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Autore: AxXx    04/12/2013    2 recensioni
Un esperimento fallito porta poteri a diversi ragazzi nel mondo. L'ONU istituisce la I.S.A. (International Security Agency) E, nel presunto tentativo di fermare i nuovi terroristi Omega, cerca di distruggerli, rendendo loro legali l'uso della violenza e dell'uccisione.
In fuga da tutto e tutti, alcuni Omega si ritrovano a combattere contro criminali e forze dell'ordine, spesso anche tra loro tutti con un obbiettivo importante da raggiungere.
Salvarsi, aiutare, sacrificare, combattere: tutto si risolve in una cosa sola; fare una scelta.
Quale prenderanno?
Genere: Avventura, Azione, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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                                      Furia Omega
 
 

 
 
 
 
 
[Ad Empireo, Stazione-Prigione]
 
Io mi guardai intorno, il gruppo che mi trovavo davanti era parecchio eterogeneo, ma era diminuito. Solo centocinquanta, anche se io speravo in un gruppo iniziale di duecento, ma mi sarei accontentato. Si spaziava dai un paio di ragazzini di quindici anni fino a un uomo anziano sulla sessantina. La maggior parte di loro aveva solo il coraggio e la loro volontà di vivere. Si vedeva che non avevano forze vere e proprie per opporre resistenza.
“Sei ancora sicuro che la tua idea funzioni?” Mi chiese Y01 sottovoce. Era evidente che non si fidasse di quel piano d’azione ed ero certo che, se avessi avuto più tempo, anche io ne avrei scelto un altro. Ma il tempo… era l’unica cosa che non avevamo.
‘Quanto sei coraggioso e disperato per unirti a una resistenza che in cuor tuo sai che è inutile?’  Mi chiesi, mentre passavo in rassegna ognuno di loro.
Nessuno si era fatto avanti… nessuno mi avrebbe sostituito, nessuno avrebbe voluto prendere il mio posto. Avevano lasciato la vita nelle mie mani, li avrei guidati, come il soldati impugna il fucile, come il cavaliere la spada. Nulla, non si lamentavano, non parlavano, semplicemente… aspettavano. Aspettavano me. La mia decisione, le mie scelte. La paura…
Sentii la paura…
Sentii il terrore di sbagliare e di condannare altri…
Quelle vite le avevo in mano io, erano mie responsabilità….
E io ebbi paura di non riuscire a salvarle…
Mi sentivo inutile e impotente contro i trecento robot ancora sopravvissuti e i rinforzi: cinquanta soldati scelti e addestrati. Noi, invece, non eravamo niente: mal nutriti, non addestrati, impreparati, appena usciti da una specie di prigione. Cosa potevamo fare, contro di loro.
Alla fine, però, mi ripresi. Cercai di controllarmi e iniziai a concentrarmi su altro, come se ciò che mi stesse accadendo non fosse reale. Riuscii a calmarmi e a prendere le redini della situazione.
“Ok… ok, gente, ascoltate… la situazione è molto difficile, ma dobbiamo resistere. I robot si staranno riunendo ai soldati e saremo in inferiorità numerica. Ci divideremo in due gruppi, uno guidato da me e uno da Reaper.” Indicai il mio compagno. “Abbiamo dato un occhiata alla planimetria della stazione; siamo certi di poterci orientare.”
Nessuno mi contraddisse e la maggior parte annuì, anche se poco convinta. Iniziai con il fare qualche domanda, chiedendo quel fosse il loro potere cercando di non mettere troppe persone con capacità simili nella stessa squadra, ma fui bruscamente interrotto dall’arrivo di una ragazza che doveva avere, più o meno la mia età. Aveva il volto abbastanza dolce, ma piena di tatuaggi.
“Perché dovremmo farci guidare da te? Io me la sono sempre cavata da sola.” Protestò con sguardo duro.
“Forse perché posso portarvi fuori di qui?” Ribattei piccato. Non avevo la minima idea di chi avevo davanti.
“Ti sbaglio, bimbo, tu puoi guidarci, ma rimarrai intrappolato con noi. Questa prigione è nello spazio!”
Mi resi conto che aveva ragione. Avrei potuto guidare una resistenza, ma, alla fine, saremmo rimasti comunque intrappolati lì. Non c’era via d’uscita. Prima o poi avremmo finito le scorti, quindi, anche una qualsiasi resistenza sarebbe stata stroncata con l’attesa. Dovevo trovare anche il modo per farli fuggire, o non avrei mai avuto la loro fiducia.
“Ho degli amici sulla Terra, loro possono aiutarci. Ma se non ci aiutiamo a vicenda, moriremo prima di ricevere aiuto. Non voglio un esercito e non voglio essere il vostro capo; voglio solo aiutarvi! Ma non posso farlo se non mi date una mano voi.” Cercai di spiegare con calma per non irritare gli altri: avevo davvero bisogno del loro aiuto.
Per quasi un minuto la ragazza non si mosse. Capii che stava valutando le mie parole, se accettare o no. Unirsi a me avrebbe significato la fine di parte delle sue libertà, ma era abbastanza intelligente da capire che da sola non avrebbe potuto fare molto.
“Accetto.”
 
