Violenza
Cavolo, se gli faceva
male.
Il
dolore che provava sulla parte sinistra del petto, a livello del cuore, era
insopportabile, come se gli avessero dilaniato il petto e strappato via
quell’organo, grande quanto un pugno, che lo teneva in vita e che, traditore,
rivelava ogni suo cambiamento di umore, soprattutto quando era accanto a lei.
Cavolo, che dolore; un tizzone ardente appoggiato sulle
sue natiche avrebbe fatto meno male.
Per
nascondere la ferita, aveva tenuto addosso tutto il giorno una t-shirt, anche
durante gli allenamenti, nonostante di solito usasse combattere a petto nudo,
per praticità.
Quel giorno si stava allenando con Goku che, seppur
ingenuo, aveva notato immediatamente quel cambiamento di
stile.
«Vegeta, come mai la maglietta?»
«Così. Fatti gli affari tuoi.»
Per
un po’ Kaarot aveva taciuto, ma la curiosità non gli dava
tregua.
«Sei sicuro che vada tutto bene?»
«Ti
ho detto di farti gli affari tuoi. Continua a combattere.»
Goku si lanciò all’attacco e sferrò un pugno a Vegeta,
che fece per allontanarsi, ma venne colpito proprio sul
petto.
Spalancò gli occhi e boccheggiò per il
dolore.
«Non mi sembrava di averti colpito così forte!» si scusò
il compagno.
«Non mi hai fatto niente! Ti sembra che un pugnetto
patetico come quello possa farmi male?» abbaiò il principe dei Saiyan,
ritornando all’attacco.
Trascorsero le ore e, a metà pomeriggio, i due Saiyan
tornarono alla Capsule Corporation per rifocillarsi; là, con bibite fresche e
qualche dozzina di panini, li attendeva Bulma, dalla quale Goku sperava di
ottenere qualche risposta.
«Ehi Bulma, senti un po’: hai notato anche tu qualcosa
di strano in Vegeta, oggi?»
«No, perché?» rispose lei, insospettendosi. A dire la
verità, avrebbe dovuto rispondere “no, non più del solito”; la “normalità” di
Vegeta era il suo essere strano e, in un certo senso,
anticonformista.
Quello che per una persona era normale, tipo andare in
macchina, per lui era assurdo: meglio volare e terrorizzare gli abitanti della
città.
«Lo
vedo strano, fiacco. E poi, si è allenato con la maglietta, di solito non lo fa
mai. E’ forse ammalato?»
Allora Bulma capì e scoppiò a ridere fragorosamente; era
lì lì per spiegare la buffa faccenda all’amico, quando sulla soglia comparve la
minacciosa figura di Vegeta.
«Non avevi da fare, donna?» la interpellò bruciandola
con lo sguardo.
«Ehm… forse.»
«Credo proprio di sì.»
Lei
trattenne una risatina e si allontanò per mettere in salvo la sua splendida
persona.
«Ti
ho detto: fatti gli affari tuoi» si rivolse allora il principe a
Kaarot.
«Scusa, sono solo preoccupato per te!» esclamò lui,
esibendo un sorriso ebete a trentadue denti.
Una
giornataccia davvero: prima Bulma, poi Kaarot, le sue due spine sul
fianco.
Lui, il solito rompiscatole impiccione: non l’aveva
ancora capito che lui lo considerava ancora un avversario e non aveva alcuna
intenzione di diventare suo “amico”?!
E
lei…
Angelo venuto a salvarlo da un mondo di guerra e
odio.
Compagna fedele e premurosa.
Amante lussuriosa e un po’
sgualdrina.
Lei, madre dei suoi eredi, forti e carismatici come
entrambi i genitori.
Lei, maledetta vipera impacciata e
goffa!
Non
avrebbe mai e poi mai confessato a nessuno quello che era successo quella
mattina, nemmeno se qualcuno gli avesse offerto l’Universo e
l’immortalità.
Mai!
«Hai finito
col bagno?! E’ da un’ora che sei lì dentro!»
«Vegeta,
abbiamo sette, dico sette toilette provviste di tutto il necessario, in questa
casa. Perché non usi una di quelle?!»
«Perché questo
è anche il mio bagno! Lasciami entrare!»
«E va bene, ma
ti avverto che c’è un caos apocalittico qui dentro!»
La porta si
aprì e le apparve la sua compagna, in mutande; lui entrò scostandola ben poco
delicatamente e iniziò a spogliarsi per fare la doccia. Accanto al box c’era la
vasca da bagno e il passaggio era difficile, lì in mezzo.
Bulma si andò
a sedere proprio lì, tirò fuori da una scatola una lunga striscia appiccicosa e
la posò sul polpaccio, per poi tirarne fuori un’altra e
scartarla.
Il Saiyan la
osservava disgustato e, per entrare nella doccia, inciampò sui piedi di Bulma,
finendole quasi addosso.
«Sempre in
mezzo ai piedi!»
«Guarda cosa
hai fatto! Ti sei attaccato addosso una striscia per la
ceretta!»
Lui si guardò
il petto e constatò la presenza di quella roba appiccicosa sui suoi pettorali;
fece per togliersela ma la donna lanciò un piccolo
grido.
«No! Così ti
farai un male cane! Devi toglierla lentamente!»
«Al diavolo!
Cosa mai potrà farmi un pezzo di carta appiccicoso!»
Afferrò un
lembo sollevato e tirò forte.
Poi cacciò un
urlo.
«Te l’avevo
detto!» si lamentò Bulma.
«Ma tu…sei…
pazza! Sei una pazza omicida!» le sbraitò contro il compagno. «Volevi vendicarti
del pugno che ti ho dato nel sonno?!»
«No, ma che
dici? Ti sei fatto male da solo! Guarda hai tutto il segno rosso. Strano che ti
abbia fatto così male, non hai peli sul petto!»
Fine
Note:
piccolissima one-shot che mi è venuta naturale dopo “Faccende private”. Spero vi
sia piaciuta allo stesso modo ^_^
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