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Autore: Deceptia_Tenebris    03/12/2013    2 recensioni
Tutti noi conosciamo la vita di Leonardo da Vinci.
Chi non può non conoscerlo?
Chi non conosce le architetture maestose, le sue ingegnose teorie e invenzioni, o ancor di più le sue opere artistiche?
Ebbene dimenticate tutto questo.
Dimenticate ogni cosa che conoscete di lui.
Perché nessuno ha mai scoperto o curiosato nel suo passato più oscuro.
Nessuno ha mai capito, il segreto delle sue opere.
Nessuno ha mai capito il segreto della famosissima Gioconda, la sua opera più importante; di come i suoi occhi sorridessero più della bocca, di quell'opera che sembrava di vivere di vita propria.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Il segreto dell'artista

 

 

Il genio si muove della follia,
nel senso che si tiene a galla
là dove il demente annega.

Paul Valery

 

Taci ti prego,
resta così immutabile

L.F.Celine


 

«La ringrazio per la sua visita, Leonardo» mi ringraziò il signore davanti a me con il volto raffinato e asciutto corrucciato in un'espressione impassibile. Le rughe intorno agli angoli degli occhi erano distese, rilassate.
«E' stato un piacere» gli concessi con voce altrettanto neutra, attendendo con una certa curiosità e con un pizzico d'impazienza il motivo della sua chiamata. «Allora, come posso aiutarvi? Cosa dovrei fare per lei? Se non sbaglio, avevate accennato ad un ritratto» aggiunsi, alzando un sopracciglio e guardandolo con curiosità.
Il ricco borghese annuì, corrugando appena la fronte e lasciando trapelare l'ansia che provava, ma senza abbandonare però l'aria altezzosa e distante con cui i suoi occhi mi guardavano. «Ciò che dite, è esatto. L'ho richiesta per un ritratto» confermò. Accennò ad un sorriso. «Ma non mio» smentì.
Alzai un folto sopracciglio e lo trafissi con un'occhiata, attendendo che continuasse a parlare per spiegarsi. Sebbene avevo una vaga idea di chi potesse essere il soggetto, assottigliai la bocca e attesi.
L'uomo si schiarì la gola. «E' per mia mia moglie, Lisa Gherardini del Giocondo» mi rispose quasi scandendo la frase, «Dobbiamo assumere una certezza importanza di fronte agli occhi della famiglia Dei Medici e vorrei che questo ritratto venga fatto dal migliore in circolazione». L'immagine della donna passò rapidamente come un lampo di fronte ai miei occhi, più vivido che mai ma mantenni un'espressione impassibile nonostante il cuore che batteva frenetico. «Penso che la conosciate» insinuò l'altro, affilando gli occhi scuri con sospetto, come se volesse leggermi dentro.
Annuii con calma e inarcai appena un sopracciglio con fare di sfida. «Certamente. Il suo nome è giunto fino a me, e di certo non si possono ignorare le sue origini; Mi sorprende che desiderate ancora più visibilità di quanto voi abbiate» aggiunsi freddamente.
Infatti le origini di Lisa del Giocondo erano piuttosto vaghe ma anche molto importanti: si diceva che fosse una principessa Dei Medici oppure una famosa duchessa spagnola. In ogni caso il mercante, suo marito, aveva una visibilità da parte delle famiglia reale che molti avrebbero invidiato. Se ne desiderava ancora, non ci voleva essere un genio nel capire che fosse un uomo avido di attenzioni. Quest'ultimo di fronte alla mia insinuazione, assottigliò le labbra piene e contrasse con fermezza il mento intimandomi di frenare la lingua.
«Il potere non è mai troppo in caso di necessità» ribatté con ugual freddezza, «Per questo motivo desidero e vi ingaggio di farle questo ritratto. Sono consapevole che lei è molto impegnato ma...»
«Accetto con piacere» lo interruppi accennando ad un sorriso. «I miei impegni sono la sua ultima preoccupazione, interferiranno quel poco ch'è giusto, siate sicuro» dissi accarezzandomi sovrappensiero la barba bianca.
«Bene».
«Quando volete che iniziamo, domani? Se incominciamo da subito, in poco tempo sarà concluso» mi giustificai con voce innocente, anche se le mie intenzioni erano tutt'altro che innocenti.
Il borghese ci cascò comunque, per niente sospettoso.
«Non c'è nessun problema. Verso l'alba va bene?» mi domandò.
Annuii. «Ora se mi permettete» aggiunsi, «mi devo congedare. Non posso trattenermi oltre» dichiarai con voce stanca.
L'uomo annuì a sua volta e si sistemò la giacca di pelliccia con rifiniture di velluto rosso. «Vada pure» mi concesse con un gesto sbrigativo della mano, «Anzi mi dispiace di averla trattenuta oltre. Io avviserò mia moglie per domani».
«Perfetto» bisbigliai con voce impercettibile.”

