Premetti il
pedale sull’acceleratore, mentre
oltrepassavo il cartello che, posto sul ciglio sinistro della strada,
mi
informava fosse definitivamente uscita da Londra. Era una mattinata
calda,
quella, tanto che fui costretta ad indossare gli occhiali da sole per
impedire
che raggi
affaticassero la mia vista. La
periferia era caratterizzata da ampi complessi industriali, enormi
edifici
grigiastri si affiancavano l’uno all’altro, in un
interminabile susseguirsi.
Deglutii, concentrandomi sulla strada e per un attimo ripensai a
ciò che stavo
facendo.
Avevo davvero lasciato la mia Moleskine,
quella che Harry mi aveva regalato a Natale, tra le sue mani. Gli avevo
consegnato i miei pensieri, i miei ricordi, le mie impressioni, tutto
di me.
Sapevo di aver fatto la cosa giusta, speravo
solo lui comprendesse quanto per me fosse importante.
Evidentemente
non sono brava con le parole, non sono brava a parlare di emozioni, non
sono
brava a guardarti negli occhi e confessarti cosa provo per te.
Faccio
sempre la cosa sbagliata, ho paura ad espormi e tendo a complicare
qualsiasi
tipo di situazione.
Superai
l’enorme camion che rallentava il mio
viaggio, varcando la striscia sinistra che limitava la seconda corsia.
Volevo
andare veloce, volevo correre e non perché volessi arrivare
subito a
destinazione. Volevo solo gustarmi quel viaggio, godermi
quell’ebbrezza di
libertà, quella magica sensazione di indipendenza che
avvolgeva il mio corpo.
Avevo fatto la mia scelta, senza curarmi dei miei programmi, senza
tener conto
delle conseguenze. Avevo commesso così tanti errori, avevo
optato così tante
volte per la soluzione errata che, ormai, sentivo di essere cambiata.
C’era un qualcosa di diverso in me, forse
quella sicurezza, quella freddezza e
quell’impulsività che avevano dettato la
mia decisone, che in passato, invece, mi avrebbero risucchiata
completamente.
Solo in quel momento, per la prima volta, finalmente riuscivo a
comprendere i
motivi che avevano spinto Louis ad allontanarsi da Doncaster. Per la
prima
volta comprendevo le sue necessità, la sua esigenza di
sentirsi libero, la sua
voglia di vivere la sua vita a suo modo, secondo le sue regole, il suo
desiderio di realizzarsi, la sua ambizione. Tutto mi appariva in una
prospettiva
diversa, nuova. E non importava se in quel momento stessi percorrendo
esattamente la strada che mi conduceva a casa, perché per
quanto quel posto era
rimasto immutato, ero io ad essere finalmente cresciuta.
È
vero, sono
partita, sono andata via un’altra volta. Ma non sono
scappata, non sono corsa a
nascondermi, non questa volta. Ho smesso di farlo. Non voglio
più cercare di
allontanarti o di allontanare me stessa. Non voglio più
fingere che tu non mi
piaccia o cercare di nascondere le mille emozioni che tu mi fai
provare. Non
voglio più tentare di mostrarmi indifferente, mentre vorrei
soltanto baciarti.
E, pensa, persino il solo pensiero mi fa sorridere.
Forse avevo
commesso l’ennesimo errore nel
ritenere quella, la scelta di lasciarmi guidare dal mio istinto,
l’opzione
migliore. Avevo sentito l’esigenza di allontanarmi, anche
solo per qualche
giorno, da quell’ambiente che ultimamente mi aveva riservato
non poche
sorprese. Ero certa dei miei sentimenti, non ero mai stata
più sicura di
qualcosa, qualsiasi cosa, come in quel momento.
Ero cambiata, lo sentivo, lo percepivo ed il
miglior modo per costatarlo era proprio tornare a casa.
