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Autore: _ayachan_    05/05/2008    6 recensioni
Un'AU (breve) ambientata tra le colline dell'Oltrepò pavese, che vede entrare in scena la nobiltà e il popolino, intrighi e tradimenti, il tutto in un'atmosfera che, ora che ci penso, ricorda vagamente quella di Goldoni.
(liberissimi di insultarmi per l'audace paragone)
[Dedicata a sammy1987 per il suo compleanno]
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Naruto Uzumaki, Orochimaru, Rock Lee, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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Deserving-1

Note dell’autrice.


- L’ambientazione di questa storia è l’Oltrepò pavese. Nonostante i nomi chiaramente giapponesi dei personaggi, volevo farli muovere in Italia, visto che le fanfic di solito snobbano il Bel Paese, e anche se all’inizio avevo optato per la classica Toscana, alla fine ho deciso di spostare il tutto in una zona a me familiare, così da descrivere i paesaggi con più semplicità. Ovviamente sfrutto soltanto i nomi dei luoghi, e lascio totalmente perdere la storia che li riguarda. Anzi, mi riservo il diritto di aumentare e diminuire l’importanza dei singoli paesi.
Per ovvi motivi, inoltre, fingerò che tutti parlino un italiano corretto e probabilmente fin troppo moderno, ignorando il dialetto.

- La gerarchia nobiliare prevede, in ordine di importanza decrescente: Duca, Conte, Marchese.

- Ammetto pubblicamente di aver tratto ispirazione da «Mistakes are gonna fade over time» per l’atmosfera.


- Sasuke mi è sfuggito pesantemente di mano. Per questo c'è l'indicazione OOC.








Deserving




Gli zoccoli dei cavalli al trotto lasciavano segni curvi sulla polvere della strada.
Il sentiero, largo poco più di due metri, si snodava dritto attraverso la campagna coperta dal grano maturo, e in lontananza si alzavano le prime propaggini dell’Appennino, morbide colline solcate dai vigneti.
Nella calura inclemente del primo agosto, sei cavalieri procedevano attraverso i campi, schierati su due file parallele. I loro cavalli erano sudati, ma ancora in forze: marroni e bianchi, digrignavano i denti sui morsi nelle loro bocche e sbuffavano di tanto in tanto.
«Manca ancora molto?»
Uno sbuffo umano andò a sovrapporsi a quello del cavallo, con incredibile precisione.
Il ragazzo biondo che cavalcava nella coppia centrale si issò sulle staffe per sbirciare il percorso più avanti, asciugandosi il sudore dalla fronte.
«Dobbiamo arrivare ai piedi delle colline» rispose il compagno, i cui capelli erano tanto scuri quanto chiari erano quelli dell’altro. «Ti conviene stare giù e non sprecare energie, ne avremo ancora per un paio d’ore»
«Avete sete, mio signore?» chiese il cavaliere davanti al biondo, voltandosi a guardarlo. La pelle chiara del suo viso, liscio e bello tanto da farlo sembrare una ragazza, sembrava soffrire per il solleone. «Nella bisaccia c’è ancora dell’acqua» disse, portando una mano alla sacchetta in cuoio che ondeggiava dai finimenti del suo cavallo.
«No Haku, lascia perdere» il ragazzo alle sue spalle sorrise, rivelando un sorriso aperto e abbronzato. «Te la richiedo tra un’ora, magari»
«Eccolo, vuole di nuovo fare l’eroe!» sbuffò il cavaliere alle sue spalle, il più giovane di tutti. «Prendete quell’acqua prima di svenire e cadere da cavallo! Sarebbe una macchia sull’onore della vostra famiglia!»
«Non sono così stanco!» si indignò il biondo.
«E io non capisco perché concedi ai tuoi servitori tante libertà» commentò il suo compagno, con un’occhiata severa al ragazzino che aveva parlato.
«Come tratto chi mi accompagna sono affari miei...» borbottò lui incassando la testa tra le spalle. «E poi viaggiare con Inari è molto più divertente che viaggiare con le mummie che ti porti appresso»
Sia il cavaliere davanti al moro che quello dietro lo fulminarono con lo sguardo, nonostante il rango nettamente inferiore. Il loro signore invece non si scompose più di tanto, ma fece affiorare un ghigno all’angolo delle labbra.
«Mizuki, Tazuna. Possiamo tollerare un simile affronto alla nobile casata Uchiha?»
«No, signore» rispose il vecchio alle sue spalle, con un sorriso sghembo.
«E allora mostriamogli che vale più l’esperienza dell’umorismo»
Senza preavviso l’uomo davanti a lui lanciò il cavallo al galoppo, subito imitato dai due che lo seguivano.
«Ehi!» esclamò il biondo, trattenendo il cavallo che cercava di scartare bruscamente. «Haku, accelera! Non possiamo farci lasciare indietro!»
«Agli ordini!»
Sotto un cielo blu cobalto, sei cavalieri sollevavano la polvere chiamandosi a gran voce.
Guardandoli, nessuno avrebbe mai detto che il loro arrivo avrebbe portato tanto scompiglio.

