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Autore: biberon    04/12/2013    3 recensioni
Viola, gonfi, neri, verdognoli, lividi che la tingono e la macchiano come se fosse la tavolozza di un pittore cieco e triste.
Con una mano ossuta li accarezza uno ad uno, soffermandosi su quello vicino all’ombelico, nel ricordo del dolore provato quando quel’ennesimo segno è stato lasciato sul suo corpo.
Si volta lentamente di schiena, tenendo la testa girata, e osserva le ossa coperte solo da poca pelle e lividi, lividi, lividi. E ancora grumi di graffi leggermente giallognoli e gonfi, alcuni più recenti, altri antichi, nascosti quasi del tutto dal tempo.
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Si mette a sedere e preme la testa tra mani, odiandosi ogni secondo di più.
“Sono uno stronzo”
Si alza, ha ancora le fottute cuffie nelle orecchie.
Sta ascoltando quella canzone all’infinito, come una droga, come l’alcool che beve ogni sera, come un mantra, come una preghiera.
Genere: Slice of life, Song-fic, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sorpresa
Note: OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Contesto generale
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Attenzione: in questa ficcy tutti i personaggi sono ALTAMENTE OOC.
Spero vi piaccia.
La t-shirt non fa rumore quando cade sul pavimento di marmo chiaro del bagno.
L’immagine riflessa nello specchio è leggermente opaca: una ragazza magra e pallidissima, in biancheria intima, la testa calva che riflette le luci dell’enorme lampada a neon, gli occhi gonfi e rossi, segnati da pesanti occhiaie; le labbra arrossate, gonfie, rotte e spezzate in più punti.
Il livido che contorna l’occhio destro sembra una nuvola scura quando c’è il temporale: percorrendo dal volto al petto alla pancia se ne possono scorgere tantissimi gemelli.
Viola, gonfi, neri, verdognoli, lividi che la tingono e la macchiano come se fosse la tavolozza di un pittore cieco e triste.
Con una mano ossuta li accarezza uno ad uno, soffermandosi su quello vicino all’ombelico, nel ricordo del dolore provato quando quel’ennesimo segno è stato lasciato sul suo corpo.
Si volta lentamente di schiena, tenendo la testa girata, e osserva le ossa coperte solo da poca pelle e lividi, lividi, lividi. E ancora grumi di graffi leggermente giallognoli e gonfi, alcuni più recenti, altri praticamente antichi, nascosti quasi del tutto dal tempo.
La guancia destra è ancora rossa e rigonfia, e osservando con acuta attenzione si vede la sagoma di cinque sagome lunghe e strette: le cinque dita abbronzate e dure dell’ispanico.
La ragazza recupera con un gesto meccanico la t-shirt dal pavimento e si siede sul wc tenendola stretta in mano. Molto stretta.
Una lacrima solitaria nasce sotto uno dei due occhi neri e sformati, rotola sulla guancia, bagna il mento, cade sul pavimento. La stanza è così silenziosa che se ne sente addirittura il lieve suono acquoso.
“Chi era quello?”
“Era un mio amico, tel’ho già detto.”
“NON DIRE STRONZATE!”
La mano color bronzo contro la guancia bianca come la luna fa un rumore secco e sordo.
La ragazza perde l’equilibrio e cade all’indietro.
“Stronzo! Non avvicinarti a me! Non toccarmi!”
“Tu non mi dici quello che devo fare, chiaro?” chiede. Ma non è una domanda, è un ordine. Come sempre.
Le solleva il mento con due dita e avvicina la faccia alla sua.
“CHIARO?!” ripete, più forte.
“Ma io …”
“Sta’ zitta, razza di troia!”
I singhiozzi di lei riempiono lentamente l’aria afosa d’agosto, le mani premute sul volto nbel tentativo di nascondere le lacrime calde e salate che si rincorrono sul viso angelico.
Il ragazzo le afferra forte i polsi con le mani e la attira e sé.
“Non piangere.”
Lei china la testa, disperata, sul collo esile.
Gli occhi vuoti, altre lacrime.
“NON PIANGERE, HO DETTO!” urla lui, fortissimo.
Lei stringe i denti, sperando che vadano in mille pezzi nella sua stessa bocca, e la uccidano, una volta tanto.
“Lo capisci, cristo santo?! Lo capisci!? Tu sei in casa mia. Io pago l’affitto. Io ti pago i vestiti, il cibo, le scarpe, i trucchi. Quindi tu ubbidisci a me!”
“Anche io vorrei un lavoro. Se solo tu mi facessi uscire dalla porta di casa.”
Un altro colpo secco, ma più morbido dell’altro.
Uno stivale contro un fianco.
Il corpo della ragazza scivola verso il parquet scuro della cucina in stile inglese.
Si mette le braccia di fronte alla faccia per non essere colpita di nuovo.
“Tirati su. TIRATI SU.”
“T-u non m-m-i dici quello che devo fare.”
“Ma davvero? La vedremo. Tanto per cominciare, impediremo che cose come queste accadano di nuovo.”
La presa intorno ai polsi della fidanzata si stringe di più e la costringe ad alzarsi, suo malgrado.
“Che-c-co-s-sa v-uoi f-f-are?”