 

Una carrozza non troppo appariscente fece la sua comparsa davanti alla mia bottega, che oramai era divenuta la mia casa. Scese da quella carrozza, un elegante signora con il viso coperto da un velo trasparente nero e si accostò a me con passi lenti e misurati, seguita dal suo servo. Quando si fermò di fronte a me, contemplai il poco che potevo vedere con fare minuzioso; quando si fermò davanti a me, sollevò il leggero velo e lasciò scoperta tutta la sua bellezza particolare.
La prima cosa che ammirai furono i suoi occhi: scuri e ardenti, come carboni che brillavano evanescenti e intensi; nel frattempo la donna avvicinò cautamente la mano a me. L'afferrai prontamente, le baciai lieve le dita sottili e alzai lo sguardo su di lei. Quest'ultima arrossì. «Elisa».
«Leonardo» mi salutò con voce impassibile e fredda, che avrebbe tratto in inganno qualsiasi uomo ingenuo, per poi aggiungere con un sopracciglio inarcato «Il lavoro è terminato?».
Annuii con fare impercettibile ma deciso. «Giusto qualche dettaglio da ultimare» confermai.
Sospirò profondamente e se alle orecchie altrui poteva parere un sospiro di sollievo, io riuscii a scorgere una note dolente, di sofferenza che gli colorò la voce e gli incrinò il tono. «Bene allora. Marco potete andare» concluse infine con tono sprezzante, granitico, che non ammetteva una replica o un instante in più di quella persona su quel posto. Il servo le fece un breve inchino, un cenno e due parole in croce, e se ne andò; aspettammo che la carrozza se ne fu andata e giunse lontano all'orizzonte, che appena fu lontana dalla nostra vista l'ospitai dentro e appena la porta si chiuse alle nostre spalle, l'attirai a me e appoggiai le labbra sulle sue, baciandola dolcemente. Fu un bacio breve per non farci trascinare dalle emozioni, ma non significava che esso n'era privo.
«Oh Leonardo» sospirò lei con tono affranto e soffocato dalla passione che tentava comunque di reprimere. Con il palmo della mano le accarezzai la pelle vellutata, così morbida e fresca da essere una delizia al tatto. «Cosa c'è, mia colombella?» le domandai con sguardo delicato e gentile. Lanciò un sospirò e un gemito quando le depositai un bacio cordiale nel collo, incitandola ad aprirsi.
«Dobbiamo terminare, se no mio marito potrebbe avere più sospetti di quanto ne abbia già» dichiarò tristemente e con tono offeso, come l'improvvisa attenzione che il marito riservava verso i suoi confronti l'avesse irritata più del lecito. Mi allontanai da lei e l'osservai nei densi occhi neri come l'ossidiana, ardenti di passione e amore che riservava a me e pesai la sincerità totale delle sue parole; nascosi l'insoddisfazione di quella notizia, sebbene lo sospettassi a mia volta da molto tempo, e smorzai l'improvvisa tensione con un sorriso confortante qualche parola gentile, conducendola nel mio studio e attento che nessun allievo potesse disturbarci o interromperci. Lei era una donna di grande dolcezza, a volte estremamente capricciosa e altezzosa dovuto all'educazione impartita dal suo titolo misterioso ma sopra ogni suo difetto, lei si era legata a me ed era diventata mia. Ma la sua anima non era completamente mia se non si dichiarava apertamente, come almeno desiderava il sottoscritto”.

 

 

