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Autore: Halina    03/12/2013    0 recensioni
[Cast Les Miserables]
[Cast Les Miserables 2012; Aaron Tveit & George Blagden]
E’ tardi, è la fine di una giornata di prove, un George vagamente in paranoia viene intercettato da Aaron e accetta di andare a mangiare un boccone con il Broadway Boy. Ciò che li aspetta include motociclette nel traffico londinese e domande lasciate in sospeso.
Genere: Commedia, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Does Broadway Boy know?'
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Need a ride, Broadway boy ?



[Cast Les Miserables]
[Cast Les Miserables 2012; Aaron Tveit & George Blagden]

E’ tardi, è la fine di una giornata di prove, un George vagamente in paranoia viene intercettato da Aaron e accetta di andare a mangiare un boccone con il Broadway Boy. Ciò che li aspetta include motociclette nel traffico londinese e domande lasciate in sospeso.

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NdA: Dedicata con un mare di affetto a Hikary e ai suoi messaggi fangirlosi in piena sessione di esami <3


Questo delirio è una sorta di seguito a “Birra e Burger: Broadway Boy” ma è comprensibile anche a sé.
Grazie in anticipo a chi legge e se lasciate un commentino fa sempre piacere, enjoy!

Halina

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Aaron scendeva le scale a passo rapido, le mani sprofondate nelle tasche dei jeans, il borsone sportivo che rimbalzava ritmicamente contro i suoi fianchi ad ogni gradino.
George lo seguiva più lentamente, aggiustandosi lo zaino sulle spalle e trafficando con la zip del giubbotto di pelle che, per qualche ignoto motivo, aveva deciso di non collaborare per niente.

“Dunque…” la voce di Aaron fece drizzare il capo a George, che sbatté un paio di volte le palpebre, inquadrando la figura asciutta dell’altro, appoggiato allo stipite della porta: “Sei tu l’esperto di Londra. Hai già in mente un posto in cui si può andare?”

Con un ultimo strattone, George riuscì a chiudere la zip e si schiarì la voce: “Sì, in realtà, c’è un pub carino che conosco dietro Leicester Square.”

“Oh ottimo! E c’è anche la fermata comoda della metro, giusto?” annuì Aaron con aria di approvazione aprendo la porta e facendo cenno a George di precederlo. Il ragazzo sorrise, uscendo in strada: “Veramente c’è anche di meglio della metro…” commentò, accennando con il capo a una Triumph Bonneville parcheggiata sul marciapiede, due caschi legati con un lucchetto al sellino. 

“Bisogno un passaggio, Broadway Boy?” gli chiese, alzando il mento con orgoglio osservando con affetto la sua moto.

“Hem…” fu il commento poco convinto alle sue spalle.

George si girò di scatto per vedere Aaron spostare il peso da un piede all’altro, una mano sul fianco, l’altra che grattava la nuca quasi con imbarazzo.

“Qualcosa non va?” chiese George, tutta la sua sicurezza improvvisamente crollata come un castello di carte.

“No, è solo che… non sono un gran esperto di motociclette…”

George sorrise: “Oh, se è solo per quello stai tranquillo. Lucy è una bimba affidabile, devi solo fidarti del tuo autista di fiducia e aggrapparti a me e…” si interruppe, rendendosi conto di quello che aveva detto e affrettandosi a correggersi “cioè, tienimi come punto di riferimento per l’equilibrio e rilassati. Non è lontano.”

Grazie a Dio… pensò tra sé, improvvisamente iniziando a pensare che non fosse un’idea poi tanto sensata.

“Tieni!” George lanciò il suo casco di riserva ad Aaron, che lo afferrò al volo senza esitazione e si passò una mano tra i capelli prima di sospirare e calcarsi il casco in testa.

George si trattenne dal fare un commento sui capelli del Broadway Boy e tolse la moto dal cavalletto, salendo a cavallo: “Ti spiace metterti in spalla il mio zaino?” chiese ad Aaron, togliendosi lo zaino dalle spalle e infilando a sua volta il casco “E’ più comodo se non c’è niente tra i nostri corp…” si interruppe di nuovo, chiedendosi perché il suo neurone avesse scelto proprio quel momento per andare in vacanza alle Bahamas. “E’ più comodo per te se non hai il mio zaino in mezzo alle scatole.” concluse.

Aaron rise, il suono appena attutito dalla visiera, e si mise in spalla lo zaino, sistemandosi il proprio borsone a tracolla per poi far passare una lunga gamba oltre la moto e prendere posto sul sellino del passeggero.

