interessava era scoprire cosa diavolo fosse successo nel bosco.
“Dwalin!” chiamò in tono autoritario, ponendo fine al neonato battibecco tra i due fratelli. “Spiegami”. Dwalin annuì e scostando una sedia dal tavolo prese posto, cominciando ad armeggiare con le cinghie dei propri stivali fradici di neve; istintivamente anche gli altri lo imitarono, chi tornando sulla poltrona, chi recuperando il proprio fido sgabello. Thorin si sedette di fronte all'amico, combattendo l'istinto di mettergli fretta per essere messo subito al corrente degli eventi, ma per sua fortuna Dwalin non dovette farsi pregare.
“A dire il vero non è che ci sia chissà cosa, da raccontare...insomma, mentre tu sbraitavi come una bestia in gabbia dalla porta, io e Kíli ci siamo dati da fare per raggiungere Fíli, che quando ci si mette sa essere pure più veloce di un fulmine!”. Dwalin batté pesantemente un pugno sul tavolo, scoppiando in una fragorosa risata. “Pensa che in meno di cinque minuti aveva già percorso così tanta strada che...”.
“Per Mahal, Dwalin! Non divagare!”.
“Sì, certo...beh, stavo dicendo...insomma, abbiamo raggiunto Fíli e ci siamo messi a setacciare i boschi da qui fino a Lungacque, senza trovare niente. Abbiamo persino bussato a qualche porta per domandare agli abitanti se qualcuno avesse visto la ragazzina, ma niente!”.
“Avresti dovuto vederli, zio! Ci guardavano come se fossimo stati dei caprioli che camminano su due zampe!” intervenne Kíli, con il fare candido e innocente di un bambino e anche un certo fastidio che inaspettatamente strappò una risatina a Balin e persino a quel Fíli insolitamente taciturno e ombroso.
“Hai detto bene, ragazzo!” convenne Dwalin. “Non hanno saputo dirci niente e per di più ci guardavano come se fossimo chissà quale spettacolo insolito! Così ce ne siamo tornati indietro, ma battendo un altro sentiero...e che cosa ci troviamo davanti ad appena un miglio o poco più dal villaggio? Per la mia barba, la carcassa dello stesso orso che qualche giorno fa ha provato a mandarti nelle Aule di Mandos, con quell'ascia lì piantata proprio in mezzo agli occhi!”.
“E Brid? Dov'era Brid?” incalzò Thorin, d'un tratto tormentato dal presentimento che Dwalin avesse frainteso la sua preoccupazione intendendo fornirgli spiegazioni sull'ascia insanguinata e non sul ritrovamento di Brid. Poi, d'un tratto, un'intuizione lo colse. “É stata lei ad uccidere l'orso?” mormorò attonito, guardando Dwalin con tanto d'occhi. E Dwalin ghignò compiaciuto, di un compiacimento che si rifletté anche sul volto vispo e allegro di Kíli.
“In nome di Durin, vecchio mio, non so come abbia fatto...ma la ragazzina ha davvero steso quel maledetto bestione!”.
“E quando siamo arrivati ha anche insistito per scuoiarlo!” Intervenne Kíli, agitandosi per l'entusiasmo sulla sedia come un bimbetto il giorno del suo compleanno.
“Già” convenne Dwalin, annuendo. “A quanto pare intendeva già regalartela...”.
Thorin levò di colpo lo sguardo sul volto del suo vecchio amico, trovandolo ancora contratto in un sorriso che aveva del divertito e dell'incredulo al tempo stesso: fu seriamente tentato dall'idea di chiedergli di ripetere quello che aveva appena detto, ma poi si rese conto che sarebbe stato stupido. Anche rimanersene lì a boccheggiare come un pesce fuor d'acqua era stupido, così come qualsiasi altra possibile reazione gli riuscisse di immaginare in merito ad una situazione assurda come quella. Ma qualcosa doveva fare, e allora tanto valeva dare retta all'istinto.
Così Thorin si limitò ad annuire, senza dire una sola parola, e in silenzio com'era arrivato si alzò dalla sedia e tornò sui propri passi, prendendo le scale.