“Impedirò che anche solo un altro ragazzo ti trovi attraente. Tu sei MIA.”
C’è qualcosa di terribilmente inquietante nella sua voce. In quel mia detto così, in quel modo.
La ragazza, annusando rapidamente l’aria, coglie l’alito del ragazzo.
“Tu … tu hai bevuto di nuovo! L’hai fatto di nuovo!”
“Non è vero. NON è VERO!”
“Lasciami! Non sei in te!”
“Per l’ultima volta: STA’ ZITTA!”
Il ragazzo la trascina fuori dalla cucina mentre lei si dimena e piange.
“Non frignare!” esclama infastidito, e il rumore del suo pugno stavolta è come lo sparo di un fucile.
Lei con un singhiozzo rotto si lascia cadere definitivamente a terra e resta lì, con le ginocchia abbracciate al petto, a cullarsi da sola.
Lui sparisce per qualche secondo, e ritorna con un paio di forbici enormi in mano.
La ragazza non lo guarda nemmeno più, si limita a piangere e a cercare disperatamente di restare attaccata al pavimento quando lui la solleva abbracciandola da dietro.
Avvicina le forbici ai suoi lunghi capelli corvini.
Accade tutto così rapidamente che lei non fa in tempo ad asciugarsi le lacrime dagli occhi e a mettere a fuoco che capisce cosa è accaduto.
Le sue lunghe, splendide, bellissime ciocche di capelli neri e lucenti, che facevano sempre impazzire tutti i ragazzi  sono sparse disordinatamente a terra.
Si porta una mano tremante verso l’alto e sul cranio trova esattamente quello che si aspettava: poche sporadiche ciocche rimaste attaccate o cortissime, interi pezzi di cranio ispido o calvo.
La voce le muore in gola mentre cerca di dire qualcosa di sensato, qualsiasi cosa.
Ma non c’è niente da dire.
Lui le afferra forte le spalle costringendola a voltarsi.
Ed è proprio in questo momento che lei si accorge di qualcosa di terribile.
Quelli che ha davanti sono un paio di occhi verdi.
Ma non sono gli occhi del ragazzo che ha amato, con il quale ha deciso di andare a vivere, con il quale ha deciso di voler passare la vita, il ragazzo che ha presentato ai suoi genitori e il ragazzo a cui ha dedicato milioni di canzoni e poesie.
Sono gli occhi di un mostro.
Un mostro che dice “Tu sei MIA.”
Poi preme le sue labbra contro quelle della ragazza e le mani scavano nella sua maglietta in cerca del reggiseno da slacciare.
Lei non oppone resistenza, rimane semplicemente lì ferma, a farsi baciare e toccare.
Rimane lì perché sa che non può fare niente.
Perché sa di amarlo, nonostante tutto.
Sa di essere disperata.
 