Volevo ricominciare, dare a me stessa un’altra
possibilità, ma per farlo dovevo essere sicura che quello
strato di apatia che
mi avvolgeva si fosse definitivamente squartato. Louis mi aveva
confessato che
la prima volta che era tornato a casa, dopo essersi trasferito, aveva
sentito
un’inspiegabile sensazione di soddisfazione. Mi aveva
confessato che aveva parecchio
sofferto la nostalgia di casa, ma ogni qualvolta guardava
all’enorme schiera di
possibilità che si era aperta davanti a lui, ricordava il
perché continuasse a
perseguire con tanta tenacia la sua ferma posizione.
Voleva non essere più rinchiuso in quella
campana di vetro che aveva schermato ogni sua esperienza, voleva
sentire tutto
sulla sua pelle.
Harry, ne ero sicura, avrebbe capito.
Non
ho mai
scritto una lettera,non una che parli di sentimenti, perlomeno. In
realtà non
so neppure se questa possa definirsi tale. Insomma, non
c’è un intestatario ed
è scarabocchiata sulle pagine di un’agenda. Non so
neppure da dove iniziare,
davvero.
Abbassai di poco
il finestrino, così da
lasciare che l’aria fresca entrasse all’interno
dell’abitacolo. Rabbrividii
quando una piccola folata di vento scombinò i miei capelli e
sorrisi. Mi
piaceva quella sensazione, era come se la velocità riuscisse
ad accarezzarmi.
Era come sentire qualcosa di intangibile. Così, affascinata
dall’immagine che
quel pensiero aveva riprodotto nella mia mente, mi decisi a premere il
pulante
che consentisse alla copertura dell’auto di abbassarsi.
Volevo quell’aria,
volevo che non la percepissi solo sui capelli, ma in pieno viso, volevo
sentirla. Procedevo quasi oltre il limite di velocità sulla
strada, con il
vento che segava il mio volto, protetto solo da un paio di occhiali da
sole. In
pochi istanti mi abituai alla nuova temperatura, trovandola stranamente
piacevole.
Mi
dispiace.
L’ho detto talmente tante volte che potrà
risultare ripetitivo e banale, ma non
riesco a non pensare a quanto il mio comportamento sia stato
deprecabile. Ho
provato a fare la cosa giusta, sin dall’inizio, ma con il
passare del tempo mi
sono resa conto che più provavo a non compiere errori,
più ne commettevo.
Persino quando ho provato a fare ciò che il mio cuore
suggeriva non ho fatto
altro che aggravare la mia posizione. Ho sbagliato e mi dispiace. Mi
dispiace
di averti ferito.
Il navigatore
continuava a lampeggiare,
segnalando in rosso il limite di velocità che ero tenuta a
rispettare e che,
tuttavia, continuavo a violare. Harry aveva catturato la mia attenzione
dal
primo istante, sin da quando quella notte ci eravamo incontrati
casualmente per
i freddi e silenziosi corridoi della palazzina alloggi del campus. In
quell’occasione non avrei mai neppure lontanamente pensato
che mi sarei
innamorata proprio di lui. Lo avevo guardato, con quella sua aria
inscrutabile,
e non ero riuscita a cogliere nulla dai suoi occhi, non ero riuscita a
leggerli. Ma, poi, avevo imparato a conoscerlo. Avevo intuito come i
suoi
sguardi celassero fiumi di parole, come un suo sorriso potesse
trasmettermi
esattamente ciò che provava in quel momento, come un
semplice gesto volesse in
realtà significare altro.
Harry era fragile, forse lo era persino più di
me. La vita lo aveva ripetutamente posto dinanzi a situazioni
difficili, che
lui non aveva esitato ad affrontare. Harry ce l’aveva fatta,
aveva lottato ed
aveva vinto. Ma era proprio la consapevolezza del dolore, della lotta,
di quel
continuo protendersi per superare le difficoltà, che lo
aveva reso estremamente
insicuro. Non voleva più soffrire, non voleva dover
rinunciare agli affetti
ancora una volta.