 

 

“Avanti, sorellina, resisti!” pregò Lila, e Brid ce la mise davvero tutta per non urlare ma l'aceto sembrava scivolarle ben più a fondo delle ferite, giù, giù, lungo la carne fino alle ossa. Rovente come fuoco e con quel suo odore acre talmente intenso da farle venire la nausea. I denti dell'orso non le avevano fatto così male...
Tonfi di passi pesanti e stranamente affrettati le raggiunsero come da lontano, soltanto un momento prima che la porta si spalancasse con violenza, girando sui cardini ad una velocità inaudita e sbattendo contro il muro con uno schianto secco che rimbombò nella stanza in un boato terrificante: il panno imbevuto di aceto cadde inavvertitamente di mano a Lila mentre sobbalzava e si lasciava sfuggire uno strillo. Brid afferrò un lembo della coperta per coprirsi in fretta e furia, e anche se lo fece con un momento di ritardo Thorin non parve accorgersene.
“Tho...Thorin, ma cosa...” rantolò Lila, totalmente spiazzata, ma lui la ignorò.
Tu!” latrò percorrendo la stanza a grandi passi, con gli occhi azzurri spalancati e colmi di furia cieca fissi sul volto cereo di Brid che si stringeva la coperta al petto. “Tu, piccola, sciocca ragazzina!”.
Una manciata di falcate e fu da lei, a lato del letto. Non badò alla sua nudità celata soltanto dalla coperta, né alle ferite: l'afferrò per le spalle e la scosse con forza, stringendole le braccia fino a farla gemere di dolore.
“Che diavolo ti è saltato in mente? EH?” fece in un ringhio sordo, rabbioso, senza smettere di fissarla con quegli occhi da folle che la spaventavano. “PARLA! COSA CREDEVI DI FARE?”.
Fitte di dolore soffuso si propagarono lungo la schiena di Brid, trasformandosi in vampate lancinanti là dove avvertiva le dita di Thorin affondare brutalmente nella pelle; non capiva perché quel Nano che soltanto pochi minuti prima l'aveva stretta al petto con gentilezza e quella che addirittura le era parsa tenerezza ora le stesse urlando addosso, nemmeno riuscì a capire a cosa alludesse con le sue domande. L'unica cosa che il suo corpo dolorante recepiva senza possibilità di dubbio era paura per quegli occhi azzurri e tempestosi, colmi di una rabbia che aveva veduto solamente una volta prima di allora, il giorno in cui si erano conosciuti e lui l'aveva schiaffeggiata. Debolmente si aggrappò con le dita tremanti alle braccia di Thorin, spesse e resistenti come rami d'albero, se per tentare di fermarlo o di sorreggersi non lo seppe nemmeno lei.
“RISPONDI, RAGAZZINA!” tuonò lui per tutta risposta e di nuovo la scosse, incurante della coperta che le sfuggì di mano, scivolandole di dosso e lasciandola mezza nuda davanti a lui. “Da sola contro un orso, non hai pensato neanche per un momento che avrebbe potuto finire molto male? Molto male per te, ovviamente!”.
“Thorin, lasciala!” urlò Lila disperata, senza riuscire a decidersi tra l'idea di chiamare aiuto e quella di intervenire direttamente. Fortunatamente un vociare concitato e un rumore di passi affrettati su per le scale li raggiunse subito, e nel sentirsi cavare d'impiccio dal caso Lila si concesse un mezzo sospiro di sollievo.
“Lasciami. Thorin, lasciami” fece Brid con voce monocorde, incolore, tenendo lo sguardo ostinatamente puntato sul rigonfiamento delle proprie gambe nude ancora nascoste sotto la coperta; Thorin ringhiò, rabbioso come una bestia ferita.
“Non provare a darmi ordini, piccola incosciente!”.
