Anime & Manga > Slam Dunk
Segui la storia  |       
Autore: lucilla_bella    05/05/2008    4 recensioni
Un ragazzo perfetto, solare, simpatico, buono e gentile, fidanziato ufficialmente, con un destino radioso e ammirato da tutti. E io... io sono la sua parte oscura. Io sono il suo segreto. Io raccolgo le briciole, e vivo con quelle. (Dall'introduzione sembra pensante.. ma non è così^^)
Genere: Romantico, Commedia, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akira Sendoh, Altro personaggio, Hisashi Mitsui, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
honeyhoney

Prima di leggere il capitolo, vi consiglio di andare qui (http://pharm1.pharmazie.uni-greifswald.de/systematik/7_bilder/yamasaki/yamas355.jpg ), perché

Non credo capireste di cosa sto parlando ^^

 

PS dal prossimo capitolo si inizia a trombareeeeeeeee

 

 

 

Capitolo Cinque: Honey, Honey

 

 

 

Uno dei simboli universalmente riconosciuti del Giappone, è senz’altro l’albero ginko biloba.
Le sue deliziose foglie, simili ad ombrellini, fanno sempre da contorno, insieme a quelle dei ciliegi, agli scenari tipici del mio paese.
La foto di una geisha di Kyoto immortalata tra un ciliegio e un ginko è l’immagine mentale che praticamente chiunque ha del Giappone romantico, quello da cartolina, il Paese Del Sol Levante, dove tecnologia e tradizione si fondono in un unico grande abbraccio.

 

 

Quello che nessuno si preoccupa mai di dire, è che il ginko biloba, oltre ad avere graziosissime foglioline, è un albero da frutta.

 

E i frutti in questione puzzano di vomito.

  

 

Così, un meraviglioso giorno di primavera, con il sole alto nel cielo e l’odore dell’estate ormai alle porte, camminando nel cortile del tuo Liceo immersa nei più rosei pensieri, mentre una pioggia rosata di petali di ciliegio pare segnarti la via da percorrere... ZACK!

 

Ne pesti uno e sai da vomito per tutto il giorno.

 

 

 

 

Stavo pensando proprio a questo mentre osservo distrattamente l’azzurro intenso del cielo. Notare quanta poesia mi suggerisce un paesaggio di cotanta bellezza.

 “... e insomma è per questo che è da lunedì che non vieni più a scuola?!”

 Annuisco svogliatamente, evitando con cura di guardare negli occhi la mia attuale vicina di banco.
 Fino all’anno scorso, Ruka aveva per così dire “rimpiazzato” il posto di piccola delinquente che io per due anni avevo lasciato incustodito. Finché l’anno prima non era stata bocciata, ed aveva deciso di mettere la testa apposto.
Questo più di tutto ci accomuna, credo.

L’aver in parte rinunciato ad una vita che ci stava sfuggendo di mano per cercare di riprendere le redini del nostro futuro.

 Solo che ora il suo obbiettivo pareva quello di trasformarmi in studentessa modello.

 

 “ Si, e mi pare proprio un motivo sufficiente...”

 “Stare quattro giorni a casa nell’anno degli esami solo perché Akira Sendoh ti ha visto mentre prendevi a testate un palo dopo che gli hai detto che volevi scopartelo?”

 Per un attimo ci guardiamo negli occhi, in assoluto silenzio.

  “BHWAHAHAHAHAHA!” 

“Ruka, cazzo!” Sbotto seccata, battendo il pugno sul soffice tappeto d’erba sul quale siamo sedute. “Perché ridono tutti quando lo racconto?” 

“Perché sei una demente!” Qualche fremito di riso ancora la scuote mentre si asciuga le lacrime con la manica della divisa, ben attenta a non sbavarsi la matita. “Così impari e non tenere la bocca chiusa”. 

“Ma ero ubriaca, Ruka! Era già un miracolo che riuscissi ancora a capire chi avevo davanti!” Cerco di giustificarmi. 

“Ah, lasciamo perdere...” Reclina la schiena, appoggiandosi al tronco dell’enorme ciliegio che ci sovrasta. Silenziosamente, estrae due sigarette dal suo pacchetto, e me ne lancia una. 

“Grazie...” 

“La avanzavi...” Con un rapido gesto, sfila un accendino dal pacchetto e accende la mia e la sua. “Comunque... Te l’ho detto che anche a me piaceva Sendoh?” 

Abbandono la schiena contro l’albero sconsolata. “Anche a te?!” 

“Perché? A chi altri piaceva?” 

“A chi?” Domando piuttosto risentita “Faccio prima a dirti a chi non piaceva, te lo assicuro...” 

“Beh, immagino...” Si limita a rispondere pacifica stringendosi nelle spalle “Sai che ci siamo anche sentiti per un pochino?” 