Ed io, senza neppure essere consapevole, lo
avevo nuovamente posto in una situazione di dubbio equilibrio. Avevo
pensato
sempre ed esclusivamente a me stessa, alle mie paure, alle mie
esigenze,
vedendo in Harry solo del negativo, un qualcosa che poteva suolo
nuocermi.
Poche volte, invece, mi ero soffermata a riflettere su ciò
che lui potesse
provare mentre continuavo a non prendere una decisione definitiva.
Non ero l’unica ad aver bisogno di certezze,
anche lui ne necessitava.
Ti
amo. Non
te l’ho detto stamattina, ma ti amo. La verità
è che mi hai colta di sorpresa,
che non ero pronta, che avevo desiderato talmente tanto quel momento,
che
quando è realmente accaduto non mi pareva vero. La
verità è che ho sempre avuto
paura, paure di soffrire, di illudermi, di rimanere delusa. La
verità è che
mentre cercavo di difendermi da me stessa, non ho fatto altro che far
soffrire
gli altri, che far soffrire te.
Sorrisi,
ripensando alle parole che avevo
scritto quella mattina. Non sapevo se e quando Harry le avrebbe lette,
ma il
solo pensiero mi rendeva felice. Volevo che sapesse cosa provavo,
volevo che
sapesse che lo amavo. Certo, avrei preferito poterlo guardare in quei
chiari
occhi verdi, mentre gli confessavo i miei sentimenti, ma temevo
chissà quale
assurda conversazione ne sarebbe derivata. Inoltre, volevo lui sapesse,
volevo
Harry sapesse subito.
Sono
partita. Forse sarò anche già arrivata quando
leggerai queste righe. Sento di
aver bisogno di trascorre qualche giorno a casa, di capire chi ero e
chi sono.
È come se, tutto d’un tratto, ogni cosa sembra
avere una rilevanza diversa.
Ricordi quella sera, quando mi hai fermata nel corridoio? Per te era
solo uno
stupido scherzetto fatto ad una ragazzina con la faccia spaurita, ma io
quella
notte mi sono sentita stranamente più viva quando ti ho
risposto. Mi sono
sentita viva quando ti ho visto in biblioteca, tutte quelle volte che
mi hai
fatta arrabbiare, che mi stuzzicavi. Mi sono sentita viva la prima
volta che mi
hai baciata e tutte quelle che sono susseguite. Mi sono sentita viva
persino
mentre mi sentivo morire quando mi ignoravi, quando c’era
qualcun’altra con te.
Perché tutto con te è più amplificato,
più intenso, tutto con te ha un colore
diverso, più luminoso.
Decelerai,
quando sulla sinistra notai a
neppure un chilometro di distanza lo svicolo per Doncaster. Ormai
mancava
davvero poco, conoscevo bene quella strada. Non avevo mai guidato su
una tratta
tanto lunga, per giunta anche da sola, ma era stato piacevole farlo.
Papà preferiva avvalersi dell’autista per i
suoi viaggi, ma io non ero affatto dello stesso avviso. Poggiare le
mani sul
volante, stabilire la direzione, essere padroni dei propri movimenti mi
forniva
un’incredibile carica di adrenalina ed energia.
In quel momento ero io a decidere, ero io
l’unica responsabile di me stessa, l’unica a cui
dovessi rendere conto delle
mie azioni. Sorrisi, interrogandomi su ciò che avrei sentito
quando finalmente
avrei varcato la soglia di casa.
Ti
amo. Ti
amo, ma questo te l’ho già detto.