*

Erano passati già tre giorni dall’arrivo del nuovo signore a Montebello.
Nonostante il cognome del duca padrone di quelle terre fosse rimasto immutato, tutto il resto stava cambiando rapidamente: mobilio, menù, candelabri, persino il materasso e i cani da guardia venivano sostituiti, e il personale sudava le proverbiali sette camicie per eseguire ognuno degli ordini del nuovo signore.
Nella fatica, tuttavia, cameriere e garzoni trovavano sempre il tempo per commentare e spettegolare alle spalle degli Uchiha.
«Dicono che abbia lasciato la sua proprietà nel piacentino in amministrazione a un conte suo amico...»
«Non ha aspettato niente per trasferirsi qui, nemmeno i funerali!»
«E’ l’ultimo erede di tutta la famiglia, vero?»
«Ha ucciso il fratello con l’arsenico...»
«Allora il nobile Itachi è davvero morto?»
«Se fosse stato in vita, non avrebbe mai permesso a nessuno di entrare nel suo palazzo con quell’aria da conquistatore!»
Sussurri e bisbigli si rincorrevano lungo le stanze del palazzo, insieme ai manovali che sudavano per far salire dagli scaloni guardaroba e specchiere. Il vecchio attendente zittiva tutte le voci che gli capitava di intercettare, ma le ali dell’edificio erano troppe per essere controllate in ogni istante.
E così capitava che il giovane e avvenente padrone captasse qualche sussurro inopportuno.
«Ma quale arsenico?» ringhiò attraversando l’ampio terrazzo ad ovest, le code della giacca che sventolavano nell’aria calda. «Naruto!» chiamò all’improvviso, cercando con gli occhi assottigliati il compagno che si era portato dietro.
Alla balaustra, appoggiato con aria noncurante e un bicchiere di moscato tra le mani, un ragazzo biondo girò lo sguardo e sogghignò. Senza dire una parola, gli fece segno di stare zitto e raggiungerlo.
Come se fosse dell’umore adatto per i suoi stupidi scherzi.
Tuttavia obbedì, il perché non lo sapeva nemmeno lui, e andò ad affiancarlo con aria stizzita.
«Che c’è?» sbottò piantando i gomiti sulla ringhiera in ferro battuto.
«Guarda, Sasuke» ridacchiò il compagno, additando l’ampio viale che dava accesso alla villa e scendeva per un pendio dolce e ben curato.
All’inizio della strada, ancora nella piazzetta antistante il palazzo, c’erano due giovani e un cavallo. Uno dei due, il ragazzo, carezzava i fianchi dell’animale con aria da uomo di mondo; la cameriera davanti a lui invece rideva per qualcosa che aveva sentito, sistemando ogni due minuti un ciuffo di capelli sfuggente.
«Inari si sta dando da fare» commentò Naruto, sorseggiando il suo moscato con aria compiaciuta.
Sasuke gli scoccò un’occhiata irritata.
«Sì, molto interessante» sibilò asciutto.
«Mh? C’è qualcosa che non va? Sei più acido del solito, il che è tutto dire» Naruto inarcò un sopracciglio, e Sasuke sbuffò.
«Dovrei cambiare anche tutta la servitù» bofonchiò passandosi una mano tra i capelli sudati.
«Ahh... spettegolano!» comprese Naruto, voltandosi e appoggiando la schiena alla ringhiera. «Beh, dopotutto è normale. Non credo che i dettagli sulla morte di tuo fratello siano già arrivati fin qui»
«Mi danno dell’avvelenatore!» biascicò Sasuke indignato. «Come se avessi strisciato nella sua camera per mettergli l’arsenico nel vino!»
Naruto ridacchiò, e lui lo fulminò con lo sguardo.
«Scusa» si affrettò a dire, tossicchiando. «E’ che cercavo di immaginarti mentre strisciavi, tutto impomatato e profumato come sei»
«Idiota» ringhiò Sasuke.
Naruto si strinse nelle spalle con noncuranza, e sbadigliando lo rassicurò: «Smetteranno di parlare, se hanno caro il loro stipendio»
«Che smettano in fretta, allora»
«Sì, va beh, lasciali divertire nell’unico modo che possono! E a proposito di divertimento... Come siamo messi con il ricevimento?»
Sasuke si strinse nelle spalle, improvvisamente apatico. «Non ne ho idea, chiedi all’attendente»
«L’idea di una festa non ti solletica affatto, vero?» ridacchiò Naruto, svuotando il suo bicchiere.
«Per niente» confermò Sasuke, cupo.
«Ma è tradizione! Ad ogni nuovo insediamento il padrone deve dare un ricevimento per conoscere i suoi nuovi vicini!»
«Li conosco già tutti»
«Davvero?»
Gli occhi di Sasuke si fecero sfuggenti, come ogni volta che inavvertitamente parlava del passato.
«Sì» troncò, scarno, e Naruto avvertì la chiara sensazione di un muro eretto in fretta e furia tra di loro.
«Mh... Almeno sono simpatici?» buttò lì per cambiare discorso.
Il grugnito di Sasuke fu abbastanza eloquente da farlo scoppiare a ridere.
«Devono essere fenomenali!» commentò con una pesante pacca sulla spalla dell’altro. «In fondo anche se ti chiedessero di me storceresti il naso»
«Veramente mi domando ancora perché mi sono lasciato convincere a portarti qui»
«Perché ti ho assillato quasi un mese per una villeggiatura in campagna, mi sembra ovvio!»
Sasuke sbuffò, crollando il capo.
«E sempre grazie a me darai la festa migliore degli ultimi cento anni» aggiunse Naruto gioviale. «Vedrai Sasuke, vedrai! Non lascerò che tu abbia nulla di che pentirti, finché sarò con te!»