 
 
 
 
 
Due figure si avvicinavano alla rete elettrificata della base di Bleu Marais. Indossavano abiti comuni, ma avevano guanti e passamontagna, in modo che non fossero riconoscibili. Solo le loro forme facevano intuire che fossero un ragazzo e una ragazza.
“Quando è iniziato tutto questo avevo pensato a tutto… tranne che sarei finito a fare questa roba tipo James Bond.” Sussurrò Tiziano, accucciandosi a lato della base, mentre la luce dei riflettori montati in cima alle torrette passava a pochi centimetri dal loro nascondiglio dietro gli arbusti.
“Ormai Dovremmo essere abituati a tutto.” Rispose Emile avvicinandosi ancora di più alla rete. “Ci siamo, togli la corrente.” Sussurrò, premendo l’auricolare che aveva attaccato all’orecchio destro, mentre il compagno prendeva delle pinze dalla tasca posteriore dei Pantaloni.
“Ovviamente… ok, ricordate l’itinerario delle guardie. Io mi occuperò delle telecamere lungo il percorso.” Disse Edward. Ormai era riuscito a bypassare le loro contromisure esterne, farli entrare sarebbe stato un giochetto.
In poco tempo i due ragazzi aprirono un piccolo passaggio, dopodiché rimisero la parte tagliata al suo posto, in caso qualcuno fosse passato da lì, avrebbe dato l’impressione di essere a posto. Procedettero cauti, superando le baracche e evitando i riflettori, muovendosi seguendo le istruzioni del loro compagno all’esterno.
“Di qua.” Sussurrò Tiziano, indicando la porta laterale di un grande magazzino. “Merda è chiusa… dobbiamo inserire un codice.” Aggiunse, indicando il pannello numerato alla sua destra.
“Lasciate fare a me.” Rispose il loro compagno, dando per l’ennesima volta, prova delle sue abilità quando, in meno di trenta secondi li fece entrare. “Se queste sono le massime codifiche militari, allora, siamo messi bene. Non gli darei da difendere nemmeno la statuetta di Leon di Resident Evil che ho in camera.”  
“Ehi… non pensavo ti piacesse Resident Evil.” Precisò divertito Tiziano, mentre superavano un altro corridoio.
“Certo che sì… anche se il 6 non è proprio il massimo, non mi lamento degli altri.”
“Come sono d’accordo… certo che, però, potevano farlo finire al 5 dopotutto…”
“Volete finirla voi due, con i vostri videogiochi??” Chiese stizzita Emile, mentre si fermava davanti a una specie di schermo rosso trasparente che emetteva un basso ronzio costante.
“Che roba è?” Chiese Tiziano, avvicinandosi per osservarla meglio, senza, però, toccarla.
“Merda… un dannato imprevisto. Uno schermo Laser, appena lo attraverserete farete scattare un allarme che allerterà tutta la base.” Spiegò Edward, dopo qualche secondo, osservando preoccupato l’ostacolo da una delle telecamere che aveva manomesso e deviato sui suoi schermi.
“Non possiamo attraversarlo con quelle belle mosse ginniche che fanno nei film?” Chiese il ragazzo nella base, ricordandosi degli allarmi laser che gli agenti evitavano con agilità.
“Sto morendo dalle risate… questo è a emissione continua darebbe l’allarme anche se ci passasse una mosca, in mezzo!”
“D’accordo, scusami… era per dire. Qualche idea?” Chiese Tiziano, guardandosi intorno per vedere se c’erano altri passaggi.
“Rompete il pannello alla vostra sinistra, all’altezza della coscia, è un condotto di ventilazione camuffato, vi porterà oltre la barriera.”
“Un giorno devi insegnarci questi trucchetti, amico.” Affermò Emile, mentre svitava i sostegni del pannello con un cacciavite.
I due strisciarono lungo il cunicolo per diversi minuti. Era molto stretto ed era possibile attraversarlo solo in fila indiana e avanzando pancia a terra. Alla fine si trovarono davanti ad un altro pannello e, dopo che Edward li ebbe rassicurati, dicendo che non c’era nessuno, lo aprirono e si trovarono alla fine del corridoio, davanti alla porta scorrevole di un ascensore.
“Ok… una volta scesi non avrò più possibilità di aiutarvi. Usate la chiavetta che vi ho dato se trovate qualche apparecchio o trappola. Collegandolo potrò collegarmi direttamente con esso, ma potrò fare solo una cosa alla volta, quindi il mio aiuto sarà limitato.” Li avvertì Edward, mentre accendevano le microcamere che avevano montate ai lati dell’orecchio, vicino all’auricolare. “Appena usciti ci sarà una guardia. Non si aspetta nessuno, agite di sorpresa e non dovreste avere problemi.”
