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Autore: Astrea_    05/12/2013    5 recensioni
“Tu e tuo fratello dovete avere sicuramente un magnifico rapporto se una sua sola telefonata è capace di renderti così tranquilla!”, commentò poi Allie, facendosi più vicina.
Le sorrisi, annuendo con fare convinto.
“Lo adoro.”, confessai con un filo di voce, poi con la mano le feci segno di sedersi accanto a me.
Così, senza neppure sapere esattamente come o perché, io ed Allie iniziammo a parlare delle nostre vite.
-Tratto dal primo capitolo-
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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All your little things.


Premetti il pedale sull’acceleratore, mentre oltrepassavo il cartello che, posto sul ciglio sinistro della strada, mi informava fosse definitivamente uscita da Londra. Era una mattinata calda, quella, tanto che fui costretta ad indossare gli occhiali da sole per impedire che  raggi affaticassero la mia vista. La periferia era caratterizzata da ampi complessi industriali, enormi edifici grigiastri si affiancavano l’uno all’altro, in un interminabile susseguirsi. Deglutii, concentrandomi sulla strada e per un attimo ripensai a ciò che stavo facendo.
Avevo davvero lasciato la mia Moleskine, quella che Harry mi aveva regalato a Natale, tra le sue mani. Gli avevo consegnato i miei pensieri, i miei ricordi, le mie impressioni, tutto di me.
Sapevo di aver fatto la cosa giusta, speravo solo lui comprendesse quanto per me fosse importante. 

Evidentemente non sono brava con le parole, non sono brava a parlare di emozioni, non sono brava a guardarti negli occhi e confessarti cosa provo per te.
Faccio sempre la cosa sbagliata, ho paura ad espormi e tendo a complicare qualsiasi tipo di situazione.
 

Superai l’enorme camion che rallentava il mio viaggio, varcando la striscia sinistra che limitava la seconda corsia. Volevo andare veloce, volevo correre e non perché volessi arrivare subito a destinazione. Volevo solo gustarmi quel viaggio, godermi quell’ebbrezza di libertà, quella magica sensazione di indipendenza che avvolgeva il mio corpo. Avevo fatto la mia scelta, senza curarmi dei miei programmi, senza tener conto delle conseguenze. Avevo commesso così tanti errori, avevo optato così tante volte per la soluzione errata che, ormai, sentivo di essere cambiata.
C’era un qualcosa di diverso in me, forse quella sicurezza, quella freddezza e quell’impulsività che avevano dettato la mia decisone, che in passato, invece, mi avrebbero risucchiata completamente. Solo in quel momento, per la prima volta, finalmente riuscivo a comprendere i motivi che avevano spinto Louis ad allontanarsi da Doncaster. Per la prima volta comprendevo le sue necessità, la sua esigenza di sentirsi libero, la sua voglia di vivere la sua vita a suo modo, secondo le sue regole, il suo desiderio di realizzarsi, la sua ambizione. Tutto mi appariva in una prospettiva diversa, nuova. E non importava se in quel momento stessi percorrendo esattamente la strada che mi conduceva a casa, perché per quanto quel posto era rimasto immutato, ero io ad essere finalmente cresciuta. 

È vero, sono partita, sono andata via un’altra volta. Ma non sono scappata, non sono corsa a nascondermi, non questa volta. Ho smesso di farlo. Non voglio più cercare di allontanarti o di allontanare me stessa. Non voglio più fingere che tu non mi piaccia o cercare di nascondere le mille emozioni che tu mi fai provare. Non voglio più tentare di mostrarmi indifferente, mentre vorrei soltanto baciarti. E, pensa, persino il solo pensiero mi fa sorridere. 

Forse avevo commesso l’ennesimo errore nel ritenere quella, la scelta di lasciarmi guidare dal mio istinto, l’opzione migliore. Avevo sentito l’esigenza di allontanarmi, anche solo per qualche giorno, da quell’ambiente che ultimamente mi aveva riservato non poche sorprese. Ero certa dei miei sentimenti, non ero mai stata più sicura di qualcosa, qualsiasi cosa, come in quel momento.
Ero cambiata, lo sentivo, lo percepivo ed il miglior modo per costatarlo era proprio tornare a casa.
Volevo ricominciare, dare a me stessa un’altra possibilità, ma per farlo dovevo essere sicura che quello strato di apatia che mi avvolgeva si fosse definitivamente squartato. Louis mi aveva confessato che la prima volta che era tornato a casa, dopo essersi trasferito, aveva sentito un’inspiegabile sensazione di soddisfazione. Mi aveva confessato che aveva parecchio sofferto la nostalgia di casa, ma ogni qualvolta guardava all’enorme schiera di possibilità che si era aperta davanti a lui, ricordava il perché continuasse a perseguire con tanta tenacia la sua ferma posizione.
Voleva non essere più rinchiuso in quella campana di vetro che aveva schermato ogni sua esperienza, voleva sentire tutto sulla sua pelle.
Harry, ne ero sicura, avrebbe capito.  