La radio passava
della musica degli anni
ottanta, di cui non conoscevo neppure un titolo. Mi lasciavo cullare
dal ritmo
che giungeva ovattato dal vento alle mie orecchie. Avevo corso per
quasi tutto
il tragitto, fermandomi solo per pochi minuti, necessari per prendere
un caffè
ed assicurarmi un breve ristoro. In lontananza potevo già
vedere le prime abitazioni
della città sbucare dall’orizzonte. Sarei andata a
casa, avrei rivisto i miei e
avrei cercato di ristabilire le mie priorità. Avevo bisogno
di fare chiarezza
su chi ero, per poter capire cosa ero diventata e se, di questo non ne
ero
ancora del tutto certa, fossi realmente cambiata. Avevo bisogno di
sperare che
ci fosse qualcosa di diverso in me, qualcosa che mi avrebbe permesso di
ricominciare e, questa volta, con Harry al mio fianco.
Tornerò
quanto prima, promesso. Già conto i secondi che ci dividono,
anche perché ho
una voglia matta di dirti quanto ti amo.
Sì, perché ti amo e ti amo davvero.
Non so perché questa mattina, ma ti
amo e credo sia questo ciò che conti.
Il cancello nero
non mi era mai sembrato così
grande ed imponente come in quel momento. Avevo appena premuto il
piccolo
pulsante del telecomando che tenevo insieme alle chiavi. Non ero
riuscita a
separarmene. Sapevo quanto poco potessero essermi utili a Londra, ma
era come
avere la certezza che, con quelle, sarei potuta tornare a casa in ogni
momento,
quando e se ne avessi avuto bisogno.
Presi un lungo respiro, mentre lentamente
procedevo con cautela lungo il vialetto. Parcheggiai l’auto
poco distante
dall’entrata principale, non preccupandomi minimamente del
fatto che quello non
fosse per nulla il posto adatto per lasciare la macchina. Appena
aprì la
portiera notai immediatamente la figura alta e vigile di mio padre
sulle
scalette dell’ingresso, che scrutava con fare curioso e
sorpreso la scena.
Probabilmente si era accorto del mio arrivo dal suo ufficio e si era
insospettito. Lo vidi rilassarsi all’istante, non appena mi
riconobbe, poi un
sorriso genuino spuntò sul suo volto.
“Elizabeth!”, esclamò avvicinandosi a
grandi
falcate.
Scesi frettolosamente dall’abitacolo, per
correre in sua direzione. Solo quando il mio viso incontrò
il suo petto e le
sue braccia si avvolsero intorno alla mia schiena realizzai quanto mio
padre mi
fosse mancato. Erano successe così tante cose, avevo vissuto
così tante
esperienze assurde, pur rimanendo la stessa ragazza di sempre. Avevo
ragione,
avevo fatto bene a venire a casa. Lo capii nell’esatto
momento in cui mio padre
mi accarezzò dolcemente i capelli. Non c’era
più quella strana sensazione di
protezione, non c’era quella campana di vetro che mi
difendeva dall’esterno.
C’ero solo io, con la mia corazza, decisa a voler affrontare
tutto, ma questa
volta a testa alta, senza timori. Avvolta dalle sue braccia potevo
chiaramente
percepire tutto l’affetto e l’amore che nutriva nei
miei confronti, ma questa
volta c’era dell’altro e quell’altro ero
io. C’ero con la mia libertà, con le
mie idee, le mie convinzioni, i miei errori, i miei difetti.
Lo
so, avrei
dovuto parlare con te, prima di fare quest’ennesima pazzia.
Non posso
prometterti che sarà l’ultima perché mi
conosci, non ne faccio mai una giusta e
sono quel tipo di ragazza geneticamente predisposta a fare
l’esatto contrario
di ciò che dovrebbe. Però posso prometterti che
d’ora in poi, se lo vorrai, sarò
pronta a condividere con te tutto e, soprattutto, prometto che
eviterò di fare
tutto da sola, comprese le conclusioni affrettate ed infondate. Se
fosse
possibile, ricomincerei tutto daccapo con te. Mi dispiace averti
costretto a
sopportare tutto questo.