“bene… ci sarà da divertirsi.” Sussurrò Tiziano sarcastico, mentre premeva il pulsante per scendere ai livelli inferiori.
“State attenti.” Disse la quarta voce, leggermente preoccupata di Greta.
La ragazza sapeva che i suoi amici erano in grado di cavarsela egregiamente. L’avevano dimostrato più volte salvandola e accompagnandola per tutta l’Europa. Ma saperli in una base piena di soldati pronti a ucciderli non faceva che renderla sempre più apprensiva e, anche se non lo dava a vedere, era molto preoccupata per ciò che sarebbe potuto accadere.
I due arrivarono in fondo e si prepararono ai lati della porta, ma non ce ne fu bisogno. Non c’era nessuna guardia.
“Cosa? Ma… non avrebbe dovuto esserci?” Chiese Tiziano perplesso, guardandosi intorno.
Nulla.
Sembrava sparita.
“Forse c’è il cambio.” Si disse, alzando le spalle, avanzando.
Ma anche avanti qualcosa li insospettì: secondo quanto diceva Edward avrebbero dovuto trovare delle trappole o dei sistemi di sicurezza ma che, andando avanti, trovavano già disattivati o senza energia.
“Qualcuno è passato qui prima di noi e, dato che non l’abbiamo incrociato, e ancora qui.” Asserì Tiziano, sottovoce, mentre si avvicinavano a una porta dai vetri oscurata.
“Allora state attenti. Dietro quella porta dovrebbe esserci il computer che cerchiamo, entrate, ma state attenti.” Raccomandò la loro guida dagli auricolari, mentre bypassava i codici di accesso dal quadro numerato.
“Pronta?” Chiese il ragazzo biondo, posizionandosi al lato della porta, pronto a combattere.
“Pronta.” Rispose Emile, decisa, mentre la porta si apriva.
Entrambi avevano pistole, ma volevano evitare di usarle. Tuttavia non avevano altra scelta: presero le armi dalle fondine e le puntarono davanti a loro. Sul computer era china una donna dai capelli neri che dava loro le spalle così ne approfittarono per avvicinarsi e puntare le armi alla nuca; non volevano sparare, ma solo intimorirla.
“Non una mossa… o ti facciamo un buco proprio qui dietro.” Minacciò Emile, cercando di essere convincente.
La donna si irrigidì, smettendo subito di digitare le lettere sullo schermo e alzò le mani senza dire nulla.
“Bene… ora indietreggia. Lentamente.” Intimò la ragazza, mentre Tiziano la teneva sotto tiro. Sembrava tutto strano, però. Come mai quella donna era lì? Non sembrava un soldato di guardia e il fatto che stesse prendendo informazioni dal terminale sembrava far intuire che fosse dalla loro parte… o almeno sembrava.
Emile fece cenno a Tiziano di muoversi, mentre spingeva la prigioniera di lato, in modo che non potesse prendere il ragazzo come ostaggio mentre prendeva le informazioni.
“Contatto stabilito.” Disse lui, mentre inseriva la chiavetta, senza distogliere lo sguardo dall’intrusa. Il cuore gli batteva a mille per la paura e l’esaltazione, ma non avrebbe perso il controllo.
“Ottimo, sto ricevendo i dati. Virus inserito, uscite di lì.”
I due compagni si guardarono, per poi posare lo sguardo sul loro ostaggio. Dovevano andarsene, certo, ma non avevano idea di cosa farne, di lei. Lasciandola lì avrebbe potuto dare l’allarme ma portarsela dietro era ancora più rischioso. Avrebbe potuto allertare una qualsiasi pattuglia appena capito che erano vicini.
“Non la uccideremo.” Intervenne subito Tiziano, allo sguardo deciso di Emile: aveva intuito parte del suo piano, ma aveva anche capito che lei non l’avrebbe mai fatto.
“Sentite.” Intervenne la donna con tono calmo. “Non so come due ragazzini come voi siano entrati qui, ma non sono dalla loro parte.” Disse indicando i soldati svenuti. “Non apertamente, almeno.”
“Allora cosa sei?” Chiese la ragazza bionda. “Una spia?”
“Una specie… sono qui per avere…”
Un esplosione squarciò l’aria e un allarme iniziò a suonare all’impazzata. Altre esplosioni, grida di uomini e mitragliatrici.
“Che cazzo succede!?” Urlò Tiziano, mentre il pavimento iniziava a tremare, facendolo cadere a terra. Anche Emile barcollò, e la donna che tenevano in ostaggio ne approfittò per sfuggirgli, dirigendosi in fretta verso l’ascensore.
“Merda!” Emile, si maledisse e prese la mira, sparando un paio di colpi alle gambe che non andarono a segno.
L’ascensore si richiuse e loro rimasero in trappola.
“Siamo fottuti.”
 