E Naruto mantenne la promessa, per lo meno la prima.
Il ricevimento che si premurò di organizzare ebbe una risonanza vastissima, fece nascere discussioni e commenti anche a distanza di chilometri, arrivando fino alle Alpi e oltrepassando gli Appennini.
Dal momento che Sasuke gli aveva lasciato carta bianca, rifiutandosi di mettere anche solo un’unghia in quella che definiva la formalità più seccante della sua vita, Naruto si ritenne autorizzato a dar fondo ad ogni riserva del ducato, procurandosi cibo e vivande a non finire, mobilitando l’intera campagna e visitando personalmente metà delle cantine e delle fattorie da cui prelevava le vettovaglie.
Tutti, dalla massaia in carne al ragazzetto delle consegne, lo videro caracollare sul suo cavallo chiaro, insieme ai due giovani che lo accompagnavano e a una guida del palazzo, e tutti, chi più e chi meno, finirono per scambiare due parole con lui.
Il risultato fu che prima della festa metà pianura riteneva che Sasuke avesse inclinazioni da pederasta.
«Tu, brutto imbecille di un idiota!» gridò Sasuke quando la prima voce raggiunse il suo delicato e nobile orecchio. «Che diamine vai a dire per il ducato?!»
«Eh? Io?» fece Naruto con aria ingenua, in quel momento a torso nudo nelle sue stanze. Un catino di acqua tiepida era posato sul tavolino pregiato, illuminato dai raggi del primo sole, e un asciugamano morbido era lì accanto.
«Le voci Naruto, le voci!» ringhiò Sasuke, attraversando la stanza a grandi passi.
«Ahh, quello!» si illuminò lui, immergendo la testa nel catino. Quando si tirò su i capelli bagnati gli si appiccicarono alla fronte, e da sotto le ciocche grondanti rivolse all’altro un sorrisino sghembo. «Non è colpa mia se quaggiù sono tutti un po’ ingenui. Dal loro punto di vista stare in compagnia dopo le dieci di sera è pura perversione»
Sasuke lo incenerì con gli occhi, passandosi le mani tra i capelli.
«Tu sei un imbecille!» inveì, furibondo. «Già la mia reputazione prevede l’aggettivo assassino, se aggiungiamo anche pederasta non durerò un solo istante come signore di queste terre!»
«Oh, quante storie» sbuffò Naruto, afferrando l’asciugamano e frizionandosi energicamente il viso. «Tanto entro la fine della settimana succederà qualcos’altro, e tu verrai dimenticato»
«Qui le cose non funzionano come in città! A Bologna gli scandali erano all’ordine del giorno, ma in campagna sono la fonte di intrattenimento dei contadini per anni!»
«Se vuoi te lo creo io uno scandalo. Vado a rubare un paio di mucche?» propose Naruto generosamente.
«Lascia stare, idiota!» sbottò Sasuke esasperato.
«Ehi, la mia era una proposta seria»
«E’ proprio questo il pericolo... Ora vestiti, hai ancora gli ultimi dettagli da controllare, alle cinque inizieranno ad arrivare gli invitati!»
E prima che Naruto potesse insinuare che Sasuke si interessasse alla festa, lui sparì fuori dalla stanza, ancora con un diavolo per capello.