Non ho mai scritto una lettera,non una che parli di sentimenti, perlomeno. In realtà non so neppure se questa possa definirsi tale. Insomma, non c’è un intestatario ed è scarabocchiata sulle pagine di un’agenda. Non so neppure da dove iniziare, davvero. 

Abbassai di poco il finestrino, così da lasciare che l’aria fresca entrasse all’interno dell’abitacolo. Rabbrividii quando una piccola folata di vento scombinò i miei capelli e sorrisi. Mi piaceva quella sensazione, era come se la velocità riuscisse ad accarezzarmi. Era come sentire qualcosa di intangibile. Così, affascinata dall’immagine che quel pensiero aveva riprodotto nella mia mente, mi decisi a premere il pulante che consentisse alla copertura dell’auto di abbassarsi. Volevo quell’aria, volevo che non la percepissi solo sui capelli, ma in pieno viso, volevo sentirla. Procedevo quasi oltre il limite di velocità sulla strada, con il vento che segava il mio volto, protetto solo da un paio di occhiali da sole. In pochi istanti mi abituai alla nuova temperatura, trovandola stranamente piacevole. 

Mi dispiace. L’ho detto talmente tante volte che potrà risultare ripetitivo e banale, ma non riesco a non pensare a quanto il mio comportamento sia stato deprecabile. Ho provato a fare la cosa giusta, sin dall’inizio, ma con il passare del tempo mi sono resa conto che più provavo a non compiere errori, più ne commettevo. Persino quando ho provato a fare ciò che il mio cuore suggeriva non ho fatto altro che aggravare la mia posizione. Ho sbagliato e mi dispiace. Mi dispiace di averti ferito. 

Il navigatore continuava a lampeggiare, segnalando in rosso il limite di velocità che ero tenuta a rispettare e che, tuttavia, continuavo a violare. Harry aveva catturato la mia attenzione dal primo istante, sin da quando quella notte ci eravamo incontrati casualmente per i freddi e silenziosi corridoi della palazzina alloggi del campus. In quell’occasione non avrei mai neppure lontanamente pensato che mi sarei innamorata proprio di lui. Lo avevo guardato, con quella sua aria inscrutabile, e non ero riuscita a cogliere nulla dai suoi occhi, non ero riuscita a leggerli. Ma, poi, avevo imparato a conoscerlo. Avevo intuito come i suoi sguardi celassero fiumi di parole, come un suo sorriso potesse trasmettermi esattamente ciò che provava in quel momento, come un semplice gesto volesse in realtà significare altro.
Harry era fragile, forse lo era persino più di me. La vita lo aveva ripetutamente posto dinanzi a situazioni difficili, che lui non aveva esitato ad affrontare. Harry ce l’aveva fatta, aveva lottato ed aveva vinto. Ma era proprio la consapevolezza del dolore, della lotta, di quel continuo protendersi per superare le difficoltà, che lo aveva reso estremamente insicuro. Non voleva più soffrire, non voleva dover rinunciare agli affetti ancora una volta.
Ed io, senza neppure essere consapevole, lo avevo nuovamente posto in una situazione di dubbio equilibrio. Avevo pensato sempre ed esclusivamente a me stessa, alle mie paure, alle mie esigenze, vedendo in Harry solo del negativo, un qualcosa che poteva suolo nuocermi. Poche volte, invece, mi ero soffermata a riflettere su ciò che lui potesse provare mentre continuavo a non prendere una decisione definitiva.
Non ero l’unica ad aver bisogno di certezze, anche lui ne necessitava. 

Ti amo. Non te l’ho detto stamattina, ma ti amo. La verità è che mi hai colta di sorpresa, che non ero pronta, che avevo desiderato talmente tanto quel momento, che quando è realmente accaduto non mi pareva vero. La verità è che ho sempre avuto paura, paure di soffrire, di illudermi, di rimanere delusa. La verità è che mentre cercavo di difendermi da me stessa, non ho fatto altro che far soffrire gli altri, che far soffrire te.

