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Autore: MadCheshireCat    03/12/2013    1 recensioni
Persino nella freddissima Hasgard a volte le cose si fanno accese, specie quando durante una cena viene a mancare il condimento più importante. Quando a questo si aggiunge Alberich che ha alzato un po' troppo il gomito, beh, la serata per Mime non si preannuncia affatto elettrizzante. Breve one shot ispirata dall'oramai 'famoso' prompt maker che mi da le peggiori idee.
Genere: Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Crack Pairing | Personaggi: Alberich / Megres, Altri, Mime / Mime
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sono del parere che i poveri russi asgardiani vengano un po' troppo snobbati- Certo non sono importanti tanto quanto altri, ma secondo me un minimo d'attenzione se la meritano. Forse non la mia, ma va beh!
Oramai quel prompt maker mi fa scrivere di tutto, su tutto, anche cose alquanto crack. Come questa.

L'ho riletta più di una volta, ma qualche errore mi sarà come al solito scappato, anche se spero di no. Bene, enjoy the crack!

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"Per l’amore di Odino, tappatevi la bocca!" La voce di Hilda si levò alta su quella degli altri commensali, tanto alta da far volare a terra Fenrir al quale venne pure mezzo infarto, giusto per completare la caduta con stille. La ‘regina’ di Hasgard si sedette e tirò un lungo sospiro, guardandosi in giro con aria guardinga prima di calmarsi: si era creato un brusio fin troppo alto, che si era presto trasformato in un cicaleccio che di umano aveva ben poco, costringendo la donna ad intervenire.

"Thor, molla la coscia! La voglio io!" Hagen si era praticamente allungato sul tavolo, una cosa che il ragazzo tanto rispettoso non avrebbe mai fatto: si sospettava che probabilmente si era arrischiato a fare una cosa simile solo per impressionare Freja, che lì accanto fissava con fare sconcertato come l’uomo più alto della stanza distanziava bellamente il cibo dal biondino furente.

Fenrir si era ripreso dal volo della quaglia che aveva fatto, borbottando tra sé e sé quanto fosse più semplice contendersi un pezzo di alce morto con i suoi lupi piuttosto che con gli altri uomini lì presenti- Motivo per cui si concentrò solo sul suo piccolo arrosto che era riuscito a sottrarre alla guerra di mani e denti che si stava svolgendo di fronte a lui. Con fare sospetto, picchiettò la spalla di Syd chiedendo quasi con timore se potesse passargli il sale- Timore causato dalla semplice paura di sentirsi dire ‘Scusa, il sale é volato dall’altra parte del tavolo ed é irrecuperabile.’

"Sale? Bud, hai visto il sale?" "Come? Abbiamo del sale?!" Ecco, esattamente come temeva, niente sale. Sperava soltanto che l’arrosto fosse ben cotto, l’ultima volta era andata molto male- Non che a lui la carne cotta non garbasse, tutt’altro! Però l’avevano sgridato più di una volta dicendogli che non era il caso di ‘ingollare carne cruda a mo’ di bestia’, quindi non era il caso di disobbedire.

Il livello di caos aveva raggiunto un livello vivibile, se non fosse stato per un Alberich particolarmente brillo che agitava in giro bicchiere e bottiglia, facendola spesso passare a pochi centimetri dal viso di Mime, che ogni volta doveva scostarsi o abbassare le testa per evitare che i suoi connotati venissero bellamente rifatti. Dal canto suo, il suonatore si era abituato al comportamento spesso molesto del suo collega, ma quella sera stava davvero superando sé stesso.

A quanto pare si stava non poi così sommessamente lamentando del fatto che Siegfried, pur essendo il bellimbusto che era, si era beccato la donna più bella di Hasgard, senza veramente essersi impegnato (Falsità vera propria, dato che il corteggiamento era durato anni ed anni a dire poco. Basti pensare che Hagen ancora stava corteggiando la sorella minore!).

"Non farti sentire, altrimenti si ricomincia col pestaggio." Mime non lo diceva per preoccupazione nei confronti dell’uomo accanto a sé, voleva semplicemente evitare di doversi sorbire l’ennesimo litigio tra uomini che si credevano troppo mascolini e troppo belli per stare nella stessa stanza, eh. "Oooohhh, ma ti preeeeegggo!" Alberich fece un gesto a dire poco teatrale con la sua mano, un po’ come dire ‘sai cosa me ne importa’ semplicemente agitando le braccia.