Se i primi ospiti arrivarono alle cinque di pomeriggio, gli ultimi fecero il loro ingresso mentre il sole moriva incendiando i campi, e portando nella tomba un po’ dell’arsura che aveva sparso abbondantemente durante la giornata.
Quando i domestici al cancello videro fermarsi la carrozza scura, furono sorpresi nel riconoscere lo stemma che ne decorava un intero fianco. Furono sorpresi e spaventati, per la precisione.
D’altronde, il serpente grigio avvolto attorno a una corona era un simbolo sin troppo noto, da Torino a Napoli.
Lo sportello si aprì silenziosamente al tocco del valletto, e una mano bianca e scarna si posò sull’ebano nero, stringendo le dita affusolate con grazia quasi ferina.
Un uomo alto e nodoso si issò sul predellino, facendo vagare tutt’attorno gli occhi dorati, innaturalmente chiari, e lentamente scese fino a terra, lasciando che la carrozza ondeggiasse debolmente. Aveva capelli lunghi e neri, raccolti in una coda bassa, e la pelle candida e fin troppo liscia.
«Ebbene?» sibilò con un sorriso rigido, quando vide i domestici che lo fissavano impalati. «Non raccogliete il mio cappotto?»
Quelli si riscossero all’improvviso, e uno si affrettò a raggiungere il nuovo arrivato e a prendere con mano tremante la giacca di daino che gli veniva porta, giacca impensabile per chiunque, considerato il caldo, ma non per l’uomo dagli occhi dorati.
«Grazie» sussurrò quest’ultimo, in tono di scherno, e rivolse uno sguardo alla carrozza. «Kabuto» chiamò freddo, e dall’interno ombroso si fece avanti un ragazzo dai capelli precocemente ingrigiti, con un paio di curiosi occhiali di vetro in bilico sul naso.
«Mio signore Orochimaru, avete dimenticato il vostro orologio» disse premuroso, scendendo dalla carrozza e porgendo all’uomo che accompagnava un orologio in oro massiccio, con catena.
«Oh, hai ragione» commentò quello, prendendolo dalle sue mani e sistemandolo con noncuranza. «Forza, ora andiamo. Siamo notevolmente in ritardo»
I domestici si fecero bruscamente da parte mentre lui passava, senza più degnarli della sua attenzione. I suoi occhi felini erano fissi sulle torce che illuminavano il viale principale e, più oltre, sulla villa da cui veniva il suono leggero di un valzer.