Sorrisi, ripensando alle parole che avevo scritto quella mattina. Non sapevo se e quando Harry le avrebbe lette, ma il solo pensiero mi rendeva felice. Volevo che sapesse cosa provavo, volevo che sapesse che lo amavo. Certo, avrei preferito poterlo guardare in quei chiari occhi verdi, mentre gli confessavo i miei sentimenti, ma temevo chissà quale assurda conversazione ne sarebbe derivata. Inoltre, volevo lui sapesse, volevo Harry sapesse subito. 

Sono partita. Forse sarò anche già arrivata quando leggerai queste righe. Sento di aver bisogno di trascorre qualche giorno a casa, di capire chi ero e chi sono. È come se, tutto d’un tratto, ogni cosa sembra avere una rilevanza diversa. Ricordi quella sera, quando mi hai fermata nel corridoio? Per te era solo uno stupido scherzetto fatto ad una ragazzina con la faccia spaurita, ma io quella notte mi sono sentita stranamente più viva quando ti ho risposto. Mi sono sentita viva quando ti ho visto in biblioteca, tutte quelle volte che mi hai fatta arrabbiare, che mi stuzzicavi. Mi sono sentita viva la prima volta che mi hai baciata e tutte quelle che sono susseguite. Mi sono sentita viva persino mentre mi sentivo morire quando mi ignoravi, quando c’era qualcun’altra con te. Perché tutto con te è più amplificato, più intenso, tutto con te ha un colore diverso, più luminoso.  

Decelerai, quando sulla sinistra notai a neppure un chilometro di distanza lo svicolo per Doncaster. Ormai mancava davvero poco, conoscevo bene quella strada. Non avevo mai guidato su una tratta tanto lunga, per giunta anche da sola, ma era stato piacevole farlo.
Papà preferiva avvalersi dell’autista per i suoi viaggi, ma io non ero affatto dello stesso avviso. Poggiare le mani sul volante, stabilire la direzione, essere padroni dei propri movimenti mi forniva un’incredibile carica di adrenalina ed energia.
In quel momento ero io a decidere, ero io l’unica responsabile di me stessa, l’unica a cui dovessi rendere conto delle mie azioni. Sorrisi, interrogandomi su ciò che avrei sentito quando finalmente avrei varcato la soglia di casa. 

Ti amo. Ti amo, ma questo te l’ho già detto. 

La radio passava della musica degli anni ottanta, di cui non conoscevo neppure un titolo. Mi lasciavo cullare dal ritmo che giungeva ovattato dal vento alle mie orecchie. Avevo corso per quasi tutto il tragitto, fermandomi solo per pochi minuti, necessari per prendere un caffè ed assicurarmi un breve ristoro. In lontananza potevo già vedere le prime abitazioni della città sbucare dall’orizzonte. Sarei andata a casa, avrei rivisto i miei e avrei cercato di ristabilire le mie priorità. Avevo bisogno di fare chiarezza su chi ero, per poter capire cosa ero diventata e se, di questo non ne ero ancora del tutto certa, fossi realmente cambiata. Avevo bisogno di sperare che ci fosse qualcosa di diverso in me, qualcosa che mi avrebbe permesso di ricominciare e, questa volta, con Harry al mio fianco. 

Tornerò quanto prima, promesso. Già conto i secondi che ci dividono, anche perché ho una voglia matta di dirti quanto ti amo.  Sì, perché ti amo e ti amo davvero. Non so perché questa mattina, ma ti amo e credo sia questo ciò che conti.  