Mime roteò gli occhi, lasciando perdere qualunque tipo di tentativo di calmare il suo rumoroso commensale: fatica e fiato sprecati, meglio concentrarsi sul cibo che aveva davanti, per quanto la fame l’aveva abbandonato quando il barattolino del sale lo aveva centrato in pieno viso per poi cadergli nel piatto, salandogli a dismisura il pesce, trasformando il suo filetto di sgombro in baccalà estremamente salato.

"E tuuu?" Sentì di nuovo la voce di Alberich, cosa che lo preoccupò molto. Perché lo stava interpellando? Che voleva? Invece di rispondergli, tenné il viso basso, osservando come persino il suo controrno d’insalata si era inaridito a causa dell’eccessiva salinità. Che fame…

Un potente buffetto sulla spalla lo fece trasalire e girare, almeno abbastanza da poter offrire al suo dannatamente fastidioso ed ubriaco collega uno sguardo lievemente irritato- Lievemente perché Mime raramente s’arrabbiava per davvero ed era troppo calmo per ribattere e cercar grane. Motivo per cui Hilda e Freja apprezzavano la sua presenza più di quella degli altri.

"E tuuu?" Ripeté imperterrito Alberich, solo per ricevere l’ennesima domanda confusa come risposta "E io cosa?". Con uno sbuffò si versò dell’altro vino, per poi trangugiarlo come se non bevesse da anni: era strano che si comportasse così, ma era meglio non porsi troppe domande, vero?

"Tu cosa ne pensi? Non lo invidi? Non vorresti qualcuno a cui volere bene-" Ma quanto aveva bevuto per dire una cosa simile? Mime quasi sbiancò d’innanzi alla possibilità di scoprire che in realtà Alberich un cuore ce l’aveva, ma tutti i dubbi si dissiparono quanto il giovane completò la frase "- E con cui darsi alla pazza gioia a letto?"

"Nel tuo caso, non intenderai qualcuno da controllare a tuo piacimento?" Disse il suonatore con tono acido, prima di tornare a concentrarsi sul suo cibo ridotto a stoccafisso, solo per essere girato a forza da un dannato che non lo voleva far proprio mangiare. "Seeeh! Non stiamo parlando di me! Si sa che a letto io sono moooltooooo ricercato…" "Strano che la tua camera sia sempre vuota e tu sia sempre solo nel letto." Mime era anche conosciuto per il suo freddo cinismo, che spesso e volentieri sguainava di fronte a coloro che non lo lasciavano stare.

Con una smorfia, Alberich sbatté il pugno sul tavolo, facendo saltare in aria stoviglie varie e fece ballare la samba allo sgombro sotto sale. “Bada a come parli, altrimenti-” “Altrimenti cosa?”  Il ‘cavalier dell’ametista’ storse la bocca: come osava quel maledetto pel di carota sfidarlo a quel modo? Chi si credeva di essere?

"Voi due lì in fondo, guardate che vi sento!" Di nuovo fu Hilda a zittire la sala, solo che questa volta tutti si girarono verso i due che furono direttamente interpellati. Se il suonatore abbassò la testa come per chiedere scusa, l’altro fece semplicemente un suono infastidito col naso prima di alzarsi per andarsene, senza aggiungere una parola.

Il silenzio la fece da padrone a lungo almeno finché la voce di Fenrir non fendette l’aria, con giubilo. “Il sale, il sale! Ecco dov’era!”

—-

In una reggia tanto grande quanto quella di Hasgard c’erano soltanto due bagni. Il motivo? Le tubature di tutti gli altri si erano congelate e costava troppo farle decongestionare, di conseguenza ci si doveva abituare all’idea che ben otto uomini (le sorelle regali avevano il loro bagno) dovevano condividersi un singolo bagno e una singola doccia.

Per loro grande fortuna, i due gemelli erano ben felici di entrare in bagno insieme per farsi la doccia in una volta oppure per lavarsi i denti insieme- Ma finiva lì la condivisione, tutti gli altri proteggevano il loro ‘bath-time’ con le unghie e con i denti, arrivando anche a ringhiarsi addosso (Fenrir) per potersi accaparrare la tanto sospirata pausa bagno.

Quindi dopo ben un’ora di fila, Mime era riuscito a raggiungere la doccia e dato che era effettivamente l’ultimo della fila, non si fece problemi a non chiudere a chiave, mostrando di fidarsi un po’ troppo dei propri compagni. Tuttavia, complici della sua strana e appena ritrovata ‘fiducia’ erano la stanchezza e l’ora tarda: tutto ciò che voleva il poveretto era farsi una bella doccia, lavarsi i denti ed andare a letto per potersi finalmente riposare.