 
Heather si alza senza voglia e raggiunge la sua stanza.
Nel vedere quel letto singolo le si stringe lo stomaco.
Nonostante tutto, nonostante l’acool, la perdita di senno, la violenza e l’umiliazione, le manca Alejandro.
Le manca terribilmente.
Perché in fondo lei sa che lui la guardava bruciare, ma in fondo, molto in fondo, le piaceva quanto faceva male.
Quanto fa ancora male.
Senza convinzione prende un paio di jeans larghi e s’infila la t-shirt da sopra.
Copre la testa completamente rasata, anch’essa piena di lividi con un cappellino di quelli da football, che raccatta dal fondo della piccola valigia.
Infila in paio d’infradito, si passa un filo di mascara e nasconde le mani piene di tagli in un paio di guanti di pelle rossa.
Si chiude la porta della stanza alle spalle, senza nemmeno preoccuparsi di averla chiusa a chiave.
Tanto, che le possono rubare? Cinque t-shirt? Qualche paio di pantaloni comprati ai grandi magazzini? Un beauty con trucchi, spazzolino e dentifricio? La collanina che le ha regalato sua mamma alla cresima? Un paio di sneackers azzurre consunte? Un orsetto di peluche senza un occhio? Tanto è tutto ciò che possiede.
Ha solo duecento dollari e qualche spiccio, che tiene sempre in tasca in un portafoglio di tela pieno di chiazze di caffè, insieme a qualche assorbente.
Il suo primo desiderio sarebbe quello di sbattere la testa contro il muro sporco del corridoio e sperare che finisca tutto lì.
Procede a piccoli passi accarezzando quella banconota.
Per quanto potrà nascondersi in questo albergo maleodorante per scolaresche? Per quanto tempo potrà dimenticarlo?
Una cosa sola la sa. Anche se non lo dimenticherà mai, non tornerà più da lui.
Mai più, cazzo. È una promessa.
 
 
La faccia immersa nel cuscino, indossa solo un paio di boxer grigi e dei calzini spaiati.
Sta piangendo, forse per la prima volta in vita sua.
“Sono uno stronzo” sono le uniche parole, sussurrate, silenziose, che escono dalle sue labbra.
Non riesce quasi a respirare, tra un singhiozzo e l’altro.
Con le mani stringe il lenzuolo vuoto e freddo.
“Ha ancora il suo odore” pensa, annusandolo avidamente, quasi fosse cocaina.
Gli occhi sono gonfi e hanno perso la loro brillantezza naturale.
Si mette a sedere e preme la testa tra mani, odiandosi ogni secondo di più.
“Sono uno stronzo”
Si alza, ha ancora le fottute cuffie nelle orecchie.
Sta ascoltando quella canzone all’infinito, come una droga, come l’alcool che beve ogni sera, come un mantra, come una preghiera.
Just gonna stand there
And watch me burn
But that's alright
Because I like
The way it hurts
Just gonna stand there
And hear me cry
But that's alright
Because I love
The way you lie
I love the way you lie


I can't tell you what it really is
I can only tell you what it feels like
And right now there's a steel knife
In my windpipe
I can't breathe
But I still fight
While I can fight
As long as the wrong feels right
It's like I'm in flight
High of a love
Drunk from the hate
It's like I'm huffing paint
And I love it the more that I suffer
I suffocate
And right before I'm about to drown
She resuscitates me
She fucking hates me
And I love it
Wait
Where you going
I'm leaving you
No you ain't
Come back
We're running right back
Here we go again
It's so insane
'Cause when it's going good
It's going great
I'm Superman
With the wind in his bag
She's Lois Lane
But when it's bad
It's awful
I feel so ashamed
I snap
Who's that dude
I don't even know his name
I laid hands on her
I'll never stoop so low again
I guess I don't know my own strength





“Sono uno stronzo”
Vorrebbe urlare, ma non ha più aria nei polmoni.
Ed è inutile cercare di respirare.
Cosa respirare, se non il respiro, cosa mangiare, se non la sua bocca, di cosa vivere, se non del suo sorriso?
Riesce a dire solo 3 parole, tra i singhiozzi.
“Sen’è andata.”
 