Il cancello nero non mi era mai sembrato così grande ed imponente come in quel momento. Avevo appena premuto il piccolo pulsante del telecomando che tenevo insieme alle chiavi. Non ero riuscita a separarmene. Sapevo quanto poco potessero essermi utili a Londra, ma era come avere la certezza che, con quelle, sarei potuta tornare a casa in ogni momento, quando e se ne avessi avuto bisogno.
Presi un lungo respiro, mentre lentamente procedevo con cautela lungo il vialetto. Parcheggiai l’auto poco distante dall’entrata principale, non preccupandomi minimamente del fatto che quello non fosse per nulla il posto adatto per lasciare la macchina. Appena aprì la portiera notai immediatamente la figura alta e vigile di mio padre sulle scalette dell’ingresso, che scrutava con fare curioso e sorpreso la scena. Probabilmente si era accorto del mio arrivo dal suo ufficio e si era insospettito. Lo vidi rilassarsi all’istante, non appena mi riconobbe, poi un sorriso genuino spuntò sul suo volto.
“Elizabeth!”, esclamò avvicinandosi a grandi falcate.
Scesi frettolosamente dall’abitacolo, per correre in sua direzione. Solo quando il mio viso incontrò il suo petto e le sue braccia si avvolsero intorno alla mia schiena realizzai quanto mio padre mi fosse mancato. Erano successe così tante cose, avevo vissuto così tante esperienze assurde, pur rimanendo la stessa ragazza di sempre. Avevo ragione, avevo fatto bene a venire a casa. Lo capii nell’esatto momento in cui mio padre mi accarezzò dolcemente i capelli. Non c’era più quella strana sensazione di protezione, non c’era quella campana di vetro che mi difendeva dall’esterno. C’ero solo io, con la mia corazza, decisa a voler affrontare tutto, ma questa volta a testa alta, senza timori. Avvolta dalle sue braccia potevo chiaramente percepire tutto l’affetto e l’amore che nutriva nei miei confronti, ma questa volta c’era dell’altro e quell’altro ero io. C’ero con la mia libertà, con le mie idee, le mie convinzioni, i miei errori, i miei difetti.

Lo so, avrei dovuto parlare con te, prima di fare quest’ennesima pazzia. Non posso prometterti che sarà l’ultima perché mi conosci, non ne faccio mai una giusta e sono quel tipo di ragazza geneticamente predisposta a fare l’esatto contrario di ciò che dovrebbe. Però posso prometterti che d’ora in poi, se lo vorrai, sarò pronta a condividere con te tutto e, soprattutto, prometto che eviterò di fare tutto da sola, comprese le conclusioni affrettate ed infondate. Se fosse possibile, ricomincerei tutto daccapo con te. Mi dispiace averti costretto a sopportare tutto questo.  

“Elizabeth?”, la voce mi mia madre richiamò entrambi, costringendoci a voltarci in sua direzione. “Cosa ci fai qui, tesoro mio?”, mi chiese con tono apprensivo, avvicinandosi per poi prendermi il viso tra le sue mani.
“Nulla, mamma.”, sminuii con un sorriso. “Avevo semplicemente bisogno di fare un salto a casa.”, spiegai prima di essere avvolta da un suo abbraccio. 

Spero solo tu abbia ancora voglia di… Insomma, spero solo di…
Va bene, lo ammetto. Con me ci vuole una pazienza infinita, lo so. Spero solo tu non abbia già esaurito la tua, ecco.
A presto, Harry.
Tua Liz.
 

