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Autore: Poj_    03/12/2013    1 recensioni
Mi accascio a terra e mi raggomitolo con le ginocchia al petto, pregando Dio affinché tutto questo finisca il prima possibile. Sono sola, ho paura e vorrei piangere. Cerco di trattenermi dal farlo e per riuscirci infilzo le unghie nella carne del mio braccio da sotto il maglione e la graffio ripetutamente nel disperato tentativo di concentrarmi sul dolore fisico e non su quello psicologico … niente da fare, è tutto inutile.
Mi sento debole e quasi patetica quando le lacrime iniziano a sgorgare numerose dai miei occhi color pece, offuscandomi la vista e rendendo il mio respiro ancora più irregolare e affannato.
Il tocco dolce di una mano sulla mia spalla mi fa perdere un battito dalla paura e terrorizzata, inizio a singhiozzare ancora più forte, nascondendo il volto tra l’incavo delle ginocchia.
Non possono essere venuti a prendermi, non possono … cerco di auto-convincermi, ma in realtà sono più che sicura che quella mano è di uno di loro.
Genere: Horror, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Justin Bieber
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Panic

Il campanello suona producendo il suo tipico rumore, che però arriva alle mie orecchie come una dolce melodia.
Lali, sono arrivati i nonni! Scendi le valigie” urla mia madre da infondo alle scale del condominio e io ubbidisco, sotto il peso di due enormi sacche.
Mi raccomando, fai la brava” dice lei prima di salutarmi e io ricambio felice per poi uscire e richiudere dietro di me il massiccio portone di legno.
E’ una gelida mattina di dicembre e nebbia e brina si infiltrano in ogni dove dalle fessure del mio maglione facendomi quasi tremare di freddo. Cerco di non dare troppo peso alla cosa e correndo raggiungo il camper, dove mia nonna e mio nonno mi attendono raggianti già pronti a partire.
Stringo in un abbraccio sincero entrambi e li ringrazio per i sette giorni di vacanza che mi stanno per regalare poi, aiutata da mio nonno, carico le valigie sul retro del veicolo e mentre lui se ne torna al posto del guidatore, io mi stendo sulla dinette e sfilo gli auricolari dai miei jeans.
Senti freddo? Devo accendere il riscaldamento?” chiede mia nonna con voce velata e io annuisco e ringrazio.
Amo quella donna, amo lei e le sue premure. Molti dei miei amici si lamentano di tutte le attenzioni che i nonni ripongono nei loro confronti, io invece mi ritengo una ragazza molto fortunata … non so davvero come avrei fatto ad affrontare senza di loro tutto quello che purtroppo mi è capitato in quest’ultimo periodo.
Mio nonno gira la chiave nel quadro e finalmente siamo pronti a partire. Infilo le cuffie nelle orecchie e avvio la riproduzione della mia playlist preferita.
Il dolce profumo di muschio e gelsomino della tappezzeria mi riporta indietro di almeno sei anni, a quando ancora ne avevo solamente dieci. Mi guardo intorno e noto con piacere che tutto è rimasto esattamente come l’ultima volta che ero stata lì dentro e un nodo di nostalgia mi si stringe in gola.
Il veicolo parte e cullata da quell’atmosfera tanto calda e familiare, lascio che la musica mi trascini via con se sprofondando in un sonno pesante e senza sogni.

[...]