Heather procede praticamente a tentoni per la scalinata e la hall.
Vuole arrivare al bar.
Cristo, ha bisogno di un fottuto caffè.
Un caffè forte.
Deve risvegliarsi da questo brutto sogno.
Per sempre.
Il bar è nel piccolo guardino dell’Ostello, uno schifoso ambiente periferico a due stelle, dove devi combattere con le blatte per la tua colazione.
Si siede al bancone, che è lungo e circolare.
Non c’è nessuno.
È notte, notte fonda. Si sente leggermente il rumore di una festa provenire dai piani superiori.
Pff.
Adolescenti.
La barista si gira di scatto e le sfiora il polso con due dita.
“Che cosa prendi?”
Non le dispiace ilf atto che le dia del tu.
Heather è sola. Ha bisogno di un’amica.
Quindi si sforza e costringe le sue labbra spaccate a formare una distorta mezza luna, una specie di sorriso verso l’altra.
“Un caffè lungo, per favore. Con tanta caffeina. E zucchero. E cioccolata. E panna. E tutto quello che può metterci sopra.” Esclama tutto d’un fiato in una risatina isterica.
Una domanda le appare con un flashback.
Cosa starà facendo lui ora?
Poggiando i gomiti doloranti sul bancone osserva la barista che si prodiga per prepararle un mega caffè.
È giovane, avrà almeno la sua età. È abbastanza bassa, capelli castani,  una benda sull’occhio destro, fisico da favola.
Appena si gira per servirla, nota subito che ha l’aria non meno spossata di lei: capelli in disordine, grosse occhiaie sotto gli occhi, macchie dappertutto sui vestiti., porta una maglietta bianca fin troppo larga senza reggiseno, che le fa intravedere i capezzoli, un paio di shorts e le infradito.
Non è provocante: è solo stanca della vita, probabilmente.
Come Heather.
Mentre l’asiatica appoggia le labbra sulla tazza e ne succhia il liquido denso e dal gusto deciso, la barista accende una piccola radio alle sue spalle.
Dopo qualche ciarla di un cronista con la erre moscia mettono una canzone.
“Love The Way You Lie.” Dice Heather quasi senza rendersene conto.
“Mh, amo questa canzone. È una delle mie preferite.”
La voce della ragazza è morbida e dolce, ma in qualche modo consumata da chissà quali disgrazie.
Just gonna stand there
And watch me burn
But that's alright
Because I like
The way it hurts
Just gonna stand there
And hear me cry
But that's alright
Because I love
The way you lie
I love the way you lie
I love the way you lie

“Allora, cos’é quell faccino?” le chiede l’altra ragazza.
“Parli proprio tu!” scherza Heather.
L’altra sorride per un istante.
“è stato un ragazzo, vero?” chiede, con una voce assente e vuota.
“Tu … come …?”
“Leggo nel pensiero. Che cosa è successo?”
Heather si guarda in torno. È vero, non sa nemmeno il nome di questa tizia, ma quando le ricapiterà di incontrarne un’altra che sia disposta ad ascoltarla?
Alza brevemente la maglietta.
“Capisco. Che figlio di puttana.” Decreta mordendosi il labbro inferiore.
“Sai, è che io …”
E poi accade.
Senza farsi problemi, senza pensare, senza chiedersi se è giusto oppure no.
Heather crolla con la testa sul bancone e scoppia a piangere.
Sente un rumore di passi.
Ecco, pensa, se n’è andata.
Tanto lo so, sono una rottura di coglioni.
Ma all’improvviso un braccio le cinge le spalle delicatamente e viene attirata verso un corpo esile e tiepido.
Alza la testa un pochino, e la ragazza del bar è seduta sullo sgabello accanto a lei.
“Va tutto bene?” chiede gentilmente.
“Sì … è solo che io … lo amo. Capisci? Io non volevo andarmene. Lui era sempre ubriaco, io sempre sola, però, cazzo, lo amo. Capito? Non ci posso fare nulla.”
La voce è quasi indistinguib ile tra i singhiozzi, ma sembra che l’altra abbia capito ogni parola.
 