“Lasciami, per favore. Mi vergogno”. La voce di Brid s'incrinò appena e Thorin parve ricordarsi soltanto in quel preciso istante delle sue condizioni: come se d'un tratto il sottile corpo chiaro e seminudo di lei avesse bruciato i calli sulle sue rudi mani da fabbro, l'orgoglioso e avventato principe dei Nani la lasciò andare di scatto, e vederla farsi nuovamente piccola piccola contro la testiera intagliata del letto, coprendosi pudicamente fino al collo, lo fece vergognare di se stesso come nient'altro in vita sua.
“THORIN!” tuonò subito dopo Fíli comparendo sulla porta, e se Kíli e Dwalin non gli fossero stati immediatamente dietro, Brid pensò che si sarebbe gettato su suo zio. E ci mancò davvero poco che non andasse a finire esattamente così: con il bel volto solitamente sorridente e gentile contratto in un'espressione a metà strada tra il deluso e l'oltraggiato, il giovane Nano biondo fece per scattare verso Thorin, che dal canto suo si limitava a fissarlo sconvolto. Soltanto l'intervento di Kíli, che insieme a Dwalin lo trattenne, riuscì a farlo desistere.
“Che diavolo vuoi fare, Thorin?” ringhiò in ogni caso, ben lontano dall'idea di cedere; Dwalin serrò la stretta intorno al suo braccio, strattonandolo un poco nel tentativo di richiamarlo alla ragione.
“Calma, ragazzo, calma!”.
“Ha ragione, Fí! Sta' calmo, non è successo niente!” intervenne Kíli, ma Fíli non lo sentì nemmeno: con uno scatto secco, un guizzare di muscoli sotto la stoffa leggera e ancora umida della casacca che portava direttamente sulla pelle, se li scrollò entrambi di dosso e per un interminabile, spinoso momento rimase a guardare suo zio con in volto un'espressione furente che quasi sembrava stonare con i suoi lineamenti gentili; Thorin sostenne il suo sguardo, ma inspiegabilmente negli occhi non gli si lesse alcun accenno d'indignazione o risentimento.
Fu allora che Lila decise di averne abbastanza di urla, schiamazzi e tensione per una notte sola, e recuperato il proprio cipiglio autoritario si schiarì la voce.
“Devo ricordarvi che siete entrati senza permesso nella stanza di una fanciulla, signori?” domandò retorica, e di colpo la tensione parve spezzarsi. “Mia sorella ha bisogno di cure, qualunque sia la questione la risolverete in un altro momento. Ora lasciateci sole, per favore”.
Come se fosse rimasto lì nella semplice attesa di un pretesto come quello, Thorin fuggì lo sguardo di Fíli e si lanciò verso la porta, strappando a tutti un sospiro di sollievo quando passò accanto al nipote senza dire una parola e sparì velocemente dietro l'angolo; solo allora Balin, Dwalin e Kíli decisero di ritirarsi, chi borbottando delle scuse imbarazzate e chi scuotendo la testa, incredulo. Voltando le spalle alle due ragazze Dwalin batté una mano sulla spalla di Fíli, chiamandolo a seguirli, ma Brid tese una mano verso di loro e il giovane Nano non ebbe occhi che per lei.
“Fíli...” lo chiamò piano, con voce gentile. E lui andò verso la sua mano tesa, silenzioso e ancora scosso, per sedersi accanto a lei sul bordo del letto; Brid fece scivolare fuori dalle coperte il braccio rimasto illeso, e nel passarglielo intorno alle spalle lo tirò a sé, facendogli poggiare quella testa leonina che tanto la deliziava sul proprio petto. Sorrise inconsciamente quando lo sentì rilassarsi nel suo abbraccio, così come quando attraverso le coperte avvertì il suo braccio cingerla in vita.
“Va tutto bene” gli disse in un sussurro e mentre Lila ricominciava a pulirle le ferite con l'aceto, lei strinse i denti e chinò il capo a posare un bacio tra i capelli di quel Nano della malora che l'aveva difesa.