“Allacciare le cinture, siamo pronti al decollo…” commentò George e sentì Aaron alle sue spalle sobbalzare: “Cinture?”

Mise in moto scuotendo la testa, allibito: “E’ un modo di dire, Aaron…” e senza aggiungere altro diede gas, scendendo dal marciapiede e immettendosi in strada.

Subito, le mani di Aaron gli afferrarono i fianchi in una morsa, il suo petto pressato contro la sua schiena: “Oddio George, ti dispiacerebbe andare un po’ più piano?”
“Non sono neanche a 60 all’ora, più piano di così il primo Dubledecker che incrociamo mi stira…”

“Dubleche?” chiese Aaron, un istante prima che George si lanciasse al sorpasso, sfrecciando in mezzo a due dei tipici autobus rossi a due piani che ingombravano le strade londinesi.

George sentì Aaron trattenere il fiato, la presa sui suoi fianchi che si faceva ogni secondo più spasmodica. Se andava avanti così gli avrebbe lasciato i lividi tempo di arrivare a destinazione.

“Cielo, George! Stai prendendo la rotonda contromano! GEORGE!!!”

George rise di gusto, internamente soddisfatto: aveva appena trovato un punto debole nella perfezione universale di Aaron Tveit: “Rilassati, Broadway Boy. Inghilterra, ricordi? Ci piace fare gli alternativi da queste parti…”

“Ah giusto, girate al contrario. Scusa.” Borbottò Aaron schiarendosi la voce. Per il resto del viaggio rimase in silenzio, aggrappato a George in stile koala, azzardando giusto un’occhiata intorno arrivati a Piccadilly Circus.

“Non sarà Brooklyn ma non è poi male, no?” chiese George, girando a sinistra e imboccando  Shaftesbury Avenue. Rallentò un poco, accennando a lato della via con il capo: “Che ne dici, famigliare?”

Con sua somma soddisfazione, sentì Aaron trattenere il fiato mentre il Queen’s Theatre sfilava loro accanto. Sulla facciata del palazzo svettava la gigantografia di un Enjolras di spalle, che sollevava fiero nel cielo una bandiera rossa.

“Wow..” commentò solo piano Aaron.

“Welcome to West End, Broadway Boy.” Rispose George per poi svoltare in una via laterale e parcheggiare la moto nelle linee tratteggiate.

“Eccoci, spero non sia stato troppo traumatico.”

“Traumatico? Niente affatto!” rispose Aaron drizzando il mento e riacquistando un po’ di dignità mentre scendeva dalla moto e si rimetteva in piedi. Per un attimo parve  così simile ad Enjolras che George dovette trattenersi dallo scoppiare a ridere.

Legati i caschi, e data una sistemata ai capelli del Broadway Boy, i due varcarono la soglia del locale prendendo discretamente posto in un tavolino rotondo vicino alla finestra.

Una volta seduti, Aaron prese il menù pieghevole e fece cenno a George di avvicinarsi, in modo che potessero leggerlo insieme. Badando a tenere la gambe bene incastrate sotto la sedia, George si spostò un poco; in un silenzio tranquillo rotto solo dal chiacchiericcio degli altri avventori e dalla radio in sottofondo, fece scorrere gli occhi sulla lista fino ad adocchiare un fish and chips e una birra chiara.

Prima che potesse dire qualcosa, Aaron alzò a sua volta lo sguardo con un sorriso: “Se mi dici cosa vuoi vado ad ordinare.”

“Menù 4” rispose George indicando con un dito per poi chiedere: “Tu?”

“Double cheeseburger e una Coca Zero.”

“Coca zero?” chiese George stupito e forse, per qualche ignoto motivo, un po’ contrariato.

“Sì, perché?”

“Niente… è solo che avevi detto birra e burger…”

Aaron sorrise bonario, posandogli una mano su una spalla: “Lo so, ma in verità non bevo mai alcolici nei periodi in cui lavoro con la voce.”

“Ah.” Fu tutto ciò che George riuscì ad esalare, sentendosi improvvisamente colpevole.

“Come mai così contrariato? Speravi di farmi ubriacare e approfittarti di me?” chiese Aaron strizzandogli un occhio.

Detto questo si alzò, dirigendosi al bancone a lunghe falcate, e lasciandosi alle spalle un George agonizzante, apparentemente colpito da una fulminea crisi respiratoria.

Maledetto Broadway Boy.
  
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