You ever love somebody so much
You can barely breathe
When you're with them
You meet
And neither one of you
Even know what hit 'em
Got that warm fuzzy feeling
Yeah them chills
Used to get 'em
Now you're getting fucking sick
Of looking at 'em
You swore you've never hit 'em
Never do nothing to hurt 'em
Now you're in each other's face
Spewing venom
And these words
When you spit 'em
You push
Pull each other's hair
Scratch, claw, bit 'em
Throw 'em down
Pin 'em
So lost in the moments
When you're in 'em
It's the rage that took over
It controls you both
So they say it's best
To go your separate ways
Guess that they don't know ya
'Cause today
That was yesterday
Yesterday is over
It's a different day
Sound like broken records
Playin' over
But you promised her
Next time you'll show restraint
You don't get another chance
Life is no Nintendo game
But you lied again
Now you get to watch her leave
Out the window
Guess that's why they call it window pane

 
 
“Capisco. Lo so, é stato difficile anche per me. Ma sai una cosa? Alla fine me ne sono andata. Me ne sono andata perché io non sono la schiava di nessuno. E sai una cosa? Non avevo niente, è vero, e ho poco e niente anche adesso, ma a me va bene così. Perché io ho una cosa più importante di tutti i suoi soldi, ora. La mia libertà.”
Heather affonda la faccia nella sua spalla straordinariamente morbida, e con una mano si toglie il cappellino mostrando la testa pelata.
“Non scappare, ti prego. Sono orribile, lo so, ma non scappare. Non è colpa mia.”
Vorrebbe dirglielo, ma invece le esce solo un mugugnio sommesso.
L’altra però non scappa, anzi, stringe Heather ancora più forte.
“Sh, va tutto bene … ora sei al sicuro.”
“Ma io lo amo ancora … è questa la cosa contro la quale non potrò mai combattere.”
A queste parole la ragazza la spinge via da sé.
“Ecco, lo sapevo.” Pensa Heather.
Ma invece che andarsene, l’altra si toglie lentamente la benda dall’occhio.
Heather vede appena l’orbita vuota, perche lei ricopre subito.
“è stato lui, sai? Con una pentola, due o tre mesi fa. E sai una bella c-cosa?”
La sua voce si rompe in gola.
“Non te ne importa più.” Completa la frase Heather tirando su col naso.
“No. Non diciamo stronzate. È ovvio che a tutt’e due importa ancora. Li amavamo, cristo. Sbronzi, drogati, bastardi amori delle nostre vite. E ora siamo sole.”
Le sue parole sono come uno schiaffo in piena faccia.
Heather ricomincia a piangerem e le loro lacrime si mescolano in un unico pianto indistinto.
“Just gonna stand there
And watch me burn
But that's alright
Because I like
The way it hurts
Just gonna stand there
And hear me cry
But that's alright
Because I love the way you lie
I love the way you lie
I love the way you lie”

“Sai cosa dobbiamo fare ora?” chiede, con gentilezza e fermezza al tempo stesso.
“Cosa?” chiede Heather di rimando.
“Ricominciare. Insieme.”
Le prende forte la mano e restano lì abbracciate, a fissare il cielo notturno senza stelle.


“Now I know we said things
Did things
That we didn't mean
And we fall back
Into the same patterns
Same routine
But your temper's just as bad
As mine is
You're the same as me
But when it comes to love
You're just as blinded
Baby please come back
It wasn't you
Baby it was me
Maybe our relationship
Isn't as crazy as it seems
Maybe that's what happens
When a tornado meets a volcano
All I know is
I love you too much
To walk away though
Come inside
Pick up your bags off the sidewalk
Don't you hear sincerity
In my voice when I talk
Told you this is my fault
Look me in the eyeball
Next time I'm pissed
I'll aim my fist
At the dry wall
Next time
There will be no next time
I apologize
Even though I know it's lies
I'm tired of the games
I just want her back
I know I'm a liar
If she ever tries to fucking leave again
I'm 'na tie her to the bed
And set the house on fire”

“A proposito, io sono Courtney.”
“Piacere, Heather.”
“Promettimi una cosa, Heather. Che da questo momento, da questo nostro incontro, non saremo mai più sole.”
“Prometto.”
“Non saremo mai più vittime di nessuno.”
 “Mai più vittime di nessuno. ”
“E qualsiasi cosa ci accadrà, lo affronteremo insieme.”
“Insieme.”

“Just gonna stand there
And watch me burn
But that's alright
Because I like
The way it hurts
Just gonna stand there
And hear me cry
But that's alright
Because I love the way you lie
I love the way you lie
I love the way you lie.”

 
 
   
 
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