«Credo che ci siano tutti» commentò Sasuke giocherellando nervoso con un polsino.
«E come fai a dirlo? Sei arrivato solo ora» ribatté Naruto, sollevando verso di lui il calice di spumante che teneva in mano.
«E il mio salone è pieno. Ed è tardi. E i cuochi in cucina sono pronti. Quindi ci sono tutti» sintetizzò Sasuke, palesemente a disagio.
«Uh, non fa una piega!» ridacchiò Naruto sarcastico.
Fermi in cima allo scalone in marmo rosa, i due guardavano gli invitati che bevevano spumante al di sotto, avvolti nei loro abiti migliori e circondati da nubi di profumo.
«Trovati una donna e smetti di bere» fu il commento disgustato dell’Uchiha.
«Nh, una l’ho intravista, forse, biondina... ma non ne sono tanto sicuro, sembrava un po’ troppo dispotica»
«Bionda?» Sasuke fece mente locale. «Ah, potrebbe essere la figlia dei conti Yamanaka: dicono sia diventata una ragazza piacente»
«Piacente? Diamine, con quello che ha addosso quella figliola ci starei bene una vita intera!»
«Non se il suo carattere è rimasto invariato...»
«Conosci anche lei?»
Sasuke si strinse nelle spalle, quasi ingobbendosi su sé stesso.
«Faccio annunciare la cena» svicolò rapido, dando le spalle a Naruto.
Ma prima che potesse allontanarsi fu bloccato dalla sua mano sulla spalla.
«Aspetta un attimo. Io non ho invitato lui!» esclamò sorpreso.
Sasuke si accigliò, voltandosi, e oltre la balaustra chiara vide il piano inferiore e il salone, fino all’ingresso. Davanti alla soglia, un uomo dall’incarnato cereo si guardava attorno lentamente, accompagnato da un ragazzo con i capelli grigi.
«Ma che diavolo ci fa qui?» sussurrò Sasuke, irrigidendosi all’improvviso.
«E’ Orochimaru, vero?» chiese conferma Naruto, incupendosi, e scoccò un’occhiata indagatrice al compagno. «Perché uno come lui è nel ducato? Quando l’hai incontrato, a Torino? E cosa ha a che fare con te?»
L’Uchiha si fece improvvisamente di marmo, serrando le labbra.
«Niente» sibilò stringato, e con uno scossone si liberò della mano di Naruto sulla sua spalla.
Sentì il suo richiamo dietro la schiena, ma lo ignorò e scese i gradini in fretta, facendo risuonare i tacchi sul marmo levigato. Arrivò al pianterreno, nervoso, e avanzò senza curarsi dei cenni degli invitati e dei loro tentativi di attaccar bottone, gli occhi neri fissi sull’ingresso.
Perché è qui?” si chiese, furente. “Come ha saputo del ricevimento? Le voci non possono essere arrivate fino alla corte dei Savoia, a meno che Naruto non sia stato tanto idiota da...!”
Si divincolò dal semi-accerchiamento di un nutrito gruppo di madri in cerca di genero facoltoso, e finalmente incrociò lo sguardo di Orochimaru.
Bastò un solo istante perché le labbra sottili dell’uomo si incurvassero in un sorriso.
E Sasuke seppe che era una minaccia.
«Splendido ricevimento, duca» salutò Orochimaru quando Sasuke lo ebbe raggiunto.
«Che fate qui?» sibilò lui, chiaramente teso.
«Ho sentito del vostro insediamento, duca» commentò l’altro, velenoso e mielato insieme. «Mi è sembrato doveroso passare a rivolgervi i miei rispetti... dopotutto abbiamo avuto un rapporto piuttosto stretto, di recente»
Sasuke si guardò intorno rapido, constatando che nessuno era abbastanza vicino per origliare. Ma quando spinse lo sguardo fino alla balaustra della scalinata, vide Naruto che lo fissava con insistenza, e un brivido d’allarme gli corse lungo la schiena.
«Non qui» disse in fretta, contrito. «Seguitemi»
Orochimaru non si oppose, freddo e pacato com’era. Gettò un’occhiata rapida nel punto in cui aveva guardato Sasuke, e per un attimo, alla vista del ragazzo biondo che lo fissava dall’alto, nei suoi occhi passò un brillio di sorpresa, che fu subito soffocato dal solito gelo.
E quindi seguì Sasuke, che camminava rapido verso le stanze della servitù.