Alzo gli occhi al cielo completamente esasperata. Sembra proprio che, quando ancora era alle medie, Akira Sendoh si sia sentito con qualunque essere femminile minuto di cellulare.
In questi tre giorni, infatti, Minako aveva cominciato ad indagare approposito, riferendomi qualunque pettegolezzo fosse girato su di lui dai 4 anni in su.

 “Comunque faresti meglio a parlargli almeno, così ti togli il pensiero...” 

“Fossi scema!” Ruggisco sbalordita, sbarrando gli occhi. “Non gli ho parlato per un anno e mezzo, penso che sopravviva lo stesso anche senza me!” 

“Bah, fa come vuoi...” Non degnandomi di ulteriori spiegazioni, Ruka si issa in piedi e mi volta le spalle, incamminandosi verso l’entrata. scocciata

 

 

Sbuffo irritata, tornando a rivolgere la mia attenzione al colore del cielo. La pausa pranzo ormai sta per finire, e se non mi fossi decisa ad alzare le chiappe da lì non mi sarei più mossa per tutto il pomeriggio.
E l’ultima delle cose che mi servivano era quella di perdere altre ore.

 A fatica mi tiro a sedere, gettando il mozzicone di sigaretta aldilà della recinzione della scuola, memore delle ripetute minacce ricevute da tutto il corpo docenti per la mia “acuta maleducazione” (inglese), “totale noncuranza verso la struttura scolastica” (matematica), “sorprendente villania” (giapponese), “ estrema riluttanza verso ogni qualsiasi forma di disciplina” (economia domestica) ed infine, la mia preferita, per la mia “insopportabile sfrontatezza, unita ad una deplorevole mancanza di umiltà ed ad un completo disinteresse per le regole base di convivenza civile” (chimica).

 
Tutto questo perché butto le cicche a terra, notare bene.

 

 

Muovo qualche passo nella direzione verso la quale si è allontanata Ruka, facendo ciondolare meccanicamente la testa da destra a sinistra, completamente persa nei miei patetici filmini mentali.
Senza averne pienamente coscienza, afferro il cellulare e scorro la rubrica, fino a che i kanji di un nome ben preciso, del nome per eccellenza, non mi saltano agli occhi.
 Interrompo il mio pseudo balletto (che noto solo ora mi ha fatto guadagnare un discreto pubblico) per mettermi a fissare intensamente lo schermo del telefono, come se mi aspettassi di vederci comparire qualche strano alieno verde.

  

....Comunque faresti meglio a parlargli almeno, così ti togli il pensiero... ha detto Ruka.

 
Scandisco bene ogni singola cifra del suo numero, mormorandola piano. Vabbé, in fondo che cos’ho da perdere?

 La dignità?

 Naaaah, quella dev’essere rimasta incastrata tra un “ti scoperei” e un “ti legherei al letto

 

 Come a rallentatore, mi porto il telefono all’orecchio, ascolto il breve squillo per poi allontanarlo quasi terrorizzata. Ecco, l’ho fatto.
Vai Miyu, tu si che hai il coraggio di un vero Grifondoro (=__________________= Scusate non ho resistito NdLucilla).

 

 Sollevo la testa, e per un attimo credo seriamente che il mio subconscio si sia improvvisamente materializzato davanti a me, fornendomi una chiara e vivida immagina di un Akira Sendoh con il cellulare in mano, tutto intento a fissare interessato lo schermo.

 Sbatto gli occhi un paio di volte, realizzando che, Come Salvador Dalì, potrei diventare una promettente pittrice surrealista, o (cosa decisamente più realistica) dovrei proprio smetterla con gli allucinogeni il sabato sera.

Ma niente.

L’alta figura rimane lì dov’è, mentre sul suo viso sboccia un sorriso allegro e gioviale, dolcemente più malizioso del solito.
 Lo osservo basita alzare gli occhi da terra e incontrare finalmente il mio sguardo.

 “Ma che coincidenza!!” Esclama estasiato, camminando spedito verso di me. “Ciao Miyu!”

 Passo dall’incredulità alla gioia in una frazione di secondo, mentre mi si dipinge in viso un sorriso a dir poco ebete. “Akira!”

 “Ma dov’eri finita?” Mi chiede, mentre si ferma a meno di mezzo metro da me. Vicino. Troppo vicino. “Sono giorni che non ti vedo!”

 Alché sbianco. “Ehm... sai...”

 Il suo sguardo, limpido e solare, si incupisce per un attimo, pensieroso. “Non mi dire che è per la faccenda di sabato, eh?”

 La mia espressione credo parli per me.

 “Non ci credo!” Sbotta grave. “Ti stai facendo problemi per una cosa simile?”

 “Ma veramente...”

 “Non anzi, ti stai facendo problemi per una cosa del genere con me?!?”

 

 

Un secondo.

Un battito di ciglia.