“Elizabeth?”,
la voce mi mia madre richiamò
entrambi, costringendoci a voltarci in sua direzione. “Cosa
ci fai qui, tesoro
mio?”, mi chiese con tono apprensivo, avvicinandosi per poi
prendermi il viso
tra le sue mani.
“Nulla, mamma.”, sminuii con un sorriso.
“Avevo semplicemente bisogno di fare un salto a
casa.”, spiegai prima di essere
avvolta da un suo abbraccio.
Spero
solo
tu abbia ancora voglia di… Insomma, spero solo
di…
Va bene, lo
ammetto. Con me ci vuole una pazienza infinita, lo so. Spero solo tu
non abbia
già esaurito la tua, ecco.
A presto,
Harry.
Tua Liz.
“Andiamo in casa,
forza!”, incoraggiò mia
madre dopo qualche istante si silenzio, prendendo forte la mia mano per
poi
condurmi all’interno.
“Allora,
raccontaci tutto!”, esordì mio padre
facendosi spazio verso il salotto.
Tolsi frettolosamente
la giacca, per poi
prendere posto sul divano, accanto a mia madre, mentre mio padre si
sedeva alla
mia destra, sulla poltrona.
“Come mai
hai deciso di tornare? È successo
qualcosa? E perché non hai avvisato? Avremmo mandato
qualcuno a prenderti.”, la
voce preoccupata di mia madre mi fece sorridere.
Sarei potuta crescere,
sarei potuta diventare
donna, madre o nonna, ma per lei sarei rimasta sempre la sua piccolina.
“Tranquilla,
mamma. Ho deciso all’ultimo
momento. Non è successo nulla, avevo solo voglia di stare
qualche giorno qui
con voi.”, chiarì con voce pacata, nel tentativo
di rassicurarla.
“Sono
davvero contento che tu sia qui.”,
commentò mio padre.
Il pomeriggio
proseguì tranquillo, tra le
varie chiacchiere ed i racconti di qualche mia giornata tipo. Parlammo
anche di
Louis, del concerto e del modo fantastico che aveva di far sorridere le
persone, della sua voce melodiosa e del contratto che finalmente era
riuscito
ad assicurarsi. Mamma, invece, mi
ricordò di come proseguisse la sua via tra i vari pranzi e
le cene organizzate
per ogni tipo di evento, delle ultime novità sulle
associazione e sulle diverse
voci che giravano al club. Mi era sempre piaciuto informarmi sugli
assurdi
pettegolezzi che circolavano in quel mondo di apparente perfezione. Era
divertente, seppur terribilmente subdolo. Papà , invece,
preferì concentrarsi
sulle ultime novità verificatesi a lavoro.
Solo quando si fu
fatta ora di cena decidemmo
di interrompere la conversazione. In realtà mia madre si era
proposta di
preparare la cena, mentre io avevo bisogno di qualche minuto di
tranquillità.
Mi ero appena alzata dal divano quando sentii il mio cellulare vibrare
nella
tasca. Esitati qualche istante prima di estrarlo. Sapevo potesse
trattarsi
esclusivamente di Louis o di Allie ed, in entrambi i casi, non sarei
riuscita a
risparmiarmi una ramanzina in alcun modo.
Sgranai gli occhi
esterrefatta quando sul
piccolo schermo vidi lampeggiare il suo nome. Trattenni il fiato,
rimuginando
sul possibile motivo di quella telefonata. Da una parte fremevo per
rispondere,
ansiosa di poter finalmente risentire la sua voce, dall’altra
temevo una sua
eventuale reazione negativa. Non volevo perderlo, non ora che
finalmente avevo
capito di amarlo con tutta me stessa.
Scossi il capo,
rassegnata, poi mi decisi ad
accettare la chiamata.
“Harry.”,
il mio tono era un sussurro appena
udibile.
“Liz.”,
ricambiò lui.