 
 
 
 
 
 
Fulmini, proiettili e ancora fulmini.
Mi muovevo a velocità supersonica, mentre intorno a me i miei compagni Omega e i soldati combattevano con tutto quello che avevano. Ero talmente veloce che riuscivo a colpire qualche soldato con i pugni, prima di tornare al coperto e lanciare altri dardi elettrici.
I soldati erano quasi tutti sconfitti, ma qualcosa mi preoccupava parecchio: per qualche ragione i miei colpi avevano meno effetto del solito. Li colpivo, ma loro si rimettevano in piedi e io cntinuavo. Mi ci voleva un po’, ma riuscivo a bloccarli tutti. In poco tempo, uomini svenuti o morti, erano ovunque sul pavimento. I pochi superstiti si ritiravano, trascinando via i feriti.
Sentivo il loro comandante dare ordine di tornare alla navetta.
Avrei potuto finirli, ma non ne ebbi il coraggio: avevamo vinto e questo mi bastava.
“Fermatevi! Lasciateli ritirare!” Ordinai immediatamente.
Alcuni si fermarono, ma altri cominciarono ad inseguirli, urlando parole di scherno, spinti dalla rabbia, dalla paura o dall’esaltazione. Quando capii che non si sarebbero fermati, fui preso da un certo rimorso: io volevo solo respingere, quei soldati, non ucciderli. Avevo sempre cercato di trattenermi, anche se ogni tanto, preso dalla rabbia, avevo finito per uccidere. Adesso ero io, il responsabile. Avevo liberato quelle persone perché mi aiutassero, non perché massacrassero impunemente degli uomini.
Elevai una barriera elettromagnetica che respinse i colpi.
“Che cazzo stai facendo!?” Mi urlò contro la ragazza che qualche minuto prima mi aveva contrastato. “Quegli stronzi stanno scappando! Ammazziamoli adesso, ci toglieremo la soddisfazione.”
“Soddisfazione!? Di cosa!? Di averli ammazzati? Stanno scappando! Lasciateli andare, siamo vivi! Questo è quello che conta.” Ribattei subito, con decisione.
La rabbia che vidi nei suoi occhi mi fece accapponare la pelle: era come un fiume di lava che ti attraversava, un fiume pieno di rabbia e risentimento. Vendetta.
“Torneranno! Sempre di più! Ogni uomo che uccidiamo adesso, sarà uno in meno che verrà dopo. Non intendo morire per la tua sciocca morale da coglione sentimentale. Sarai anche forte, ma non sai sfruttare la tua forza. Non ci salverai, così!” Gridò lei, furiosa. Il suo corpo era carico di energia. La sentivo, persino dai due metri che ci separavano e la sua rabbia era come benzina sul fuoco: alimentava la sua rabbia.
“Così non fai altro che fare il loro gioco! Ci considerano delle bestie e fanno di tutto perché ci comportiamo come tali. Devi trattenerti.” Risposi cercando di mantenere la calma. Dovevo ostentare sicurezza o anche gli altri avrebbero iniziato a fare come lei. Per vincere, però, avevo bisogno che fossimo tutti uniti.
“Col cazzo che mi controllo! Ci hanno torturati e imprigionati. Credi di sapere cosa proviamo!? Bene, ti sbagli! A noi non frega nulla se li ammazziamo tutti!”
Alcuni sembravano d’accordo, ma gli altri erano un po’ intimiditi. Forse il suo atteggiamento li spaventava, ma di certo condividevano con lei rabbia e desiderio di vendetta. Desiderio che le parole, probabilmente, non sarebbero bastate a placarlo.
All’improvviso, però, un urlo mi raggiunse nella mente. Durante la battaglia avevo cercato di rimanere collegato agli impulsi cerebrali di tutte le persone della stazione, soldati compresi. Li avevo sentiti morire, ma adesso percepivo qualcosa di diverso: come se decine di vite fossero morte nello stesso istante.
La mia mente fu invasa da sprazzi di immagini, sangue, morte e visi distorti.
Sussultai e capii che avevo altri problemi.