 

 

Quando aprì gli occhi una candela illuminava fiocamente la stanza gettando ombre danzanti sulle pareti e sul volto fiero di Thorin, che inspiegabilmente sedeva sul bordo del suo letto fissando il vuoto davanti a sé, un punto non meglio precisato del pavimento di legno. Brid si stupì di trovarlo con sé, ricordando vagamente che quando si era addormentata al suo fianco c'era Fíli e non quel Nano irascibile e tormentato, e per un momento le parve di ritornare al loro primo incontro, quando l'aveva giudicato strano e anche un po' svitato per essersi presentato recitando a memoria praticamente tutto il proprio albero genealogico. Represse un sorrisetto con un sospiro, e subito una fitta dolorosa al braccio fasciato le strappò un gemito che attirò le attenzioni di lui.
“Che ci fai qui, Thorin?” domandò dopo che si furono scambiati una lunga occhiata silenziosa, con voce pacata come se avesse preventivato di trovarselo seduto sul letto nel cuore della notte. Lui la guardò accigliato, quasi combattuto, e inaspettatamente le fece una tenerezza immensa.
“Io...io non volevo che tu ti facessi del male...” mormorò lasciando nuovamente scivolare il suo sguardo azzurro sul pavimento. Brid annuì contro il cuscino.
“Stavo cercando di essere gentile, di fare qualcosa per te” ammise in uno slancio di confidenza. “Al mercato avevo comprato della stoffa per cucirti una camicia nuova, questa non ne può più...ma a quanto pare tutto quello che mi è riuscito di fare è stato scuoiare un orso e portarti la sua pelle. Sono tutto fuorché una dama, indubbiamente...immagino cosa potrai fartene, della mia 'offerta di pace'! Che sciocca...”. Thorin le rivolse un sorrisino incerto ma gentile.
“Ho avuto paura” fece con voce roca, come se non parlasse da ore “Che quelle ferite fossero opera mia”.
“É stato un caso, che io abbia incontrato quell'orso. Ed è stato lui ad attaccarmi, non sono andata a cercarlo di proposito”. Ridacchiò. “Anche se volevo farmi perdonare da te, non ero abbastanza disperata da gettarmi in pasto a quel gigante, Thorin!”. Incredibilmente rise anche lui, a voce bassa, e una cascata di piacevoli brividi caldi scivolò giù per la schiena di Brid. Poi, con un po' d'impaccio e un po' d'imbarazzo, una delle grandi mani di Thorin corse a sfiorarle il braccio bendato.
“Ti chiedo perdono” mormorò semplicemente fuggendo il suo sguardo, confidando che Brid comprendesse che quelle semplici e scarne scuse volevano mettere una toppa sullo strappo che il suo insormontabile orgoglio aveva provocato tra loro.
“Te ne domando anche io, Thorin” fece lei con un tono dolce e gentile che gli scivolò addosso come una carezza: Thorin levò lo sguardo e la vide issarsi a sedere con la sola forza del braccio destro, mentre quello ferito sorreggeva goffamente la coperta contro il suo petto soffice. Brid gli sorrise con un trasporto che gli sembrò affetto e che lo fece sentire disarmato, curiosamente nudo di fronte a lei che nuda lo era davvero.
“Sono stata dura con te, senza motivo. Vorrei dire che avevo paura di non essere alla tua altezza, che temevo il giudizio del Re sotto la Montagna quando tutto quello che desideravo era soltanto continuare a vedere il sorriso del Nano che scorgo dietro il tuo titolo...ma non serve a rimediare, anche se è la verità”. Incredibilmente agile e leggera nonostante le ferite scivolò verso di lui, portando una mano ad accarezzargli il volto ispido. “Non avevo capito quanto la vita e i Valar fossero stati duri con te, in passato, e quanto lo siano tutt'ora”.
Thorin si sentì travolgere da un'ondata di calore, da una dolcezza tanto impalpabile quanto potente da stordirlo completamente: d'un tratto avvertì come lontanissima la sensazione della mano di Brid sul volto e i muscoli tendersi fino allo spasmo dal desiderio di toccarla, di stringersi al suo petto talmente forte da sentire il suo piccolo cuore di fanciulla battere contro il proprio che sembrava voler scoppiare da un momento all'altro, sopraffatto dalle emozioni. Sentiva la necessità di annegare in quel calore e nella dolcezza di cui Brid sembrava ammantata, ne aveva un bisogno impellente e disperato.