In che pasticcio si è andato a cacciare?” pensò Naruto nervosamente, svuotando il suo calice.
Fece scorrere uno sguardo distratto sulla folla al di sotto, e per un attimo si soffermò sulla porta quasi invisibile, nell’atrio, che conduceva alle cucine e ai locali dei domestici. Sentiva le mani formicolare, e aveva una mezza idea di andare a spiare... Ma Sasuke lo avrebbe ucciso. E non metaforicamente.
Inspirò a fondo, cercando di darsi una calmata.
Sasuke non è un bambino né uno sprovveduto” si disse. “Probabilmente mi preoccupo per nulla, non è tipo da infilarsi in guai troppo grossi”
Eppure non smetteva di essere inquieto.
Sapeva fin troppo di Orochimaru e del genere di affari di cui si occupava: era uno di quei personaggi poco raccomandabili che bazzicavano la corte e risolvevano i pasticci degli altri, e la maggior parte delle volte le sue soluzioni prevedevano qualche morto. Di solito a lui si rivolgeva chi aveva già toccato il fondo e non sapeva più come uscire da qualche guaio.
E allora perché Sasuke...?
Non riuscì a concludere il pensiero, che il rumore di un bicchiere in frantumi lo fece trasalire.
«Oh, m-mi dispiace... I-Io non volevo, non intendevo...» balbettò una voce spaventata, in un angolo del salone.
Accanto al quartetto d’archi che per un attimo aveva smesso di suonare, una ragazza dai capelli nerissimi era chinata a terra e tendeva le mani verso i cocci di vetro, con il viso arrossato.
«No! Ti graffierai!» esclamò un’altra, fermandola un attimo prima che raggiungesse il pavimento.
E quando Naruto la vide alzare il viso, decise che quegli occhi verdi meritavano una maggior considerazione.
Gettò un ultimo sguardo alla porta dietro la quale erano scomparsi Sasuke e Orochimaru, e poi di nuovo alla ragazza dai capelli rossi, quasi rosa sotto le luci soffuse, che aveva fermato l’altra. Un leggero sorriso gli incurvò le labbra, furbo.
Adocchiò un cameriere che si aggirava con il vassoio dello spumante, e decise che se ne sarebbe procurato altri due calici.