“Andiamo in casa, forza!”, incoraggiò mia madre dopo qualche istante si silenzio, prendendo forte la mia mano per poi condurmi all’interno.
“Allora, raccontaci tutto!”, esordì mio padre facendosi spazio verso il salotto.
Tolsi frettolosamente la giacca, per poi prendere posto sul divano, accanto a mia madre, mentre mio padre si sedeva alla mia destra, sulla poltrona.
“Come mai hai deciso di tornare? È successo qualcosa? E perché non hai avvisato? Avremmo mandato qualcuno a prenderti.”, la voce preoccupata di mia madre mi fece sorridere.
Sarei potuta crescere, sarei potuta diventare donna, madre o nonna, ma per lei sarei rimasta sempre la sua piccolina.
“Tranquilla, mamma. Ho deciso all’ultimo momento. Non è successo nulla, avevo solo voglia di stare qualche giorno qui con voi.”, chiarì con voce pacata, nel tentativo di rassicurarla.
“Sono davvero contento che tu sia qui.”, commentò mio padre.
Il pomeriggio proseguì tranquillo, tra le varie chiacchiere ed i racconti di qualche mia giornata tipo. Parlammo anche di Louis, del concerto e del modo fantastico che aveva di far sorridere le persone, della sua voce melodiosa e del contratto che finalmente era riuscito ad assicurarsi.  Mamma, invece, mi ricordò di come proseguisse la sua via tra i vari pranzi e le cene organizzate per ogni tipo di evento, delle ultime novità sulle associazione e sulle diverse voci che giravano al club. Mi era sempre piaciuto informarmi sugli assurdi pettegolezzi che circolavano in quel mondo di apparente perfezione. Era divertente, seppur terribilmente subdolo. Papà , invece, preferì concentrarsi sulle ultime novità verificatesi a lavoro.
Solo quando si fu fatta ora di cena decidemmo di interrompere la conversazione. In realtà mia madre si era proposta di preparare la cena, mentre io avevo bisogno di qualche minuto di tranquillità. Mi ero appena alzata dal divano quando sentii il mio cellulare vibrare nella tasca. Esitati qualche istante prima di estrarlo. Sapevo potesse trattarsi esclusivamente di Louis o di Allie ed, in entrambi i casi, non sarei riuscita a risparmiarmi una ramanzina in alcun modo.
Sgranai gli occhi esterrefatta quando sul piccolo schermo vidi lampeggiare il suo nome. Trattenni il fiato, rimuginando sul possibile motivo di quella telefonata. Da una parte fremevo per rispondere, ansiosa di poter finalmente risentire la sua voce, dall’altra temevo una sua eventuale reazione negativa. Non volevo perderlo, non ora che finalmente avevo capito di amarlo con tutta me stessa.
Scossi il capo, rassegnata, poi mi decisi ad accettare la chiamata.
“Harry.”, il mio tono era un sussurro appena udibile.
“Liz.”, ricambiò lui.
In quelle tre piccole lettere non riuscii a rintracciare alcun indizio sul suo umore. Sembrava tranquillo, forse persino troppo.
“Come mai mi…?”, iniziai a chiedere, cercando di apparire quanto più neutrale possibile.
“Ho letto.”, disse soltanto, non permettendomi neppure di terminare la mia domanda.
Il mio cuore perse un battito a quelle parole. Deglutii appena, prima di riuscire nuovamente a proferir parola.
“E?”, lo incalzai a continuare, incapace di attendere oltre.
Volevo sapere, volevo sapere se c’era ancora una possibilità per noi, volevo sapere se l’avevo perso, volevo sapere cosa sarebbe successo.
Le mie gambe tremavano, avevo il fiato sospeso e la gola bruciava forte.
“E credo dovresti controllare anche tu nella tua cassetta della posta.”, spiegò e mi parve stesse cercando di trattenere a stento una risata.
“Cosa?”, chiesi, palesemente confusa.
“Dai Liz, fidati!”, esclamò. “Controlla e poi dimmi.”, terminò con una punta di allegria nella voce, prima di chiudere la chiamata.
Rimasi immobile per qualche istante, cercando di realizzare quei pochi secondi di telefonata, poi, come un treno in corsa, mi precipitai verso la porta e premetti frettolosamente il tasto che consentiva l’apertura del cancello. Non presi neppure il cappotto, agitata com’ero. Mi ritrovai a correre lungo tutto il vialetto, fantasticando su cosa avrei potuto trovare, fino a raggiungere l’enorme inferriata per poi oltrepassarla. Mi avvicinai alla cassetta della posta, ancora troppo emozionata per fermarmi a riprendere fiato, e cercai qualcosa, qualsiasi cosa, al suo interno. Trasalii quando le mie dita entrarono direttamente in contatto con il freddo metallo. Non c’era nulla.
“Non ci entravo lì dentro, spero non ti dispiaccia.”, esordì una voce, la sua voce, alle mia spella.
Sorrisi, mordendomi il labbro inferiore tra i denti non appena lo riconobbi, poi mi voltai di scatto, potendolo finalmente vedere. Harry era lì, davanti a me, con le mani nelle tasche del cappotto grigio lasciato aperto sul petto, un berretto di lana in testa che lasciava intravedere solo alcune ciocche di ricci ed un ampio sorriso sulle labbra incorniciato da due deliziose fossette.
“Harry!”, gioì, precipitandomi sui di lui.
Lui mi afferrò prontamente, accogliendomi tra le sue braccia. Era una strana sensazione quella. Percepivo tutto. Percepivo il calore, la sicurezza, la protezione, l’affetto, l’amore.
“Cosa ci fai…?”, chiesi contro il suo petto, ma ancora una volta lui non mi diede neppure il tempo di terminare quella domanda.
“Non sono così paziente come credi, non ce l’avrei fatta ad aspettare qualche giorno.”, rispose sorridendomi, mentre i suoi occhi incontravano nuovamente i miei.
Il mio cuore tamburellava forte nel mio petto, la testa sembrava potermi scoppiare dalla felicità da un momento all’altro. Era lì, Harry era davvero lì.
“Ti amo.”, sussurrai.
I suoi occhi verdi sembravano risplendere nel grigio cielo che copriva Doncaster a quell’ora. Sentirlo così vicino a me, percepire il suo respiro sulla mia pelle, era una sensazione a cui non sarei riuscita a rinunciare, non più. Vivevo di Harry, dei suoi sorrisi, della sua voce, dei suoi respiri.
Harry spostò lentamente una mano sul mio viso, accarezzandolo dolcemente con il dorso, mentre il suo volto si faceva sempre più vicino al mio. I suoi occhi erano puntati nei miei, non c’era altro al di fuori di noi. Persino il freddo che avevo percepito precedentemente sembrava essere divenuto insignificante. Mi sorrise ancora, sfiorando con il pollice le mie labbra. Attesa qualche istante, come a voler avere la piena consapevolezza di quello che stava per fare. Poi, d’un tratto, sentii le sue labbra fredde, ma morbide poggiarsi sulle mie. Con una mano mi strinse forte attorno alla vita, quasi avesse paura potessi scappare via, facendo scontrare i nostri corpi. C’era passione, c’era amore, c’erano tutte quelle parole represse, quelle lacrime nascoste, quei “ti amo” mancati, le bugie, gli errori. Avvolsi il suo collo con le mie braccia, mentre le nostre lingue si assaporavano, si riscoprivano. non era un bacio irruento, al contrario era disperato e dolce allo stesso tempo.
“Ah, giusto per la cronaca.”, mormorò lui, staccandosi di poco dal mio viso, il necessario per poter far incrociare i suoi splendidi occhi verdi con i miei.
Arricciai la fronte, aspettando che continuasse.
“Io non voglio ricominciare daccapo con te. Io voglio continuare dal punto esatto in cui siamo arrivati. È anche grazie a tutto quello che c’è stato se ora siamo così, se ora sono qui a dirti che ti amo. Perché sì, Liz, ti amo e sono disposto a ricorrerti altre cento milioni di volte se sarà necessario. E amo anche quei tue infiniti fottuti difetti che all’inizio credevo di non poter sopportare. Ma ti amo, amo tutto di te.”, spiegò mentre distrattamente giocherellava con una ciocca dei miei capelli.
Sentivo gli occhi lucidi, lottavo per trattenere le lacrime di gioia che incombevano di fuoriuscire da un momento all’altro.
“Ormai non scappo. Ormai non scappo più.”, riuscì solo a dire, prima che le sue labbra si posassero nuovamente sulle mie e non c’era nulla di più giusto al mondo di quel bacio.
C’ero io, c’era Harry, c’eravamo noi ed il nostro amore. Era quello il punto da cui avremmo ripreso e lo avremmo fatto insieme.