In quelle tre piccole
lettere non riuscii a
rintracciare alcun indizio sul suo umore. Sembrava tranquillo, forse
persino
troppo.
“Come mai
mi…?”, iniziai a chiedere, cercando
di apparire quanto più neutrale possibile.
“Ho
letto.”, disse soltanto, non permettendomi
neppure di terminare la mia domanda.
Il mio cuore perse un
battito a quelle parole.
Deglutii appena, prima di riuscire nuovamente a proferir parola.
“E?”,
lo incalzai a continuare, incapace di
attendere oltre.
Volevo sapere, volevo
sapere se c’era ancora
una possibilità per noi, volevo sapere se l’avevo
perso, volevo sapere cosa
sarebbe successo.
Le mie gambe
tremavano, avevo il fiato sospeso
e la gola bruciava forte.
“E credo
dovresti controllare anche tu nella
tua cassetta della posta.”, spiegò e mi parve
stesse cercando di trattenere a
stento una risata.
“Cosa?”,
chiesi, palesemente confusa.
“Dai Liz,
fidati!”, esclamò. “Controlla e poi
dimmi.”, terminò con una punta di allegria nella
voce, prima di chiudere la
chiamata.
Rimasi immobile per
qualche istante, cercando
di realizzare quei pochi secondi di telefonata, poi, come un treno in
corsa, mi
precipitai verso la porta e premetti frettolosamente il tasto che
consentiva
l’apertura del cancello. Non presi neppure il cappotto,
agitata com’ero. Mi
ritrovai a correre lungo tutto il vialetto, fantasticando su cosa avrei
potuto
trovare, fino a raggiungere l’enorme inferriata per poi
oltrepassarla. Mi
avvicinai alla cassetta della posta, ancora troppo emozionata per
fermarmi a
riprendere fiato, e cercai qualcosa, qualsiasi cosa, al suo interno.
Trasalii quando
le mie dita entrarono direttamente in contatto con il freddo metallo.
Non c’era
nulla.
“Non ci
entravo lì dentro, spero non ti
dispiaccia.”, esordì una voce, la sua voce, alle
mia spella.
Sorrisi, mordendomi il
labbro inferiore tra i
denti non appena lo riconobbi, poi mi voltai di scatto, potendolo
finalmente
vedere. Harry era lì, davanti a me, con le mani nelle tasche
del cappotto
grigio lasciato aperto sul petto, un berretto di lana in testa che
lasciava
intravedere solo alcune ciocche di ricci ed un ampio sorriso sulle
labbra
incorniciato da due deliziose fossette.
“Harry!”,
gioì, precipitandomi sui di lui.
Lui mi
afferrò prontamente, accogliendomi tra
le sue braccia. Era una strana sensazione quella. Percepivo tutto.
Percepivo il
calore, la sicurezza, la protezione, l’affetto,
l’amore.
“Cosa ci
fai…?”, chiesi contro il suo petto,
ma ancora una volta lui non mi diede neppure il tempo di terminare
quella
domanda.
“Non sono
così paziente come credi, non ce
l’avrei fatta ad aspettare qualche giorno.”,
rispose sorridendomi, mentre i
suoi occhi incontravano nuovamente i miei.
Il mio cuore
tamburellava forte nel mio petto,
la testa sembrava potermi scoppiare dalla felicità da un
momento all’altro. Era
lì, Harry era davvero lì.
“Ti
amo.”, sussurrai.
I suoi occhi verdi
sembravano risplendere nel
grigio cielo che copriva Doncaster a quell’ora. Sentirlo
così vicino a me,
percepire il suo respiro sulla mia pelle, era una sensazione a cui non
sarei
riuscita a rinunciare, non più. Vivevo di Harry, dei suoi
sorrisi, della sua
voce, dei suoi respiri.