In quello stesso momento Sasuke camminava veloce attraverso le cucine, cercando invano un luogo appartato.
Sentiva la presenza di Orochimaru alle sue spalle come una sanguisuga gelida attaccata alla schiena, e il sudore correva sulla sua pelle per la tensione.
Alla fine, esasperato dagli infiniti domestici che incontravano e che li fissavano sbalorditi e preoccupati, decise di prendere la via dell’orto, e uscì nel buio della sera.
«Luogo ameno, nevvero?» commentò Orochimaru quando finalmente si fermarono lungo un sentiero, tra le zucchine e i pomodori. Da qualche parte i grilli frinivano, e lucciole vaghe si posavano sulle foglie e riprendevano il volo.
«Perché siete qui?» scattò subito Sasuke, allentando il colletto della camicia con un dito. «Mi sembrava di essere stato abbastanza chiaro con voi!»
Anche nel buio, il sorriso di Orochimaru brillò sinistramente.
«Chiaro, dite?» ripeté freddo. «I miei ricordi sono diversi, se permettete. I miei ricordi vedono voi che chiedete un servigio a me, ma non voi che pagate per tale servigio»
«Alla fine avevamo abbandonato il progetto!» inveì Sasuke.
«Ma io avevo fatto ogni preparativo» rispose Orochimaru pacato.
Più l’Uchiha si alterava, più lui sembrava sereno e a suo agio.
«Non avevate parlato di nulla di simile!» sibilò furente.
«La morte di vostro fratello è avvenuta prima di quanto prevedessi» Orochimaru fece un cenno vago, annoiato. «Avevamo stabilito che cadesse da cavallo, se ben ricordo, ma il giorno prima della data designata voi avete avuto la brillante idea di sfidarlo a duello e uscirne vincitore. Nonostante le vostre intenzioni di sciogliere il nostro contratto, pensavo che mantenerlo integro sarebbe stata cosa a voi gradita. Ma ahimé, all’ultimo istante sono venute a mancare le condizioni di base, e la vostra fuga precipitosa dal piacentino mi ha impedito di ricordarvi che i nostri accordi erano ancora validi»
«L’avevo sciolto!» lo interruppe Sasuke, stringendo i pugni. «Ero venuto da voi e vi avevo detto di scioglierlo! Vi avevo anche pagato per il disturbo!»
Orochimaru sorrise gentilmente.
«Per quel disturbo, per ciò che avevo preparato fino a quel momento» spiegò con voce vellutata. «Non per gli oneri successivi, che sono stati assai più ingenti»
Sasuke aprì la bocca, e la richiuse. Si passò una mano sulla fronte, sfregando le dita sulla ruga che la solcava, e poi fissò Orochimaru, trattenendo a stento la rabbia. Intravide alle sue spalle il valletto che lo accompagnava sempre, e si rese conto che anche se avesse voluto tentare, non sarebbe mai uscito vincitore da un’eventuale colluttazione.
«Non avrete un soldo di più, da me» ringhiò allora, frustrato.
Come per ogni nobile del circondario, l’ammontare delle sue finanze era soltanto una montatura: sia la proprietà nel piacentino che quella nel pavese erano gravate da debiti più o meno pesanti, e le prospettive non erano certo delle migliori.
Ma Orochimaru gli rivolse una risatina bassa e stranamente pacata.
«Non temete, non voglio certo del denaro» sussurrò, nel buio.
Sasuke rimase interdetto.
«E allora cosa volete?» domandò confuso.
«Il vostro matrimonio»
«Prego?»
«Ho un piccolo debito nei confronti degli Hyuuga, immagino li conosciate» spiegò Orochimaru. «Questa sera sono tra gli invitati, e si dà il caso che abbiano una figlia in età da marito. Per quanto i loro possedimenti siano estesi, il loro titolo è soltanto quello di conti, e sarebbero molto lieti di unire le sorti della loro famiglia alla nobile casata dei duca Uchiha»
Sasuke sbatté le palpebre, a bocca aperta.
«Dovrei sposare l’erede degli Hyuuga?» allibì. «Quella scialba ragazzina incapace di mettere insieme due parole?»
«Dicono che il dono migliore sia quello del silenzio» sorrise Orochimaru.
«Ma... Ma che razza di proposta è?» chiese Sasuke sconcertato e furioso.
«Non è una proposta» il sorriso scemò sul volto pallido. «E’ un consiglio. Un consiglio che terrei particolarmente in considerazione, se fossi in voi»
Sasuke aprì e chiuse i pugni, in fermento.
Un matrimonio di convenienza con la figlia degli Hyuuga, l’insipida ragazzina della quale conosceva a malapena il nome, oppure...
«Se mi rifiutassi?» osò chiedere, rigido.
«Non è contemplato un rifiuto» rispose Orochimaru, immobile.
Il che era sinonimo di arsenico, prima causa di mortalità tra i nobili della corte a Torino.
Sasuke si tormentò i palmi delle mani con le unghie, respirando pesantemente.
Ora che aveva finalmente vendicato la scomparsa dei suoi famigliari ad opera di Itachi, ora che gli aveva impedito di mettere le mani sull’intero patrimonio e si era trovato a capo dei resti del casato, ora che iniziava a pensare di guardare avanti e ricostruirsi una vita, ecco che l’ennesimo ostacolo gli si parava sul cammino.
E ancora una volta non era un ostacolo aggirabile.
Sposarsi...” si trovò a pensare, con una punta di rammarico.
Ma prima che i suoi pensieri prendessero una piega nostalgica, la voce di Orochimaru lo riportò bruscamente alla realtà.
«Naturalmente non pretendo una risposta immediata» disse riprendendo a sorridere. «Ma mi auguro che ci penserete abbastanza intensamente da darmi la vostra risposta entro tre giorni. Oh, e spero che sia positiva. Lo spero intensamente»
Sasuke dovette mordersi la lingua per non sputargli ai piedi.
Ma aveva le mani legate. Con Orochimaru, chiunque aveva le mani legate.
«Mi dispiace, non credo di potermi trattenere per il ricevimento» riprese lui in tono discorsivo, ora molto più asciutto. «Vi faccio le mie congratulazioni e i migliori auguri per il futuro, duca. Ora mi perdonerete se vi chiedo di congedarmi: ho una tenuta oltre il Po, e conto di raggiungerla entro la mezzanotte»
«Prego» sibilò Sasuke, velenoso.
«Ah, un’ultima cosa» aggiunse Orochimaru, giocherellando con l’anello nero che gli circondava l’indice. «Ho notato tra i vostri ospiti il nipote del Re» Sasuke si irrigidì. «Conoscendo la sua spiccata attitudine all’impulsività, vi consiglio di ricordare che il nostro piccolo accordo potrebbe estendersi anche a lui, con onori e soprattutto oneri, se dovesse cercare di aprir bocca su questa faccenda. Naturalmente confido che certe conversazioni restino segrete, ma ci tengo a mettervi in guardia da subito... Non vorremmo mai che gli capitasse qualcosa di spiacevole, nevvero?»
Sasuke fremette.
«Via» sibilò, pericolosamente vicino a perdere il controllo. «Andate via!» gridò alla fine, sovrastando il frinire dei grilli e tagliando l’aria spessa di agosto.
Orochimaru sorrise, sornione.
«Vi auguro una buona serata, duca»