Con un tocco finale del pennello, terminai le labbra piene del ritratto, desideroso di passare immediatamente agli occhi, allo sguardo di fuoco. Ma c'era un dettaglio che mi rendeva spazientito, come se l'atmosfera non fosse quella che desideravo e ci fosse un qualcosa che mancasse per rendermi inspirato.
E comprendevo perfettamente il motivo di tale insoddisfazione.
Sapevo ch'era colpa sua, sapevo che quelle sensazioni sgradevoli erano dovute per la sua presenza e al suo animo che non erano ancora completamente miei e non potei non lanciarle una breve occhiata con sguardo gelido e analitico, cogliendo all'istante la differenza che mancava per rendere il quadro perfetto.
Era immobile e retta nel suo posto, le labbra tirate in un sorriso accennato e altezzoso, ma gli occhi non erano illuminati nel modo giusto, il bagliore era di adorazione assoluta e anche di distanza, ma non bastava. Il colpo d'illuminazione abbagliò la mia mente e un'osservazione più che palese mi fece comprendere appieno quando doveva dichiararsi e come risolvere il problema con il mio quadro. Ma sapevo ch'era troppo orgogliosa per fare il primo passo come sapevo che doveva incoraggiarla nel punto giusto per fare socchiudere quelle labbra e farle dire ciò che bramavo ormai da tempo. «Lisa, mio amore?» la chiamai gentilmente, passando con naturalezza al tu quando eravamo in intimità. La diretta interessata mi osservò e inarcò appena le sopracciglia delicate. «Che cosa accadde Leonardo? Non sto per caso facendo il mio dovere?» domandò ansiosamente.
Accennai ad una discreta risata.
«Non lasciatevi invadere dall'ansia, mia cara Lisa» l'ammonii amorevolmente, «Volevo solo dirvi che vi amo».
Appena pronunciai quelle parole, il viso s'illuminò di una luce propria facendo brillare a sua volta gli occhi neri come l'inchiostro di quel bagliore che tanto sospiravo, che la rendeva perfetta. I suoi tratti sembravano rispecchiare i miei, la gioia sembrava sinonimo della mia anche se per ragioni differenti. La mia gaiezza era dovuta dall'arrivo imminente della perfezione su quel quadro, la sua per le parole pronunciate dalla mia persona. Le sue iridi scintillavano come gemme, sorridenti e densi di amore.
Sembrò trattenere un sospiro sollevato. «Anch'io vi amo, Leonardo. Vi darei la mia stessa anima per rendervi felice».
All'ultima frase che scandii, i miei occhi si sgranarono stupiti, il mio spirito veniva rinfrescato da quelle parole come acqua fresca in una giornata torrida e le mie mani sussultarono appena per l'emozione che si sciolse dentro di me. Quelle parole erano il colpo finale, lo sapevo. Neanche io avevo preteso tanto da lei eppure me le aveva donate con naturalezza, un dono che avrei cullato e portato sempre con me. Lo stupore nella mia voce era palese quando le domandai fremente: «Dite sul serio, mio angelo? Nel vero senso della frase, mia cara?». I suoi occhi divennero ancora più accessi, divampavano per la sincerità totale delle sue parole come scintille di un rogo nero.
«Non potrei essere più onesta, Leonardo» confermò con delicatezza. A quel punto un vento sferzò bruscamente dalla finestra socchiusa, muovendo le pesanti pieghe di velluto nero del suo abito e facendola rabbrividire, ravvivando i suoi capelli bruni da sotto il velo come una brezza marina leggera e gelida e facendo tremolare inusualmente le fiammelle delle candele all'interno della stanza. L'aria si raffreddò velocemente non più riscaldata dal tiepido tepore delle fiamme, come se fosse una rigida giornata d'inverno e non una mite notte primaverile. Guidato da un impeto sconosciuto che staccò la mente dal corpo e dominava sovrano su quest'ultimo, guidando i miei gesti e i miei arti senza che io potessi ribellarmi, mi accostai alla figura sinuosa di lei e con gesti morbidi le presi il volto tra le mani, accarezzando le gote scavate con i pollici e sentivo la sua pelle fremere per il freddo e l'emozione, la bocca socchiudersi indecentemente per l'intensità del contatto così lieve e instaurando un legame di sguardi assieme alla mia musa con occhi criptici, comprendendo che il momento non poteva essere più perfetto, più sublime.
Mi protesi verso di lei con lentezza calcolata, come se volessi baciarla per suggellare quelle parole e con un tocco delicato come il battito di una farfalla, allontanai una mano dal suo volto e la feci scivolare nella tasca, per poi estrarre una lama affilata.
E poi la colpii.
Le colpii il petto, dritto nel cuore con tutta la forza che possedevo e da Lisa non uscì nemmeno un suono, se non un sospiro per il suo ultimo respiro che pareva leggero come se le avessi dato un bacio.
Il sangue usciva dal cuore ormai fermo, imbrattando gli abiti regali di quel liquido ferroso e l'adagiai per terra, studiando l'espressione della mia defunta musa e compiacendomi che non avesse subito una lotta, mantenendo intatta quegli occhi lampeggiati di luce, di amore e di mistero.
Di segreti. Il segreto dell'omicidio.
Aveva un'aria così immutata che mi deliziò immediatamente, gli occhi erano rimasti gli stessi nonostante erano rimasti privati dal bagliore della vita e sostituiti da quelli dell'amore e del segreto, le labbra ormai scolpite in quel viso pallido e freddo come il ghiaccio, che sorridevano appena come desideravo. Se la perfezione avesse avuto un volto, sarebbe stato quello e la morte gli aveva donato quella giusta ombra che non guastava. Intenzionato a terminare quel quadro che portavo avanti da un paio di anni, mi pulii accuratamente le mani sporche di sangue e presi il pennello per terminare di dipingere i suoi meravigliosi occhi. Ero governato da una sensazione che mi avvolgeva nell'oscurità del peccato che tanto amavo, mi allontanava da quella luce di ipocrisia che la Chiesa emanava con le sue bugie, e l'oscurità del mio gesto criminale smontava ogni membra del mio corpo con una scarica elettrica che mi faceva sudare per l'eccitazione, mentre le fiammelle continuavano a tremare debolmente senza sosta, sebbene la breve brezza che aveva preannunciato la morte di Lisa fosse scomparsa.
E quando terminai l'opera, la mia opera, l'osservai ammaliato con lo sguardo di un ceco che vedeva per la prima volta la luce del sole, con gli occhi di una madre che vedeva la sua creatura per la prima volta. Era così perfetta, così incontaminata.
C'era la sua luce, dietro i suoi occhi ridenti ed enigmatici riuscivo a scorgere la mente elastica e vivace che apparteneva alla musa del mio animo e per donarle una vita che le avevo strappato, mi avvicinai tranquillamente al corpo afflosciato rigido a terra, con gli occhi che in quel momento era intrise dell'orrore dell'omicidio e le baciai le labbra gelide e insensibili da sembrare di pietra, aspirando il suo profumo per poi accostarmi nel quadro, ed a un centimetro dalla tela in cui avevo ritratto le sue labbra soffiare addosso il suo odore, come se le donassi un'altra vita. Terminato il mio gesto, mi allontanai di un mezzo passo per ammirare nuovamente il piccolo ritratto e alla luce pallida della luna, la perfezione di quel viso sinonimo dei miei tratti -come se fossimo diventati una persona sola- mi sbalordiva, mi riempiva il cuore di un orgoglio e un amore inaudito, che non avevo mai percepito per nessuna delle mie opere. Il mio lavoro era terminato, la perfezione resa reale ai miei occhi.
E prima che me ne scordassi, guardai per l'ultima volta il corpo morto della donna con occhiata gelata, e con la lama di prima estrassi accuratamente gli occhi scuri e bellissimi come ricordo, per non scordarmi mai della donna che mi aveva elogiato del suo tempo e della sua bellezza per soddisfare le mie insane ossessioni.
Poi trascinai il corpo al di fuori dello studio e lo bruciai, non volendo utilizzare per le mie dissezioni, e ritornando di nuovo nella stanza in cui giaceva tranquillamente il quadro, pulii il sangue accuratamente. Completata la pulizia, volsi un altro sguardo verso di lei, ormai la luce dei miei occhi. Avvicinai la mano verso il ritratto, vicino ai suoi capelli e feci il segno di accarezzarli, come se li avessi tra le mani e giocassi scherzosamente con le ciocche fine, mormorando cordiale e freddo:
«Mia cara Lisa, vi ho donato una nuova vita. Siatene contenta, perché la vita passata non era degna di voi e non compiaceva i vostri desideri. Siete fiera del vostro nome, nel vostro sorriso, e godete del dono che vi concesso. Voi prima eravate l'ombra di un marito indegno e avido di potere, priva di attenzioni e in cerca di un amore che non vi ha mai donato nessuno.