Il Valhalla e l’intero pantheon norreno, apparentemente, non erano della stessa idea. Il musicista si era appena tolto le vesti, si era messo sotto l’acqua amorevolmente tiepida da meno di qualche minuto che, con un tonfo secco ed orribile, la porta fu aperta ed un Alberich dal colorito cinereo si gettò con tutte le sue forze sul gabinetto per potervi riversare i contenuti dello stomaco.

Mime si chiese, per un secondo, se quell’essere si meritasse la sua pietà. Chiunque altro avrebbe urlato o avrebbe pestato il già moribondo poveraccio, ma non lui. Con calma invidiabile, il musico uscì dalla doccia, approfittando dell’ovvia distrazione dell’altro per potersi furtivamente coprire e fuggire dal bagno.

Pietà, sì, aiuto, no.

—-

Era stata una giornata infernale. Niente cena, quindi lo stomaco brontolava. Mezza doccia, quindi si sentiva pulito solo a metà ed ora nemmeno riusciva a chiudere gli occhi per dormire come si doveva!

Fissava il soffitto, giocherellando con alcune ciocche dei suoi capelli, sospirando di quando in quando: tutte le sue sfortune aveva un filo rosso che le collegava, o meglio, un filo rosa come la testa di Alberich. Non solo aveva la sfortuna di sedergli vicino, ma sembrava anche che proprio per quel motivo il fetente si sentiva autorizzato a stressarlo senza motivo, cosa che non gli faceva per niente piacere.

L’ennesimo brontolio dello stomaco lo fece piegare in due, in modo da raggomitolarsi in posizione fetale, come se almeno così potesse supplire al bisogno di cibo. Alla fine, gli serviva soltanto a tentare di dimenticare la propria fame, inutilmente.

Mime si alzò di malavoglia, ma non ce la faceva più, doveva mettere qualcosa sotto i denti, qualunque cosa fosse edibile gli sarebbe andata bene. Sgattaiolò in cucina per controllare i vari scaffali ed aprire le ante di ogni armadietto, solo per trovare un magro bottino: un pezzo di crostata e del succo di pera. Meglio di niente, la fame che lo attanagliava lo avrebbe spinto ad uscire ed uccidere una renna con le sue stesse mani-!…Per poi pentirsene amaramente, essendo lui contro la caccia. Pesca sì, caccia no.

Si mise a smangiucchiare la torta con fare quasi colpevole, come se fosse un traditore della patria, quando in realtà era solo un poveretto affamato. Ed era stato beccato dalla sua peggior nemesi.

"E tu che ci fai sveglio?" Alberich non rispose alla domande, anzi, brontolò qualcosa e si mise seduto davanti a lui, appoggiando la testa al tavolo. "…Lasciami indovinare, post-sbornia?" Ancora nessuna risposta. A quel punto preferì continuare a bere e mangiare come se niente fosse, ignorando persino i rumori molesti che venivano dallo stomaco dell’altro.

—-

"Si può sapere perché mi segui?"
"Perché, non posso?"
"La tua presenza rende difficile il mio tentativo di dormire."
"Ma non siamo ancora in stanza."
"Quando lo saremo, tu te ne andrai."
"Non prometto niente."

Mime si trattenne dal borbottare per l’ennesima volta: troppo borbottare durante quella giornata, troppo, quindi decise di tornarsene buono buono in camera per poter finalmente riposare come si doveva.

Si mise a letto e si coprì come se fosse solo, sperando di essere da solo e per qualche momento ebbe l’impressione di essere finalmente sereno ed in solitudine. L’errore fatale fu quello di chiuedere gli occhi e di fidarsi, di nuovo.

Non passò appunto molto tempo prima che il materasso si piegò sotto un altro peso, subito seguito da un braccio sui suoi fianchi ed una testa appoggiata alla sua. “…Stanco di avere il letto vuoto?” il musico era troppo stanco per potersi liberare dalla presa, ma non abbastanza stordito da non poter stuzzicare l’uomo attaccato a lui. “Silenzio. Sono qui solo perché l’altra volta ero riuscito a dormire benissimo-” “…Quale altra volta?” “Lascia stare.”

Passarono alcuni momenti, durante i quali nessuno dei due osò parlare- Com’era prevedibile, fu Alberich ad interrompere la pausa. “E se magari-” “No, scordatelo, non te la cedo la mia camera.”

  
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