“Brid...”. La voce gli scivolò tra le labbra in un sussurro languido che in qualsiasi altro momento l'avrebbe portato a vergognarsi da se stesso, ma non quella notte. Brid sembrava capire quanto fosse dura la sua vita, e per quanto la sua indole di Nano diffidente strepitasse per farsi ascoltare, Thorin non provò nemmeno a resistere alla tentazione di condividere anche solo per un momento i propri fardelli con lei.
Con una fitta al cuore sospesa tra il dolore e la tenerezza Brid si chinò a posargli un bacio leggero sulla guancia, un bacio casto, innocente, che sapeva di conforto e di affetto; quando sentì il respiro tremante di Thorin sulle labbra inconsciamente sorrise e credette di non aver mai visto niente di più fragile di quel Nano che sembrava fatto di roccia me che d'un tratto si rifugiava tra le sue braccia ferite in cerca di dolcezza.
Thorin si avventò di slancio su di lei baciandola con foga, circondandole il viso tondo e candido con le sue mani enormi che sembravano poterlo contenere tutto, e Brid si ritrovò a ricambiare ancor prima di accorgersene, sorridendogli sulla labbra, tra un bacio e l'altro; presto le sue piccole labbra inesperte si separarono da quelle circondate di barba ispida del Nano e presero a vagare per il suo volto, baciandone ogni angolo come se avessero voluto coccolarlo.
Se soltanto Thorin ne fosse stato capace si sarebbe commosso. Perché un Nano come lui non era avvezzo alla tenerezza, ma ne aveva bisogno esattamente quanto qualunque altra creatura della Terra di Mezzo. E Brid glielo stava insegnando, con così tanta dolcezza che quasi faceva male.
Per questo smise di pensare e si lasciò guidare dall'istinto. La sospinse distesa sul materasso, esplorando il suo collo liscio con le labbra, tuffando il volto tra i suoi seni soffici, risalendo in cerca delle sue labbra; sentiva Brid sospirare sotto di sé e le sue dita sottili sulla nuca e le spalle, la avvertiva fremere quando con la barba o i capelli la sfiorava in punti sensibili. Con estrema fatica abbandonò la sua bocca rossa di baci per privarsi della casacca. La prese poi con delicatezza per i polsi e si portò le sue mani al petto, pregandola con uno sguardo.
Brid arrossì nel vederlo mezzo nudo sopra di sé, e mentre si perdeva a guardare il suo petto solido coperto di peluria scura pensò che fosse bello, che il suo odore sapesse di neve, delle erbe officinali con cui Lila lo medicava ogni giorno e di erbapipa. Un odore familiare, buono, che la faceva sentire a suo agio. Lasciò correre le mani sul suo corpo caldo, sfiorando con gentilezza le ferite ormai quasi rimarginate con cui gli artigli dell'orso l'avevano deturpato, e senza alcuna vergogna raggiunse la fibbia della cintura che gli stringeva le braghe in vita. Thorin la aiutò a slacciarla e a far scivolare gli ultimi indumenti verso il fondo del letto, scalciando e contorcendosi, ritrovandosi a ridere sottovoce insieme a lei per l'impiccio delle coperte e delle ferite che limitavano i movimenti ad entrambi. La baciò ancora, ancora e ancora, sussurrando centinaia di volte il suo nome e rabbrividendo violentemente ogni volta che la sentiva invocare il proprio, mentre si riempiva le mani di quella sua pelle soffice e liscia; Brid credette di morire quando lo sentì sopra di sé, e non riuscì più a pensare a niente che non fosse il nome di lui mentre Thorin la stringeva possessivo, accarezzandole il braccio bendato e sussurrandole il suo nome sulle labbra.
Gli donò tutta la dolcezza di cui era capace, senza risparmiarsi, e nel sentirlo tremare e ansimare lo strinse forte, come se avesse voluto fargli sentire ulteriormente la propria vicinanza; lo cullò sul proprio petto e aspettò che si addormentasse carezzandogli i capelli, beandosi delle sue braccia ancora allacciate intorno ai fianchi. E fu con le narici colme del suo odore e il suo respiro sulla pelle che scivolò a sua volta nel mondo dei sogni, con un lieve sorriso a tenderle le labbra arrossate nel ricordare di sfuggita quanto le aveva detto Balin sul prodigioso russare dei Nani.