Harry
spostò lentamente una mano sul mio viso,
accarezzandolo dolcemente con il dorso, mentre il suo volto si faceva
sempre
più vicino al mio. I suoi occhi erano puntati nei miei, non
c’era altro al di
fuori di noi. Persino il freddo che avevo percepito precedentemente
sembrava
essere divenuto insignificante. Mi sorrise ancora, sfiorando con il
pollice le
mie labbra. Attesa qualche istante, come a voler avere la piena
consapevolezza
di quello che stava per fare. Poi, d’un tratto, sentii le sue
labbra fredde, ma
morbide poggiarsi sulle mie. Con una mano mi strinse forte attorno alla
vita,
quasi avesse paura potessi scappare via, facendo scontrare i nostri
corpi.
C’era passione, c’era amore, c’erano
tutte quelle parole represse, quelle
lacrime nascoste, quei “ti amo” mancati, le bugie,
gli errori. Avvolsi il suo
collo con le mie braccia, mentre le nostre lingue si assaporavano, si
riscoprivano. non era un bacio irruento, al contrario era disperato e
dolce
allo stesso tempo.
“Ah, giusto
per la cronaca.”, mormorò lui,
staccandosi di poco dal mio viso, il necessario per poter far
incrociare i suoi
splendidi occhi verdi con i miei.
Arricciai la fronte,
aspettando che
continuasse.
“Io non
voglio ricominciare daccapo con te. Io
voglio continuare dal punto esatto in cui siamo arrivati. È
anche grazie a tutto
quello che c’è stato se ora siamo così,
se ora sono qui a dirti che ti amo.
Perché sì, Liz, ti amo e sono disposto a
ricorrerti altre cento milioni di
volte se sarà necessario. E amo anche quei tue infiniti
fottuti difetti che
all’inizio credevo di non poter sopportare. Ma ti amo, amo
tutto di te.”,
spiegò mentre distrattamente giocherellava con una ciocca
dei miei capelli.
Sentivo gli occhi
lucidi, lottavo per
trattenere le lacrime di gioia che incombevano di fuoriuscire da un
momento
all’altro.
“Ormai non
scappo. Ormai non scappo più.”,
riuscì solo a dire, prima che le sue labbra si posassero
nuovamente sulle mie e
non c’era nulla di più giusto al mondo di quel
bacio.
C’ero io,
c’era Harry, c’eravamo noi ed il
nostro amore. Era quello il punto da cui avremmo ripreso e lo avremmo
fatto
insieme.
Angolo Autrice
Non mi sembra vero, eppure eccomi qui, con l'ultimo capitolo!!!
Ed anche questa storia si è conclusa... datemi della banale, della scontata, ma io proprio non riesco a rinunciare al famoso happy ending!
So che nella vita reale non finisce quasi mai bene, ma almeno nelle storie preferisco immaginare che vada tutto per il verso giusto!
Insomma, dopo tutti questi capitoli non potevo non concedere un po' di tranquillità ad Harry e Liz!!!
Per quanto riguarda Allie ed il famoso triangolo... beh, lascio la questione aperta... Immaginate quello che più vi piace! :D
Okay, veniamo ora alla parte importante: ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno seguita dall'inizio e quelle che si sono aggiunte strada facendo!*.*
Ringrazio chi ha ricodato, preferito e seguito questa storia! You're absolutely amazing!<3
E ringrazio enormemente quelle fantastiche-splendide-bellissime persone che hanno commentato,
rendendomi non solo enstremamente felice, ma condividendo con me questo percorso! Grazie, davvero!!!*.*
Bene, un ringraziamento anche ai lettori silenziosi!!!:D:D
Okay, per chi avesse ancora voglia di leggere qualcosina di mio, sto pubblicando Skins, sempre sui One Direction.
Non insierisco il link perché sono davvero negata con queste cose, però mi farebbe piacere se passaste!:D
Detto anche questo, vi ringrazio ancora una volta!:D
A presto!:*
Astrea_