Lali… Lali sveglia, siamo arrivati!” mia nonna mi scuote con dolcezza e capisco di aver dormito per almeno quattro ore. Mi tiro a sedere sulla dinette e mi affaccio dall’ampio finestrino ancora assonnata ma il panorama che mi si presenta dinnanzi riesce a risvegliarmi all’istante tutti i sensi.
Il campeggio in cui ci troviamo è affacciato a strapiombo sul mare ora in tempesta e una spolverata di bianca neve ricopre soffice i tetti delle case, i ghirigori della ringhiera di ferro, le palme e tutti gli altri camper del posto.
Un’incontenibile sensazione di libertà si fa largo nel mio petto e lanciate le cuffie in una qualche zona remota del veicolo, scendo di corsa e richiudo sbattendo la porticina dietro di me guadagnandomi un rimprovero da parte di mio nonno. Mi scuso pentita senza smettere di correre e in un paio di minuti mi ritrovo sulla spiaggia, da sola e con il solo rumore delle onde a farmi compagnia.
Con il respiro ancora affannato mi sfilo le vans grigie e le lascio vicino a una pianta per poi portarmi i jeans all’altezza delle ginocchia. Il profumo di salsedine mi inebria le narici e il vento scuote quasi con violenza i miei capelli mori in avanti, come se volesse invitarmi ad entrare in acqua. A passo lento e godendo a pieno quel sentimento di libertà raggiungo il bagnasciuga, lasciando che alcune onde raggiungano i miei piedi. L’acqua è gelida ma non faccio di questo un problema, anzi, la trovo quasi piacevole. Sempre lentamente, mi addentro in acqua e lascio che mi bagni fino all’altezza del polpaccio. Un brivido di piacere mi percorre dalla punta dei capelli a quella dei piedi e capisco di amare questa sensazione di gelo che mi penetra fino nelle ossa.
Lali corri, sono arrivati i cugini!” mi avverte gridando mia nonna dal campeggio e io non me lo faccio ripetere due volte: esco dall’acqua e una volta essere riuscita a rinfilarmi le mie vans corro, corro verso le altre due persone più importanti della mia vita.
Lali! Oddio, quanto tempo!” mi sorride raggiante mio cugino Leo, maggiorenne solo da ieri.
Leo! Non ti puoi nemmeno immaginare quanto tu mi sia mancato!” confesso lasciandomi circondare dalle sue braccia in un calorosissimo abbraccio quasi fraterno.
Alla nostra destra, Ally si schiarisce la voce attirando l’attenzione di entrambi. “Ragazzi, esisto anche io” esordisce mia cugina fingendosi offesa.
Mi sciolgo all’istante dall’abbraccio di Leo per poi sprofondare in quello di Ally. “Mio Dio, era una vita che non ci vedevamo! Sei diventata bellissima! Non che prima non lo fossi sia chiaro, però ora … sei diventata praticamente perfetta!” le dico sincera, staccandomi dall’abbraccio e squadrandola bene dalla testa ai piedi. Era bella, era bella davvero. Lunghi capelli color rame le ricadevano corposi sulle spalle e due grandi occhi verde smeraldo sembravano quasi brillare in contrasto alla pelle pallida del suo viso. Il tutto abbinato a un fisico da modella, ovvio.
 “Potrei dire lo stesso di te, Lali” risponde, e continuando a chiacchierare del più e del meno, aggiornandoci su ciò che ci era accaduto in quegli ultimi sei anni, ci incamminiamo insieme verso il centro della città.
Lungo il cammino, capisco quanto veramente mi siano mancati i miei cugini per tutti quei lunghi anni. Da piccoli abitavamo tutti nella stessa palazzina, io al piano inferiore e loro a quello superiore e siamo praticamente cresciuti insieme come fratelli, poi però i miei genitori hanno litigato con i loro e io e la mia famiglia ci siamo ritrovati costretti a trasferirci. Dal giorno del trasloco li rivedo oggi per la prima volta, ma devo ammettere che nulla è cambiato: fortunatamente, siamo ancora gli stessi bambini di una volta.
Dopo quasi quattro ore di chiacchiere, risa e costanti figure di merda finalmente rientriamo in campeggio, ognuno diretto verso il rispettivo camper.
Qual è il vostro?” chiedo curiosa prima di rientrare nel mio.
Questo qui” rispondono quasi all’unisono indicandone uno all’estremità destra della seconda fila.
Ok, allora vi raggiungo io dopo cena così magari ci facciamo un giro del campeggio, vi va?” domando e loro annuiscono contenti, augurandomi buon appetito. Ricambio per poi rientrare dentro al mio camper, trovando mia nonna intenta a scaldare le fettine di pollo e mio nonno impegnato a leggere una rivista di … ehm, gossip?
Mmmh, che buon profumino!” esordisco aprendo il cassetto per sfilarne la tovaglia.
Faccio la pasta al pomodoro e le fettine con l’insalata … ti va bene?” domanda mia nonna e io le rispondo di si, tanto considerate le sue incredibili doti culinarie qualsiasi cosa cucinata da lei mi starebbe bene.
Sto sistemando i coltelli alla destra dei piatti quando dall’ampio finestrino noto un camper fare il suo ingresso nel campeggio e parcheggiare proprio accanto al nostro.
Stanca e con le gambe doloranti a causa della lunga passeggiata di poche ore prima, mi siedo composta sulla dinette proprio accanto al finestrino, mentre mia nonna finisce di portare gli ultimi piatti a tavola. Sto raccontando a mio nonno gli avvenimenti di quel pomeriggio, quando noto con la coda dell’occhio qualcosa, o meglio qualcuno, attirare la mia attenzione. Proprio come me, un ragazzo che dovrebbe avere circa un paio di anni in più della mia età sta tenendo una conversazione animata con una coppia di anziani signori. Continuo a farfugliare qualcosa di cui nemmeno io comprendo il significato, mentre i miei occhi sono troppo impegnati ad ammirare il profilo di quel ragazzo. Devo ammettere che è davvero carino, oserei dire quasi perfetto. Non riesco a riconoscere il colore dei suoi occhi mentre quello candido della sua pelle e quello roseo delle sue labbra carnose mi balza subito all’occhio. I capelli dovrebbero essere biondi, credo, e morbidi al tatto … quello sicuramente. Lo vedo girarsi lentamente con il capo e posare lo sguardo su di me. I suoi occhi si scontrano inevitabilmente con i miei e io, presa alla sprovvista, arrossisco notevolmente. Il ragazzo mi accenna un sorriso che mi fa passare completamente la fame, alza la mano in un cenno di saluto e io ricambio semplicemente, con un movimento debole della mia. Prima che lo possa fare lui, torno girata verso mio nonno come se nulla fosse e finisco di raccontargli della passeggiata con Ally e Leo.
Lali, ti senti bene? Sei tutta rossa …” chiede mia nonna, visibilmente preoccupata.
Si nonna, tranquilla ho solo caldo” le rispondo gesticolando con le mani, tipico di quando sono nervosa o sto mentendo. Lei mi guarda per un istante perplessa, poi decide di non fare altre domande e se ne torna alla sua zuppa di verdure e io faccio lo stesso, ma dopo due cucchiaiate mi ritrovo costretta a smettere perché la fame non mi è ancora tornata.