 

L’ istante che mi ci vuole per sgombrare del tutto la mente, nel tempo in cui mi sento sommergere da una sensazioni di tenerezza infinità, totalmente estranea alla mia personalità.

Vedo i suoi lineamenti così puliti, quasi infantili, e il cuore mi si riempie di felicità, così pura e intensa che quasi stento a riconoscerla come tale.

Cancello in un baleno i due anni divisi, i giorni passati a cercare di nascondermi al suo sguardo e mi lascio andare alla naturalezza, la stessa che provavo nel parlargli agli inizi, quella che ci unisce così strettamente.

 

 “Sono una deficiente...” Ammetto, alzando finalmente gli occhi su di lui.

 Come da copione, scoppia a ridere, posandomi una mano sulla testa. Un gesto una volta così normale che ora vivo come un esperienza straordinaria. Sento il suo tocco leggero, il calore del suo palmo, l’aurea di tranquillità che emana. “Parliamo di sabato?”

 Presa in contropiede, sussulto “Adesso?”

 Lo vedo lanciare preoccupato un’occhiata all’orologio, sospirando tragicamente “No, hai ragione, adesso devo scappare...”

 Mi sfugge un sospiro di sollievo, che lui non manca di notare.

 “Una sera magari ti vengo a trovare e ne parliamo, ok?” Lancia al vento con noncuranza.

 Ehhhh?” Strillo prima di portarmi la mano alla bocca. Devo fare qualcosa per la mia incapacità di bloccare le parole.

 Intimorito dal mio urletto isterico, Akira muove alcuni passi indietro. “Ah già scusa... il tuo ragazzo...”

 Ci metto qualche istante a collegare “Ragazzo?”

 “Beh, si... ragazzo, fidanzato, come lo vuoi chiamare!”

 “Ma quale?”

 “Come quale?”

 “Akira...” Sbotto frustrata “Ci siamo lasciati mesi fa!”

 Come risposta, ricevo un sorriso dolce come il miele, combinato ad un’espressione così infantile che per un attimo mi fa venire voglia di gettargli le braccia al collo. “Ah si?”

 “Si” confermo, radiosa.

 “Allora posso passare una sera di queste?”

 Stavolta riesco a impedirmi di sgolarmi, camuffando il tutto con un ghigno non propriamente innocente. “Ti aspetto. Fammi sapere”

 “Ci sentiamo per messaggio, ok?”

 Accenno un si, trattenendo il classico sorriso ottuso che mi sorprende ogni volta mi senta eccitata per qualcosa. “Ciao Akira”.

 Il cortile, ormai svuotato, fa da silenziosa cornice al nostro saluto. Lentamente, sempre con il sorriso sulle labbra, Akira si fa avanti, portando il suo corpo contro il mio. “Posso?”

 Deglutisco a vuoto, con la bocca secca e le labbra dischiuse dalla sorpresa. Mi allungo verso il suo petto, colmando la distanza tra di noi. Piano, attenta a non rovinare l’attimo, gli poggio le mani sul torace, stringendo appena la stoffa della sua camicia tra le dita. “Lo sai...”

 “Lo so?” Domanda artificiosamente ingenuo, mentre sento la sua presa sui miei fianchi. A rilento si intrufola sotto la divisa, sfiorando la mia pelle, bollente.

 In un gesto quasi automatico, porto le spalle all’indietro, spingendo il suo tocco verso l’alto. “Sai che puoi farlo...” Poggio le mie mani sulle sue e lo guido verso il mio seno, senza smettere per un solo attimo di sostenere il suo sguardo. “Se lo vuoi...”

 Akira sospira, lasciando la sua presa su di me con reticenza. “Devo andare...”

 “Lo so...” Mi scosto da lui, non riuscendo a non sembrare contrariata. “Vai”

 “Ciao porcellina” mugugna allegro.

 “Ehhhh?”

 Sbotta a ridere divertito. “Porcellina” Ripete.

 “Idiota” Replico, incapace di rimanere seria. “Vai”

 “Porcellina” dice prima di andare “Ricordati. Una sera di queste vengo.”

 Vaiiiiiii” Lo mando via con un gesto della mano. “Suuuu!”


 

Lo guardo allontanarsi, camminando all’indietro per prolungare il nostro saluto, le mani allacciate dietro la schiena e il passo cadenzato, quasi salterellante, di chi è spensierato e sereno da una vita.
All’ultimo, mi volta le spalle e corre in direzione della palestra, offrendomi la completa visuale di un fondoschiena da competizione.

 

 “Che scemo...” Mormoro compiaciuta, arricciando il naso. “Proprio uno scemo”

 

E prima che ne abbia la piena consapevolezza, la sua immagine mi si stampa indelebilmente nella retina.

 

 

 

...do you still remember,

how we used to be?.

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Slam Dunk / Vai alla pagina dell'autore: lucilla_bella