Quando rientrò nel salone, Sasuke non vide nemmeno gli sguardi degli invitati che si posavano sul suo viso arrossato e sul colletto scomposto della camicia. Con il cuore in subbuglio, attraversò il pavimento di marmo e cercò Naruto, colto da un’ansia immotivata.
Guardò in cima allo scalone, ma lo trovò deserto. Allora girò su se stesso, tentando di individuare la sua testa bionda tra quelle degli invitati, ma all’improvviso sembrava che l’intero vicinato fosse composto di tedeschi in villeggiatura.
Poi, tutt’a un tratto, sentì la sua risata levarsi al di sopra del quartetto d’archi. E lo vide, accanto alla piattaforma su cui suonavano, circondato da un piccolo gruppo di ragazze in abiti color pastello, con un calice di moscato che seguiva il gesticolare della mano.
La sua prima reazione fu il sollievo. Un sollievo sconfinato, profondo e, ora che ci pensava, immotivato.
Dopotutto non è che gli stesse poi tanto simpatico quel Naruto. Insomma, non si può dire di no all’amicizia del nipote del Re, ma la sua era più che altro una sopportazione obbligata. Era troppo chiassoso, troppo impulsivo, troppo esuberante, troppo... troppo biondo, persino.
E nonostante ciò, se Orochimaru gli avesse fatto del male Sasuke non se lo sarebbe perdonato.
Naruto era troppo bianco per restare coinvolto nei suoi problemi.
Con un sospiro profondo, risistemò il colletto della camicia e cercò di darsi un tono.
«Sasuke!» chiamò in quel momento Naruto, incrociando il suo sguardo. «Unisciti a noi!»
Lui si accigliò, restio di fronte alla compagnia tutta femminile. Intravide Hinata Hyuuga dietro le spalle di Naruto, e la sua ansia di raggiungerli scemò visibilmente.
Finché non gli cadde l’occhio sulla ragazza alla destra di Hinata. E allora si irrigidì di colpo.
«Dai, vieni!» insisté Naruto, scusandosi con la compagnia e raggiungendolo. «Che figure mi fai fare?» gli sibilò impaziente. «Ho detto a tutte che eravamo praticamente fratelli, non puoi piantarmi in asso ora!»
«L’idea della festa è stata tua» ribatté Sasuke asciutto, fissando ostinatamente uno dei candelabri alla parete. «Io ho fornito solo i locali»
«Ma la festa è in tuo onore!» esasperato, Naruto gli piazzò in mano il suo calice di moscato. «Non fare il solito scorbutico! Un po’ di aura di mistero va anche bene, ma a tutto c’è un limite!»
«Smettila!» sbottò lui, irritato. «Io non posso venire lì!»
«Non puoi?» chiese Naruto, perplesso. «E cosa te lo impedirebbe, di grazia?» aggiunse sarcastico.
Gli occhi di Sasuke sfrecciarono rapidi alla ragazza dai capelli rossi ancora accanto a Hinata. Per un attimo incrociarono quelli verdi di lei, ma li videro ritrarsi subito, fingendo di prestare attenzione a ciò che diceva la bionda che sussurrava guardandoli.
«Non posso, e basta» disse stringato, serrando le dita attorno al vetro fragile del calice.
Con un gesto brusco lo rimise in mano a Naruto, e poi gli voltò le spalle e si allontanò prima che potesse ribattere.






Continua



Allora, questo doveva essere un regalo di compleanno.
Per ieri.
Doveva essere una one-shot.
E' diventata una long-fic di media lunghezza.
Doveva essere una SasuSaku.
In teoria la è ancora, ma mi sa che ci saranno triangoli strambi, e comunque Sakura a malapena si vede in questo capitolo! (è inutile, non posso scrivere di loro e basta!)
Ma che diavolo ho combinato?
Persino il layout fa davvero schifo!

Ad ogni modo, auguri sammy1987! Con un giorno di ritardo, lo so, con un regalo imperfetto, so anche questo, ma ti faccio i miei più sentiti auguri! >_<
L'intera fic è dedicata a te!


Ayachan


PS: gli aggiornamenti saranno più lenti di quelli cui siete abituati! Diciamo che il prossimo capitolo è tra una settimana, eh? XD


  
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