Aspetto che anche mio nonno finisca di cenare per poi sparecchiare sbrigativa la tavola e infilarmi il mio piumino d’oca. Saluto entrambi e una volta uscita dal camper mi dirigo verso quello dei miei cugini, ma una sensazione sgradevole all’altezza dello stomaco mi blocca sul posto e un brivido di paura mi percorre per intero.
Non ora, non adesso, per favore.
Prima che quell’ennesimo attacco di panico possa impossessarsi completamente di me corro verso un cespuglio di oleandro e mi ci nascondo dietro, il cuore in gola e lo stomaco che continua a contorcersi in numerose e dolorose morse. Mi accascio a terra e mi raggomitolo con le ginocchia al petto, pregando Dio affinché tutto questo finisca il prima possibile.
Sono sola, ho paura e vorrei piangere.
Cerco di trattenermi dal farlo e per riuscirci infilzo le unghie nella carne del mio braccio da sotto il maglione e la graffio ripetutamente nel disperato tentativo di concentrarmi sul dolore fisico e non su quello psicologico; niente da fare, è tutto inutile.
Mi sento debole e quasi patetica quando le lacrime iniziano a sgorgare numerose dai miei occhi color pece, offuscandomi la vista e rendendo il mio respiro ancora più irregolare e affannato.
Il tocco dolce di una mano sulla mia spalla mi fa perdere un battito dalla paura e terrorizzata, inizio a singhiozzare ancora più forte, nascondendo il volto tra l’incavo delle ginocchia.
Non possono essere venuti a prendermi, non possono … cerco di auto-convincermi, ma in realtà sono più che sicura che quella mano è di uno di loro.
Non ti preoccupare, qualunque sia il motivo per cui ora stai piangendo. Trasforma questo dolore in rabbia e lotta per quello in cui credi e alla fine, andrà tutto bene”.
E’ una voce calda e rassicurante quella che mi sta parlando e per un momento, penso che sia fin troppo umana per appartenere a uno di loro.
I singhiozzi rallentano fin quasi a cessare, segno che finalmente anche per questa volta è passato tutto. Ancora un po’ titubante e spaventata, alzo il volto ed estraggo un fazzoletto dalla tasca del mio giubbino utilizzandolo per asciugarmi le ultime lacrime ed eventuali sbaffi di eye-liner. Mi ravvio i capelli con una mano e sposto lo sguardo alla mia destra, riconoscendo subito il volto del ragazzo ora seduto al mio fianco.
Quasi d’istinto tiro un sospiro di sollievo e i miei muscoli si rilassano notevolmente.
Justin” dice semplicemente, porgendomi la mano destra che io subito stringo.
Lali” pronuncio il mio nome con voce velata e lui continua a guardarmi negli occhi inespressivo, quasi come se stesse cercando di leggere nei miei il perché di tante lacrime.
Come … come hai fatto a trovarmi?” domando curiosa e abbasso lo sguardo, non riuscendo più a reggere il suo.
Ti ho vista scendere dal camper, bloccarti di colpo per poi correre a rifugiarti qui dietro. Era chiaro che qualcosa non andasse e mi sono preoccupato … così … beh, eccomi qua” dice tranquillo e io mi domando come sia possibile preoccuparsi per una completa sconosciuta.
Grazie” gli dico e inarco le labbra in un debole ma sincero sorriso.
Non ho fatto proprio nulla … in ogni caso, ti andrebbe di venire con me a fare due passi? Hanno allestito un mercato di Natale proprio qui vicino” propone alzandosi da terra e porgendomi una mano per far alzare anche me.
Perché no? Considerando che tra nemmeno tre giorni è Natale e io non ho ancora comprato nessun regalo mi farebbe davvero piacere farci un salto” accetto contenta e stringo la sua mano, tirandomi in piedi con uno slancio.
Non sai quanto sia felice di sentirtelo dire, pensavo di essere l’unico” ironizza e insieme, tra una chiacchiera e l’altra, usciamo dal campeggio e ci avviamo verso il mercato.



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