 




 

*NOTE*
HOLAAAAAAAAAA! :D Buonsalve a tutti, brava gente, spero non vi siate dimenticati di me nonostante il mio sempre più catastrofico ritardo!! Noooooo che non l'avete fatto, VEEEEEEEEROOOOOO?? Bravi piccini, bravi ù.ù confido in voi!
Dunque, passando alle cose serie...ho inserito il link della canzone che mi ha ispirato il sogno di Thorin, ma siccome con gli editors sono NEGATA non so se riuscirete ad aprirlo direttamente. In ogni caso se aveste voglia di copia-incollarlo su youtube scoprireste che è una delle colonne sonore del film 'Ribelle - The Brave' (che io ADORO) e che...beh, mi è sembrata proprio adatta! Insomma, c'erano una mamma e una bimba che cantavano, un'arpa di sottofondo...ho aggiustato un po' il tiro ficcando una viola in mano a Frerin ET VOILA, è filato tutto liscio liscio come l'olio!
Passando al capitolo vero e proprio...come vi ho accennato la scorsa volta questo è l'ultimo capitolo della prima parte della FanFiction, l'unica che rimarrà invariata. Mi spiego: dal prossimo capitolo in poi la trama si svilupperà in un certo modo, e una volta finita questa parte di storia scriverò altre due versioni alternative che si intitoleranno 'Sui Colli di Vesproscuro - Smaointe: ALTERNATIVE ENDING' e 'Sui Colli di Vesproscuro - Smaointe: HOW IT SHOULD HAVE ENDED'. 'Perchè?', direte voi. Perchè punto primo mi andava di scrivere qualcosa di diverso, punto secondo non mi andava di buttare la trama originale nel cesso, e punto terzo...se questo fandom avesse più FanFiction che finiscono come finirà il mio 'HOW IT SHOULD HAVE ENDED' questo sarebbe un mondo decisamente migliore ù.ù ed equo. Sono di parte, capitemi.
In ogni caso, se non mi fossi spiegata in modo comprensibile ai più chiedetemi pure delucidazioni, vedrò di farmi capire!
Bene bene, oggi il mio adorato Dean compie 37 anni (come mi state ricordando in ottomila)...e io come regalo di compleanno che je fo' trovare?? UN BEL PALCO DI CORNA E UN CUORE SPEZZATO!! O.O Che pessima, PESSIMA persona che sono!! T.T Merito di morire tra atroci sofferenze. Anche un po' Brid, però, diciamocelo. Mica può essere tutta mia la colpa! ù.ù
Detto questo ribadisco che mi prenderò una pausa di qualche settimana per portarmi avanti con le altre FanFiction che negli ultimi due mesi ho clamorosamente trascurato (e anche coi regali, con gli addobbi, con i dolci, CON LA DESOLAZIONE DI SMAUG!! *ç*) e spero di ritrovarvi ancora tutte, quando tornerò :) siete l'amore. Grazie di tutto e alla prossima! ;)

 
  
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