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Angolo Autrice
Non mi sembra vero, eppure eccomi qui, con l'ultimo capitolo!!!
Ed anche questa storia si è conclusa... datemi della banale, della scontata, ma io proprio non riesco a rinunciare al famoso happy ending!
So che nella vita reale non finisce quasi mai bene, ma almeno nelle storie preferisco immaginare che vada tutto per il verso giusto!
Insomma, dopo tutti questi capitoli non potevo non concedere un po' di tranquillità ad Harry e Liz!!!
Per quanto riguarda Allie ed il famoso triangolo... beh, lascio la questione aperta... Immaginate quello che più vi piace! :D
Okay, veniamo ora alla parte importante: ringrazio di cuore tutte le persone che mi hanno seguita dall'inizio e quelle che si sono aggiunte strada facendo!*.*
Ringrazio chi ha ricodato, preferito e seguito questa storia! You're absolutely amazing!<3
E ringrazio enormemente quelle fantastiche-splendide-bellissime persone che hanno commentato,
rendendomi non solo enstremamente felice, ma condividendo con me questo percorso! Grazie, davvero!!!*.*
Bene, un ringraziamento anche ai lettori silenziosi!!!:D:D
Okay, per chi avesse ancora voglia di leggere qualcosina di mio, sto pubblicando Skins, sempre sui One Direction.
Non insierisco il link perché sono davvero negata con queste cose, però mi farebbe piacere se passaste!:D
Detto anche questo, vi ringrazio ancora una volta!:D
A presto!:*
                                                 Astrea_

  
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