“Comunque sia, ormai è unitile!” Risposi, in fretta. “Le loro navi si stanno già ritirando. Abbiamo vinto, inutile pensarci, ora.”
Subito corsi alla sala centrale, dove erano presenti tutti coloro che non avevano combattuto. Alcuni avevano raggiunto i magazzini dove avevano preso medicine e cibo organizzando un piccolo accampamento, distribuendo tutto e curando quelli che erano più gravi. Alcuni avevano poteri curativi e stavano facendo del loro meglio per aiutare.
Mi aspettai di vedere anche la seconda squadra, quella guidata da Reaper, ma non c’era. Era presente solo lui, seduto alla postazione di comando del monitor principale.
“Che ci fai qui? Dove sono quelli che ho mandato con te!?” Chiesi, stringendo i pugni. Avevo una bruttissima sensazione, ma sperai che fosse solo quello.
“Sono tutti morti.” Rispose freddamente, mentre sembrava cercare qualcosa sul computer.
Io decisi di fare per conto mio. Usando la mia capacità di controllo elettrico, interfacciai il mio cervello alla rete interna della stazione come avevo fatto la prima volta per isolarla, ma adesso stavo cercando. Iniziai a setacciare i filmati di sorveglianza che corrispondevano alla zona che avevo assegnato alle sue truppe.
La visione che ebbi mi fece venire un conato di vomito.
“Li… li hai ammazzati!!!” Urlai, furioso. Non potevo crederci, avevo una sensazione strana, ma non avrei mai pensato che fosse disposto a tanto. “Li hai ammazzati e assorbiti! Hai affrontato i soldati e hai ammazzato tutti! Mostro!”
“Avevo bisogno di staminali. Non ne avevano molte, ma mi servivano.” Rispose lui, alzandosi e guardandomi fermamente. Tutti gli Omega presente indietreggiarono, anche la ragazza che mi aveva accusato sembrava incapace di controbattere. Alcuni alzarono le mani, pronti a combattere, ma nessuno voleva attaccare.
Io rimasi fermo, iniziando a caricarmi di energia elettrica assorbendola dalla stazione. Ero spossato, ma dovevo resistere contro di lui. Solo un altro scontro e questa volta, fino alla morte.
“Sei un pazzo! Con te c’era una mia amica!!! Bastardo!!!” Urlò la mia compagna ribelle, avvicinandosi di impeto, lanciandogli contro una sfera di energia che lui deviò trasformando il suo braccio destro in scudo.
“Forse… ma per uscire servono tutte le vostre energie, credetemi. Ma non che siate vivi!” Urlò saltando al centro della gente.
Ebbi una manciata di secondi per capire le sue intenzioni. Il suo corpo sussultò, attraversato da una specie di onda rossastra che lo ricoprì. Con un potere di teletrasporto gli apparsi davanti, caricandomi di energia.
“Non lo farai!” urlai di getto, usando tutta la mio forza per isolarlo, creando una bolla di energia concentrandomi al massimo per tenerla. Dal suo corpo volarono dei tentacoli neri di carne che, all’impatto, finirono con schiacciarsi.
Sentii la pressione della loro potenza spingere sul muro di elettroni e tutta la stazione tremò violentemente per il confronto tra le nostre due forze contrapposte.
Poi esplose. La mia barriera espulse tutta l’energia creando un cratere profondo due metri nello spesso strato metallico, mentre i tentacoli, spinti dal contraccolpo, impattavano sul soffitto.
Eravamo entrambi caduti a terra.
Ed entrambi pronti a combattere.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Rieccomi dopo millenni e millenni di assenza. Siete pronti allo scontro tra i due Omega più potenti. Se va tutto bene faranno schiantare la stazione Spaziale.
Chi vincerà la battaglia tra le due creature più potenti della terra? Si accettano scommesse.
Auros, lo volevi?
AxXx

 
  
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