Ora guardatevi! Vi portò sempre con me, ogni persona non potrà non ammirarvi senza rimanere senza fiato, senza guardarvi negli occhi e ammirando e bramando la vostra luce, il vostro segreto. Riceverete le attenzioni e l'amore a voi negato, e sarete oggetto di meraviglia e suggestione agli occhi di tutti per il resto della vostra esistenza. Compiacetevi quindi del nostro arcano segreto e non svelatelo a nessuno per non sminuirvi di carisma» le suggerii.
La luce della luna si fece più luminosa, gli occhi più intensi e consapevoli. Sì, avrebbe mantenuto il segreto.
Il segreto del suo omicidio.”

 

 

«Leonardo, il vostro lavoro...è sublime» si congratulò l'uomo perplesso, confuso dalla tecnica che avevo utilizzato.
«La ringrazio» mormorai con voce neutra, quasi infastidito che l'ammirasse fin troppo a lungo e increspando le labbra in una linea rigida. Il borghese non parve accorgersi delle mie reazioni, troppo ottuso e coinvolto nell'ammirare la mia opera di perfezione.
«Il sorriso, i tratti delicati. Sembrano sfumare in una sottospecie di nebbia, come se fossero inconsistenti. Solo gli occhi sembrano reali, tangibili, come se brillassero di vita propria» aggiunse strabiliato.
Un discreto sorriso scaltro oscurò il mio viso. «Posso dire che la vostra graziosa moglie ha donato l'anima in questa opera» mi giustificai freddamente, con l'odore della morte che mi solleticava ancora le narici.

   
 
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